La riforma del Galateo

La riforma del Galateo La riforma del Galateo Da quando s'è sparsa la voce ohe io san diventato annatone di eccentrici e raocogiHtore di stranezze non mi salvo più dalle vi site di uomini imprevisti. Almeno nn paio di volte al mese un qualche progettista baizaino o un qualohe originate fuor di squadra suonano il mio campanello e vogliono per amore o per forza ch'io mi faccia portavoce e paladino de' loro ritrovati e de' loro sistemi. Mancandomi .l'aiuto di un qualsiasi servitore, Il più dolile volto son costretto ad aprir, loro l'uscio in persona e lo stato della mia saluto non mi permette di respingerli con argoirienti troppo violenti. Perciò li ricévo' e li. ascolto ■ tutti e a tutti prometto entusiasmo ed appoggio con parola ohe non escon sempre dal ouore. , : •-• Quest'esercizio, per quanto iastidioso^rióri è però senza diletto e, qualohe volt», gema» utilità. Fra i tanti esattati mentecatti che ani esibiscono le loro- inutili e 'Idee fìsse capita qualche volta l'uomo ohe sa quel che si .dice e che alleva nella sua tosta una ingenua pazzia, non soompagniata da qualche colore e riflesso della migliore saggezza. Tre o quattro giorni fa, ad esempio, venne a trovarmi un omino anzianotto, ben vestito, ben calzato, inguantato con guanti puliti (e siamo' d'agosto'!), che m'entrò in casa a .fòrza d'inchini e non volle-.sedessi finché -non l'ebbi pregato tre o quatbrò volto con le formule più garbate ch'io ricordassi. Aveva costui ima faccia sbiadita di cameriere smesso-che non prometteva nulla di buono, e.una tosta di capelli radi e bianchi divisi in mezzo da una larghissima soriminatuira ohe scendeva giù fin quasi alla nuca. Tutti i suoi gesti e-mn misturati e disinvolti come quelli degli attori che rappresentano a teatro le parti di ' gentiluomini, dj'jf^tà^n/k^. modo col quale teneva- il cappello -in mano senza aver l'aria d'esserne impacciato, su ecitò la mia giusta ammirazione. — Lei mi scuserà — cominciò l'omino — so ho avuto l'ardire d'importunarla senza averle chiesto primia per lettera un abboccamento. Soltanto la necessità di dover' ripartire stasema mi ha costretto a passar so- .pra a questa grave mancanza di riguardo verso di.lei, ed io non seguiterò a parlare •finche non sia certo del suo perdono.' '■— Ma io le perdono tutto quanto — risposi, un po' seccato da queste lungaggini. — Mi dioa piuttosto a cosa debbo l'onore della sua visita. — Mi permetta prima di tatto una domanda: ha letto mai in vita-sua1, il Galateo f — Che domande son questo? Mi faccia il piacere... — cominciai tatto stizzito. — Scusi, asroetti ! Un po' di calma ! Non prenda in miala parte quel che le ho detto. Non creda ch'io voglia insinuare di ritenerla una persona maleducata. Nenour per idea? La maggior parte dei più veri e garbati gantpuomini non hanno mai letto il libretto di Giovanni Della Casa e quelli ohe lo citano contro i loro avversari nemmeno. ■— E allora? '; ii_ io ie facevo'quella' domanda per en- tràre in argoménto, per saper da lei cosa pensa di quelila tacita, ingombrante e perpetua schiavitù che si chiama, impropriamente, « buona educazione ». Io so da molto tempo che lei ò uomo di Eberi sensi, scevro di pregiudizi e inclinato a un sano cinismo. Lei solò mi può capire, lei solo mi può aiutare-. I d — Io non vedo... — Lei non vede? Ma io vedo benissimo la ridicola vergogna ohe da tanto tempo grava sulla nostra razza, e lei pure la vedrà appena avrò parlato. Ne son sicuro. Segua, per piacere, il mio ragionamento. E' lei persuaso che la libertà umana, sacro patrimonio ohe ognuno riceve alila nascita e ohe non tollera abdicazioni e prescrizioni, è limitata da ogni parte? Cosa mai sono questi codici, queste leggi, questi regolamenti, queste consuetudini, queste società, queste nazioni colle loro regole, norme, ordini e doveri, se non tante stecche di quella gabbia invisibile ohe racchiude: ogni essere umano col nome di civiltà? E' lei persuaso che gli nomini fanno abituailmente moltissime azioni inutili é che sciupano gran parte del loro tempo per Inezie ohe non accrescono in nulla il loro valore? E' lei convinto che la legge.del minimo sforzo non è seguita dalla maggior parte dell'umanità? L'uomo, insomma, è troppo schiavo e fa troppe cose. Son queste le mie' premesse,.; Se non le accette non posso andare avanti. — Se proprio è necessario le accetto tutte e due; Seguiti mire! — Commosso dunque dallo spettacolo' di un'umanità che