Albenga e Bordigiani assolti per inesistenza di reato

Albenga e Bordigiani assolti per inesistenza di reato Albenga e Bordigiani assolti per inesistenza di reato Nasali, 8, raaUino L'udienza si apre alle ore 9 precise. 11 Presidente, contr'nmmi'-nglio Baggio Ducarne, comunica, col più vivo dolore, che l'avvocato Federico Maresca ha lutto sapere di non poter intervenire oggi all'udienza, per la morte di un suo cognato, il duca Caracciolo di Mclito. La notizia della morte dell'egregio gentiluomo produce dolorosa impressione in tutto il pubblico presente. L'avv. Della Zonga, a nome della Difesa Albenga, con sentite parole, manda ulFcgrecio collega, per il lutto che così improvvisamente lo ha colpito, le sue più sincere condoglianze. Si associano all'avv. Della Zonga, l'avvocato fiscale militare, cav. Mistretta, e per la Difesa del tenente Bordigiani, il tenente Caracciolo di Forino, il quale ricorda di essere stato compagno dell'estinto. Il Presidente domanda quindi al cav. Mistretta se deve dire ancora qualche cosa. Il cav^ Mistretta risponde negativamente; tiene solo ad inviare un saluto al Presidente, per il modo ammirevole con il quale ha diretto questo importante dibattimento, cosi sollecitamente esaurito. Anche i difensori del comandante Albenga e del tenente Bordigiani dichiarano di non aver nulla da aggiungere alla discussione. Sono infine interrogati i due imputati; il comandante Albenga dice semplicemente : « Nulla ho da aggiungere; ho sempre avuto fede nella giustizia del mio Paese ». Il tenente Bordigiani fa un rispettoso inchino, dopo di che il Tribunale, insieme con 1 infaticabile segretario, avv. Finopaco, entra nella Camera delle deliberazioni, per la sentenza. Durante la lunga attesa, il tenente Bor digiani rimane nell'aula, mentre il comandante Albenga, di tanto in tanto, si allontana. Alle 9,10 il Tribunale entra in Camera di Consiglio per deliberare. Alle 11,30-si ha U sentenza: «Letto ed applicato l'art. 530. prima parte, del Codice Militare Marittimo, il Presidente dichiara non farsi hiogri a procedere contro i giudicabili capitano comandante della B. Nave San dorino Gaspare Albenga, e tenente di vascello Bruno Bordigiani, per inesistenza di reato. Appena il Presidente contrammiraglio Baggio Ducerne ha pronunciato la sentenza, il pubblico che gremiva l'aula ha prorotto in applausi e in evviva alla Marina italiana. Anche le signore,, che numerose si trovavano nell'aula, hanno vivamente applaudito; I giudicabili, visibilmente commossi, sono restati attoniti fissando gli sguardi sul Presidente, riavendoi soltanto quando già gli avvocati difensori sono andati loro incontro abbracciandoli e baciandoli. Il Tribunale militare di Napoli ha assolto il comandante Albenga e il tenente Bordigiani da ogni responsabilità nel disastro della San Giorgio con la forinola più recisa: e noi, ligi ad una immutata tradizione, ci inchiniamo al verdetto. Però ci sembra che oggi più che mai sia da chiedere: Crede il Ministero di avere adempiuto a tutto il suo dovere civile e morale nell'interesse della marina e dèi Paese? Carto che no. Il Trihunale militare ha purgato di ogni imputazione quegli che, per essere al comando supremo della nave, era altresì dal Codice militare indicato rigida¬ mente come l'uomo su cui per primo si doveva rivolgere l'inchiesta e l'accusa. Assolto l'uomo, resta il fatto. La sentenza di Napoli non distrugge la verità materiale : che, nel conosciutissimo golfo di quella città, navigando di pieno giorno, l'incrociatore corazzato andò a infiggersi di tutta forza contro uno degli acuti scogli della tìajola; e che, per tale avvenimento, una delle nostre più belle e compiute unità navali, corse rischio di perdersi, rimase per otto mesi sottratta alla ditesa e all'offesa, occorsero sforzi supremi e non pochi milioni per scongiurare l'irreparabile. Tutto ciò non doveva accadere. Non è lo scoglio della Gajola che, per un fenomeno nuovissimo, si mosse per andare incontro alla San Giorgio, ma bonsl questa che cozzò contro lo scoglio, noto a tutti i pescatori, rilevato su tutte le carte marittime. Esoluso quindi il fato, rimane pur sempre che della disgrazia qualcuno deve essere il responsabile. 11 Tribunale ha dichiarato che l'Albenga non ò questo qualcuno: e chi è allora? lì qui che sijimpone la ricerca. Non solo per ovvio ragioni di sicurezza futura, ma anche per un senso di dovere verso il comandante Albenga. Perchè se l'autorità si arrestasse nella ricerca della responsabilità alla di lui persona, egli avrebbe il diritto di ritenere che le investigazioni della giustizia non avessero quel carattere sovranamente obbiettivo che pur deve animare ogni utto giuridico. Ed egli d'altra parte ù troppo esperto marinalo per accettare la versione che la sventura che lo colpì nella sua nave sia dovuta a uno di quei casi di forza maggiore, a cui con sì bella eloquenza accennò il suo difensore, ammiraglio Cagni. Certo noi pure comprendiamo come uh capitano, che sulla sua nave da guerra è più sovrano di un re assoluto, possa, in un momento supremo, tentare sulla responsabilità sua una di quello audacie temerarie che, riuscendo, salvano una posizione, e in cui invece, non riuscendo, il Paese deve chinare il capo in silenzio, ravvisando l'ostilità della sorte, non l'imperizia o la negligenza dell'uomo. Tanto più che l'audacia, temperata al sapere e alla serenità dello spirito, portano fortuna. Da oltre otto mesi le navi delle nostre divisioni scorrono infaticato le. acque nemiche, di giorno, di notte; affrontano quel terribile ignoto che sono le mine, sfiorano sul mare incollerito nelle stagioni inclementi i più insidiosi banchi di sabbia africani; preparano ed eseguono sbarchi meravigliosi, e tutto questo si compio da diecine e diecine di corazzate, senza che ad una di esse sia mai occorso colà quanto avvenne, in una placida giornata luminosa, nel bel golfo solcato e risolcato impunemente dai più remoti secoli sin dalle triremi fenicie. Ma quei casi supremi prospettati dal l'ammiraglio Cagni non si applicano alla avventili;) molto piatta, n banale, sebbene quasi tragica nelle conseguenze, dell'incrociatore San Giorgio. Esso non navigava per l'onore della bandiera, nè per salvare Napoli, sibbene semplicemente per provaie le caldaie. Non disgrazia fortuita, dunque, non forza maggiore, non eccezionalità di circostanze: ma invece incuria, o ignoranza di funzionari responsabili. Era spostata la boa? Erano, cosa ancora più grave, sba gliate le carte di rilievo del golfo, come si è prospettato al processo? Noi non sfioriamo neppure il merito di queste ipotesi: non è nostro ufficio. Bensì, per l'amore che portiamo alla giustizia, per l'interesse che proviamo per la nostra flotta, destinata a cimentarsi contro i nemici d'Italia e non contro gli scogli dei suoi mari, interpreti sicuri del Paese, che paga volentieri, ma desidera che non si nascondano i. responsabili, chiediamo che dopo l'assoluzione di Napoli, anzi, a causa di essa, il Governo compia tutto e sino al fondo il suo dovere.

Persone citate: Albenga, Baggio, Bruno Bordigiani, Cagni, Caracciolo, Federico Maresca, Gaspare Albenga

Luoghi citati: Italia, Napoli