Brevi ■ \ una più

Brevi ■ \ una più Brevi note di una più breve prigionia (Dal nostro inviato speciale nel Mar Rosso) Non ho nessuna intenzione di fare dello spirito. Passato dalle coste- di Ambia a quelle nostre eritree, sono riuscito finalmente a trovare su terra italiana chi mi ha messo nella condizione di -prigioniero. I turchi delle isole dell'Egeo, quelli delle coste dell'Asia Minore, gli arabi dcll'Yman Yaya non sarebbero stati verso di me cosi inesorabili come l'autorità italiana dimostra di esserlo. Non so ancora precisamente se chi mi tiene in prigione sia il comandante Cerrina Ferroni o il Governo eritreo, ■poiché, essendomi provalo a scoprirlo, ho constatato che i due enti, il militare ed il civile, si palleggiano in guisa commovente il provvedimento, preso a mio riguardo. Ho il mio bravo carabiniere armato che mi sorveglia a vista notte e giorno: sono nell'impossibilità assoluta di muovermi, di comunicare con i miei simili liberi, di disporre della mia volontà. Soltanto ho una prigione passabile, aperta ai rari aliti della brezza che mitiga le afose giornate massauine, aperta sopratutto alle voci, alle notizie, alle impressioni che la prigionìa dovrebbe impedirmi di intendere, di apprendere, di provare: La prigione è una nave ancorata nel bel mezzo del porto di Massaua, fra le natii da guerra nostre che riposano dalle fatiche del blocco di Hodeida e dalle lunghe crociere, da un estremo all'altro del Mar. Rosso, alla caccia dei bastimenti contrabbandieri; fra i sambuchi idrissiani verdi nelle chiglie e nelle bandiere che fiammeggiano sugli inclinati alberi; fra altre navi catturate: il Kaiserlich, la falsa nave ospedale, il Wood fcok, l'Harìaw, e fra due colossali piroscafi carbonai partiti dall'Inghilterra prima del lo sciopero nero e che vomitano da molti giorni il loro carico di prezioso combustibile, accrescendo l'enorme mucchio di ventiquattro mila tonnellate, riserva prudente accumulata sulle sterili rive della piazza forte di Massaua, per le eventualità della guerra. Storiella banale quella della mia prigionia. Come saprete, da che fu decisa l'azione nel Jemcn, il Governo centrale, d'accordo con quello eritreo, sbarrò le porte della Colonia a quei rarissimùi giornalisti cui poteva venire in mente dì spingersi a vedere quanto accadeva sulle rive del Mar Rosso. Non solo, ma minacciò di espulsione immediata gli italiani dimoranti in Eritrea che avessero comunicato in patria notizie ■intorno all'interessante episodio idrissiano. Gli italiani hanno dimostrato in questa guerra di essere il popolo più disciplinato del mondo. Perchè' dovremmo, noi giornalisti, noi che fummo quelli che lo incitarono alla guerra, atteggiarci a ribelli? Diciamo dunque .che il provvedimento del Governa riguardo alla nostra esclusione ■dall'Eritrea è saggio: è, anzi, la quintes senza dei provvedimenti saggi; e tiriamo ■avanti. szmfennvlaNcscscstaucunansunstltvnAim „, , , , gIl Piccolo Flavio Gxoia, venendo da Aden sed Assab non era ancora completamente cfermo nel porto di Massaua che uno stuolo ddi carabinieri guidati da due ufficiali in- mvose la coperta prendendo possesso deHa tsua preda: i passeggieri. Quelli di colore lsono numerosi; v bianchi s'inducono atre: ,il console Zumni, di Aden, venuto a confe- nre con il comandante Cerrina; un turista dinglese ed io. L'esame e lungo e minuzio--. so, ma alla fine tutti passano. Scendono1 cosi, nelle barche, beduini dei deserti ara- «bici, somali-di Berbera, miguirtini di Alula, [mercanti arabi di Aden, scende il turista tinglese; scenderebbero, credo, anche dei . J , . , ' ■ . ..., .. sturchi se ne fossero venuti dall Arabia. II solo che non discende sono io, lo spaurac- uciao, il pericolo, la delazione personificata, l essere da sopprimersi, la peste, il giorno, Usta. Un tenente dei carabinieri mi prega con molta cortesia di attendere le disposizioni che vorrà dare per me il comandante Cerrina, non ancora informato del mio arrivo. E con discrezione, nello spazio di due ore, la prigionia diventa completa e inesorabile. La mia sorveglianza, invece che da semplici carabinieri viene assunta da sot- psvv4,.t4t„i„u „i,„ „,• ;i „„ • „,,„.. tufflciali che si danno il turno ogni quattro ore, sul ponte.