La inaugurazione della Mostra del Campanile

La inaugurazione della Mostra del Campanile La inaugurazione della Mostra del Campanile l l i e i a o l i a e 1 a l o i t\ -ì -\ i i -! r* s<. -\ si -] e. s ' i a a , o * e i o , i n l Vantila, 25, uri Ordinata e solenne è rimasta la inaugurazione della Mostra del campanile. Il salone del Maggiore Consiglio nel Palazzo ducale era affollato di pubblico, tra cui numerose signore in elegantissime toilettes. S. A. R. di Duca di Genova è giunto alle ore 15, ricevuto ai piedi dello scalone dal ministro Credaro, dai sottosegretari Callini, Di Scalea e capaldo, dalle rappresentanze del Senato e della Camera, dal sindaco conto Grimanl, dal prefetto comm. Oataldl, dall'architetto Moretti, da altre autorità e notabilità. Al suo ingresso nel salone S. A. R. il Duca di Genova è stato salutato da calorosi applausi. Appena il Duca si è seduto sul palco addossato al Giudizio universale del Tintoretto, fra gli onorevoli Blaserna e Aiarcora, e avendo ai lati, il ministro, i sotosegretari e le altre autorità, il sindaco Grimanl pronuncia 11 suo discorso. Il discorso del Sindaco ![Il sindaca'porta un saluto al Duca drGe-'J•nova e a Corrado Ricci, ricordando che que-1sti fu l'ideatore della Mostra del Campanile. « Questa Mostra — prosegue l'oratore — destinata ad illustrare cosi la storia e le vicende della torre caduta come il periodo delia sua ricostruzione, venne poi mirabilmente organizzata e disposta da una Commissione presieduta dallTli.mo architetto Gaetano Moretti e composta del signori Massimiliano Ongaro, Piar Liberale Rombato;, Gino Fogolari, Andrea Moschetti, Salomone Morpurgo, Angelo Alessandri-, Roberto Ferruzzi, Mariano Fortuni, Francesco Giancotti e Beppe Rava. /Nomi questi che qui cito a titolo di onoro ». Quindi, il conte Grimanl, ebbe parole di elogio per tutti quel benemeriti artisti e cittadini, che con l'opera loro o col loro obolo concorsero alla riedificazione del Campanile, e ricordate le offerte cospicue del Re e della Regina madre, conclude: « La gioia di vedero risorto rialto sue rovino, atto a sfidare 1 ee-coli, il Campanile di San Marco, se ci consola del dolore provato per l'immane disastro questo — dobbiamo pur riconoscerlo — si convertl in pubblico vantaggio. La caduta dellcampanlle così improveduta, cosi improwi-sa, fu come un benefico ammonimento, siconvertl i nlieta fortuna per gran parte dei monumenti che costituiscono il patrimonio ■artistico delta nostra città. In nove anni, mentre da una parte si accudiva alla ricostruzione della. Torre, dall'altra, con l'accordo ino i-ale e materiale fra Governo e Comune ed'"in parta p£ opera di privati cittadini, si ^varono da più o meno prossimo Pericolo vla Chiesa di San Marco, affidata alle efficaci)cure di Luigi Atarangoni, lo £ocurattó;^chi e,, le. chiese di San Francesco della Vigna, dei Ss. Giovanni e Paolo, di S. M. Gloriosa dei Frari, di San Giacomo dell'Orto, di Sannicola dei Mendicoli e della B. V. delta Salute, e. per il solo aiuto idei Comune, anche al¬ tre chiese di minore importanza e parecchi Campanili, come quelli dei Frari, di Santa Barbara, di S. Stae, di S. Stefano. A tutti questi lavori attese con grande amore Massi- miliano Ongaro, coadiuvato dagli ingegneri Ferdinando Bortotottl, ora defunto, e AldoScolari, e dall'architetto Domenico Rupolo, al quale massimamente si dove il classico re- stauro di questo storico palazzo. La Torre scomparsa vide le glorie dell'antica Repub- blica di San (Marco, ma vide eziandio la glo- riosa epopea del 184349 e la untone di Vene-_,- -.11- 1 —«#_ -_i ». dall'alto alla gloriosa Impresa e alla W^prosperità del nostro paese.. (Possa anche ve- nezia In questa splendida rinascite della ita-lica stirpe assumere e conservare degnamen-ta il suo posto fra le città sorelle, e contatoli-re anch'essa con le sue rifiorenti energie ella grandezza e alta prosperità delta Patria». Il discorso del sindaco suscita gli applausi più calorosi in diversi punti, e crescono aunndo l'oratore accenna al carattere essenzialmente nazionale della sottoscrizione per ricostruire il campanile alla