Altri testimoni ribadiscono le accuse contro Paternò

Altri testimoni ribadiscono le accuse contro Paternò Processo Paterno Altri testimoni ribadiscono le accuse contro Paternò Nuoto emozionante confronto tra l'avr. Serao e l'imputato (F»er telefono alla STAMPA.) Roma, 29, sera. L'udienza si apre alle ore 10. E' assente i'ayv. Marchesato 'di P. C. Su domanda del terzo giurato Paterno spiega che tra le sue robe furono trovato alcune lettere da lui. indirizzate alta contessa, perche dopo ogni litigio, usavano restituirsele a vicenda, e tale restituzione avvenne anche alila viglila della tragedia. Non pensò dì bruciarle dopo essersi determinato il suicidio, ma scrisse al Serao ili custodire gelosamente il suo baule e di accompagnarlo a Palermo. Sgarbato e autoritario L'ufficiale giudiziario introduce nell'aula il direttore dell'albergo d'Inghilterra, Carlo Ketterer, dove il Paterno prese ddmora ned giorni precedenti al delitto sotto il falso nome di Ugo Vitali. Il teste narra come di 19 febbraio -l'ex-tenente Paterno si recò ad alloggiare all'albergo d'Inghilterra sotto 11 falso nome di -Ugo Vitali. Durante questa sua prima permanenza all'albergo ebbe oontinue e misteriose conversazioni telefoniche. Un giorno anzi il Paterno disse che sarebbe venuta una sua sorella maritata e perciò l'avessero lasciata •passare. Il teste aggiunge che nel tempo delia 'permanenza all'albergo di Paterno si dimostrò sgarbato ed autoritario talché si era fatta L'impressione che il suo muovo cliente fosse 8»n .ufficiale tedesco. Il 2 marzo il signore in parola lasciò l'albergo dicendo che partiva. •Nell'atto di andar via era calmo. Il teste spiega che nè dalla serratura, nè dalla parta soc'chiusa si possono vedere i due letti, della cani era. Chi macchiò di sangue le lettere? ' S'interroga quindi il delegato lantani che entrò per primo nella camera del Rebecchino dopo il delitto. Descrive coi particolari noti la posizione del Paterno e della contessa. Di•ce di aver visto il coltello aperto e insanguinato sotto un piede della signora che giaceva penzoloni dal letto. Presso di coltello era un anello da'»uomo. Le lettere dalle quali si statili l'identità dei due erano sul tavolo. Ili presidente legge il verbale relativo al rinveni'inento degli oggetti, e poi quello del giudice istruttore che nel sopraluogo fatto trovò le lettere intrise di sangue. Il delegato Jantofn dice cM non ricordare, tale circostanza. L'accusato fa identiche dichiarazioni; aggiunge però che ricorda di aver latto alla contessa una lettera per mostrarle la serietà del suo proposito di suicidarsi. I] teste non esclude che lettere possano essere state macchiate di sangue da qualcuno che toccò il coltello prima e poi le lettere. Dice che da prima gli parve che IR Paterno fosse morto, poi da un gesto si accorse che era •moribondo. Aggiunge che la rivoltella si trovava, a. parecchia distanza dal coltello; nega assolutamente di aver toccato le lettere. " Faceva debiti ed era un domiamolo.. Viene interrogato 41 testimonio Boselli Ettore, che si trovava, nel negozio dell'armaiuolo Sbordoni allorché il Paterno si recò a comperare il poitallo. Jl Boselli riconosce nel Paterno l'acquirente del coltello. Si introduce posata il teste. Rinaldo Contri, (delegato di pubblica sicurezza di Firenze, il quale depone sul soggiorno del Paterno nella capitale toscana. 