Il vigile amore

Il vigile amore Il vigile amore Per la prima volta, dopo due mesi e mezzo di malattia, Maria-Clara Romei potè rizzarsi a eedere eul letto, col dorso appoggiato iad un soffice monte di cuscini e il capo affondato in un guancialetto di piuma. Le avevano fermato i capelli con un largo nastro azzurro, ohe le fasciava la testa dalla fronte alla nuca e si annodava su la tempia sinistra, con una leggiadria quasi infantile, la quale beine armonizzava col amo sorriso: un sorriso stupito, leggero e grave ad un tempo, il sorriso di risveglio ancora sognante, che è proprio dei convalescenti. L'avevano avvolta in un accappatoio di molle lana dei Pirenei, anch'esso azzurro pallido, donde usciva il collo, esile come uno stame dai petali di un flore, donde uscivano le mani esangui ed affilate, di cui l'uria adorna di un solo anello: il cerchietto liscio della fede. Raffaele Romei, suo marito, seduto accanto al giaciglio basso le prendeva di quando in quando il polso e sorrideva soddisfatto con qualche piccolo cenno d'approvazione accarezzando amorevolmente con lo •guardo la sua giovine inferma. Le pareva d'averla riconquistata egli stesso alla vita, d'averla egli stesso contesa e strappata a forza in una lotta subdola e lenta alla ne-mica rapace. Ora egli non la temeva più, solo doveva ancora medicare in lei ed in sèi stesso le traccio profonde della lunga guerra col male: in lei la carne estenuata e disfatta, in sè lo spirito stanco ed abbattuto. Si guardavano entrambi con una curiosità non ancora serena ma già quasi pacata, si esaminavano come due superstiti d'una stessa burrasca cercando l'un nell'altro i segni della lotta durata, e la donna sentiva fin nel profondo dell'anima come e quanto quel vigile compagno avesse sopportato con lei e per lei la violenza del male, con quale ardore disperato e taciturno lo avesse combattuto e vinto. Glielo disse, piano, accarezzandogli la mano sul velluto cupo della coperta : — Come sei pallido, Raffaele ! Devi aver eofferto molto per me in questo tempo. Egli crollò un poco il capo e si chinò a baciarle il pólso, senza parola. Sul velluto cupo della coperta la testa curva apparve subitamente grigia agli occhi meravigliati dell'inférma. Ella vi posò le dita tremanti, disse quasi in un sospiro: — Quanti capelli bianchi, Dio mio! Di colpo l'uomo si levò in piedi con subita gaiezza, componendosi un volto ilare dovo era ancora un baleno di giovinezza e rise senza amaro: — Ti spaventi di così poco, bambina? — Non mi spavento — ella osservò sempre offuscata — ma mi fai pena; pena ed anche rimorso. — Il rimorso poi mi pare un eccesso di celo, — motteggiò Raffaele Romei — e mon te lo concedo; tutto al più un po' di pena per la mia verde giovinezza innanzi tempo sfiorita-. — No, no, non scherzare — insistette l'ammalata con una ruga dritta fra i cigli; —- ho rimorso che tu abbia tanto sofferto per ime ; per me ohe forse non lo meritavo. Ella spense le ultime parole in una titubanza quasi paurosa guardando il marito col capo chino e gli occhi sollevati. Egli corrugò lievemente la fronte, ma prese ancora fra lo sue dita il polso esile, ascoltò il battito già irregolare; comandò dolcemente: — Silenzio, cara; non sciuparmi la tua prima giornata di convalescenza. — Non Importa — ella s'ostinò febbrilmente — starò meglio dopo; lasciami parlare, ne ho bisogno, dovo levarmi dal cuore questo grande peso per poter guarire completamente. L'ho promesso a me stessa nelle ore più tristi del male, quando ti vedevo curvo su di me col volto disfatto, quando dubitavo di poter ancora vivere, di poter ancora parlare. E' quasi un voto che io devo sciogliere. Ascolta. Stanchissima, amelante, Maria-Clara s'abbandonò sui ouscini con un cerchio d'ombra intomo agli occhi ingranditi dall'ansia. Raffaele si mise l'indice attraverso alle labbra e stette a contemplarla calmo finche ella non si fu placata, finch'ella non respirò di nuovo leggera con occhi più dolci. Allora sedette accanto al letto basso e disse sommesso con un sorriso mite : — II tuo voto lo scioglierò io stesso, senza che tu