Bilancio di dodici mesi di guerra

Bilancio di dodici mesi di guerra Bilancio di dodici mesi di guerra E'oggi un anno preciso che il nostro Governo presentò alla Porta l'ultimatum, chiedente lo sgombro della Tripolitania e della Cirenaica. Si compiono adunque in questo giorno dodici mesi di guerra guerreggiata. Se, il 27 settembre 1911, si fosse previsto che, dopo un anno intiero, avremmo avuto in Libia centomila uomini, e la flotta dimostrante davanti a Smirne, e la pace ancora in discussione, difficilmente avrcmmo osato imbarcarci per questa grande impresa, che è l'inizio della nuova Italia. La meraviglia profonda, il beneficio immenso delia guerra è appunto 11: che ci ha rivelati quali eravamo e non sapevamo d'fssere, che ci ha dato la prova insospettata e luminosa che possediamo un Esercito, una flotta, una finanza, un'organizzazione e uno spirito di resistenza e di concordia, degni del più antico e più potente popolo d'Europa. E pero è grato e confortante volgerci indietro, e abbracciare in un solo sguardo questi dodici mesi combattuti in Libia, nell'Egeo, nel Mar Rosso, e contro l'invidia straniera, e contro la nostra pavida incertezza antica: collocare sopra un piano solò, perchè ci siano tutte visibili insieme, le vittorie di terra e di mare, e le conquiste sul nostro carattere e sull'estimazione del mondo: precisare infine il punto a cui ci ha sollevalo questo mirabile anno di dteci plina, di energia e di sacrificio. Questo esame non è solo una giusta soddisfazione del nostro.^prgoglio : è una fonte di forza. Siamo per via. A chi sale, ed ha scelto per la sua ambizione un'alta vetta, il volgersi indietro dalla tappa raggiunta a considerare i! cammino percorso è più che riposo: è moltiplicazione di energie. L'azione militare e navale Questi dodici mesi di guerra per terra e per' mare passeranno alla storia come la campagna senza rovesci. Sciarasciat stessa, la giornata fosca dell'anuata, in cui perdemmo più uomini che in tutti i combattimenti successivi sommati insieme, segnò la distruzione di un nostro reparto, ma non un successo nemico permanente. I bersaglieri di Sciarasciat e di Sciar a Zaviet caddero, ma ad Henni i bersaglieri di Fara tennero duro: e il nemico, che s'era aperta la strada su Tripoli, non osò servirsene. In altre parole, l'attacco avversario violento e pericolosissimo — perchè noi ignoravamo che una parte degli arabi dell'interno avevano fatto causa comune coi turchi — fallì. Pagammo caro qualche vizio nella disposizione delle difese nell'oasi, di cui non è ancora tempo di discutere, ma Tripoli rimase nostra. E prima e dopo Sciarasciat, che stupenda serie ininterrotta di successi e di vittorie! Tripoli tenuta coraggiosamente per sei giorni a fondo dai mille e seicento marinai di Cagni; Tripoli riattaccata il 26 ottobre e difesa vittoriosamente, e la trincea spezzata alla casa di Gemal-bey ricollegata, dai prodi ,cavalleggeri di Lodi; Henni, volontariamente e l'orse a torto abbandonata il 26 ottobre, ripresa il 26 novembre con un impressionante ■ movimento combinato di truppe nell'oasi e nel deserto, in cui bersa glieri. granatieri e alpini s'aprono a fucilate il viluppo del palmeto, mentre le fanterie, appena sbarcate, si spingono serenamente nelle dune sotto il fuoco delle batterie turche, per ingannare e trattenere il nemico ; Ah) Zara conquistata sotto i cannoni il 4 dicembre, con un'operazione inversa, colla dimostrazione sul margine del l'oasi e la. vasta manovra di una Divisione nel deserto, e tutti i cannoni nemici caduti in mano nostra, e gli arabo-turchi in fuga verso Azizia, e l'oasi liberata fino alla punta di Tagiura; Bir Tobras, avventura audace, sfida temeraria alla fortuna, che si risolve, per la freddezza, la determinazione