L'aquila, il liocorno e la mezzaluna

L'aquila, il liocorno e la mezzaluna L'aquila, il liocorno e la mezzaluna Pietroburgo, agosto. Nefeuno certo, in nessun paese d'Europa, pretendo riconoscere nell'odierna crisi turca i caratteri della novità. Ma siouramente per nessun paese d'Europa, essa è quella cosa vecchia, frusta, trita e plagiaria che è per la Russia. Ecco perchè l'attenzione di cui, ad onta di ciò, qui La si gratifica costituisce, a giudizio dell© persone esenti di malizia, un edificante spettacolo di buona volontà et di', coscienza politica. L'utopia, volevo dire l'ipotesi, della catastrofe dell'Impero turco esiste difatto nella grammatica politica russa *>er lo meno da quando Pietro il grande mosse alla Mezzaluna la prima guerra, nel 1711. Caterina II, togliendo, fra il 1774 e il 1783, al Sultano una buona metà del Caucaso e l'intera Crimea, riteneva in buona fede di averla attuata. Solo che, quattro anni appresso, all'indomani della presa di Ismail per opera di Suveroff, un incidente, una prima edizione del Congresso di BeriiTip, rinviava l'epilogo; e l'ipotesi, ripresa e ;non meglio risoluta nel 1827, nel 1853 e- nel 1878 da Nicola I e da Alessandro II, doveva varcare oggi, vegeta e intatta, la soglia del suo terzo secolo. I precedenti spiegano a sufficenza come, nonostante l'attenzione or ora lodata, il Governo russo non abbia, in cospetto- delle attuaK vicende di ^Costantinopoli, nulla di nuovo dà dire. Pier dire tuttavia qualcosa, almeno qualcosa di vecchio, giacché è l'uso, il Ministero degli affari esteri ha resuscitato in questa occasione un documento il quale, se non altro, contiene, sulla questione d'Operite, il suo pensiero di sessantotto anni fa. Non è poco. Anzi è moltiaismo. Le circostanze alle quali il documento, o meglio i documenti debbono origine e quelle che, non dico ne provocano, ma ne accompagnano l'eaumazione sono, ad onta delle molte differenze accidentali,, posi simili, nel fondo, ohe l'iniziativa dell'Archivio del Palazzo del Ponte 'dei Cantoni rischia in realtà di aver l'aria di una lezione politica. Si risale al tempo dell'imperatore Nicola I. Nicola I era un uomo energico, volontario, spesso anche duro, ma franco, ardito e, in una parola, assai ben tagliato alla sua parte di sovrano per dritto divino. Ciò che ne rende, sopnatutto, la psicologia singolarmente contemporanea, almeno al gusto di noi italiani, è una sua idea fissa: che la Turchia fosse alla vigilia della dissoluzione. Egli nutrì tale idea per ben trent'anni. Segno che vi era affezionato, anche più di noi che 'la nutriamo solo da pochi mesi, e non vi crediamo già più. Nell'eatate del 1844, in omaggilo alla medesima, S. M. fece un viaggio a Londra. Non mi consta che in quell'anno avvenissero in Turchia fatti men che ordinari. Qualche massacro di cristiani, qualche conflitto in Bulgaria, in Macedonia e nel Montenegro, efl è tutto. Non temo quindi-di affermare, sebbene non abbia sfogliato i giornali dell'epoca, che anche ai meglio informati tra essi — allora si era, per giunta, molto meno curiosi di adesso —- il vero oggetto dei colloqui del Monarca russo coi ministri della regina Vittoria sfuggì. Oggi noi abbiamo la soddisfazione di apprenderlo: si trattava di stabilire un'intesa segreta russo-inglese per prevenire e pericoli deJJo sfasciamento delPim pero ottomano. Nicola I rim?<je in Inghilterra una settimana. Un paio di mesi dopo, il suo viccoancelliere Nesst>irode ebbe l'idea di venire a fare i bagni a Brighton. Passando da Lon dra, si incontrò col presidente de! Consiglio, jsir'Hobert Peel, e col ministro degli este-iri, lord Aberdeen. Naturalmente Vcòùver-1 sazione si aggirò intorno a quante ."imperatore aveva detto. Gli elementi di dissoluzione operanti nella compagine dello Stato turco erano, cioè, ojmai evidenti. Circostanze imprevedibili potevano da un mo- mento all'altro determinarne la cata-strofe senza che i Governi europei avessero modo di impedirla. In talo ipotesi, Un'amichevole intesa anglo-russa sarebbe stata -il- mezzo migliore per diminuire le probabilità di fasfci- diosi contraccolpi • in Europa." Beninteso, nessuno pensava a privare la Porta della propria libertà di aziono all'interno. Ma poiché, approfittando della mutua gelosia dei Gabinetti, essa finiva troppo spesso col mancare ai propri impegni, una sorveglianza più diligente non era da trascurarsi. Ben custodita fra la Russia iu terraferma © l'Inghilterra sul mare, la Turchia non avrebbe mancato di essere più prudente. >. Codeste idee generali vennero dal conto Nesselrode, a Brighton, stese per iscritto in un memoriale — quello oggi esumato — che constava principalmente dei due punti seguenti : , l.o) Cercare di mantenere in vita l'Impero ottomano allo stato attuale, fino a che siffatto organismo politico sia capace di reggersi. 