dovrebbe essere tutta libera ed è perpetuamente oppressa da se medesima e ohe dovrebbe far tanto per elevarsi al disopra della bestialità e invece perde ogni giorno, sommandole insieme migliaia di : ore preziose, mi son sentito condotto a migliorare la sorte dei miei slmili. Per quanto sia piccolo, oscuro e ignorante, sento anch'io nel mio perito lo spirito dei benefattori del genere umano. Io non potrò liberare interamente gli uomini ma voglio almeno tagliare nna delle funi ohe li legano; non potrò riformare tutti i costumi ma voglio almeno far risparmiare qualohe anno di tempo ai miei simili. Le costituzioni sociali e ite leggi scritte, per quanto incomode e penose a sopportarsi, hanno una qualohe ragione di essere finché dura l'interna barbarie e l'occulta ferinità dei nostri simili, ma noi potremmo scuotere per lo meno il giogo dalla legge non scritta, della costituzione convenzionale che si chiama galateo. Se non possiamo liberare «tutti i prigionieri cerchiamo almeno di butear giù un muro della carcere! — Mi perdoni, ma io non capisco troppo bene quali rapporti vi l'esser liberi e l'esser mal — Lei non capisco? E' i ■amarvi jaftofligento; » dw» udmcsggsc.toane" nmtg°mm||Épsere fra hi!©' Lei è Penserò dpqml 10 ai farla capirei Prima di tutto le regole tradizionali della cortesia sono residui di abitudini centenari» e millenarie, son lasciti dei nostri morti ohe non ci siamo scelti e imposti da noi, che non abbiamo esaminata e scrutinati colla nostra libera intelligenza, E questo ò indegno di uomini e di esseri ragionevoli I Inoltre le norme della genti leena obbligatoria sono un baratro, un abisso, un precipizio di teli assurdità e tramandano un tal pruno di rancidume e di .putridume ohe farebbero orrore a chiunque ci s'accostasse con la sola compagnia del buon senso. Guardate ad «eempio, .per cominciare, i saluti' abituali fra gli uomini. Che bisogno ci sarebbe di far sapere a un altro che l'abbiamo riconosciuto mentre egli sa benissimo che lo conosciamo e ohe lui stesso ci ha riconosciuti? E perchè mai levarsi per l'appunto il cappello? U cappello si leva .entrando in chiesa e questo è ragionevole perchè passando in un luogo chiuso è inutile tener sul capo un ingombro ohe facilmente si può rimettere a) posto. Ma gli uomini hanno creduto che questo levarsi il oaTODéllo fosse un segno di umiliazione e di rispetto e allora fanno il gesto di levarselo quando s'incontrano fra loro all'aperto! 0gnuno dei due vorrebbe dire : io sono inferiore a tei Ma essendo in -due a dirlo tutto reste come prima è ci sono stati soltanto due atti inutili di più. Anche il darsi la mano poteva essere utile in tempi più feroci quando era bene assicurarsi, accostandosi a uno, se avesse armi nascoste in mano, ma oggi è un uso ridicolo, ohe ci costringe a insudiciarci col sudore altrui o a farci scuotere i muscoli del braccio da qualche energico shake-hand all'inglese. Umiliantissimo poi è l'inchino che vorrebbe simboleggiare ,1'impicoolimento volontario di noi stessi diT nànzi ai nostri supero-ri o stimati tali. Noi abbassiamo il collo quasi per farci metter le briglie e curviamo le spalle quasi ad as.net ter Te frustante. Vergogna! Ogni uomo deve rteistare come la natura l'ha fatte e deve sempre guardare in faccia a testa alta i suoi compagni. E che dire poi di quegli auguri meccanici e non pensati che continuamente si fanno nella conversazione? Quel « buon giorno > e quella < felice notte » e quel « buon riposo » io li vorrei cancellare dal frasario di tutte le persone per bene. U più delle volte 'non sono neppur coscienti in chi Di fa e allora son pare perdite di fiato; in altri oasi sono formule ipocrite e bu giarde che adoppiamo anche con quelli ohe non possiamo soffrire ed' a' quali auguriamo in cuor nostro ogni sorta di mali. Lo stesso si potrebbe dire delle stupide parole che si adoprano nelle lettere. Si chiama * caro » anche chi non s'è visto mai e c'è del tutto indifferente; si chiama « illustrissimo.» chi non s'è mai dimostrato -luminoso, ed « egregio > chi non è mai uscito dal gregge; ci si profossa « devotissimi > a persone di cui non c'importa nulla ed « affozionatisai mi » a corrispondenti per i quali-non sentiamo niente. Finzioni, parole, gesuiterie, buffonate! E dove mettete le condoglianze ohe annoiano chi le riceve è seccano chi le deve fare e i rallegramenti che non accrescono 11 piacere a chi l'ha e. lo scemano invece a chi li deve fare a