e il coraggio dei capi e dei soldati, in una notte passata in quadrato da tre battaglioni nel cuore delle posizioni nemiche, e nel drammatico ritorno della colonna incolume all'accampamento; Gargaresc presa il 18 gennaio senza sforzo, tenuta contro un attacco del nemico ritornato alla riscossa con tanta veemenza, che i cannoni messi in posizione più avanzata devono essere calati in una "bassura e privati degli otturatori, vinta senza che il colonnello che co manda l'azione voglia chiedere un uomo di " rinforzo a Tripoli; ,e poi la lunga sosta, fi no all'8 giugno, quando sotto la canicola si conquista alla baionetta l'altura di Sidi Abd-el-Gélil, riempiendo di morti nemici le molteplici linee di trincee che ci sbarrano la strada; e finalmente l'azione dell'altro ieri, con cui l'oasi di Zanzur è definitivamente occupata, e il nemico, venuto al contro attacco con furia spaventevole, è respinto con cariche successive, e cacciato in fuga per chilometri nel deserto, per comando diretto del nostro generale in capo, che sulla linea del fuoco, fra il tempestare dei proiettili, e lancia all'assalto le riserve dirige la battaglia, mentre si portano via soldati della sua scorta feriti dalla fucile ria araba. Bengasi, Oerna, Homs, Tobruk, Capo Ma cabez, Misurata, Zuara contendono a Tri poli le balle vittorie. Bengasi vanta il suo sbarco spettacoloso della Giuliana, sotto il fuoco del nemico appostato — sbarco a viva fòrza, unico nella storia, che è oggetto di ammirazione e di studio delle Potenze militari straniere: l'organizzazione perfetta delle sue difese, la catena infrangibile delle sue ridotte e dei suoi blockhouses, con cui cinque battaglioni bastano a garantirla contro ogni attacco nemico: la strage delle orde beduine compiuta il giorno di Natale, per la perfezione delle sue fortificazioni delle sole artiglierie, senza ebe un solo fu ciliere nostro s'impegni e sia ferito: e in fine la sua gemma più pura, la vittoria del le Due Palme, la seconda gloria di Ameglio i settecento beduini schiacciati nelle .due buche, come un formicaio sotto un tallone potente. Homs giunge sulla vetta minacciante del Mergheb alle prime luci dell'alba, prima che il presidio, addormentato, se ne accor¬ gcdmspbtdductocmgatotoninnl'nsuddcUtsnbn*ndtdsegcafmvccfEvpnsdddrpcruLbamgsludrgllmcdtreSrpttsmsaldrnrqpc ga, ne fa macello, coi cannoni tirati a braccia sul monte, respinge l'attacco disperato delle schiere nemiche attratte a Sliten dalla manovra delle nostre navi, ritornanti furiose, per l'inganno, a riprendere l'importante posizione perduta, e semina di cadaveri biancheggianti le vaste pendici della montagna. Qualche settimana dopo è la volta di Lebda, la città imperiale, sepolta nelle dune candide, occupata d'impeto: ancora una volta la sorpresa riesce, ed il nemico è cacciato via — e più tardi, quando vuole ritornare alla riconquista, è affrontato, accerchiato, distrutto, secondo lo etile d'Ameglio. Reisoli, il vincitore ardito e felice del Mergheb e di Lebda, va a Derna, ad assicurare anche a quella base il respiro. Derna ha intorno a sè un terreno orrendo, rotto, lacerato, sconvolto. Le condizioni della difesa sono difficilissime. Il nemico, aiutato dalle inesauribili risorse del luogo, molesta e mi naccia continuamente. Le ridotte sorgono l'una dopo l'altra lentamente, per sforzo- tenace, fra sacrifìci di- vite. Tutto è pericoloso, tutto costa vittime: la costruzione di una difesa nuova, la riparazione della con duttura dell'acqua, regolarmente tagliata dai beduini, una ricognizione. Ma si fa ogni cosa, quand'è necessaria, con ostinazione. Un giorno sulla cittadina distesa fra il greto ardente ùelVuadi e le colonne dei palmizi scoppia uno shrapnel turco. I tiri continuano ogni giorno, inefficaci, ma