La meravigliosa avventura nei narrata da Giuseppe Bevione di Giuseppe Bevione

La meravigliosa avventura nei narrata da Giuseppe Bevione La meravigliosa avventura nei narrata da Giuseppe Bevione Per telegrafo da SYRA, 24, ore 16,20. Sono ritornato a Stampalia sull'amico Tachidromos, via questa volta il sacrifìcio fu largamente compensato: vidi allineate alla fonda, presso la roccia fulva, cullavitisi beatamente alla maretta, fra le sorelle, le cinque torpediniere che hanno forzato i Dardanelli, comprese naturalmente fra esse quelle che i turchi dichiarano di aver affondato. Intesi il primo racconto della meravigliosa avventura, che mi fecero gli ufficiali e marinai i quali vi parteciparono, e ora 10 ripeto con religiosa fedeltà per gli italiani, mentre questo minuscolo piroscafo, facendo sulle acque turchine la sua contraddanza consueta, mi porta, con largo giro tra le isole occupate, a Syra, dove troverò il più vicino ufficio telegrafico. Da parecchio tempo era stato deciso di . tentare Vaffondamento della fiotta nemica colle siluranti: poiché le navi turche rifiutavano di uscire dalla loro tana, le nostre torpediniere sarebbero andate a cercarle e possibilmente a colpirle a morte. Era approssimativamente nota la posizione dove la squadra nemica stava alla fonda; si sapeva che si dovevano superare circa quindici miglia di ostacoli formidabili, quindici miglia di corridoio stretto, irto dalle, due parti di forti e di batterie, occhiuto di numerosi fari pronti a inondare di luce le nostre navi per consegnarle ai tiri delle artiglierie, seminato di mine, forse tagliato da cavi di acciaio, da reti metalliche, da catene di ferro. Si sapeva che nulla di simile, nemmeno lontanamente, era mai stato tentato da nessuna marina al mondo, che il siluramento delle navi russe da parte delle torpediniere giapponesi a Port Arthur era stato quasi un gioco in paragone di questa impresa. Ma si sapeva pure che si poteva conlare su uomini di acciaio, su comandanti di audacia illimitata e di dominio completo sui propri nervi, e su equipaggi senza tignali per disciplina, sangue freddo, determinazione. Partono per far scandagli... L'azione fu preparata con suprema cura nel più profondo segreto. Si fissò 'in cinque 11 numero delle siluranti che avrebbero preso parte all'impresa e si decise di scegliere tutte torpediniere, lasciando da parte i cacciatorpediniere, chc,essendo meno manmna- fgcilencvpacsdesvdmsrns3nbbsbaspu, I bili e più visìbili, erano meno idonee allo. r ,. . , scopo. La scelta cadde su queste cinque tor-, '. . ,. ,. „ *. n * ipediniere di alto mare: Spica, Perseo, Cen- ' . . • _,. , ii*. \tauro. Astore e Chmene. A comandarle fu- ' . ,. . ,. ... \rono presi tìinque ufficiali segnalati per ar->... . , , . ,.,t\dimenio, per calma e per ascendente sugli,• • «„^. j- „„„„„7i^ t>„~~i « \equipaggi: i tenenti di imscello Bucci, S>\. 1 . _. 0 " „. -i,!,-\naw, Moreno, Fenzi e Di Somma. Si ebbe\' . , ' .. .„ . .. ,, ' „_i_ cura di eleggere questi ufficiali che apnar- . , " . ,. „ „ ,„,„t!'tengono al medesimo corso e sono legati \da amicizia fraterna e da una fiducia reciproca, assoluta. In un colpo di mano come questo, ciascuno deve essere sicuro degli altri come di se stesso. Finalmente, ogni,... , i- • . „'\„\torpediniera, che ordinariamente non ha]ufficiali in seconda, imbarcò due sottote- nentì di vascello scelti fra gli elementi più solidi e giovani della squadra, tutti rotti all'aspra vita delle torpediniere. Perchè questi preparatici straordinari non destassero