Jarro in cucina e alla Pergola

Jarro in cucina e alla Pergola Jarro in cucina e alla Pergola .^^riujioiccini,"più popolare sotto lo ppen- aónhnó di Jarro, ha pubblicato quest'anno due libri diversamente saporiti: un calen- dairio gastronomico e ana storia anedot- tica del teatro della Pergola. Tutti.© due i piccoli volumi attestano del piacevole in- gegno di questo scrittore fiorentino, sano di epirito o di stomaco, signore del buon gustocosì a tavola cóme a teatro o in biblioteca, appassionato cultore dei Classici © accorto «uanipolatore di piatti prelibati. Da Firen- zc sotterranea — un libro ohe fu come unabattaglia combattuta e vinta per la mora- 3 ita o la salute pubblica, che esso valse asollecitare la demolizione di certi lombricai infetti nel centro della città — al Contram Dantcm, l'opuscolo rabbioso del frate rimi- mese Vernani, che il Piccini tolse dall'oblìoripubblicandolo nel testo latino con accanto una traduzione letterale di- sapor seceute eco; dalle Vite anedottiche del Salvini, del Peruzzi, di Ivaura Bon, a novelle e roman¬ zi <ai quali egli tiene come a saggi di pura italianità «©Ile parole e nello stile, l'opera letteraria di Jarro è un misto di dottrina • di amenità, di rare conoscenze e di arguzie; e per apprezzare giustamente tutta la bontà della stoffa a cui furon tagliati questi scampoli, bisogna aver conosciuto l'autore nella conversazione, davvero inesauri' bile di cultura e di buon umore. Ora, a differenza della t Storia anedottica del. teatro della Pergola », il suo « Calendario gastronomico » è un libro pericoloso per la maggior parte del genere umano: vi mette addosso un appetito che non tutte le borse potrebbero soddisfare, e a parto la borsa non è d^tto che ve lo possiate levare lì 6U due piedi, con le quattro casseruole che avete in cucina e con la buona volontà di quella cuoca qualunque che è in casa vostra da pochi giorni, dacché l'altra si' licenziò brusoamentc protestando di non poter dormire su di una sola materassa di lana. Peraltro, quando si riesca a far tacere lo stomaco, questo calendario gastronomico, certo ottimo da mangiare, può essere sfogliato come un libriccimo di amena lettura. Pensate: un libro di cucina scritto in buon italiano, senza imbratto di gerghi straonieril t Avrei voluto scrivere una Divina Commedia, — confessa 1 autore, — ina oltre «acanto anni fa l'idea mi fu rubata... Che mi rimaneva allora.da scrivere? Un libro che nessuno ha mai scritto : un libro di cucina che fosse divertente». E perchè tale riuscisse, Janro ha intercalato tra l'una e l'altra ricetta barzellette e meditazioni, aforismi e apogtemi... jarritici, come egli stesso 'li definisce, c La beccaccia è come chi diMese la regima Saba, la Cleopatra del Segno gastronomico, e il beccaccino è una gioia purché non troppo fresco nè di soverchio frollato. —La questiono sociale..è tutta' in un sol punto : Vi sono' uomini i quali hanno più desinari che appetito ; altri hanno più appetito che desinari. — La sala da pranzo offre una differenza notevole con altre sale di parlamento, di consigli comunali, di conferenze : non vi si apre mai la bocca inutilmente. — La musica del girarrosto ò preferibile a quella dei concerti, detti di musica classica e dove non vi è di classico ohe la supina ignoranza e inettitudine degli esecutori. — Si dico che il pro'fota Eliseo mangiasse gli escreuieinti dell'aquila: chi lo credo è degno di far colazione col profeta. — Una signora apre un armadio di cucjma e vi trova un soldato: f O questo? » chiede alia cuoca, a Non ne 60 nulla.. Ce lo avrà lasciato la cuoca ohe ora qui prima di me... ». Eppoi vi si discorre di Rossini a proposito di risotto e di maccheroni, del porcellino di latte e di Cagliostro, del come si può cucinare il cappone... (e il maestro Frammetti); le signore sono ammonite di occuparsi un po' più della loro cucina; e resa giustizia alle 1 _ , i» i iv 4 t: ;„ rape e al baccalà geueralmento tenuti mi dispregio da chi non sa cucinarli; la ubbriachezza c condannata come cosa funesta e ridicola; vi si raccomanda di mangiar cose buone, di bere i vini, i liquori prelibati, ma sempre secondo la forza del vostro 6tomaoo... La storia anedottica