- Una delicatezza come vedete, una flatterie proporzionata al pericolo che posso rappresentare. Ho a7uZ*ve7Zn poco l'infelice idea di 1 ' ,u'-a 11 protestare per l'assurdità della mia espulsione, in un territorio estero, ad Aden, dove mi si impone dì tornare, via la mia protesta è stata giudicata un cavillo sug¬ gerito dalla mia perversità professionale. Come pure irragionevole è dovuio sembra- re al commendatore Allori, un self made man eritreo salito dall'umile condizione di , , , . .. „ . ,. maestro d'arabo al grado di direttore degli affari Civili, di ministro degli Tnterni ^ somma, della Colonia, il permesso che ho chiesto e che mi è stato rifiutato, di fare la passeggiata a terra, sia pure accampa- guato da un angelo custode. Ineffabile com- -mendatore! Chi sa che proibendo a me di sgranchire le gambe non gli sia sembrato di aver trovato finalmente, dopo'tanti anni di.negativa amministrazione, un provve- dimento .destinato ad influire in modo notevole sui destini della colonia Eritrea. *** Bisogna risalire ai ricordi dell'epoca del la nostra guerra con il Negus per immagi nare la Massaua d'oggi ridiventata piazza di guerra e soggetta allò stato d'assedio, Anche qui la marina nostra, con una le-'itezza di improvvisazione simile a quella che riuscì in pochi giorni a fare di Augusta indifesa una piazza' forte inespugnabile,'ha fatto del magnifico porto, il più ampio ed il più sicuro del Mar Rosso, un rifugio degno di ben altri nemici che non si siano dimostrati i turchi in mare. Senonchè se le difese di Augusta poterono sembrare persino eccessive, quelle di Massaua, in principio almeno della campagna, non era- ■ no sproporzionate alla minaccia. E' oramai nolo come all'inizio dcUe ostilità noi non a- vessimo nel Mar Rosso che un numero esi- quo dinavi e inferiore allaforzanavaletur- cu e come attribuendo al nemico il proposito di saper adoperare i suoi bastimenti da guerra in guisa appena mediocre, vi sia stato un momento nel quale le preoccupazioni furono grandi. E non solo in Eritrea, ma anche al Benadir si paventarono gli effetti di un ardimento turco che per fortuna nostra il nemico fu ben lungi dal manifestare. . Ma nessuna cosa può superare, mi dicevano gli ufficiali della « Puglia » ad Assab, la viltà e la inabilità - dei turchi sul mare. Negli scontri in mare e nei bombardamenti contro pu iti fortificati della costa a distanze di tiro tali che cannoni e fucili turchi potevano da terra colpire le navi nostre, non una sola delle quattordici unità che compongono la forza navale ìluì'aha su questo scacchiere di operazioni è riuscita ad ottenere' la soddisfazione di avere una piastra dimurata, una ciminiera, una cannoniera scalfita da una scheggia o da uh proiettile turchi. I nostri bravi marinai ne sono persino seccali, e in ardimenti di altra specie, come quelli che derivano dalle navigazioni lungo cotte appena esplorate e rtseminate di secche insidiose, cercano, per\zuscirne vittoriosi sempre, il pericolo che il gnemico non è più in grado di offrir loro, Le navi da guerra nostre nel Mar Rosso sono oggi le seguenti: incrociatori Piemonte, Elba, Liguria, Puglia. Incrociatori ausiliari: Volturno e Governolo. Avvisi: Aretusa c Konflda, ed il grazioso yacht Fauvette, catturato a Konflda. .Cacciatorpedinien:.Granatiere,Bersagliere, Garibaldino, Artigliere. A queste■• unità vanno aggiunti i sambuchi armati di cannonili: Daino, Camoscio, Antilope,, Gazzella e la. nave idro- grafica Staffetta, unità. quest'-ultime rima- sU suUc CQste benadiriane_ La Calabria, che gino a ^iHc gioriio fa faceva parte deUa /or_ft namlc M Mar R è suUc mosse issare slavaioero maestro la sol tUe c lunghissinia .ftamma tricolore che lambisce con la sua estremità il mare, se , caratterlstìc0 delle navi che hann0 iutQ hmghe campagne oceanìehe> e di tornarein ltalia_ „ , . . .