sospetti, fu annunziato che la squadriglia, appoggiata alla Vettor Pisani, era destinala ad una importante cani pugna idrografica nell'alto Egeo. La fintaifu messa in scenacon molta serietà e àVI& tà: ogni ujfidale ebbe ordine di portarsi a [bardo il proprio sestante e altri strumentiìnautici. E poiché questi ufficiali giovani, che amano poco fare scandagli in tempo di guerra, mostravano il muso lungo, i superiori li rimbrottavano e li ammonivano con severità che i lavori idrografici non deven essere disdegnati da nessuno. Il 14 sera le cinque siluranti salpavano da Stampalia, dietro la Vettor Pisani, come una nidiata di anitroccoli dietro la madre. Anche la prima divisione, agli ordini dell'ammiraglio Viale, fece rotta pel nord, scortata da una. squadriglia di cacciatorpediniere. A Stampalia tutti, tranne pochissimi alti comandanti, che erano a parte del segreto, credevano alla campagna idrografica e compativano i compagni che anda•vano a scandagliare il fondo dell'Alto Egeo. (ìli ultimi esperimenti Le torpediniere misero la prua su Lcro, e quando ebbero raggiunta l'isola, yeti-aro- no qualche scandaglio, ma appena cadderole tenebre, i lavori furono sospesi e non furono più. ripresi. Il comandante Millo, della Vettor Pisani comunicò l'altissimo incarico affidalo ulla squadriglia. I « musi lunghi» degli ufficiali s'illuminarono di gioia: scandagli e sestanti furono allegramente buttati hi un angolo e s'iniziò l'ultimo in-tenso'periodo di esercitazione e di afflata-mento. Si fecero prove di manovre difficilissimein uno stretto di quei paraggi, che presentaquattile analogia col tratto dei Dardanelli ;furono eseguile prove di 'velocità ed esercizi di lancio di siluri con precisione ammirevole. Non basta: alcuni ufficiali discesero a terra, e al lume delle lanterne s'inerpicarono sulle colline circostanti, alte presto a poco come quelle dei Dardanelli, per fare osservazioni sulla visibilità delle torpediniere nelle tenebre ; si 'raccolsero rilievi assai interessanti, per esempio, che èconsigliabile ' mutare in avvenire il coioredelle siluranti e verniciarle, invece che ingrigio cupo, in grigio perla, perche le masse oscure sono più percettibili all'occhio nell'oscurità. Per la immediata impresa si decise di levare il linoleum, che copre i ponti delle torpediniere e di spargere cenere in sua vece per eliminare il pericolo dei riflessi luminosi. Tutti gli elementi sopprimibili delle siluranli, a cominciare dalValberatuta, furono soppressi, e le torpediniere furono ridotte ad aridi fusi di acciaio in gramaglie, grandi linee bianche, tracciate colla calce sulla cenere, segnarono le varie inclinazioni sull'asse della nave, perchè nell'ora del lancio del siluro i tubi potessero essere collocati rapidamente senza esitazioni all'angolo voluto. Finalmente, furono raccolti e collocati in luogo adatto barili e tavole, perchè, in caso di affondamento, 'i superstiti potessero avere un sostegno a cui aggrapparsi e, abbandonandosi alla forte corrente costante che scende nell'Egeo, forse giungere salvi alle navi vigilanti fuori dello Stretto. Nella giornata del 18 lutto era pronto L'entusiasmo degli ufficiali e dèi viarinaì era uguagliato solo dalla loro profonda con sapevolezza del terribile cimento che andavano ad affrontare. Il comandante Millo radiotelegrafò la situazione all'ammiraglio Viale: il mare era proprio appena lievemente mosso da una brezza di nord. La risposta del comandante delle forze navali riunite fu: «Partite». Quasi digiuni - Parla Millo La squadriglia salpò