t'affatichi e t'inquieti. Maria-Clara gli dilatò in volto due occhi sbigottiti, accennò a parlare. — No — proseguì Raffaele Romei, imponendole silenzio col gesto, — taci ora; parlerò io per te. Tu vuoi raccontarmi la piccola storia di Riccardo Lari, il mio bel nipote; tu vuoi confessarmi che sei stata per un giorno intero in procinto di tradirmi e che colo la volgarità mediocrissima di quel povero Riccardo ti ha salvata dal cadere, come dicono i teologi, nel .nero abisso della colpa. E' questo, non è vero? L'inferni a rispose con un gemito fioco — Ma tu t'inganni — continuò Rauaelo con occhi scintillanti di fiero sorriso — accanto all'intelligenza addormentata di Riocurdo c'era i! mio vigile amore per salvarti e per ricondurti a me. Furono alcuni mesi alquanto grigi, lo confesso, furono giorni di dubbio e ore di paura affannosa che tu provocavi, che tu alimentavi con una storditezza inconscia, ma talvolta quasi crudele. Ebbi la percezione esatta del pericolo quando Riccardo, che non ancora conosceva la sua giovine zia, entrò per la prima volta in cuba nostra. Era qui di passaggio per alcuni giorni e vi rimase tre mesi godendo largamente della nostra ospitalità, sperando molto dalla tua benevolenza. « Egli si sapeva bello e si credeva conquistatore; possedeva infatti quella bellezza fatta di agile forza e di grazia istintiva che .è propria degli animali giovani e ohe incanta quasi sempre lo èaaoe. Certo di pia certi, la faceva rotare dinanzi a te come la coda occhiuta di un pavone, ma guai se tentava d'accompagnare alla bella posa una bella frase! « Quel povero ragazzo non parlava se non per dire una sciocchezza, ma la diceva con una voce così insinuante e con una bocca così fresca che la sua stupidità passava quasi sempre inosservata. Per lui la parola non era mai una manifestazione dell'anima, oppure, come vuole Talleyrand un... paravento del pensiero, ma talora una semplice necessità, talora una facile esercitazione vocale. Egli parlava, come gli altri esseri di razza così detta inferiore, belano o squittiscono o ruggono, ma la sua meravigliosa fatuità sapeva atteggiarsi in modo così seducente che pareva il compimento etesso, la naturale essenza della sua bellezza. t Tu l'ammirasti dapprima con uno spirito o uno sguardo puramente estetico. Rammento ohe un giorno, me presente, gli dicesti con un sorriso fra serio e scherzoso: « Come stonano, Riccardo, con la tua persona questi rigidi abiti moderni ! Io ti vorrei vestir© come un giovine schiavo greco e tenerti disteso ai miei piedi con una corona di violette intorno al capo; però a questa condizione: che tu non parlassi mai ». « Egli non comprese l'allusione mordace, ti sedette accanto sopra uno sgabello basso, t'alzò in volto due occhi mirabili e con una espressione da sacerdote - ispirato, rispose: « volentieri, zia ». « Quella volta ridemmo insieme di gran cuore, ed io con indicibile .gioia ti sentii ancora tutta mia, sebbene in qualche momento distratta e in apparenza talora quasi obliosa di me. Avrei potuto allontanare Riccardo da casa nostra, portarti via con me in un lungo viaggio, pregarti di riceverlo con minor frequenza^ ma mi ripugnava valermi di questi mezzi cosi coniugali, mentre mi pareva di possedere armi migliori per vincere iu quella lotta un po' infida. a E combattemmo dinanzi a te giorno per giorno con le nostre armi molto diverse cercando di sopraffarci l'un l'altro, cercando di carpirci un tuo sguardo e un tuo sorriso, una tua approvazione. Riccardo non sapeva di lottare con un avversario cosciente e vigilante, ma aveva per sè la forza istintiva della sua giovinezza e l'ardore del suo desiderio. Io avevo diciott'anni più di lui, le tempia già grigie, il volto già stanco, ma lo spirito pronto e deciso a riaverti, per amore, contro di lui e contro tutti. < Ma ad un certo punto la mia fiducia incominciò a vacillare: tu non ridevi oiù delle sciocchezze di Riccardo, vi rispondevi seria o le discutevi con gravità. Il sintomo mi parve gravissimo: la cecità della tenerezza già ti avvicinava a lui, già ti nascondeva la sua mediocrità, già