- . ., , „ • Generalmente, mentre.una metàdelle na « \atton° ll ^re-l altra metà riposa alla [onda nel Porto dl Massaua Le giornate trascorrono m una calma del tutto eritrea, se e tenute celate, le navi che ritornano blocco hann0 tutte una cronaca assai uniforme da raccontare: visioni di coste u'aim calmanei puntì deUa costa ara « jn m'ano dci turcM come ìn m ìn possesso dell'ldrìss Sceik Saied che spara sempre cannonate innocue e che'ne riceve, e motta incertezza di nozioni al dì là delle coste, nell'interno. Catture poche e di scarsa importanza. Tanto l'Harjaw, come il Wood Kok non avevano nelle stive che viveri, farina. Massaua aspetta con molto maggiore interesse le notizie della guerra , z • ,, , -, „ lontana. Di quella che si combatte sulla ri- va di-contro non si cura che assai.medio cremente, come.ne intuisse il carattere non molto dissimile da auell° dMe sempiterne rivolte yemenitiche.il sole sorge, si levano le bandiere sulle navi nostre e su quelle catturate. Il Veifcano ricomincia a scaricare laggiù, verso Abdelkader, il materiale da guerra-per Said Idriss. Ad una ceri'or a la , , , brezza s,1 s™ne> lc "T\ Vìi f"' fono calme come quelle >.d.una'stagno, ilca lore incombe sfolgorante. Massaua s addor menta nel suo lungo letargo meridiano, do- " . „ ,a ,. „,„ . . ^mato dalle colossali aste della stazione radiotelegrafica ultrapotente che comunica con Mogadiscio e Pollano Ecco è avvista ta una nave. Vien dalVltaha Una piccola tolla sl ™nlsce flla, ^nchma. La nave Vorta M?*W VPrta il piccolo gruppo dei traditori dt quei cammellieri del Barca ch° a Tripoli delusero le soverchie illusioni; «* spargono le notizie degli ascari che lag- dmngpnninvmlnMnobdcdsgpncvasgiù combattono, si apprende il numero dei morti, dei feriti. Piccola guerra,'commenta il popolo nero, morti solo sei, otto, dieci. Nessun'altra commozione. Si è avvezzi alle carneficine, qui; si con cepisce la guerra con la suggestione dei rì cordi'ancora vivissimi della lotta'con VA'bissinia, Anche ad Assab, come qui a Massaua, la 'sensazione della guerra d'Idriss è appena percettibile. Ad Assab il Governo si era di menticato di far giungere il divièto per me di scendere a terra, per cui non trovai nel comniissario regionale, negli ufficiali, nei carabinieri medesimi, che amici cortesi ed n ospitali, al punto di volermi condannare ad un soggiorno in Assab più lungo di i quello.danie preventivato, e che si riduce- va alle poche ore di fermata della nm>e. - Assab non c più una città. E' uno squal - Udo luogo che ospita, in.tempi normali cin o que italiani, compresi il commissario regio a naie della Dancalia ed i suoi impiegati, a L'aspetto d'abbandono e di rovina di Assab i à a a a i danno l'immagine precisa della decadenza nella quale l'insipienza colonidie che ha la sua sede nei mezzanini della Consulta, e precisamente sul tavolo del Direttore dell'Ufficio coloniale {lodata sia la disposi* zione che esclude cotesto ufficio nefasto dagli affari presenti e futuri di Libia) sono riusciti ad immergere l'Eritrea. Senonchè la guerra ha portato anche ad Assab l'eco possente del suo clamore. Assab fu al principio della campagna il punto più minacciato, perchè il più. isolato e ~il meno difeso. Le mancavano persino le comunicazioni telegrafiche, che il cavo che la congiurigeva un tempo con Massaua è da varM anni rotto, e non sembrò mali necessario, spendere i denari per ripescarlo e rimétterlo in funzione. E più al sud di Assab, a Raheita, sede di un antico Sultanato, sul confine fra la Dancalia e la Somalia francese, (Gibuti), pareva che i turco-carabi