scortando, come u na regina ad una festa, la sua Vettor Pi' sani. Alle 2 del pomeriggio gli ufficiali, alle 3 gli equipaggi, mangiarono un unico cibo nella giornata, ed alla sera ogni uomo ebbe un solo uovo sbattuto. La Perseo aveva a bordo sei bottiglie di cognac prese alla dispensa della Vettor Pisani ; ma fu proibito a chiunque di berne. A differenza delle altre marine, che andrebbero ad un'azione simile sotto l'eccitamento alcoolico, la nostra marina volle partire digiuna, in lucida purezza di spirito, come fosse andata ad una Eucarestia. Il comandante Millo per le sue funzioni e il suo grado non sarebbe stato tenuto a salire sopra una torpediniera ; invece lasciò al comandante deH'Amalfl il comando della Vettor Pisani, e prese imbarco sulla Spica, che diventò cosi la piccola nave ammira glia della, spedizione. Egli riunì gli Stati Maggiori delle cinque torpediniere , e dette le ultime spiegazioni sulle istruzioni scritte consegnate ad ogni comandante, ammirevoli di chiarezza e di precisione. Prima di congedare gli ufficiali. I il comandante Millo rivolse loro un ultimo . ,*" . .. * ,.,„ . ... ri„„„,„ aitili- d virile. Disse: uUfficiaU! Dovete , . . . .. ■„_■',,, i considerarvi ormai come non più appurte- . . K . , .„ \nenti a questo pianeta. La patria vi ha affi- , " " *"7° Jf n „,„ \dato un compito arduo, periglioso, ma pos- > " * Lm#.JL ,-, ~„; JLij \sibile. Il segreto della vittoria e nei vostri ," ; " -JAi.#. . . . \nervt, nella'vostra volontà, che devono sor\ ' . . ' , n„„i,„. \reggervi immutabili fino alla fine. Qualun- \ »» . ' ,- ■ ' «uè sia la resistenza che incontreremo, te- *~ „„,»„,„ 'nete presente la consegna, che e di andare \ *"* lafadfamincbpinznvcsnsdloagncnsinpqislumpaniPmFdMlAam, \ ninla. Ogni torpediniera ha a bordo un pie ]1' *. J: avanti a qualunque costo!». La spartizione del tesoro Un'ultima funzione commovente fu com- colo tesoro di guerra di ventimila franchi in oro. Ebbene, ciascuna unità della squa driglìa divise per capi e distribuì ad ogni uomo la sua parte del tesoro, ed ognuno ebbe circa 260 franchi in deposito sacro per la patria e se lo legò alla vita in una cintura di comando: se le siluranti coleranno a picco, i naufraghi che si salveranno, sal- i iranno per l'Italia il loro gruzzoletlo ao «• Questa preveggano, questa sollecitudine [semplice e tragica per gli interessi della ìgrande madre, quando per lei si gioca con l , alleyrezza la vita, richiama alla memoria la saggezza eroica dei piccoli giapponesi, che si levavano i vestiti e le scarpe buone prima di andare ad espugnare le trincee dove era sicura la morte, perchè servissero ai sopravviventi. Invidiak-amo quel gelido eroismo: ora vediamo che è anche dote nostra. Mie 23,15 circa del 18 la squadriglia fi separava dalla Vettor Pisani, che si poneva a ridosso della scogliera, ad attendere con indicibile ansia l'esito del raid. Ingoiate dall'ignoto L'entrata dei Dardanelli era Ubera: le car.'iatorpediniere turche, che vigilavano ordinariamente davanti ai forti esterni, non eran uscite al largo. A lumi spenti, incrociai ano a prolezione delle spalle della .s<yiwidriglia le grandi unità della prima divisinIne e la squadriglia delle caccialurpcdinie- o] re Alle 23,30 ,le cinque siluranti, buie, pie- : e cole vicine, varcavano la porla dei Dardo nelU ed un secondo dopo unclie la vedetta, che dalla coffa più alta della Vettor Pisani seguiva con cuore palpitante la corsa della minuta, fila veloce verso le ombre confuse e solenni delle coste d'Europa, la vedeva -[sparire