lo difendeva contro i miei scherni pungenti. « Fu in quel tempo che io ricevetti dal nostro agente di campagna l'avviso urgente d'una frana verificatasi nel giardino della vecchia villa, con pericolo di caduta per uno dei muri. Decisi di partire nella giornata stessa e te lo annunziai dopo colazione, osservandoti alla sfuggita ma intensamente- : m'avvidi che battesti le ciglia alcune volte con una sfumatura più rosea alle guancie, mentre Riccardo esprimeva rumorosamente la sua compiacenza e m'avvertiva che ti avrebbe ben custodita, e protetta durante la mia assenza. Lo ringraziai ironico, battendogli la maino su una epalla e m'avvicinai a te per salutarti prima d'uscire, per le ultime incombenze. « Tu leggevi un giornale a capo chino e mi dicesti porgendo la mano al mio bacio : e Mi epiace molto che tu parta: mi potevi portare al Siegfrid questa sera ». « Ti porterà Riccardo — risposi — anzi, passerò a fissarvi un palco io stesso ». « Sapevo che Riccardo detestava la musica in genere e quella vagneriana in ispece, ohe nessun supplizio era per lui paragonabile a qualche ora d'audizione musicale. Lo immaginai nell'ombra di.quel palco accanto u te, rapita dal canto dell'eroe, costretto a lottare per quattro ore contro le insidie della noia e le torture del sonno e uscii col cuor© quasi alleggerito dal pen- asiero di quella sottile vendetta. Ma per via cmi domandai se sarei veramente partito, mi schiesi se non fosse stupida temerità lasciarti Ecosì in preda alla possibilità, quasi alla.cer-jttezza, del pericolo, mi dissi che forse era| tgiunta l'ora di reagire. « Così meditando, triste ed inquieto pas- dtsa? a fiSaW ;i „.!„. • • n sax d, nssare n palco, errai um poco alla fiventura e ancora incerto dei miei propositi erincasai. Mancava un'ora alla partenza. Tujpleggevi, ancora sdraiata nella sedia a don dolo, ma eri pallida e i tuoi occhi fissavano la carta torbidi e arrossati di pianto. Riccardo in piedi presso la finestra ti volgeva le spalle e fumava con le mani in tasca, dondolandosi avanti e indietro su le punte e sui tacchi. V'era nell'aria l'odore della burrasca ed io subito con gioia lo avvertii, ma mi chinai a porgerti il biglietto del palco tranquillamente, senza commenti. Tu lo prendesti con un sorriso forzato e dicesti con la voce un poco stridente: « Ti ringrazio molto, ma ti avverto ohe dovrai accompagnarmi tu atesso all'opera. Riccardo è già impegnato questa sera ». t Appoggiasti la voce su l'ultima frase..© Riccardo si volse di scatto, ci salutò entrambi freddamente con un volto da Paride corrucciato ed uscì. La prova era stata superiore alle sue forze: egli si era ribellato sl al martirio musicale che tu gli imponevi, certo con parole vivaci, forse con la rude semplicità della sua natura di primitivo. E t'aveva offesa e t'aveva ferita ; mentre tu cercavi nell'esaltazione della musica quel tanto d'ebrezza e d'oblio necessari per ce- i ii i. i. • aì _x;/Xo aì mo _ Ai dere alla tentazione dimentica ai me e ai tutto esli non vi trovava che alcune prozio- . . ... fie ore perdute, per un tuo capriccio inutile, e perdute nel modo più noioso, in un teatro pieno di gente, col cervello intontito da un suono rumoroso e tedioso, capace d'addor- , -i •_ • i.„ i montare il più desto e il più impaziente de- eli innamorati m, , , .„•, „„-i « T accompagnai io stesso al teegpid quei- la sera e ti riconquistai per quella sera e . ,,. ,r . j« forse per sempre. Riccardo ci mando dopo tre giorni una cartolina da Montecarlo, an-,. , . ... j .„ "mmciandoci una vmcita sorprendente, e ne ridemmo ancora insieme per molto . tempo ». Raffaele Romei si piegò sul volto pallido _,. , j _.•„„„ .m„u. di sua moglie che pareva dormisse avvolta dalla prima ombra, le domandò piano: — Dormi, Mana-biara I Ella scosse lentamente il caipo senza apri- ,. , ■ j- , i i •, re gli occhi, ma di sotto alle palpebre chiù- 6e, due lacrime lentissime scesero, rigarono te tempia, 6Ì perdettero fra i oanelli. AMALIA GUGLIELMI NETTI.

Persone citate: Amalia Guglielmi, Clara Romei, Raffaele Romei, Riccardo Lari

Luoghi citati: Montecarlo