2.o) Qualora crolli, concertarsi preventivamente (?) su quanto riguarda l'instaurazione in suo luogo di un nuovo ordine di cose e vegliare in comune affinchè il muta», mento sopravvenuto nella situazione interna dell'Impero non abbia a recai- danno nè alla sicurezza dei rispettivi Stati e ai diritti che i trattati loro assicurano, nè all'equilibrio europeo. Lord Aberdeen avendo trovato il memoriale fedele, il cancelliere russo abbreviò la serie dei propri bagni per recarsi personalmente a Pietroburgo a sollecitare l'approvatone dello Zar. Lo Zar non negò di essere soddisfatto, però volle che il memoriale subisse un emendamento: al posto delle parole « qualora crolli », la frase « qualora si preveda debba orollare ». L'emendamento era di importanza considerevole. Data la ■nota specialità dello Stato turco di presentare quasi costantemente i segui dello sfacelo senza mai cessare per questo di l'aria di trovarsi in piedi, l'ammettere che gJMtf.rvftr.to potmt fcvcx luogo i» virtù non grii:o rendessero la catastrofe imminente. ^-a ta!o <;ra il parere dell'Inghilterra. Avevano avute luogo, sì, in Turchia, di- di un fatto compiuto ma di una semplice previsione, ossia di un calcolo di probabilità, di un giudizio subbiettivo, valeva quanto l'autorizzarne senz'altro la soppressione preventiva. Per questo, se era abbastanza naturale che Nicola I lo richiedesse, altrettanto naturale era che lord Aberdeen dovesse negarlo. Invece, quando, per incarico di Nesselrode, l'ambasciatore russo barone Brunnoff gliene fece parola, il ministro lo accettò senza difficoltà, ponendo come unica condizione che il Brunnoff ricopiasse di sua mano tutto il documento affinchè nessuno potesse poi ascrivere la correzione a impazienza o fretta da parte dell'Inghilterra. L'arrendevolezza del ministro inglese avrebbe dovuto rendere avvertiti i russi del conto che a Londra si faceva del memoriale. Ma è proprio vero che non si credo se non a quello che si desidera. Così Nicola I ritenne sul serio di essersi guadagnato non solo la fiducia ma la cooperazione dell'Inghilterra, proprio quando l'Inghilterra non solo non gli accordava la propria cooperazione ma gli ritirava quasi la propria fiducia. E non è a dire che i ragionamenti dell'una fossero, in fondo, meno giustificabili dì quelli dell'altro. Data la mentalità inglese, pareva impossibile che il monarca russo si fosse dato la pena di provocare personalmente quella specie di conferenza sulla questione d'Oriente al solo scopo di ricavarne un'intesa di carattere così negativo ed incerto. Non c'era forse sotto un proposito meno platonico? Non si voleva forse — ad onta della dichiarazione che Costantinopoli non dovesse diventare nè russa, nò inglese, nè francese — prepararsi la strada a un colpo di mano? La franchezza di Nicola I aveva destato tutti i sospetti dei due onorevoli ministri della Regina. Pel momento, le cose procedettero nel migliore dei modi. Lo Zar espresse il desiderio che il memoriale venisse depositato negli Archivi dei due Gabinetti, in testimonianza dell'avvenuta intesa, e gli si rispose che ciò sarebbe stato fatto. Il conto Nesselrode propose che fra lord Aberdeen e lui medesimo avesse luogo uno scambio di lettere, constatanti l'esistenza del documento, e anche questo venne accordato. Insomma il successo della pratica non poteva dimostrarsi più rapido nè più brillante. Senonohè, nove anni dopo, il 27 febbraio i 1854, il medesimo Jord Aberdeen, capo del Gabinetto, spediva alla Russia l'« ultimatum » che diede principio alla guerra di Crimea. Come spiegare un voltafaccia simile? E' quello che ai chiese anche Nicola I. Ma non è poi tanto difficile. Anzitutto, l'intesa secreta del 1844 non aveva valore