dietro il forte di Knm lialessi come -l ingoiata dall'ignoto. La torpediniera è armata dell'insidia so- e'la Quasi senza cannoni, totalmente senza a ^corazze, rivestila appena, di un velo di ac ;\ciaio, che un colpo di rivoltella può tra¬ iirr rè passare, la torpediniera ha per vera arma il siluro, che deve lanciare a 500 metri dalla grande nave, sottoponendosi, per migliaia di metri, al tiro di tutte le sue batterie, e per sola salvaguardia ha la sua velocita e la sua audacia: è come l'insetto fragile, velenoso, che può uccidere se immerge il suo pungiglione nel corpo dell'avversario, ma non può difendersi che colla elsua rapidità e lasuà piccolezza. In queste ni condizioni di insetto, le torpediniere non sleti n iiee possono attaccare con serie probabilità di successo se non per sorpresa: se l'attacco è prevenuto, e se le difese contro il micidiale nemico sono disposte e pronte a entrare in azione, con novantanove probabilità su cento la silurante è condannata a perire. Per questo l'attacco era stato circondato da profondo segreto. Si calcolava forse sul- la leggendaria negligenza ottomana, forse si faceva assegnamento sulla lunga assenza delle navi italiane da quei paraggi. Se il fatto che da mesi la nostra squadra non sì mostrava a nord del 39.o parallelo avesse infuso nei turchi l'arbitraria persuasione che l'intervento delle Potenze ci aveva inibito di avvicinarci ai Dardanelli e avesse perciò assopito la loro vigilanza e ci avesse indotti a trascurare qualche misura essenziale di difesa, l'irruzione notturna fulmù nea, non. preavvertila da alcun segno, aveva numerose a chances » di riuscita. Duo razzi, quattro colpi Il non vedere alle porte dello stretto cacciatorpediniere nemiche fu giudicato buon segno, ma subito scintillò la prova che il nemico non era addormentato e sorvegliava sulla soglia della sua casa: due razzi candidi,- due alte vene dì luce, solcarono il cielo senza luna: erano i forti foranei, che avevano avvistato il nemico e davano il segnale d'allarme alle difese interne. Tuonarono uno dopo l'altro quattro colpi di cannone, quattro baleni rapidissimi illuminarono la notte come lampi estivi; quattro scoppi più cupi rintronarono quando i proiettili esplosero intorno allo sciame taciturno delle torpediniere, senza colpirle. La sorpresa non era più; il nemico vigilava: quasi tutte le probabilità del successo erano irremissibilmente perdute. Altri sarebbero ritornati indietro: i no stri, no ! La consegna non era : « Aitanti a qua lunquc costo »? La squadriglia compatta, unita, legata come le cinque dita di una mano, continuò la sua rotta imperturbata: pareva in manovra simulante un attacco alti propria flotta. Precedeva la Spica, comandata dal te nenie di vascello Bucci, e portante a bordo il capitano di vascello Millo: seguivano la Perseo, comandata da Siriani, l'Astore, comandala da Di Somma, la Climene. dal Fenzi, la Centauro, dal Moreno. La squadriglia navigava velocissima a lumi spenti. Manovrando con abilità diabolica, mutava la sua formazione con agilità meravigliosa. Adattandosi alle condizioni dello stretto e alle posizioni dei forti e delle batterìe nemici:!!, passava dalla linea di fila alla linea di fronte quando la. posizione delle, arti abutdatnfsuvcnsutspluaflnpnglie-rie costiere minacciava di colpirla- d'irt^ Mata.e scioglieva la sua formazione linearitin formazione a stormo quando la dispersimi*, delle unità sopra'un più ampio specchio d'acqua era più propizia. La manovra era stata studiata con esattezza matematica