insopportabili. Si decido di liberare dalla molestia Derna, che ora ricorda Tripoli prima del 6 no *embre. Reisoli è chiamato a dirigere l'azione. Gli sono dati tutti i mezzi ch'egli richiede. Il 14 di settembre, con quell'abilità fortunata con cui ha preso il Mergheb e Lebda, traendo in inganno il nemico, occupa senza colpo ferire la casa d'Aronne e Casi el Leben. Il 17 il nemico viene all'attacco in grandi forze, ed è respinto, raggiunto, circondato, schiacciato dalla fanteria, dagli alpini e dagli ascari, con quel contrattacco fulmineo e micidiale che non dimenticheremo più. Lo stile delle Due Palme e di Lebm si perfeziona e si rinvigorisce. La vittovia di Derna è la più completa e grandioso che abbiamo guadagnato in Libia. Il successo delle nostre armi ci rallegra più prò fondamente, perchè è ottenuto alle spese di Enver-bey, che si proclamava non solo invincibile, ma inattaccabile dagli Italiani. Tobruk è un altro teatro di sforzi lunghi, penosi, tenaci, e vittoriosi. Il terreno intorno è aspro, tormentato, favorevole alle resistenze ed agli agguati. Non abbiamo contro di noi grandi masse : ma abbiamo l'obbligo dj fortificare Ja superba base navale, in modo che sia inavvicinabile dalla parte di terra. E ci riusciamo. Ora Tobruk non fa più parlare dì sè : è in un cerchio di ferro : pò-, che truppe bastano a presidiarla e a tenere latitante il nemico. Ed ecco le conquiste recenti, gli sbarchi ultimi: Capo Macabez, Misurata, Zuara L'opera della divisione Garioni sulla nostra baso occidentale dovrà essere ricordata con ammirazione illimitata. Se daremo un nome ai nostri generali di Libia, Garioni dora essere chiamato « il resistente ». E' ma gnifico Io spettacolo di energia morale e fisica che dà questa divisione distaccata nel la zona più ignuda della Tripolitania, con un compito ingrato, faticoso, difficile, pieno di responsabilità e povero di frutti e di glo ria immediata, lontana da tutti, senza m giornalista che ne raccolga e ne segnali alla patria la bravura e- la virtù. Eppure Galloni opera nel suo deserto con alacrità immutabile, come se avesse sopra di sè l'oc chio d'Italia j e dà prova di una precisione di una prudenza e di un'abilità di movimen ti, per cui gli obbiettivi più difficili sono raggiunti con sacrifici minimi. La sua mar eia verso oriente da Macabez a Sidi Said Sidi Ali, Zuara e Regdaline è un capolavoro di fortuna militare. La contrada, che pareva più difficile da conquistarsi, superata la violenta resistenza di Sidi Ali, è cadu ta nelle nostre mani, quasi da sè. Questo risultato non è casuale. Il nemico, nei quattro mesi di attività intensa spiegata dalla divisione Garioni fra le tre carovaniere, riuscì comprendere l'inanità di una resistenza a fondo, e preferì lasciarle libera la strada. Anche Misurata fu presa con perdite relativamente scarse. Bisogna averne gratitudine all'energia e alla Intelligenza del generale Camerana, che seppe avviare efficaci negoziati con uno dei tre capi misuratinl, riuscendo a guadagnarne la neutralità e quindi staccarlo dal nemico. Questi accordi non esonerarono la divisione da una marcia impetuosa e brillante per l'ampia oasi interposta fra la città c il mare, piena di nemici. Chi sa che cosa significa avanzare in un palmeto occupato dagli arabi, è in grado di valutare il contributo pagato alla guerra dalla divisione Camerana. Finalmente, lontane e solitarie, splendono la conquista di Rodi e la vittoria di Pathos. "Con questi cpisodii indipendenti della campagna, l'Italia ha dato forse la pnva più persuasiva delle sue virtù militari. Lo sbarco a Kalithea fu un prodigio di rapidità e di sicurezza, per cui si può forse trovare spiegazione nel" magnifico allenamento fatto precedentemente dalla nostra Marina. Ma