magnifica elargizione di S. M. il Re, ed alle eroiche gesta del fratelli italiani nelle terre di Libia. Il discorso di Corrado Ricci Il discorso inaugurale della Mostra del Campainlle è pronunziato da Corrado Ricci, il quale cosi esordisce: i Non è un anno da che si è inaugurato in Roma il monumento a Vittorio Emanuele li, grandiosa espressione d'unità Politica, di foi-grandiosa espi- za economica e d: fervidi ideali d'arte, e già oggi, si inaugura e consacra questo nuovo insigne edificio, che mostra quale culto abbia la risorte Italia per la sua bellezza antica e per ]a sua storia maravigllosa. E' quo¬ ca e per a sua murisi mai avvimi», u quo - oUgdotoroso"%12g.orio'so ^congfùnto «<*> °^SSt^PM5taSSoMdeTCnccLde ìe £B^Wma^^a un paese. Ora l'affetto, lasciatami dire, devoto e org'oglioso cho Venezia portava all'antica di Marco eccelsa torte e l'attenzione, con' vigile ansia prestata adognl suo richiamo, non erano che il risulta-to d'emozioni remotissime passate d'animaIn anima, di sentimenti profondi come il reni po in cui s'erano maturati: l'amore per la vetta che prima appariva ai naviganti, il rispetto pel millenàrio testimone di grandi gioie e di grandi- angoscie, la venerazioni» pel1 simbolo e per la vooe della patria. Quanti, dicava il poeta, quanti sul cavo tuonante bronzo dal pesante martel colpi si danno, tanti ricordi il piliadin riceve. « Milionario testimone I Egli era già sórto dall'arena e dall'alga nelle prime ore di Venezia, quando anoora, tutto intomo, la la guna stendeva» cól lunghi silenzi o le veglio lamentose, che certo si raccolti abitatori diedero quel senso indefinito della vita confili ante col sogno che, fin da principio, mise in loro ii desiderio di urta bellezza fantastica e la ragione miracolosa di Venezia. Fuggenti dai bai-bari' e dàlie barbarie, instabili dapprima come l'onda e come la nave, erano passati da Eraclea a Malamocco. da Malamocco a Rialto. In Eraclea credevano sepolto, e di malaugùrio, il carro di Attila. Ad Aitino la via romana si profondava sconnessa !nel mare quasi verso un'oscura mèta. Aqui[ loia non era più che una deserta mina. Cosi i Veneti si ritrassero e, ritraendo il baluardo di difesa contro il min accluso settentrione, J %«2uftsa S*S*S *} inJnaocioso sette 1 «linearono quella.loro torre, che fu ad un tempo propugnacolo, faro, vedetta e campa mie per la vicina chiesa. Ma la possanza ed 11 nonio di Roma erano sempre nella memoria e nell'anima di quei popoli, e s'Invoca vano ancora a vendetta delle Stragi del Celti, degli Unni, dei Longobardi, Perciò la torre al vallo romana: romana d'augurio, di materiali, di costruzione. Le pietre, i marmi con iscrizioni, i mattoni furono tratti dal ruderi di Aquileia e d'Aitino; le fondamenta, all'uso antico, si rimasero nei limiti del sovrapposto edificio coi tronchi dì pioppo dall'argentea fibra salda tra l'argilla, e dal zatterone di tavole di quercia disposie in croce. L'ansante e concorde ululo degli artieri diede norma al lavoro. I colpi del battipalo si seguirono oosì fieri e forti che, per la solitudine, giunsero^ avviso e saluto, al pochi rimasti sulle dune abbandonate». Corrado Ricci rifa in breve e con garbo là storia del campanile, e poi dice, con beìl'impe- jto lirico ; . E con l'antico aspetto il monumento riavrà Ila voce che per tanti secoli, più che la voce ■ della torre, parve la voce di Venezia. Dal pril ma malinconico squillare d'una campana so]ia. sulle acque pressoché deserte, all'armonia ;degli ultimi concerti sulla citta vasta e popo- Iosa, la voce di San Marco regolo la vita di Venezia. La svegliò sull'aurora; apri la chiesa c 1 arsenale; accese e spense 1 fuochi; condussi al lavoro, «1 riposo, al desco, alla preghiera, al sonno. A rintocco pei funebri; a distesa '"»?.1 avvenimenti; a stormo pel tumulti e ^i^tto cmaùino ^Inwiai'cSbS^ litlm vf™ ) SLrsoita e auaXnaue rinnovata?nto volte le ^ ve. .incne se ^tro bronzo, fossero ciascuna . della famiglia di quella che sostituivano, consunta, o inlranta, o fusa dall'incendio. Cosi quando, dopo l'orrido terremoto dell'U, pei gravi danni della torre, le campane dovettero tacere,- la città si senti come umiliata, Marin j S:-muto lamentò che mal Venezia era stata | « senza sonar un zoi no .