e veniva eseguita prodigiosamente: i vascelli fantasma volavano via vibrando sulle acque negre a cinquanta mc'.ri, uno dall'altro, a meno della lunghez- sa di uno scafo, mantenendo rigorosamente [i e e o n - le loro distanze. Invisibile, sulla prua òf-■ feria ai colpi, come un bersaglio senza di-ì fese, il comandante dava i suoi ordini al\timone e alle macchine; gridava col mega-' fono le sue comunicazioni alla torpediniera] che. precedeva e a quella che seguiva :man-\dava gli ufficiali in seconda sul ponte e sot-\to coperta a trasmettere, un comando, a ve- \rificare un servizio, a prendere un'informa- zione. Tutti gli uomini erano al loro posto"di lavoro e di combattimento, impassibili, :precisi, attenti come automi ragionanti! Lo¥spazio era divorato nel silenzio mortale del-;tyuuiv c.i/ \le due rive. Inondate di luce, tempestate di fuoco Dopo i due razzi e i quattro colpi, di can¬ - , i a e a e - a ¬ le grandi pupille dei riflettori si aprirono una dopo l'altra sulle due rive, fissando e seguendo conio magnetizzate le cinqui siluranti nella loro corsa folle. Poco dopo incominciò il fUOCO... ; Fu una sinfonia atroce, varia, violenta, che non cessò che quando le torpediniere uscirono in allo mare. Da questo punto pare, di entrare in VM*sfavillante fiaba guerriera. Le cinque torpe-dinicre continuavano, proterve, la loro roU.la. mentre dalie due spianai e si accaniva intórno a loro Vira selvaggia delle armi ne- miche. Varia era lacerata da proiettili di ogni forma, di ogni calibro, di ogni prove- utenza: le orecchie esercitale dei eoinan-danti distinguevano l'urlo possente delle grandi granale da 280 e da 240, gli scoppi fi.a o a e n i o à o - schianti degli shrapnels delle artiglieriecampali distribuite lungo le sponde, la la-melitela malvagia della fucileria, il tempestare furibondo delle mitragliatrici. Chi dice quattordici, chi dice sedici riflettori po-lentissimi, illuminavano quella scena in-fernale convergendo i loro fasci di luce ac- cecante sui piccoli scafi, che irrompevano ve- loci senza arrestarsi, senza rallentare mai, indifferenti alla tempesta di ferro che li in- viluppava, come se una magìa li avesse resi invulnerabili. Nel breve stretto, le siluranti osavano manovrare, avanzavano a velocità altissima in una rotta tortuosa, quasi danzando fra le mine per sviare i colpi e rendere difr fìcili i tiri non degnando di rispondere coi loro cannoncini da 47 millimetri al flagello che li perseguitava. Una sola volta la Perseo tirò un colpo contro un riflettore che non voleva abbandonarla, e lo mancò. Tutte le energie, tutti gli spirili, tutte le volontà erano tese nel solo disegno di annientare lo spazio, di farsi addosso alla (loti- nemica, di metterla a portata di tiro e di liberare contro di essa tutti i siluri colloca''- dentro i tubi. "Hascotte,, e facezie a bordo In calma, la tranquillità che regnavano a bordo delle cinque torpediniere erano sublimi: dal comandante scendeva come una linea rinfrescante e benigna fino all'ultimo marinaio affaccendato nelle viscere della nave. Nelle brevi pause dei tiri avana linea rinfrescante e benigna fino all'ultra dialoghi semplici, familiari a tutte le navigazioni, a tutte le manovre. Un megafono diceva: « Potevi passare più a sinistra ». Un altro megafono rispondeva: u Vi metto subito in linea ». Dalle « maniche a vento » spuntava talvolta la faccia nera e grondante di un fuo chitta, che domandava: « Che cosa c'è di nuovo? » col tranquillo candore di chi si svegli all'improvviso,, in un trambusto, da un