del teatro della Pergola, mentre non aguzza l'appetito del lettore, ne soddisfa la curiosità innocente per le vecchie cose impolverate dal tempo, per gli ambienti che san di rinchiuso, per la gente e lo costumanze di una società trascorsa e tanto diversa dalla nostra da sembrarci più antica che non è, coma di un altro mondo. Jarro ce la racconta con amorosa cura dei particolari, non senza una indulgente ironia verso quella umanità un po' buffa, ora che anche questo vecchio teatro fiorentino si rinnova per adattarsi ai moderni costumi del pubblico e alle nuove necessità dell'arte. Lo a stanzone delle commedie i in via della Pergola sorse da una scissione di quell'Accademia degl'Immobili, che intorno al 1650 aveva già fondato il Teatro del Coccmiero, ora teatro Niccolhii: i più aristocratici tra gl'Immobili, quasi tutti addetti alla Corte medica, trovando che «La Cocomero » le cose ai facevamo troppo alla buona o che lì erano in troppi, si staccarono dall'Accademia madre e persuasero il cardinal Gian Carlo, figlio di Cosimo II e loro gran protettore, ad acquistare per essi alcuni stabili in via della Pergola e a far coetrurra da Ferdinando Tacca un nuovo teatro. Nel 1657 già vi si rappresentava c con un concorso pienissimo più una volta che l'altra », certo a dramma civile msti-caie » di un Andrea Moniglia: il Podestà di C'olognole. Il cardinal Gian Carlo assi6teva-alle rappresentazioni da tanto di trono con baldacchino, e sotto il trono era un paleggio sotterraneo pel quale egli * potea girsene alle scene e quindi tornare al trono senza ohe niuno 6e ne 'accorgesse ». Ma non facciamo malignità: nessun dubbio ohe il Serenassimo Cardinale andasse tra le quinte a sorvegliare il buon costume dei comune^ diiauti, se egli era così austero dall'ordi na«re che in platea, le donne stessero sepa rate dagli uomini. | Ma la Pergola — ohe dopo la morte del cardinale, per successivi ampliamenti ed ad- dobbi sempre più ricchi, a spese dei nobili j accademici e de' lanaiuoli e dei principi, da stanzone di commedie divenne un teatro come pochi altri sfarzoso — non prese una gran voga che neirottocento. Nel 1718 il teatro fu ri aperto con l'opera Lo Scan derbech; nel carnevale del 1733 vi sono ammesse le maschere e vi ha luogo il primo veglione o festino; l'anno appresso si rappresenta L'Innocenza giustificata con la Tesi, il tenore Amorevoli e il Farinello, sommi artista di quel tempo (sul palco scenico si videro in quell'opera nientemeno che due oammell i) ; nel '41 gran comparse di cavalli rendono interessante al pubblico il Vineislao; nel '47 incomincia l'uso di aggiungere all'opera il. ballo. Ma eran tempi difficili quelli per i balleriini. Certo Beni, per esempio, il quale iu una scena del ballo si era lasciato scappare un bacio sul serio per la ballerina, fu ammonito, il -mattino dopo, dall'Auditor fiscale, t di comportarsi più da senno per l'avvenire, che altrimenti ilo avrebbe fatto pubblicamente baciare dal boia ». Ben altre licenze, peraltro, si prendevano in teatro le dame e i cavalieri, i quali andavano alla Pergola per tutto fuorché per udire la musica, tant'è vero che la cronache dei diaristi del tempo, più.'che dello spettacolo svoltosi sul palcoscenico, ed rendono conto di clamorosi incidenti e di alterchi e di scandali ogni sera frequenti in platea e nei palchi. Nei palchi si mangiava e 6Ì beveva anche troppo allegramente, e se qualche malcapitato, desideroso di godersi la musica e il canto, si arrischiava a faro osservazioni dalla platea a quei nobili gozzovigliiaiori, gli poteva capitare sulla testa un osso o una scodella di rninestoa. .Sonónchè juua volta potè accadere questo fatto gra-' ai<J60: g del]a Reggenza, conte di Réohecourt, volendo higraziosirsi una si-1gnora a cui — poveretta! — davan molestia le esalazioni di certe vivande, fece impartire dal principe dell'Accademia l'ordine ohe non lasciassero entrar nel teatro persone con vivande calde, e- allora » gl'inservienti all'ingresso mettean le dita sudicio nei recipienti a scuoprire se vi fosser contravvenzioni al regolamento culinario teatrale ». ' Nelle notti di veglione, poi, la Pergola doveva vederne delle carine. - La permissione