■<; il Priuii soggiunse : « Non si sonavano le campane giusta 11 con jsr.eto e per le ore e cerimonie deputate, che -'irmsciva di vergogna ». L 1 oratore conclude: i « Potenza maravigllosa sull'anima umana del bronzo percosso e vibrante ora dolce, ora Aero, nell'alto-come la sognata voce degli an «e'; consolanti o minaccienti! Quanto ordine ]»dl'a. vu.:i. Clvl'tì; manto tripudio di feste e (pianto di funebri; quanta dolcezza di re e di poesia; quanta foga d'eroismi rore; quanto tumulto di sentimenti _ ^^^o?n^a^oatt a Smute "e torri! Venezia! Al fragore delle campane le tue grandi memorlu sembrano balzate in folla, di sotr 1 terra, da! fondo algoso della laguna dal se(poteri, dalle tue chiese, dai tuoi palazzi, come agitando le bandiere vittoriose! Non più suona la Trottiera, che anelò rauca e tacque per sempre alla caduta della Repubblica; non più geme il Maleficio, che accompagnò col ritmo doloroso il passo, verso-il supplizio, di Mnrin Faliero, del Carmagnola, di Andrea Contarmi, e suonò l'agonia di Francesco Foscari. « Le campane che suonano ancora e suoneranno sempre sono quelle del lavoro, della fede e della gloria. Sono le campane che chiamarono alla preghiera, risollevando i cuori nelle sventure e inebriandoli nelle felicità. Esse rinascono, già toccate dalla storia polche chi le offerse siede sul trono pontificio e fu Patriarca di San Marco, Onde, certo, in quest'ora la mite anima, invasa di nostalgia, udendo, come in sogno, il rombo lontano che l 25^ìw''w teìmolé^wìa' sua-chiesa prosa ner -j f^Sf " MVv?n£!» li^m^ lei ta fortuna di Venezia. Sono le campane che, se urlarono percosse a martello per l'incendio del Palazzo Ducale e piansero distrutti i capolavori dei Bellini e di Tiziano, esultarono presto alle nuove maraviglie del Tintoretto e -.. _ . Veronese Sono le camnane r-ho <-h(» « '» =rl ^ArseKToitae ro»« le navi per cln<»ue secoli vittoriose, le ^l^ che s-orresser?-s-ul erev^ d-0SSÙ le-eroi-che schiere e le grandi figure di Enrico Dandolo e di Antonio Venier; di Pietro Loredano, che batte i turchi a Gallipoli, e di Marcantonio Bragadino, splendente di valore a Cipro,.arso |e fumante di sangue a Famagosta; di Fran|cnsco Morosinl, che penetra nei Dardanelli, i d'Alvise Leonardo Mocenigo, che sbaraglia e a l stermina i turchi alle trincee di Candia: le campane che annunciarono le cento vittorie d'Oriente, dalla presa di Candia a quella di Corfù, dall'occupazione di Patrasso a quella della Moreà, e strepitarono tre giorni continui mclsrnsnrtrdstssadtcgpabasRtMppTdidabvlcpcgibnlcbcecsdgMasctnlg per la conquista di Corinto) 11 passator o&Sl tendendo le gloriose braccia, ricorda che. se l'Occidente fu conteso al turchi, si deve, su tutto, a questa grande, immortale' Venezia, lasciata spesso, fra torbidi egoismi ed inganni feróci, a lottare sola, sola, sola, sul mare, si che nell'ora che passa dalla sua storta 6 da trarre l'esemplo e l'augurio. E le campane di San Marco, tuonando pei destini d'una più larga patria, tornino all'antico grido contro l'antico servaggio, oggi che 11 nostro «angue tinga ancora il mare e il deserto, e la bandiera d'Italia sventola--dove furono le insegne di Roma ». Il bel discorso di Corrado Ricci è stato vivamente applaudito. Il Duca stringe la-mano al sindaco e al Rìcci. Subito dopo le 16 -comincia la visita della Mostra, e quando è terminata la visita, il Duca di Genova, aqqpmpagnato dal ministro e dalla Autorità, lascia 11 palazzo, fra gli applausi. .i/pì:*; Il telegramma di Guglielmo II Il sindaco, conte Grimanl, ha ricevuto da Corfù il seguente telegramma: • In questi giorni in cui, grazie allo genea roso slancio della nazione Italiana, si inali« gura felicemente fi campanile'di San Marco, i risorto noi suo antico splendore, monumento «della grandezza dì Venezia..porgo ai vene■ zlani 11 mio saluto e formulo il più slacero « augurio per il bene e la prosperità della « citta, in cut ho così volontierl e di frequente « soggiornato. « Firmato : Guglielmo »,