placido sonno. Gli si rispondeva che tulli andava bene, e quello ridiscendeva soddisfatto alle sue fornaci incandescenti. Ogni torpediniera aveva tenuto a bordo, per mascottes, le sue bestie : la Perseo avelia un. vecchio cane omonimo; la Climene un'onesta famigliola di cagnuzzi minuscoli arricchitasi questi ultimi giorni di numerosa flgUuolanza; la Perseo portava anche un grosso caprone, che aveva l'incarico di tenere lontana, colle sue nobili corna, la iettatura. I cani si comportarono da pusillanimi e guairono miserevolmente durante tutto il percorso; il caprone, invece, fu magnifico di flèmma e solennità Parecchi marinai ed ufficiali proclivi alla facezia non furono impediti 'dall'orribile grandinata di ritrovare e spacciare freddu re. Un sottotenente di vascello, mentre strepitava più frenetica la musica, le trovò l'espressione che registro, perchè mi pare quasi definitiva nella sua giocondità: la chiamò. « fandango pandemoniale ». La coesione morale, non solo fra uomo e uomo della stessa nave, ma fra torpediniera e torpediniera fu continua e perfetta. In una delle loro audaci manovre, le siluranti, fremendo in tutte le vertebre e gettando faville dalle ciminiere, sì rincorrono disperatamente. Una sta per essere investita da quella che la segue. L'ufficiale in seconda avverte il comandante; ma quello, senza scomporsi: — C'è Di Somma dietro, sono tranquillo. F. infalli, il Di Somma grida un ordine e esgladfustcgvspleLdadnsqmmrasrlssaPodlM^ \? Hue siluranti, dopo un secondo, sono una tà; ft<*nc%> dell'altra, incolumi. La volata, l'incaglio ; Il diluvio di metallo continua senza far altro che scalfire la squadriglia e rispettando le persone. Le torpediniere passano cosi vicino alla costa, che vedono distinUimente gl'uomini alle batterie e sentono qualche volta l'ordine di fuoco. Gli uomini che d [Manovrano i fari sono visibilissimi., alcu- lrffdcrcfedmgrI p-■ ^no 111 maniche di camicia, segno cer- -ì 10 tfhet non *°W tu™>» ma europei. Una'nl\-vo,la la quadriglia sfila volando a soli cin-' Qu<f"ta ™lrt dalla riva e su di essa si aba] "a"e u^a di pallottole. E' miracoloso-, -\ "0:' una Persona, è toccata, -\ . Quattordici miglia sono compiute. Cosi, - \ m 7'iinut.i che sembrano frazioni di secon- do- w secondi che paiono secoli, il dramma o"1 avvicina allo scioglimento. La strozzalu, : ra Perigliosa di Cianati è in vista. A tutta o¥fr:c'le torpediniere si avventano alla stretta come per forzarla colla sola veemenza1 della'carica: oltre il corto gomito, che co- mhicia da Ciana!,; a poche miglia a vocila miruti, è Nagara, è la flotta turca, che bU< sogna silurare. Avanti! La Spica é in testa e fugge a 23 ndc, -;"1 c"mp per tornarla colla sola veemenza ! \ della cnrìrn- nitro ìi ..„_»„ .v , \o ¬ o e ; , e r„„nZLr~" are 11 Pas'\ ! TmaTi'SMi! ,<ttte I M* accartoccLnàJl 7 °- nell'^iea e-i. . .. a leOgermente. L'accidente U.. (!_"', "*ere con*e0Ueiise disastrose-, u- a V„,°{^a ca'.lap':. l»'P'0Hala fra le patte - f> tLfìTriTu^-n '? lorpedinier^ i vuriiua^,'*ri. , fra «li astri Piu - y „_,*.* "°"e ai'Violenza e di guerra.,-,"f°"i™an,: lnvece di dare mac-\e "rdl"a- .. ~ ?!vantl « lutla 1°rza! L elica turbina in un gorgo di spume e la Spica dà un balzo innanzi cavo. E' liberala! riti VI CTìn.'l,, 11-1 A ■* 7. . nr'relhZ i \aterfmfn^ co», nfa^Z0H ,„',„ f, P,0TJam ^^mmistoie, fra la maledizione crescente jAiTvrn i rfflU'Astor proiettili nemici. j Sapete che cosa è avvenuto ■ locità. spaventevole, ìa Spica aa dato entro] un cavo di acciaio teso per sbarrare il noe-\ •.