'i — Assunte informazioni - dice il teste - sul conto di Vincenzo Paterno, mi risultò che frequentava case da giuoco e che faceva dei debiti. A Firenze egli aveva firmato una cam fetale di 6 mila lire a Riccardo Bastogi, cambiale non ancora pagata. Ne rilascio un'altra di lire 1000 ad un tale Scarsella ed. un'altra di lire 3500 fu scontata dal cav. Prosperi, a cui deve tuttora L. 2350. Questi debiti che mi risultano, ma non sono certo i soli fatti dal Paterno, il quale era anche domiamolo, lasciata Firenze, vi capitò di passaggio nel settembre (1909 "umido si recò a Siena. Agli amici confidò di essere diventato l'amante di una bella donna. So poi - conclude il teste - che Paterno era malato di malattia incurabile Aw. Sciimonelli. — A quanto ammontano i debiti che il teste ha potuto accertare? Teste. — A 10 mila lire circa. "Tu menti, vigliacco,,' Uscito dall'aula il delegato Contri, si stabilisce di richiamare l'avv. Rodolfo Serao palargli una contestazione provocata dalle affermazioni del teste Ketterer, direttore dell'albergo di Inghilterra. L'avv. Serao torna nel pretorio e ripete le sue. precedenti affermazioni che all'Hotel d'Inghilterra egli vide il Paterno tranquillo sul letto fumando una sigaretta, mentre pochi minuti prima l'aveva lasciato eccitatissimo a causa della contessa Trìgona. Risulterebbe quindi, secondo l'affermazione dell'avv. Serao, che il Paterno è un mentitore. Iterante il nuovo confronto Paternò-Serao nasce una vivace contestazione. L'avv. Serao ripete, che, al Quirinale, Paterno disse alla contessa: Vigliacca, ti scannerò. A queste parole un urlo che esce dalla gabbia fa scuotere i presenti. — E' falso, è falso - grida Paterno. - Tu menti, vigliacco, calunniatore. Serao si rivolge alla gabbia e fa doocapTlechcoranvntaaprdQilcrvtasnFpdqcslansPtdstzsszpvtfrvssi DntdraqcDmcvrcfqadtdbCdidsclcmGrpL'aw. Serao si rivolge alla gabbia e qualche passo verso Paterno che lo fissa di- grigliando a denti e tendendo il braccio verso s-"paterno. Paterno - grida a sua volta l'av- "vòcato Serao - io affermo il vero: sei tu che — ----- --.-„■ , . „, >,„! i Gbai mutatoile parole quando.nel.confronto hai affermato di aver detto : mi scannerei invece i che fi scannerei. . — No, per Dio, - insorge l'avv. Scimonelli no, nel confronto Paterno ha detto : mi suiciderei, e non ha usato affatto il verbo scannare. Faccio appello alla memoria e alla coscienza da tutti. i L'avv. Serao volge lo sguardo all'accusato ed al difensore, cercando di dominarsi, mentre l'aw. Scimonelli continua a voce alta: — Prego il Presidente di fere inserire a verbale la circostanza che passati due soli giorni dal confronto fra lui e il Paterno, egli ricorda una parola invece di un'altra in un punto cosi importante e così grave. ' — Domando la parola, domando la parola — '♦lice vibratamente l'assassino. — Parlate — gli risponde il Presidente. :—• Per l'ultima volta affermo in modo assoluto che al Quirinale le parole da me dette Alla contessa non furono quelle che mi ha attribuito il Serao. Io le dissi soltanto: canaglia, tu mi lasci, ma io mi suiciderà. Pure ■per l'ultima volta affermo di non aver parlato con la contessa ad alta voce. Aggiungo, signor Presidente, che stava accanto a noi un corazziere. Ebbene, costui nulla ha inteso, proprio nulla. Cosi costui mi calunnia — conclude vibratamente il Paterno con un nuovo gesto d'ara e di disprezzo, verso Serao. : Dopo pochi minuti l'ufficiale chiama il commendator Florio. Il teste si presenta subito e tetti i presenti si preparano ad ascoltarne attentamente la deposizione. -— Il conte Romualdo Trigona, comincia il comm. Florio mi chiamò a sè quando ricevette l'atto di separazione da parte della contessa Giulia, mi recai da lui e lo trovai ecei. tatissimo. Egli temeva molto scandalo che la "separazione giudiziaria avrebbe certamente provocato, perciò mi pregò di recarmi dalla contessa per persuaderla a desistere dalle pratiche iniziate e di accontentarsi di una separazione consensuale. Promisi di far ciò che mi era possibile