la vittoria di Psithos — la terza supre ma gloria d'Ameglio — è un risultato di una importanza e di una novità eccezion a. li. E' il solo trionfo strategico definitivo che abbiamo avuto in quest'anno di guerra. Abbiamo preso nella rete il nemico, senza lasciarci sfuggire un uomo. Pochi giorni prima di Psithos Io storico Friedjung aveva scritto: « Rodi sarà la misura del valore militare degli Italiani: se sapranno vincere i turchi, vuol dire che sono bravi soldati ». Friedjung aveva scritto così perchè era certo che i Turchi ci sarebbero sfuggiti. A meglio li obbligò a chiedere la resa. Friedjung non commentò la giornata di Psithos, La difficile vittoria fu veramente la misura delle nostre capacità militari, perchè tutte le energie iei combattenti nostri, tutti gli elementi dell'azione furono portati alla tensione estrema: lo sforzo sovrumano dei soldati, la rapidità e il segreto degli sbarchi, la concordanza nella marcia delle tre colon, ne, gli stretti margini di compensazione del tempo, l'intuizione dei luoghi e delie stra- datcldmrvtsqbridcl de,, perfettamente ignoti, e non indicati da alcuna carta sicura. Il successo fu raggiunto perchè si ebbe l'ardimento e l'energia di chiedere a tutti la suprema misura delle loro forze. Bisogna risalire alle. campagne di Napoleone per ritrovare un'operazione militare cosi geniale e ardita' d'architettura, così energica d'esecuzione, così definitiva di risultati. Quest'opera ha compiuto, nei dodici mesi trascorsi, sopra un teatro immenso, il; nostro Esercito. La Marina non gli fu inferiore. Mancò quasi totalmente ai nostri marinai la possibilità precipua, in vista.della-quale le Marine da guerra sono costrutte e allenate:-la distruzione della flotta nemica. In questo campo fece quello che potè. Distrusse quello che.era distruggitale. Le torpediniere.di Prevesa e le cannoniere del Mar Rosso-erano tutto ciò che aveva a disposizione. Le co'lò a picco. Il raid di Prevesa fu audace, ma il combattimento di Kunftda rappresèn- ta assai di più. Fu una minuscola ma acca-! nita battaglia navale, combattuta sopra j un nemico di poco inferiore di forze e ri- msoluto a difendersi, fra difficoltà nautiche tterribili, terminata coll'affondamento delle navi avversarie, senza che le nostre ripor-. vtasserò il più lieve danno. ' - Una notte si tentò l'impossibile : il silu- ramento della squadra turca nella sua tana di Nagara. Il prodigio della spedizione del- nle cinque torpediniere è fermo e raggiante snel cuore del popolo italiano. Non occorre, rievocarlo. In quella notte la Marina ita-j liana dette al mondo la misura esatta della, csua abilità e della sua intrepidità. Fra questi episodi di valore si allunga una serie ininterrotta di 365 giorni, in cui la marina compì con abnegazione mirabile oscuri a.«prissimi doveri. Chi dirà le notti zdi vigilia c di tempesta passate dai marinai nsulle povere esili torpediniere, alla .caccia del contrabbando, sulle infinite-coste dèlta Libia, e alla guardia delle grandi unità fra te isolo dell'Egeo? Chi dirà le fatiche improbe degli sbarchi innumerevoli, compiuti da un capo all'altro della nuova Colonia o nell'Egeo, in cui i marinai 'dovettero preparare ai soldati ogni cosa, dalla zattera al pontile, e scendere a terra per primi, affrontando senza schermo, quando fu necessàrio, le fucilate? Col persoualc con cui navigavano normalmente cinquanta navi ne abbiamo fatte navigare cento: perchè anche le più vecchie unità furono mobilitate per la guerra, e navigarono e resero utili servigi. Ciò significa che i turni di lavoro furono raddoppiati. Nessuno si lamentò. Se altre cinquanta navi si avessero avute, si sarebbe trovato il modo di farle navigare tutte cogli stessi uomini che abbiamo. I nostri marinai non