mirassero come ad un punto dove non avrebbero trovato la più insignificante delle resisten ze. Furono quindi dislocate alcune compagnie ad Assab ed-alcune altre vennero spe- dite in: tutta frétta a Rahcita per via di mare. E con le truppe scesero dall'altipiano al mare numerosi cannoni da campar gna, e nei vecchi-forti eretti un tempo per parare alle ■ minaecic che potevano provenire dall'Etiopia sollevata in armi-contro, dì noi, si lavorò a cangiare il ciglio di fuoco, il-ponte, .perchè i fòrti, armati di queitfi&ty: noni, potessero .servire a tirar .cóntro le? e ventuali- provenienze dal mare. Nei primi mesi della guerra le truppe vigilarono nel-, la speranza che una squadriglia di argonauti turco-arabi venisse dalla vicinissima Moka ad assaltare Assab. Fu persino una notte tirato un colpo di cannone contro'un ondeggiante lumicino apparso sulle acque buie. Ma nessuno venne mai! — Non .abbiamo .proprio nulla di buojio da raccontarle — andava tristemente concludendo il maggiore Gallina, comandante del battaglione ihdigeiii dislocato ad Assab. — -Siamo proprio i sacrificati della guerra, perchè soffriamo dell'invidia più pungente per cuori di soldati. Qiiella peri nostri compagni che sono partiti -con le compagnie destinate in Tripolitania. E' una vera mortificazione ! lo creda. Anche gli ascari la sentono, ed ai nuovi che si reclutano per. ricostituire i reparli partiti, bisogna raccontar la bugia che saranno mandati alla guerra, altrimenti non verrebbero... Non abbiamo proprio fortuna... Improvvisamente, l'aiutante maggiore del battaglione che si era ritirato nell'ufficio a scorrere il corriere portato dal Flavio Gioia, irrompe sotto la veranda agitando una lettera. — Signor maggiore, signor maggiore ! esclama. — E' arrivato l'ordine di partenza. Un altro'battaglione è destinato in Tripolitarìia !, Il maggiore prende il foglio che il subalterno gli tende. E' diventato pallido, le mani gli tremano ^vorrebbe parlare ai suoi ufficiali che lo circondano, ■ ma la corninoione gli serra la gola... Intanto la notikia'ii è diffusa per-Asso}) in un baleno, gli ascari accorrono brandendo per aria U fucile come ad un allarme, il paese è' sottosopra. Sotto la veranda dei Commissariato gli uftleiali più giovani gettano per aria i berretti, fanno dèlie capriole, si abbracciano, non stanno più nella pelle, dalla gioia. . . — Lei ci ha portato fortuna, mi dice uno, o e, — Rimanga con noi, ritorni con noi inTripolitania, mi suggerisce un altro. — Crede che andremo a Zuava? mi domanda un terzo... E la gioia è così grande, così generale, così completa che nessuno intende i disperali appelli della sirena del Flavio Giana ohe mi richiama a bordo.... Qualche ora dopo, sulla nave che navigava verso Massaua, io pensavo che anche gli sceltici nell'avvenire di questa colonia nostra, minacciata ora da un pericolo nuovo: quello dell'abbandono dei suoi elementi migliori che da essa emigrano verso l'allettamento della nuova terra conquistata, dovrebbero concederle l'inestimabile pregio di rappresentare, per il presente e per l'avvenire, una inesauribile fonte di uomini, che il nostro nascente imperialismo deve considerare come gli elementi più preziosi per le nostre inevitabili conquiste future nel continente africano. Clie seducente programma per un governatore dell'Eritrea più fiducioso nei destini della colonia di quello che non sia il marchese Salvago Raggi, sarebbe il proposito di trasformare i trecentomila soldati etiopi del vicino impero che rappresentano la minaccia, in trecentomila guerrieri disposti a seguirci. Sogno irraggiungibile, penseranno i più! No, realtà, scopo da prefiggerci e da raggiungere, come lo scopo che solo ormai deve formare il perno della nostra politica eritrea e benadiriana in armonia con la conquista della Libia. ARNALDO CIPOLLA 11 panorama di Sabia città dell'Arabia, sede ordinaria di Saied Idriss