e infatti andai dalla contessa, presso la quale trovai l'avv. Serao. Dissi tutto alla conlessa, la quale mi disse che avrebbe riflettuto bene e che mi avrebbe mandata una risposta in serata per mezzo dell'avv. Serao. Con questi infatti mi misi d'accordo per un abboccamento al grande Hotel, dove io abitavo. II Serao venne da me verso le 8 pom. per annunziarmi che la contessa acconsentiva ad una separazione amichevole, purché /osse a lei affidata la figlia Giovanna. Io dissi all'avv. Serao che Paterno desiaetiava lo scan- qpGcamdltrmtfprvszimpcpqdtpmvdcn dalo per le sue mire relative alla dote della oontessa. Presidente: — In che modo Paterno cercava lo scandalo? Teste: — A Palermo faceva di tutto per propalare la sua relazione con la contessa. Alla Trigona io ebbi a consigliare a ricorrerle per le pratiche di separazione all'on. Marchesane che era amico di famiglia e avrebbe potuto contribuire al raggiungimento di una separazione amichevole. Quanto a Paterno egli non godeva a Palermo buona fama ed io dovetti allontanarlo da casa mia. Presidente : — Sa il teste se al Paterno fosse nota la sua interposizione tendente ad evitare la separazione legale? Teste: — Credo di sì e. forse per questo egli andava dicendo di volermi ammazzare. " Creò il vnoto intorno alla contessa,, Avv. Scimonelli — Il teste conferma la deposizione resa durante il periodo di istruttoria, nella quale è scritto che Serao ebbe a dirle che Paterno aveva fatta una scenata al Quirinale .perchè la contessa aveva ricevuto il Serao slesso? Teste — Sì, mi narrò così. Avv. Scimonelli — E raccontandole queste cose Paterno riferì il famoso « ti scannerò? » Teste — Mi PiLre di no. Ancora una volta il presidente fa chiamare l'avv. Serao, il quale, interrogato, risponde: — 11 colloquio fra me e il comm. Florio avvenne al a Ribecchino » mentre ero ancora tanto impressionato e commosso che può darsi che in tali condizioni di turbamento io non gli abbia riferito le ■parole « ti scannerò ». Avv. Scimonelli — Fino ache epoca il comm. Florio ricevette in casa sua il Paterno? Teste — Non ricordo bene. Avv. Scimonelli — Ecco, ora, il teste mi perdoni se debbo compiere il mio dovere di difensore e rivolgergli una domanda della quale la prego di non cercare nulla di man che deferentc e-riguardoso verso la sua persona. Vorrei che ini dicesse se verso di lui la contessa tenesse un contegno di repulsione e perchè. Tèste — Unicamente perchè Paterno la co stringeva a trattar come me tutti gli altri Paterno infatti creò il vuoto intorno alla contessa Trigona. Avv. Scimonelli — Ella non ci ha detto le date dell'allontanamento di Paterno da casa sua; non potrebbe ricordarle? Teste — Potrei, per servire l'avvocato, rin tracciarlo dai libri di famiglia. Con questa risposta si esaurisce la deposi zione del comm. Florio, che è stata resa con serenità e sicurezza e siccome è mezzogiorno suonato il presidente toglie l'udienza. La sovventrice di denaro L'udienza pomeridiana comincia con l'audi zione del'teste Oreste Moretti, commissario di pubblica sicurezza. — Mentre ero a Siena, dice il teste, fui invitato ad assumere informazioni sulla condotta tenuta a Siena dal tenente Paterno. Mi fu riferito che il tenente, aveva condotto vita poco regolare, giuocando molto e contraendo rile vanti debiti. Era assiduo corteggiatore delle signore. Dopo la tragedia, per tutta Siena non si parlò che di Paterno e se ne dissero di tutti i colori. Viene chiamata la teste Amalia Raimondi in Di Bella, che figurava come sovventrice di denaro a Paterno. La teste dice: — Io ero amica della cameriera della contessa Trigona, e un giorno la Gioconda Maddie mi disse:_« Amalia, mi vuoi fare un piacere? ». « SI » risposi. E lesi: «Verrà un signore a chiederti del denaro in prestito e gli darai queste seicento lire c ti farai rilasciare una cambiale per 630 con scadenza a sei mesi». Dopo tre o quattro giorni venne il signore, mi chiese il denaro e-.l io glielo diedi dietro consegna della cambiale. Dopo qualche giorno venne la Gioconda e ani disse: « Se quel signore tornerà pei- chiederti altro denaro, rispóndi che non ne hai ». Tornò quel signoie ed io gli feci capire che non potevo dare, altro. Dopo qualche giorno venne la Gioconda e mi diedealtre 600 lire, che io consegnai a quel signore dietro ultra cambiale di u:!0 lire. La Gioconda tornò un'altra volta e mi diede altre mille lire da consegnare, dietro il rilascio di una cani-biale per 1050 lire con scadenza ad un anno. Ciò avvenne il il gennaio 191.1. Il signore mi domandò: « Ma questo denaro di chi è? ». Edio gli risposi che mi veniva da un mio zio d'America. Ciò gli dissi perchè me lo aveva suggerito la Gioconda. Il 31 gennaio la Gio-conila venne di nuovo e mi disse di farmi rilasciare un'altra cambiale dal signore, dicendo che il denaro gli sarebbe stalo spedito da Rp- molta!». Io le diedi le tre cambiali, due di G30 ?ire e una di mille: però ero talmente irritata contro la Maddie che per rabbia strappai ia cambiale lasciatami in bianco ». Il denaro dello... zio d'America gj mtcrroga a quest0 prOp0sito il Paterno che sp|esa ehe ^ ^ ^ »n ^ non ]e ^ "^U^lcimonrflh " - La prima volta che la i Gioconda portò le 600 lire, ha pensato la te- h n d , ^ Maddi h i questa volesse negoziarlo? Teste: — Veramente da prinoipio pensai appunto questo. Avv. Scimonelli : — La seconda volta che la Gioconda si recò dalla teste, che cosa si raccomandò di dire al Palernò? Teste: — Che i denari erano miei. Io risposi anzi che non volevo dire cosi, e allora ella mi suggerì di dire che erano di un mio zio di America. Scimonelli : — E che domandò il Paterno alla Di Bella quando si recò a chiederle par la terza volta del denaro? Teste: — MI domandò di chi fosse il denaro, e allora io gli dissi che era di quel tale mio zio d'America. Avv. Lidonnl: — Che cosa fa la teste? Teste: — La portinaia in casa Camporeale. Lidonnl : — E ricorda la teste che la contessa per far recapitare le lettere al Paterno le faceva lasciare dalla Gioconda presso la sua portineria? Teste: — Si, lo ricordo benissimo. Lidonni : — Il Paterno si recava a ritirale? Teste: — Si. Lidonni: — La testimone sa leggere? Teste: — So solo fare la mia firma. Quando veniva il signore portava la cambiale e la scriveva in casa mia. Lidonni: — La teste gli dava il denaro senza che egli domandasse la cifra? Teste: — No: mi domandava: «Quanto è il denaro?». Io rispondevo: «630 lire a sei mesi », e lui riempiva la cambiale. Scimonelli : — E la cambiale di mdlle lire la portò seco il Paterno? Teste: — No, l'andai a comperare io per incarico del signore. — Ricorda la Di Bella che oltre l'interesse percepiva anche una mediazione? — Sì. la prima e la seconda volta mi diede qualche cosa, la terza volta invece non mi diede nulla. Quinto giurato: — La prima volta che la teste dette denaro a Paterno, lo conosceva già ? Teste: — Sì, lo conoscevo di già. Paterno : — Anch'io la conoscevo perche per mow.o suo io e la contessa ci scambiavamo le lettere. Fu la contessa suggerirmi di rivolgermi alla Di Bella: anzi, dapprima mi indirizzò ad un'altra persona, ma poi mi disse che l'affare con la Di Bella era più conveniente. i a i e a n o i a e i n e i a . , o o i i o La contessa aveva bisogno di denaro Viene introdotto il teste Serafici Ernesto, praticante farmacista. Così narra le operazioni di pegno da lui eseguite dei gioielli della contessa: Veniva