causa dell'universale sotterranea invidia che ci divora?'E cosa sono queste distinziani di pronomi ohe si usano nel discorso, questo tu, voi e lei, indecentissime ineguaglianze grammaticali in un'epoca ohe vuol apparire, a tutti i costi, democratica? Perchè devo datr del lei a un mangiapane qualunque che porte colletto e cravatta e dar del tu a uno scamiciato che suda. tutto l'anno perchè non manchi il grano a nessuno? vpcpnstdlcposazulccccpgdcpttf — Ma pure certi usi gentili, come i riguardi per le signore e per i vecchi, non sono senza ragione e testimoniano di una certa elevatezza d'animo. Non le pare? — Nient'affatìto, signore mio, nient'affat-. . T j l . , to! La credevo, francamente, un po' più acuto di così. I riguardi verso le donne era- no una forma di protezione verso l'altro"eesso quando questo era meno numeroso del , , „ .. ' nostro e quando, a causa della vite pura- mente fisica dell uomo, la differenza di forza tra il maschio e la ■femmina era abbastanza gerande. Ma ogei tutto è cambiato. Le fem-1° • :„kw!»j« .i a; is i,,v, -mine sovrabbondano al di la del bisogno; i maschi son diventata, specie nelle citte, pra deboli e anemici di loro e nello stesso tempo le donne, reclamando diritti eguali a quelli degli uomini, rinrunziano implicita- .mente a quei privilegi eh eran. concessi alla1 loro posizione d'inferiorità. Quanto ai vecchi la cosa è.ancora più chiara. Ogni cerimonia di rispetto,'esaminate nella sua radice, è un tentativo di propiziarci quelli da cui aspettiamo qualcosa, tent'è vero che noi rispettiamo moltissimo i ricchi e nient' affatto i poveri. Ma dai vecchi, che ormai poco più posson fare e poco più posson vivere, non c'è niente da aspettarsi e non c'è bisogno, perciò, di far loro particolari segni di venerazione. Capirei piuttosto ohe si onorassero 1 giovani dai quali tutto possiamo attenderci per lunghi anni. Il rispetto, sa mai, dovrebbe diminuire e non accrescersi con l'età. Si tratta sempre, se guardate le cose con occhio spregiudicato, di superstiziose sopravvivenze di abitudini e opinioni antiche ohe oggi non dovrebbero più regolar© la nostra condotta. Pensate, per esempio, anche a uno degli usi più comuni: l'invito a pranzo. Esso non è altro, evidentemente, che un resto di quelle epoche barbariche in cui l'ospitalità era resa1 necessaria dalla mancanza di locande e di trattorie o di tempi in cui i viveri erano Btraordinari amente meno cari di adesso e in cui gli uomini si compiacevano di soddisfare insieme a uno de' più incomodi bisogni animali invece di ■ vergognarsene, come accadrà in avvenire. Così pure l'usanza di accompagnare i parenti e gli amici alla stazione è una sopravvivenza di quelle epoche lontane in cui i viaggi, anche i più brevi, eran difficili e pericolosi e perciò si desiderava di stare qualche; momento di più coi nostri cari. Ma oggi, coi direttissimi e colile automobili, sono costumi da far ridere. Anche lei ne ride, non è vero?-v; Infatti, da qualche minuto, io seguivo il concitato discorso del mio '«visitatore con un sorriso che minacciava ad ogni momento diprorompere in risata. — Vorrei sapere, però — dissi io tanto per dir qualcosa —■ cosa c'entra la mia persona in tutte queste, sue ' teorie. — Lei c'entra benissimo. Io vorrei fondare in Italia, una Lega contro U Galateo e mi son rivolto a lei perchè mi aiuti e perchè accetti, se crede, dì far parto del consiglio direttivo. E motto della nostra lega sesta,: Ricordatevi della Gina/ Infatti si può dimostrare ohe i popoli dove più fioriscono le cerimonie son condannati alla decadenza. La rivoluzione francese fu la risposta dei beceri parigini allo smancerie del gran mondo aristocratico tutto fondato sull'etichetta. Il galateo rappresenta per me una diminuzio-ne di libertà, un'umiliazione continua della dignità umana, un'ipocrisia vergognosa, un ingombro di. sopravvivenze antiquate, una perdite perpetua di tempo. In nome dell'umanità io vengo a chiedere il suo aiuto per liberarla da questi mali! — Caro signoro, —risposi alzandomi in piedi, — io mi son convertito immediatamente alile sue giusto opinioni e perciò non si avrà a .male se ora la congedo senza troppe cerimonie. E preso per un braccio l'omino, sbalordite della mia-mòssa, lo spinsi rapidamente sul pianerottolo della scala e gli chiusi l'uscio in faccia sènza neppur dargli la buona sera. GIOVANNI PAPI NI.

Persone citate: Giovanni Della Casa, Giovanni Papi Ni

Luoghi citati: Italia