alcuno. Lo dichiarò senza ambagi lord Derby allaj Camera dei Lords il 31 marzo 1854. QuedLflo, disse, era un atto personale ohe vincola-1 va il solo lord Aberdeen 6enza implicare ob-! bligazione veruna per-i ministri seguenti : j prova ne sia che « non era stato nemmeno I depositato alla Cancelleria del Foreign Of-i/ice». Oltre a ciò, i termini in cui il documento era concepito risultavano così in certi che trarne una norma qualsiasi di con-1 dotta tornava impossibile. Entro quali li- miti concepire codesta possibilità di sfa-1 sciamento dell'Impero ottomano? Ne era'forse fissata d'epoca? Esso poteva aver luogoj anche fra 20, 50 o 100 anni. Lo Zar rite-jneva che i torbidi a Gerusalemme e le sol- j levazioni di cristiani al confine montene-1 v«rsi incidenti, ma non era questa causa mproverare al Sultano di non saper mantenere la pace nei suoi Sta-1 , _ ti ..ibastevolo per rimproverare al sultano di; i.. ti*/ /• v. • •* • ti... Il loyahsme bnttanico entrava in giuo-1co. Come poteva il puro Liocorno — em-! blema della tradizionale pruderie anglosas-!j • ., i sono — .aderire a un progetto il quale con-1 sisteva in fondo nel dividersi le spoglie di | uno Stato amico approfittando dei suoi im-|barazzi? I irussi ricordavano ironicamente, iGibilterra, Cipro : ma in quei casi la f accen da era diversa. Si può ben transigere con la propria coscienza quando ciò deve servirò a i quaiche cosa; ma quando ciò non deve sor-1viro a nulla?... iLa verità è che malgrado le buone inten-lzioni delle quali da una parte e dall'altra l'atto del '44 si poteva presumere facesse j fede, nella pratica delle coso il dissidio era!fatade. Russia e Inghilterra dovevano con-isiderare la questione d'Oriente da due lati'assolutamente opposti. Per l'Inghilterra,' come scriveva ad principio del '53 lord Russe! a air Hamilton Seymour, ambasciatore a Londra, occorreva evitare ad ogni costo ohe una Potenza europea si insediasse a Costantinopoli. Poiché, padrona dei Dardanelli e di numerosi porti nel Mediterraneo, tale Potenza non potrebbe non esercitare un influsso preponderante negli affari d'Europa ; e, dato che fos6© forte e ambiziosa come era il caso della Russia, nulla di più probabile ohe, sotto l'Imperatore Nicola I o"sotto i suoi successori, una guerra avesse a risultarne inevitabile. Ecco allora ohe i mezzi, i quali si volevauo porre iu opera per evitare il conflitto sarebbero stati proprio quelli cho lo avrebbero più facilmente suscitato, giacché certo nè l'Inghilterra, nè la Francia, nè l'Austria — allora non parlava ancora della Germania — avrebbero tollerato la Russia a Costantinopoli. Conveniva dunque, secondo lord Ruasel, consigliare a Pietroburgo la massima moderazione. Il partito più savio era ancora quello di spiegare verso da Porta da più grande longanimità, di esporle le rispettive lagnanze sotto forma di amichevoli negoziati anziché di domande perentorie, di evitare ogni dimostrazione militare o navale, e insomma di non abusare minimamente e in nessun caso della debolezza di quel Governo... Vwùr il «Mitrano di Stuart* éariderava ed era logico desiderasse la Russia. Lo stes-so Nicola I, in un lungo colloquio confidenziale avuto con l'ambasciatore inglese, non ebbe timor© di confessarlo, con la suasolita sconcertante franchezza. L'atteggiamento di eccessivo riserbo assunto dall'InghiIterivi in tutte le questioni che sorgevano fra -lui e il Sultano aveva per effetto di incoraggiare ibacitamente quest'ultimo alla resistenza. Egli, Nicola, aveva già più volte dato prova di longanimità verso la Turchia, ma il modo in cui i cristiani vi venivano trattati rendeva molto arduo l'esercizio perpetuo di tale virtù. Che l'Inghilterra rinunciasse ad ogni proposito di occupare Costantinopoli, .benissimo: egli ne pigliava atto: d'altro canto non avrebbe mai tollerato che fosse altrimenti. Ma da parte propria non poteva in' coscienza promettere altrettanto. Egli si impegnava di non insediarsi sul Bosforo come proprietario: ma, se tutto rimaneva abbandonato così alla ventura, chi lo assicurava di non essere costretto un giorno o l'altro a piantare laggiù l'aquila bicipite, almeno provvisoriamente, in qualità di depositario?.... Si sa dove il dissidio condusse: inùtile rifare qui un capitolo da manuale di