qualche volta, a casa mia, la signora Maddie, la quale ci parlava del grande bisogno di danaro della povera contessa. Un giorno venne e portò dei gioielli, che mi pregò di andare ad impegnare. La prima" volta ricordo che avvenne nel novembre 1910. Mi portò un paio di orecchini e alcuni anelli, che Impegnai per mille lire. Consegnai tutto il danaro, e la polizza alla Maddie. Questa tornò altre volte o feci sempre pegni per varie sommo. ita (Decimo giurato : — n teste ha mal avuto là curiosità di chiedere alla Maddie per quRimotivo la contessa Trigona facesse quei pegni? Teste: — Veramene, non ho mai fatto qué-:. sta domanda, però, mi meravigliavo, perchè' sapevo che la contessa non aveva bisogno di ricorrere a pegni, per .avere il marito, clic non glie ne taceva mancare. Avv, Pantano, della Parte Civile: — Come spiega il teste i pegni? Teste: — Una volta, la cameriera mi disse che la contessa doveva mandare del danaro al sarto Bossi, di Firenze. Procuratore Generale: — Paterno, che ha sempre avuto la confidenza della contessa, ha mai saputo di questi pegni? Paterno : — Una volta la contessa mi disse di aver dovuto impegnare dei gioielli, per pagare alcuni debiti del marito, e aggiunse, poi : « Vedi, in qual triste condizione mi mette quell'uomo: mi costringe anche a fare dei pegni ». E' richiamata la teste Dibella. L'avv. Scimonelli le chiede se ricorda elio una sera il Paterno pianse nella sua portineria, per il dolore della prossima partenza della contessa. Dibella: — Sì, ebbe a dolersi con me della partenza della contessa, e piangeva. Un vetturino palermitano E viene il teste Antonio Coletti, vetturino, di Palermo. Il teste parla in stretto dialetto siciliano : — Un giorno stavo fermo sopra una piazza di Palermo, quando sulla mia carrozza montò la contassa Trigona, che io conoscevo. Mi fece percorrere il corso; giunti poco più in là della via Alloro, un tenente di cavalleria mi fece segno di fermare ed io ubbidii. 11 tenente montò, dopo avermi ordinato di alzare il mantice, o mi fece andare per strade di campagna deserte. Mentre guidavo sentii questo dialogo: «Domani»; e lei: « E' impossibile». «No. deve essere domani»; e lei: «E' impossibile». E il tenente: «Deve essere domani, se no ti faccio saltare le cervella anche qui ». Allora mi voltai, e vedendo il lenente eccitatissimo, cercai di calmarlo. Prendemmo la via del ritorno, e poco dopo il tenente discese. Io accompagnai la contessa a palazzo, e là mi pagò. Il teste dice, quindi, che il fatto Io narrò al cav. Franchi, due o tre giorni dopo la tragedia, e che non conosceva il Paterno, mentre conosceva bene la contessa. Mostratogli l'imputato, rispondo che, in coscienza, non può riconoscere in lui il tenente della scenata. Non sa se il Paterno era l'amante della contessa, e dice che la scena sarebbe avvenuta alla fine di settembre o ài principio di ottobre del 1910. verso le 17,30. A domanda del 7.o giurato, SI teste dice che le vie percorse sono solitarie, e in esso, chi vi passa, difficilmente può essere visto. Paterno: — Ho da dire due cose: anzitutto, alle 5 ero sempre in quartiere, inoltre; appena uscito dal quartiere andavo subito a casa, dove mi ingiungeva la contessa, tanto più die io e là contessa eravamo conosciuti da tutti i cocchieri di Palermo. Come era possi bile che ci avventurassimo a fare delle passeggiate col pericolo di essere visti? L'avv. Lidonnl fa rilevare che gli amanti si davano appuntamento proprio alla Villa Orleans, cioè, proprio dove il vetturino dice di averli accompagnati, e cioè, il vetturino ha detto prima che si desse pubblicazione delle e. lettere che ne parlavano, e ScimQiielll: — .Sa il 'Paterno che. il conte a j Trigona