Fine d'anno

Fine d'anno Fine d'anno Il moralista La molto da fare in questi giorni. Un due che diventa tré sul oalènda- rio, da un giorno all'altro, in un momento solenne consacrato da un qualsiasi spuman-.te, dà materia a programmi. Si oambia lunario e si rimetto a nuovo la vita. L'uomo, essere destinato alla poca età, vuol dividere in ère la sua corta storia. L'anno ò il suo secolo e ogni anno, come il secolo, vuole il suo colore, il suo carattere, il suo significato. In ogni vita appena appena aggrovigliata c'è l'anno del platonismo e l'anno della carne, l'anno dell'amor d'Iddio e l'anno atrocemente pagano, l'anno di biblioteca e l'anno del caffè, l'anno di Tolstoi e l'anno di 8tirner. Sappiamo tutti che quel paesaggio meccanico dal trentuno dicembre al primo gennaio — passaggio stupido, senza grandezza, non giustificato nò dal mutamento della stagione, nè da rigorosi motivi astronomici — non vuol dir nulla. Eppure quell'anno nuovo ohe appare improvvisamente alla mezzanotte, come le streghe ei fantasmi, accompagnato dallo sfoglio dei biglietti da visita e dai tippi tappi delle bottiglie, ed porta senza volere alla serietà dei bilanci e alle promesse dei piani di vita. Siamo imbecilli e compunti come a quindici anni. Qualcosa di sacro è nell'aria. Gesù ha sette giorni soltanto e non ha fatto ancora miracoli, ma ci sentiamo in una settimana 3acra, che aspetta da noi un qualche profondo rinnovamento. Siamo, in questi giorni — funestati, ahimè, dalla generosità obbligatoria e centrocuore — nello stato d'animo del « sabato del villaggio ». La « donzelletta » non vien dalla campagna coi mazzolini di roso e di viole, ma la soddisfazione cretina di una vigilia importante ci riempie l'animo già ottenebrato dalle ripienezze natalizie. Gl'Impotenti che non riuscirono a cambiar d'mn ette la loro esistenza infeconda si rae f-olrftono in loro stessi e battendo il pugno 7ii tavola, aspettano intrepidi l'alba deianno fatale che li tramuterà in uomini riluti e farà vedere al mondo quello di cui eoo capaci — se oi si mettono. Che vale scalarsi l'energia in questi ultimi giorni deiinfame dicembre? L'anno vecchio, l'anno sconfitte, non conta più nulla: la vita uova oomlncierà nello atesso punto dell'an no astronomico. I ritardatari eterna, coloro che misero carne al fuòco e ne bruciaron. mezza, Metallo rianimati. Quello che non. si fece farà. Trecentoeessanfcaoinque vergini giorni sono dinanzi a ned, tutti condensati nel fmagnifico avvenire come i fogli stretti nel blocco dal calendario intatto. Si disporrà altrimenti la vita ver far festa al nuovo venuto e tutto il possibile aarà compiuto Si prova qualcosa di simile al sentimento di chi cambia casa. Tutto vien differito e rimandato. Si oambia casa nel tempo. La storia ò segnata da una nuova cifra e la fine dell'anno prossimo è la scadenza totale di tutte le nostre tratte su noi medesimi. ' Quelli ohe stanno ancora formandosi, gli adolescenti, i giovani ancora allo stato di fusione, scelgono questo.tempo t>er stendere sulla carta il nuovo regime di vita, il pas sivo e l'attivo dell'anno trascorso, la lista .delle virtù da conquistare e dei vizi da perdere, il programma degli studi, delle lettu, delle prime opere. Anche senza andare chiesa si confessano da se, fanno l'esame coscienza e di cervello con tutte le regole tìfifo, si rimproverano e si assejenienze. Ogni anno, per loro, e .io e' quando non si sale si preci jtoj verso il mezzo del cainmiu di als'incontra un breve ripiano' una speciST vii 'angusto ed alto pianerottolo, che presto'-conduce alla scala dall'altra pai te, dove non si può ohe discendere. Ma per i veri giovani ogni trentuno dicembre è u- • na data decisiva in questo tardo arrampica-mento verso la discesa. Soltanto per loro questi giorni sono gravi di ruminamene e di velleità I dodici tocchi della