sto*ria. Ciò che torna interessante oonstatarer piuttosto, è come quel dualismo si. perpetui immutato ancora oggi. Oggi da distribuzione delle parti si è fatta un po' più complicata, nel senso che dal lato della Russia c'è anche d'Italia e dall'altro lato non c'è più tanto l'Inghilterra quanto sopratutto la Germania. Ma non si tratta qui che della evoluzione naturale di un principio rimasto identico. Che la Russia sia intervenuta per metter fine al conflitto italo-turco, e manifestando parzialità evidenti per l'Italia, nella prima fase di esso, quando sopra ogni cosa dominava il desiderio di evitare le complicazioni, nulla di più dogico. E in generale, indipendentemente dal conflitto odielrno," si capisce che da Russia debba per forza di cose guardare all'Italia come ad una cooperatrice. E' l'Italia che l'aiuterà ad ostacolare la marcia delle Potenze centrali verso i mari oggi turchi, sia restando nella Triplice che usceudone. Ecco perchè quanto serve all'incremento della Potenza italiana nel Mediterraneo è visto dalla Russia con intensa e sincera soddisfazione — soddisfazione la quale dovrebbe trovare aiu¬ i pio riscontro nei nostri propri sentimenti verso la Kussia che ci è © ci sarà di inestimabile contrappeso nei rispetti dell'Austria. Ma questo non è che un dettaglio. All'infuori dei dettagli, le parti, come dico, nell'ultimo mezzo secolo sono rimaste le stesse. L'Europa, in massa, non vuole la fine della Turohia, seguita a recitare la commedia del riserbo, della discrezione, eccetera, la com- j media del Liocorno. La Russia, per la qua fle"(5to9fcantln©poiliiroiii rappresenta una séni' 1 plico quantità negativa ma una formidabile ! quantità positiva, vive sulle spine in co j spetto delle complicazioni che vi si-prodtt I cono, tanto più serie di quelle del 1853, ipoiché la catastrofe della Mezzaluna la co stringerebbe ad attuare a Costantinopoli il programma di Nicola I; con quali rischi è 1 superfluo dire... Non so quale recondita analogia mi fa 1 pensare, a questo proposito, ad Alfonso 'Karr quando viaggiava in ferrovia, ai temj pi in cui in Francia non esistevano vefcjture per fumatori. Aborrendo dall'odore j del sigaro non meno che dalle dispute coi 1 compagni di st»mparthnento, l'egregio scrittore trepidava di continuo nell'ansia che uno di essi si 'mettesse a fumare e lo for- 1 attaccar lite, una buona volta, e poi non zasse a una dimostrazione ostile. Trepidava tanto cho finiva con l'augurarsi sinceramenei, , ; te che qualcuno traesse fuori il sigaro, per . ~ . .-" " * ,r . 7. 1pensarci pau. Ma rinunciare a valersi de]! proprio diritto, questo no, a nessun costo... !E nemmeno la Russia può rinunciare al i* iT- , _ ,T . 1 programma dt Nicola I. Nella sua ìncon- | gruenzaj, quel, programma il quale vuol©'che |Costantinopoli...'non sia russa, ma tté^ ino turca, nè inglese, nè tedesca, nè unarepubblica, costituisce ancora oggi il fondo del .pensiero. degli uomini politici del gran- de Impero — posti fra tutta una fatalità i , . r , . 1 . , ,. . -1storica, etnica, economica che di spinge ver- iso Costantinopoli, e l'Europa eie ti trattie- lne, quando non li forza a camminare in senso inverso, j Di fronte a tale realtà immutabile, im!manente, è di buon giooo spingere così lonitano come fanno le Potenze nei riguardi 'della Porta la politica della discrezione, ' correndo l'alea di un vero cataclisma balcanico? E' proprio così sicuro che non si rischi di ottenere l'effetto contrario, cioè di aumentare, come nel 1853,- i motivi di at trito invece^di eliminarli, di provocare una guerra europea per la paura,di esporvisi? Io non sarei lontano dal vedere in que sta esumazione operata dall'Archivio del Ministero degli esteri russo di un documen to ormai dimenticato il quale riesce tuttavia di una t attualità » così impressionante, un modo garbate, discreto, intelligente di rivolgere alle Cancellerie, una specie di monito amichevole, richiamando la loro attenzione sud rj-roblema della dissoluzione dell'Impero ottomano e significando loro che le idee della Russia al riguardo non sono sensibilmente diverse di quali erano prima del '78 e prima del '53.. CONCETTO PETTINATO.

Persone citate: Alessandro Ii, Hamilton Seymour, Karr, Mezzaluna, Mitrano, Monarca, Nicola I., Peel, Vittoria