conoscono la parola « impossibile ». E in che modo si adoperò (mesta flotto, da un anno in movimento, costante ! Se no ebbe una cura infinità. Macchinari e armamenti sono stati trattati cóme monili di pregio inestimabile. Si è manovrato in modo da non mettere.mai uno scafo a repentaglio. Dopo dodici mesi di simile attività, come, sinistri siamo ancora alla Freccia, la piccola torpediniera che andò a sbattere sulle scogliere di Tripoli in una notte di tenebra e d'uragano. Le cinque torpediniere che escono illese dall'inferno dei Dardanelli sono il documento e il simbolo della meravigliosa cura con cui i nostri marinai conservano il naviglio alla Patria. Basta guardare alle altre Marine, alle meglio organiz zate, per comprendere l'importanza di un simile risultato. Più di un giornale straniero, per il nostro bene naturalmente, ha ammonito.che questi dodici mesi di lavoro intenso hanno spossato le nostre navi, che bisognerà, a r.rguerra finita, in parte radiare, in .parte riparare con lunghi e costosi lavori, ine a-jpaci comunque a ridarcele nelle condizioni I primitive Non bisogna crederlo. La somma competenza e. diligenza-con cui le macchine delle-nostre navi furono'trattate,-gli opportuni turni di riparazione,; l'impiego delle navi più antiquate nei bombardamenti e nelle navigazioni più prolungate e più faticose,' ci' hanno' conservato'la flotta in condizioni ottime. Oggi'la nostra Marina, nel suo complesso-d'uomini.e:di navi, ha un'efficienza non'solo uguale, ma; superiore di molto a, quella che aveva,'all'inizio delle ostilità. Mai siamo stati fin condizioni ' più favorevoli per affrontare • le' • sorti'- di '■ una guerra navale. 'Ùu, elogio, più,alto, ai'nostri marinai.non si potrebbe .'tributare., '■:.'•'•.. Noi .l'Europa Un anno fa nessuno, in Europa credeva che l'Italia .facesse sul- sèrio. -Era'incqhcepibile che l'Italia nutrisse'ambizioni 'sul Mediterraneo, ed' osasse alzare'un-dito'.per réaUzzarte turbando nientemeno V, che ». la tranquillità generale. ,-' Quando si bombardarono i-forti di:Tripoli e si vide che l'Italia svolgeva un program ma ormai immutabile, incominciò contro la turbolenta, la.più infernale campagna dei la stampa internazionale che si sia mai veduta. Che cosa non si disse di oltraggioso contro: di noi in quelle giornate? Poiché l'in- sùlto si spunta all'uso reiterato, : si trama rono ai danni nostri le più nefande calun nie, si inventarono le famose, atrocità, che scossero tutti i raori gentili d'Europa, e sol levarono in ogni città. generosa comizi di protesta contro l'Italia « che portava la civiltà in Tripolitania ». A Tripoli noi sco primmo ateuni miserabili giornalisti prez- zolati che,^rivendo dai luoghi della guer ra. tentavano di dare maggióre, ci-edifo. al le laido menzogne ordinate -dalle- lóro .dire zioni: e fummo noi, giornalisti italiani; che ne liberammo l'Italia, e facemmo''.partire duc.'piqdi .i -Grant, iMaccullagh; i Weibel che, collo lettere false'c lo fotografie fatturate, avevano dato il -maggióre alimentò'alla campagna. Quella insuvrifeic.no quasi generale, delia stampai europea-cóntro di noi ci fece del male,, cèrtamente. .Sarebbe stato, molto utile in quei gipr-ni avere.di fronte-a noi l'Europa bene informata e.iniparziale. Ma-ci addolorammo e ci .indignammo più di quanto ara necessario. Eravamo ingenui; Credevamo alla Verità e alla Giustizia intemazionale. Il candore, che forse ci-rimaneva perchè'eravamo alle prime anni, ci faceva aspettare .dagli stranieri ' disinteressati uh', atteggiamento di equità. Di più1,'anzi':."ci 'faceva desiderare un'approvazióne, anche' accompagnata, da una lieve sfumatura di-superiorità. Avrebbe consolato "inuiiensàmenta il mostrò a-mor : proprio, ' in quei primi: .giorni di prova, ùria lode'di Francia; o-.di'.