mezzanotte ... ..' sono per essi una specie ai muraglia sonora fra due stadi del loro sviluppo spirituale. La stanchezza dell'attesa si muta in quel prima di riprender la marcia verso qualchu primo mattino nella freschezza ciamenti. Il capo d'auno :hezza dei corniti- à ì, f„„„t. e la so*ta festosa vittoria. Bisogna rispettare la loro compia- conte speranza. T3 ,,. , . , ,_ ,. ,„ , ,Per quelli che nauno passato la linea del _, , , , . ^ caldo equatore questo annuah mutamento cronologico non e tragico, ma piuttosto bri- sto. La morte lenta deU'anno, sia pure il- himinata dalle candele pluricolori dellemangiate famigliari, non ò per loro l'ago- i nia ohepreceearsurrezoae.eeauao - abbastanza, oramai, di codeste truffe della ^ o volontaria illusione. Hanno visto troppi bi-j -.gi gennai succedere a troppi nebbiosi , e o l o e l e i e i i . i ù e o n o i o . r e o i o a o a, e el el à o di itoe di li di e sa oembri. La vita di ogni uomo ha le sue date che non seguono l'ordine degli almauticehi e le crisi interiori non vengono colla regolarità delle effemeridi. Non si lasciano mettere in mezzo ine dai i cordiali auguri » nè j dalla patetica stupidità rielle cartoline illustrate. L'anno ohe finisce non ò un vecchio colla barba che ha vuotato il suo sacco, nè quello che comincia è un bambino allato colla cornucopia. L'esperienza, pagata più del suo prezzo — con lacrime ringorgate e saliva amara — li costringe a sorridere di questa sciocca ed eterna rettorica di fine mese. La notte del trentuno non respingono dai loro labbri il calicò della falsa allegria, ma sanno benissimo che il lomani sarà come l'oggi, che il tre sarà troppo simille al due e che la vita seguiterà la sua strada or fangosa .e or bordata di fiori come una vecchia diligenza ohe si ferma soltanto al cancello del Camposanto. Questo numero Che cambia, questo pezzo di tempo che si chiude ha tutt'al più la malinconia senza ragione del primo capello bianco, della prima ruga, della prima pipa, del primo acciacco — dei primi segni della calata verso la terra. Sono dodici mesi di più che si lasciali dietro per sempre, che non torneranno mai più, che ci lasciati più vecchi e ci avvicinano quasi d'un colpo alla data della morte. Ma gli uomini non si attardano troppo in questi pensieri. Non vanno più alla predica per non sentir parlare dell'inferno e non vogliono scendere in loro stessi per prepararsi più decentemente alla fine. Voglion vivere e viver tranquilli. Odiano i risvcgliatori o le campane a inortoi. Vogliono ingannare ed essere ingannati. Eanno fame e sete d'illusioni, di speranze, rli sogni. Senza questo mondo ideale fabbricato colle stesse loro mani, colla stoffa del loro pensiero, non potrebbero sopportare il mondo reale. E di questi giorni, che sarebbero naturalmente giorni di raccoglimento e di meditazione, giorni di resa di conti e di sguardi ali'indietro, san riusciti a fare una settimana dionisiaca di feste, di banchetti e di gioia. La loro volontà di vivere ha trasformato anche l'unica epoca dell'anno in cui ognuno potrebbe e dovrebbe guardarsi i: faccia, in uno specchio pulito, senza ver. gogne) nè compassioni. Ma invece di ricordare 6Ì tenta di scordare: si beve e si grida. Gli auguri che si scambiano sono auguri di salute per il corpo, di prosperità negli affari, di vittorie nella pista chiusa della carriera. Non si nenaa all'anima — ch'è pure la sola cosa importante fra tutto le cose, l'unica per la quale le altre possono acquistare un sembiante di valore. Per l'anima c'è l'altra pasqua, quella, dell'ovo sodo e dell'agnello arrosto. In questa notte di rimorsi e di propo¬ ciare il buio futuro attraverso la biondezza del vino e il fumo delle" sigarette. GIOVANNI PAPINI. siti ci'contentiamo vigliaccamente dì sbir- . t . c ^ ^ i_' u: j

Persone citate: Gesù

Luoghi citati: Camposanto