•Ulti,,!. Il ^ " ... " spezzando il La spaventosa barriera Ora, davanti gli occhi acuminati dei e' -, io-\ -\ c- s'r* ^rate"i si stende il vasto specchio d'ace- \ <?"a 1,1 f°'ldo a cui si disegnano fanlasticai, mente, trasfigurale dal giuoco delle luci i n- \ profili delle navi nemiche-, sembrano Visio eo io fr oi o re tna o lni immateriali, diafane di nuovo paradiso dantesco; quel paradiso è a portata di mano a due o tre miglia, al massimo, di distanza; ma l'inferno e il purgatorio non bastano a dare l'idea della spaventosa barriera che è ih mezzo-, quei quattromila metri sono invalicabili: probabilmente altri cavi ostruiscono il canale libero di mine per cui la squadriglia dovrebbe passare. Tutti i riflettori rovesciano torrenti di luce sul breve tratto che le siluranti devono traversare. Impossibile nascondersi. I sottili scafi fv: ni sono rivelati con una esattezza inesorabile a migliaia di nemici, a centinaia di bocche da fuoco. Un ufficiale veneziano mi disse-, « Pareva di essere in piazza San Marco illuminata a aieinia », Un altro i » Sembrava di essere a mezzodì da tutti gli zenit dei 360 gradi della rosa dei venti ». Ormai piombava sulla povera squadriglia la tormenta rovente, tuonavano le batterie del nord, forse le stesse navi aprirono il fuor.'- contro la minaccia mortale. Su questo particolare nessuno può parlare coi. certezza: la flotta stava immobile dietro un gran sipario di luce intensissima che ne divorava i contorni e la rendeva quasi invisibile : certamente tutti gli uomini erano ai posti di combattimento e se non partirono, le prime bordate erano pronte a. partire. L'acqua intorno alle torpediniere ribolliva • da poppa, da prua, ai fianchi schizzavano alti zampilli con tonfi orribili alla caduta dei proiettili, come se delle sorgenti vulcaniche andassero inesauribilmente aprendosi sotto la superficie lampeggiante dell'acqua. Vària era piena di bagliori, di fiamme, di scoppi, di scheggie. Convulso, schiu mante, pieno di barbagli e di riflessi, il mare pareva diventato un immenso crogiuolo ardente. Ma allo zenit scintillava sempre la stella d'Italia. Il ritorno L ■ squadriglia e gli uomini erano ancora illesi, ma ormai era inutile accanirsi: le torpediniere operavano in condizioni assolutamente opposte a quelle che sole pos sono dare il successo: insistere era andare a sicura, inutile fine. La Spica richiamò la Perseo e l'Astore, che l'avevano superata e ordinò il ritorno. Quelli della Perseo, quando <lul punto più avanzato raggiunto fecero la conversione, riconobbero il profilo della MesMidiè coi suoi tre fumaiuoli. cdm o a Il ritorno si- compì ordinalissimo colfae-. compagnamente del fandango pandemonio-, le che continuò ininterrotto fino all'uscita dai forti esterni. Ma continuò anche svll minuscolo stormo la protezione di Dio. Na-\ vi e uomini raggiunsero incolumi il mare] lìbero ■. neanche i forti esterni, che tirarono] meno peggio, riuscirono a mettere un pro*\ iettile in bersaglio. AlVuna e mezza si spe-\ gneva il rombo dell'ultima cannonata. Lav spedizione durò esattamente un'ora e 55 minuti. L'attacco di torpediniere più famoso fina] al nostro era stato quello.dei giapponesi a Pórt Arthur: esso durò pochi minuti e fa| compiuto sopra una piazza ignara di essere in guerra, in un porto senza riflettori. Basta questo a precisare il miracoloso valore, dellu. nostra impresa. Ora le marine d'E«.| rovn sanno di quale metallo è costrutta la' marina d'Italia. IGIUSEPPE BEVIONE. |

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