-Germania,- d'Austria o..d'Inghilterra. -I( debuttanti sono così. Hanno bisogno- d'incoraggiamento. '■■;.■.':., Dodici mesi d'azione.- e di esperienza, ci hanno cauterizzati in queste parti -tenere. La. campagna delle falsità è. .quasi finita. I Weibel, i Grant, iMaccullagh. tacciono: il « Daily Tetégraph », la « Frankfurter Zeifcung», la « Neue Freie Presse » hanno cambiato linguaggio., Ma anche noi: abbiamo mutato sensibilità. Conserviamo ì per noi un senso squisito della giustizia: abbiamo la profonda coscienza che, se scoppiasse un conflitto fra due altre nazioni, noi non sapremmo essere* iniqui, come non lo fummo durante la guerra ispano-americana, come non lo fummo durante la guerra boera, come non lo fummo durante la guerra russo giapponese. Ma non ci attendiamo più il contraccambio.- Ci .siamo fatti uomini. Sappiamo, di cèrta scienza, ora,- che. i pòpoli costituiscono la loro grandezza per sforzo proprio,' non per benevolo; consenso degli j stranieri. i I La stampa- nou eì può ideotifka^a cot l a a l e a l i i i . . : o n a n o e l i o i Governi. In materia di politica estera sovratutto, l'opinione dei giornali non lega le Cancellerie. Questo in Italia su per giù si sa: e cosi nessuno chiami responsabili i Governi dei paesi alleati e amici delle nefandezze che i giornali andavano pubblicando. Ma è pur certo che, in questa grave crisi, un solo verace amico — eccettuata la Russia, meno in'grado di dare corpo alle sue buone intenzioni — non ci fu dato trovare. Sarà bene che il Governo pubblichi al più presto— entro i-limiti della convenienza politica — i documenti. diplomatici relativi alla guerra. In questa materia la vera luce si può avere solo dal documento ufficiale. Stando fuori dal -terreno chiuso e segreto in cui si trattano gli affari internazionali, si possono cogliere solo le grandi linee delle situazioni.-Ma, dà ciò che non si potè nascondere, è venuta in tutti la certezza che le Potenze, fino alla crisi che ha spazzato via i Giovani Turchi, hanno fatto a gara per propiziarsi il nostro nemico: e anche ora fanno poco perchè la soluzione delle trattative di pace • avvenga secondo i dettami della realtà, , E' doveroso riconoscere che gli alleati si portarono meglio che gli amici. L'Austria sola riconobbe, per bocca, del suo. Governo in Parlamento, il buon diritto dell'Italia nella guerra. Ce ne ricorderemo. Francia ed Inghilterra non facilitarono il nostro compito, frenando, come era loro dovere, il contrabbando' di armi e di munizioni per l'Egitto e la Tunisia. I milioni di cartuccie. i fucili, i cannoni che sono passati per Sollum e per Bengardane hanno reso possibile la protrazione della resistenza araba. Ce ne ricorderemo. La Francia, adottando, per gli incidènti del Manouba e del Carthagel un linguaggio violento, insolito, e non necessario di sfida e di minaccia, credette di scegliere la migliore via per la difesa del suo interesse e della sua dignità. In realtà aggredì a mani libere chi era impegnato in una seria contesa. L'Italia conservò in quella congiuntura una freddezza, una calma, una determinazione che devono essere state una lezione ai bollenti spiriti d'oltralpe. Chinammo il capo. Ma ci ricorderemo. Tutto ricorderemo a suo tempo: e la morale ultima e fortificante di questa guerra sarà che, nelle forti crisi della vita nazionale, non bisogna contare che sulle proprie forze, sulle proprie nari e sui proprii cannoni. Alla lunga il bluff si smonta da sè : la menzogna non resiste al tempo. Oggi in Italia qualcuno s'irrita ancora e s'inquieta perchè i brillanti continuati successi delie nostre armi, dalla Libia all'Egeo, non sono registrati dalla stampa straniera, o sono aflterati in modo da parere cooaibatthnenti indecisi