alle (maschere di entrare in teatro rìsale al 1733, come fu già ricordato; ma ciò — dice una cronaca dell'anno aooresso «cagionò nella'città un gran rilassa-1 mento di costume ed una gran libertà di [praticare insieme uonimi e donne senza lalcun ritegno, il che si dilatò poi, a nostro [esempio, anco per tutto lo Stato con scan-! dalo anco di forestieii: quel cattivo co- i i "-l'i i stame è andato sempre più crescendo, che'si è ridotto ormai all'eccesso. Si può a ciò attribuire la v.OTa cagione per cui Iddio ' sdegnato incominciò a mandare sopra qtfts sto Città e Stato i suoi castighi ». Tra gli altri, « una grandissima influenza di raffreddori che erano sette od otto persone per casa ammalate ». Basta: questi raffreddori dovettero moltiplicarsi di anno in anno in misura tanto allarmante, che uel 1742, essendo impresario il Brdolfi, fu proibito alle maschere di entrare in teatro; ma questa misura draconiana, mentre non servl a nB^Uevt mando a (rotoli 1 impresa perche la Pergola tre servì a risollevare la moralità pubblica, era sempre vuota: una sera di quel carnovale si vendettero ben diciasetto b'"' «• timi o biglietti. E ai che i prezzi d'ingresso © di « appalto » (abbonamento) non erano esosi : essi erano diversi per le donne e per, gli uomini, per i fiorentini e per i forestieri, .ma non superavano mai le due lire per la platea e le ventiquattro fer l'abbonamento, con la facilitazione, magari, di sborsarle a metà della stagione. Ed anche le spese per gli artisti non gravavano eccessivamente l'impresa, la quale dava — ad. esempio — centocinquanta scudi al primo qgltvGamvalNmsoprano, centoquaranta al tenore e al primo ballerino Der un con» rappresentazioni. Peraltro, l'impresa si ob- bligava quasi sempre .a passare all'artista to„ n _H , "l" pesare ananas™ « un comodo quartiere» e da bere durante; o di ventiquattro!g, l'impresa si ob-lle prove, il ohe consentiva al caffettiere di presentare alla fine della stagione una nota ragguardevole per sorbetti e pezzi di neve e caffè e « beute » (caffè e latte), < fcimiti ai'signori virtuosi ». . Pure, la * cassetta » della Pergola attraversava crisi tremende, tanto che il marchese Luca Casimiro degli Albizì, ini/ presagio nel 1727, dovette ricorrere a questo geniale espediente per riempire H' teatro: fare assistere allo spettacolo i frati...' La cosa avvenne per la prima volta il; 10 febbraio di quell'anno, e così ne parla un diarista:- « Nel teatro, della Pergola fu replicato il solito •dramma'' musicale, rappresentato nelle sere antecedenti, perchè potessero intervenire eziandio i frati, che -alle 24 ore sogliono ritirarsi nei lóro conventi, e perciò fu diminuito il viglietto alla porta, essendo stato ridotto in quella mattina a mezzo testone. Il che 'fu fatto con permissione del Granduca, a istanza del marchese Casimiro degli Albizi, impresario : «il concorso fu grandissimo: particolarmente di frati e di maschere ». La curiosa, mescolanza non dovette, peraltro, piacere a tutta Firenze, perchè un altro cronista azzardava: a Nel teatro della Pergola, cosa veramente nuova per Firenze, fu fatta l'opera in musica, col pagamento di due soli paoli a testa, affinchè potessero intervenire anche i frati, che dovrebbero stare a' loro conventi, e veramente il concorso dei medesimi fu grandissimo, siccome delle ma sohere ». Il rimbrotto non vake a nulla: il 22 e il 25 febbraio si ripetè l'opera , per J~ J" comodo dei frati e delle maschere, e si veni dettero seicento trenta bollettini » ; . l'ultimo giorno di carnovale il Granduca Gian Gastone e la principessa Violante, dì Baviera a ebbero id piacere ' di veder moltissime maschere e frati, di cui era ripieno quel teatro ».' Ma la storia della Pergola ricorda spettacoli ben diversamente memorandi. II.primo febbraio del 1767 Cristoforo Gluck assisteva aWIfigenia, e « noni è credibile la rnoMiì£ù<nin^ dizione che si trovò nel gran teatro'»;>l'o-: pei-a ebbe ( l'approvazione dei letterati e del popolo »; ed una replica dell'opera, iaqgvpUgcpct„ssdtlplcc„zvedmmptkbls-Vm data " in onore della Granduchessa f^ce-f,[mente uscita dal -parto, fu preceduta da'^una cantate composta dallo stesso Gluck ::jlla festa riuscì