ricevette delle lettere allonimo, nelle e quali lo si avvisava che la. moglie aveva rela-;zione amorose col falerno, e che gli amanti . Isi incontravano a Villa Orléans? i | Accusato: — Si, lo so. d; o j a -1 o ,rierc- del conte Trigona padre - j _ Un giorno dovevo fare una ambasciata al Mi devi dare assolutamente ventimila lire ,, Si chiama quindi Giuseppe Belli, il carne i e ^ a - a i a o la ae e. ne a io a nè ei a ne e i a ? e ine epresi che la contessa era l'amante del barone Paterno. Pensai pertanto di sorprendere qualche conversazione fra di loro e a tal fine collega! i due fili telefoniici che vi erano fuori del balcone e mi misi al ricevitore. Un giorno sentii un colloquio fra l due amanti. Da principio non capii nulla, ma poi sentii : « Ho bisogno di ventimila lire, me le devi dare assolutamente ». E la contessa rispose:. « Non le ho; ne ho sole 5 mila». 11 Paterno soggiungeva: «Cosa vuoi che me ne faccia di 5 mila lire: ho bisogno di ventimila lire, a tanto ammontano i miei debiti ». Paterno: — Faccio notare che le conversazioni fra me e la contessa avvenivano in francese. Il teste capisce questa lingua? Teste: — Ma no, parlavate in italiano, anzi aggiungerò di aver sentito Paterno aizzare la contessa contro il Florio, di cui minacciava di bruciare la casa, Lidonni: — Narrò il teste questo fatto a qualcuno? Teste: — Si, al mio collega Marino. Ed ecco ciré, entra nell'aula il teste Sebastia no Marino. — Chiamato dal conte Trigona padre, dice^ trovai l'amico e collega Giuseppe iBelli, che stava con due .ricevitori all'orecchio e me ne diede uno, invitandomi a sentire. E sentii infatti la voce di un uomo che si dichiarava pie no di debiti per la somma di ventimila lire, c appunto alla contessa chiedeva questa somma. Ella rispondeva di non averla e di non possedere che cinquemila lire, e l'altro insisteva per farsene dare ventimila. A questo punto si sentì la voce del padrone di casa e lasciai di ascoltare. Dopo la tragedia narrai il fatto al conte Trigona. L'aw. Scimonelli dice che non farà contestazioni, dicendo trattarsi di cosa che non attacca. Un trattore ed un colonnello Il leste successivo Pietro Campione dichiara: — Sono proprietario dell'albergo di Santa Lucia a Napoli. Paterno si presentò a nome di mio fratello. Chiesi informazioni a mio fratello sul Paterno e mi rispose che Paterno come cliente era buono. Gli feci pensione per 13 lire al giorno, col patto di diffalcare il prezzo dei pasti quando non li avesse presi. A domanda della difesa il teste dice che non sa se il Paterno partisse da Napoli, ma che egli si assentò varie volte. Il teste esibisce il conto della pensione di Paterno, da cui risultano le sue frequenti assenze dall'albergo. iL'uffìcialc giudiziario chiama più volte il teste colonnello Mlbelli, ina poi risulta che questi 6 morto da parecchio tempo. Se ne legge la deposizione in istruttoria nel senso che il Paterno ebbe a chiedergli di essere destinato a Palermo. Durante la permanenza di Paterno a Palermo, il Mlbelli ebbp un solo reclamo contro il Paterno, relativamente ad una cambiale rilasciala ad uno strozzino. Paterno disse ehe per estinguerla non mancavano che 700 lire. Nella ««posizione sì parla poi "del trasloco a Napoli, dove il Mlbelli aveva concesso al Paterno l'alloggio in quartiere per farlo risparmiare. Invece egli se no andò all'albergo Santa Lucia. L'aw. Lidonnl chiede spiegazioni in proposito al Paterno, e questi risponde: — Andai all'albergo perchè la contessa non voleva che restassi in quartiere, dove non c'era il telefono. Ella, del resto capiva che stando in quartiere non avrei potuto allontanaseli 1nosservato da Napoli. L'udienza viene tolta .poco prima delle ore 20.