Impressioni sul raid

Impressioni sul raid Impressioni sul raid (Per telegrafo e telefono alla Stampa). Brindisi, 80, notte. Esprimevo quest'oggi al Comandante Fenzi della torpediniera Climene, rimasta a Brindisi, la speranza che qualcuno degli eroici ufficiali che hanno partecipato all'arditissima incursione, ne raccolga, per l'esaltazione nostra italiana e per l'ammirazione del mondo, il racconto particolareggiato. Lo splendido episodio è infatti inesauribile di aneddoti, di osservazioni, di impressioni: quelle due ore storiche sembrano riassumere in se decenni di preparazione, epoche intere di speranze gloriose e di gloriosi propositi formulati nella lunga pace operosa e più ancora comprendono la significazione di tutta la portentosa forza morale della nostra razza, dando in pari tempo la nozione immediata della genialità 'dei condottieri delle navi, votate — è vero — alla morte, ma procedenti verso il sacrificio che sembrava certissimo, ineluttabile, con la veemente volontà di evitarlo per il bene della Patria. Per un marinaio e sopratutto per un comandante di torpediniere il sacrificio della propria nave è talmente connesso al fulmineo atto offensivo proprio della silurante, che le probabilità di scampo sono per essa minime. Ne deriva che i comandanti e gli equipaggi delle torpediniere sono assuefatti all'idea di doversi immolare, giungendo a distanza utile di tiro di siluro come ad una conseguenza assolutamente naturale propria alle loro navi e all'arma che le rende micidiali. Nel caso delie siluranti nostre nei Dardanelli, il dovere di non sacrificare le navi non era certamente minore di quello di cercare di silurare la flotta nemica. Voglio dire che il comandante- Millo eid i suoi ufficiali non solo avevano il compito di sacrificarsi 7iel tentativo loro, ma avevano, per un cumulo di ragioni di opportunità politica e militare, Vatlro compito, assai più arduo, di offrirsi interamente al nemico sino dove le sue difese erano più formidabili, e, dopo aver compiuto questo, di riportar le navi a salvamento. Questo lato psicologico del raid è, a mio giudizio, quello che ha umanamente il valore più grande. Non sono certamente stati essi, gli eroici comandanti delle torpediniere, cosi simpaticamente modesti, che mi hanno potuto suggerire che precisamente in quel dilemma del sacrificarsi salvandosi ha consistito la più pura ed ammirevole sublimità dell'impresa. No. Gli eroi, i veri eroi sono sempre inconsci. Passato lo sbarramento, essi avrebbero continuato a procedere nella tempesta del ferro, nello sfolgorio delle luci, sino a tiro utile di siluro, sino all'olocausto. Cioè a vrebbero raggiunto l'olocausto prima ancora di essere a portata di lancio e la sto ria avrebbe registrato un grande eroismo le vittime e dantì ^ torpedinare rihanno candida- mente confessato che avrebbero fatto se il comandante Millo non le avesse salvate tutte. Misurate la grandiosità della calma del comandante Millo. Portare le torpediniete al sacrificio non è nulla. Basta avanzare. L'arduo, l'impossibile, il meraviglio so è riportarle all'imboccatura delio Stretto. Pensatelo il comandante Millo rimasto alla coda della formazione nell'istante nel quale la Spica urta contro il cavo e le , di più e il nemico avrebbe esultato di una sua vittoria e numerato con immensa gioia le navi perite. Questo i torpediniere lo sopravanzano, riflettete sul-\la sua manovra, sulla corsa che imprime alla nnrìrMn rhn in Zn,*r, «-I L \- , aaa navicella cne io porta, per tagliare la rotta di tutte le altre che già preparavano il lancio, per sopravanzarle di nuovo, periguadagnare ancoro la testa della fila e per avvertirle con il fanaletto azzurro a segnali Morse, in mieli inferno del ronrertn Hpì mn noni nemici che hhoaZ rit^nZ t c"n"!nu7u nemici, cne bisogna ritornare. Le tor- pediniere preparavano dunque il lancio dei 'siluri, il comandante supremo, il guidatore, era rimasto addietro, era forse colato a picco. Chi sapeva? Chi vedeva? Le torpediniere, le quattro che seguivano la.Spica, andavano a ZI miglia verso Volocausto. Un altro minuto e i proiettili nemici dal Uro preparato, aggiustato, matematico, inesorabile, le avrebbero raggiunte, affondate, ì siluri sarebbero scoppiati sulle coperte medesime, compiendo un annientamento raccapricciante e completo. E' allora che il comandante Millo, dall'alto del ponte della Spica, sopraggiungente, le chiama e le salva. La permanenza delle torpediniere italiane nello specchio di Cianuk, al di là dello sbarramento, non è durata che un minuto o due, spazio di tempo già enorme per non aver veduto la loro distruzione. Mi diceva il comandante De Sommi come egli ed i suoi colleglli si spiegassero l'asserzione dei turchi di aver ritenuto che le nostre torpediniere fossero in numero supe- riòre"a cinaue "in 'cèrti. traTti^T'fanitì^^nore a cinque, incerti traili del canale, 1 coni dei riflettori illuminavano le nostre ?ia-vicelle in modo da proiettare lontano le lo-ro ombre rapidamente avanzantesi. E i tur- chi tirarono su quelle ombre, accanitamen- fe. Dove veramente l'allucinazione scompar-ne, fu all'uscita dall'imboccatura, quando a breve distanza prima, e poi a distanza più grande, man mano che le torpediniere no- sire si immergevano nella notte egea. Suo- narono i grossi 240 di Kilid Bahr e di Rum Kalè. E le navicelle allora, come erano state spettri, fantasmi, bersagli minimi e irrag- giungibiU daini, inseguiti dal cacciatore i- nesorabile, divennero come uno stormo di colombi, e alla guisa del volo di questi a- dottarono la loro corsa, allargandosi a ven- taalio, restringendosi, aumentando sino al- l'inverosimile le difficoltà del tiro dei mar- lai, che dalla terra suonavano, spargendo sul mare, con la caduta dei proiettili, altis- sime, candide colonne di acqua. Una di queste si alzò cosi prossima alla poppa del la Centauro, che, cadendo, si battè sulla coperta come una tromba marina, nsve- gliando il buon umore. Fu soltanto dopo, ai largo, fuori del tiro nemico che la squa- drigUa eroica, raggiungendo i cacctatorpe- diniere Borea e Nibbio, intese nel timbro delle voci dei compagni, che chiamando, domandando, traducendo l'inesprimibile, rnideìP ansietà di coloro che avevano atte crudele ansietà ai coloro cne avevano atte- so, certi, certissimi di accogliere non delle navi reduci, ma delle superstiti, ferite, a- gonizzanti, squarciate, presso a colare a picco, sicari anzi di non vederne tornarenomina t-,, c->7/„..j„ j„ • , , _ nessuna, ju soltanto dopo, ripeto, al suonoai quelle voci amiche che nel buio ango-scwsamente domandavano-. - Ci siete tutti?In quanti? Chi è rimasto? L che gli eroi eb-bero la coscienza della grandezza e deliaincredibilità di quanto avevano TompS. C07H.pi

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