o mezze sconfitte. E' inutile affliggersi. I giornali possono ingannare i loro lettori, ma non i loro Governi. I Governi esteri sanno con esattezza, come la guerra procede. I loro organi di informazione funzionano regolarmente: le loro ambasciate, i loro addetti militari e navali inviano relazioni ampie e continue sulla svolgimento della guerra: essi, che vivono fra noi, hanno la certezza — più che la certezza la sensazione — che i nostri rapporti ufficiali sono onesti e sinceri, e non fabbricano i morti e non inventano le vittorie. La guerra noi la facciamo per noi, per il compimento di una vitale necessità della nostra esistenza: delle ripercussioni che.può avere all'estero ci devono importare solo quelle che impressionano gli ambienti responsabili,, gli elementi che dirigono la politica internazionale. E' -di grande interesse per noi, elle i Governi europei abbiano la notizia esatta dei successi militari e navali con cui stiamo vincendo la nostra guerra: perchè, da questa esatta informazione nascerà automaticamente un atteggiamento generale della politica futura più fecondo per noi, perchè fondato sulla considerazione e sul 'rispetto che ci sono dovuti e che prima noi stessi non sapevamo di meritare. Ora, noi abbiamo già. le prove convincenti di questa profonda "trasformazione delila politica europea, .determinata (dal maggior conto che le Potenze devono fare dell'Italia. Senza la conquista della Libia e delle Sporadi e senza la spleudida prova del nostro Esercito e della nostra Armata, Francia ed Inghilterra non sentivano la necessità di aumentare le rispettive forze navali nel Mediterraneo, la Francia della tei-za squadra che teneva nell'Atlantico, l'Inghilterra di una divisione di ' Invincible, Questa nuova situazione apre all'Italia, all'Austria e alla Germania inattesi orizzonti, é crea la necessità di,nuovi vincoli. Per forza di cose, dobbiamo abbandonare la politica delle alleanze e dèlie intese armonizzate, la politica del matrimonio e dei giri di waltzer extra-coniugali. E' doveroso riconoscere che tale tortuosa politica ci servì per preparare diplomaticamente la conquista di Tripoli. Ma ora che la conquiste è effettuata — precisamente per il fatto del la conquista — entrano in azione le forze che ci impongono la scelta di una politica rettilinea, senza impegni collaterali e senza compromessi. E' poco dubbio quale debba essere questa politica. Averla imposta, quasi meccanicamente, è ancora uno dei grandi risultati della guerra d'Africa. Le virtù della nazione La vittoria è assicurata a noi dalle virtù del nostro popolo. L'imperatore Guglielmo, che se n'intende, ebbe a Venezia la rivela ztqne di questa immensa forza morale: t disse parole che noi.non dobbiamo dimenticare più : « Con un popolo come questo si va dove si vuole ». Un anno fa. tutti credevano — meno forse l'om. Giolittì — «he la Libia sarebbe stata conquistata senza un grande sforzo militare. La resistenza degli arabi distrusse tutte le previsioni che erano fondate sul tornaconto e sull'atteggiamento passato degli arabi stessi, che a più riprese avevano invitato l'Italia all'occupazione. Perchè le previsioni che parevano più logiche siano state smentite dalla realtà si vedrà più tardi, quando incomincierà l'ora della critica. . Si può dire fra d'ora che l'occupazione, decìsa fulmineamente per fruire d'un fugtlgtaw attimo tamnvoit data «UmMom in¬ tedpcrteaqtpmvacppltdpsddslsarsa ternazionale, dopo lunghi anni d'inerz-ia, durante i quali non s'era pensato alla Tripolitania più che' al Tibet, dovette , rinunciare completamente a- quel lavoro di preparazione dei capi indigeni che tutte le potenze coloniali non hanno mai- trascurato, anche per scopi meno grandiosi della'conquista dà una colonia