meravigliosa;' il teatro ri-: ! splendeva a giorno per non poche lumiere e più dì duecento ventole con cristallo- e\^ ... • u 1 ■ 'n ■"■ ' * , ■ i luciti lumi di diveasa figura e grandezza.; i il sopradetto cav. Gluck presiedeva alla numerosa orchestra ». Nel 1775 fu messo in scena II Gran Gid di Paisiello e venuto espressamente in Firenze per scriverla »; nell'82 e nell'84 si rappresentarono L'Armida e L'idalide di Luigi Cherubini,, che qualche anno prima, giovinetto, aveva suonato nell'orchestra della Pergola, manoan- do un violinista; nel 1833 il Donizettd vi.t. metteva in scena la sua Parigina, di cui a- v-nva imnrowioato il < quartetto » n«lla Tveva llnprov^ isato il t quartetto » nella bottega di un copiatore di musica fioren-. Hnn- usi 1847 fi-iiisHrmfi Verdi vi altólvj ì Uno, nel l»4f Giuseppe \erdi vi allestiva| la raippresentazione del Macbeth, che ner la Pergola era stato appositamente scritto; ,m «igum w» mb.™ apP™,^u« outìkto, Gounod, iJ Thomas, il Meyerbeer. presen-| l|B^^«t»^l»».' *«■»*" in di opereLa storia di .Jarro ricorda anche qualche uomo celebre tra i frequentatori,della Per K > 4" ,"-"»- "ZT^,. rT ■ rT Itoli a ed all'estero. Tra gli altri Casanova, il quale doveva naturalmente compiereii. -i. t_ ~„i„.* *,„u « Annaqualche smargiassata..,In palco egli si aavagrand'aria, e quando un giornaletto fiqren-l- ■ a 7 „w rairmiarde-tino nomino tra ■ gii epetìtoton ragguarde vóli e il signor Giacomo Casanova di SanGallo, nobi.e'veneziano., **olo che ^all'ufficio dor giornale' a dichiarare « chia-marsi Giacomo Casanova di Seingalt, essere^^T^ ■, , o _ ,veneziano e non già nobile, non essersi maaattribuito tale qualità, eccedente di moltoì j- • • i M «,„j,iu~ a; r.ii<vlln le sue condizioni... ;buotn suddito di quellaNazione e non già un-nobile di quel Do-minio .. E non fi-par di' vederlo, il povero F?*.Tt? ^T*;5T^ T" " - tonri:h,1« avventuriere? E m tempo meno u . M d „ PeJrgoja ospitarono .7' F * 4,c- „ v t» iv» gawebtl€re' alla rettifica pernon^0^ ^P»ù. ™fgjci modi di queluomini come Vittorio Alfieri, Cesare Balbo,il marchese D'Azeglio col piccolo Massimo,; t}4„„„vi; ;i u.v.ii«t T'AiA-nri vi ftvnì Ricasok, il Kobtfant.... 1- Altieri vi leceanzi la corte alla contessa d'Albany, il cuimarito, Carlo Edoardo Stuart, conte di Albamy, cosi detto il pretendente e.dajfiorentini chiamato lo Stuìa.rdo, dava edì-ficante spettacolo di sè in teatro e fuori.Eoli andava di'sovente alla Pergola, anche■ ° , ■ . ■ ••■ • . » quando, negli ultiiai suoi .aani, era frava-gltato dai mali-che si cagioniava.col so-verohio.nel bere :e del magare, a Si portava. asséa berte — iiacconta Jarro —Ulo non era ubriaco. Sopiva, aveva legambe rigonfie, 'my non voleva stare incasa. In teatro, sedeva' in un angolo delpalco e, se aveva fatto eccessi nel cibo, eracolto dà insulti di-stomaco.,Doveva incou-tanehte allóntahairsi.'e due camerieri lo as-„:„i-~..™^ Alio f&nA f,ì on«mn^in una sistevamo. Alla finev fu accomodato unaspecie di letto nel. pako e vi. giaceva quasidisteso- e, a volte, si addormentava oer^ , ' , :, . .. tutta lasserà.,1.desiderosi di conversar conla moglie, i corteggiatori della sua fiera.u«ii«..» j„.„0„^ i« prosperosa bellezza, doveano andar li. nonla allontanava mài da sè per gelosia: an-che in casa voW esser presente ad ognicolloquio. Fra ' le altre bizzarrie e vessa-„• j; mai idsimcr> ocrli 'a-zioni, di cui non era mai stanco, egli a ve\-a imaginato di barricar ogni 6era tuttieli'aditi, che conducevano alla camera,. ' , ii j ìi della moglie, salyQ quello della sua ca-mera.;.. ». .• ■> ■ Tanta ceiosia asffraivata dalla «olosità,lanca gelosia, aggradata, oaua boi«,iwi,,meritava bene un castigo esemplare, op-però Iddio gli mando, alla Pergola, queltignore di alta statura, magro, iutratta-k;io <»l«i(Am nhn np-llì fin,n'*«)fla riconobhobile e altero,, che nelia contesaa «conoDDOla sua vera donna, a 1*4 si dette perdutis-simaimente e per lei divenne grande poeta :-j-LiA • Aie' • " ' « Vittorio Alfieri. DINO PESTELLI Gastrono-Jabm CG. : Piccini) : Calendario mico - Anno I; 1912'—! Storia anedottica delTeatri fiorentini: la Pergola. — Firenze, Bem porad e figlio, editori. ,>

Luoghi citati: Baviera, Firenze