mediterranea grande , tre volte l'Italia. Di questa rinuncia è.im- ; possibile dar torto ad alcuno. Se si inicominiciava anche subito, e seriamente, il lavoro dii penetrazione politica . nell'elemento arabo, l'attimo» fuggente precipitava, la combinazione favorevole svaniva, e di Tripolitania italiana non si sarebbe parlato più. E' bene adunque — poiché il popolo italiano ha tenuto testa risolutamente alia situazione cento volte più grave del preveduto — che le cose si siano svolte cosi, n prolungaménto della guerra oltre ogni aspettativa, è stata.la misura mirabile del carattere, della concordia, della resistenza nazionale. Il Governo, sostenuto dal popolo unanime, libero dalle preoccupazioni interne, si trovò, graiidemèrite agevolato il suo terribile compito : ma bisogna riconoscere che superò con onore lo eccezionali- inesauribili difficoltà di quest'anno di guerra. Non è ancora' il tempo di. giudicare l'opera dell'ón. GloHttl dei suol collaboratori: ma è lecito fin d'ora esprimerre a questi-uomini, che hanno serenamente resistito per dodici mesi ad un lavoro enorme, che hanno afttrontato"respon-„ sabilità gravissime, senza commettere errori apprezzabili, i sensi della- pubblica gratitudine. Il popolo ha dato cordiale appoggio e la'r- j go credito al'suo Governo. Senti che questo si doveva fare prima di ogni altra cosa, se si voleva vincere. I nostri, nemici palesi ed: ' occulti-si aspettavano da un momento' all'altro la rivoluzione in Italia: o-almeno il rovesciamento del Ministero e la proclama- • zione della fine della guerra libica per decreto di piazza. La Nazione invece si strinse intórno al suo Governo, compose in seno all'Assemblea legislativa le divisioni più .acerbe intorno alle riforme della politica interna, rinunciò alila critica, rimandò, a epoca indeterminata la facoltà — l'acre gioia latina — di giudicare e condannare, fece dimostrazioni indimenticabili ai soldati partenti e ritornanti, sottoscrisse milioni • pei morti e feriti- in '.' guerra, per i richiamati, pei doni di Natale ai combattenti, per i fratelli espulsi dalla Turchia, per la flotta aerea nazionale,. che in Lihia aveva gloriosamente fatte le ' sue prime prove. E non basta: continuò fi suo lavoro paziento e innumerevole, per cui la produzione nazionale invece di scemare sotto il peso della guerra, aumentò, e l'ultimo esercizio finanziario si concluse col più alto avanzo, degli ultimi anni, con (55 ini-, boni di eccedenza attiva; ed ebbe tanta fiducia nella saldezza, delia finanza pubblica e nella -vittoria finale, che lasciò tutti i suol miliardi alle Casse Postali e alle Casse di Risparmio, mentre in Germania, nella disciplinata Germania, alle prime voci di guerra imminente colla Francia, il popolo si gettò sulla Cassa di Risparmio per ritirare tutti i suoi depositi. Il Governo corrispose a questa fiducia: l'amministrazione del danaro pubblico, l'organizzazione . dell'intendenza militare, l'uso delle risorse finanziarie formeranno ancora un capitolo brillantissimo della storia di questa guerra. Vi fu qualche frode e qualche abuso, ma nulla che anche vagamente rassomigli agli enormi scandali a cui tutte le guerre recenti han dato luogo. Con quattrocento milioni abbiamo fatto undici mesi di guerra maestosa, abbiamo tenuto in oltremare centomila uomini, muniti ' e ^vettovagliati coinè nessun esercitò fu.mai, abbiamo- fatto navigare incessantemente- tutta la ' nostra flotta. Dopo dodici mesi di guerra : non abbiamo ancora esaurito i mezzi ordi- (Fot. lernanni): La lapide che i bersaglieri dell'8.0 reggimento murarono nel forte «■Vittorio Emanuele » a Lebda >pcr ricordarne la conquista. ■ : 1 Giovanni Ragazzoni il giovane soiiotenenle d'artigHerim, viturna un accidente aviatori» a liiratlori, É