Tra Port sudan e le Farisan

Tra Port sudan e le FarisanTra Port sudan e le Farisan <I>»1 .nostro inviato speciale nel Mar Rosso) Da bordo del "S. S. X. 99 marzo. Ho riveduto Pori Sudan, s duo anni dildelI'distanza daM'u-ltima volta che vi soggiornai ritrovandovi immutato il suo caratteristico aspetto di grandiosità « di squallore. Grandiosità per l'imponenza e l'abbondanza dèi suoi pubblici edifici, dei compiuti e modernissimi lavori portuali e per tutto , quello che l'ostinato proposito di Iwd Kitehéner ha creato con l'oro egiziano profuso con una follila di prodigalità, che solo gli inglesi sanno 'manifestare quando si tratta di necessità di .difesa e di affermazione dominativa brittannioa da effettuarsi con i denari ' dei popoli soggetti. Squallore per la d-eficenza e per la sproporzione della vita cittadina generatasi nei vasti spazi sterili che i sopra accennati edifici separano. II tempietto per Giorgio V Non ho certo bisogno di ricordare il poncho della fondazione di Pori Sudan che data da circa un quinquennio. Più che da necessità commerciali o di penetrazione o di sbocco d&W hinterland sudanese la creazione della nuova città tropicale fu suggerita da considerazioni militari. La vicina Suakkn sembrò insufficiente agli scopi per la difficoltà sopratutto del suo 'approccio marittimo. ' Una piccola insenatura, ma profonda, ben riparata e priva dei caratteristici dedali di scogli ohe rendono le vicinanze di Su akini pericolose, parve il punto più op portuno per far sorgere d'eventuale base di operazioni di un esercito spedito dall'India nell'Egitto meridionale a domarvi possibili insurrezioni ' o temuti ritonni madhistici. E così Pori Sudan da città progettata divenne rapidamente effettiva. Una magnifica ferrovia sulla quale oggi corrono gli espressi per Kartum e per il Cairo la raccordò alla strada ferrata nibiaca e, malgrado il clima malsano e caldissimo, una folla di iniziative private di tutti i paesi accorsero n popolarla. Ma Port Sudan per molte e complesse ragioni negò ogni fortuna speculazione commerciale. La produzione sudanese non aveva raggiunto, come non lo raggiunge ancora, uno sviluppo tale da giustificare sbocchi multipli. La città rimase ed è essenzialmente una città militare, una colossale caserma vuota e preparata per le eventualità dell'avvenire. In ogni modo, gli inglesi non hanno cessato di dare a Port Sudan la massima importanza. Lord Kitehéner ha voluto persino mostrarla a Giorgio V, reduce dall'India, cho vi si è soffer nato e ne ha udito la celebrazione sotto una specie di tempietto di dubbio stile che sorge, ancora smozzicato lungo la banchina a dimostrare, per esempio, una delle picco: le differenze che possono passare fra giù inglesi e i romani antichi, all'impero dei quali 6Ì compiace sovente di paragonarsi Albione, padrona di mezzo mondo. I romani avrebbero probabilmente immortalato la singolarissima e solenne visita imperiale con un arco trionfale destinato a sfidare i millenni; gli inglesi sul selciato della banchina, che nasconde, si afferma, "le più ingorde e piratesche ruberie di costruttori e di governanti, elevano l'espressione effimera e grossolana di un monumento da cimitero. Un'onda di fanatismo Gli effetti e gli echi della nostra guerra nel Sudan sono stati e sono tuttora profondi e vivaci. L'onda del fanatismo minacciò in Port Sudan medesima la vita di alcuni nostri connazionali colà residenti e rinfocolò le incomposte aspirazioni nazionaliste degli egiziani, e specialmente degli ufficiali egiziani, che formano ila grandissima (maggioranza dei quadri della forza armata sudanese e la classe che conta i membri più numerosi ed attivi degli agitatori. Al momento del passaggio di are Giorgio, l'agitazione aveva assunto un carattere così acuto' che cotesti ufficiali non si peritavano di tollerare cho i loro gregari si esprimessero sul conto del Sovrano e in pubblico nel modo più sconveniente. Il Re passava, mi ha assicurato qualcuno in grado di saperlo, fra due file di armati, seguito da un persistente mormorio formato dalle più sconcie parole che un arabo può dirigere ad un infedele Pu allora che il Sirdar credette opportuno di riunire i vecchi ufficiali pensionati dal Governo anglo-egiziano e di minacciare loro la sospensione immediata degli assegni qua Ioni non avessero messo in opera tutta la loro influenza per dissipare l'agitazione generatasi come conseguenza della nostra guerra. Anche l'aggressione 'ultimamente subita dal Sirdar « Kartum mentre si recava ella stazione incontro a lord Kitohener, venuto per l'inaugurazione della linea ferroviaria del Kordofan, è più grave di quanto l'ab biamo fatta apparire le notizie ufficiali. L'aggressore non era un pazzo, ma un agente di polizia di quelli medesimi che scortavano La suprema autorità sudanese. — Voi vi siete addossati un* grave re spousabilità en retnuant, l'islamismo, come pare che stiate facendo — mi diceva que sfoggi un compagno di viaggio francese. Io volevo rispondergli che, secondo me, il difetto massimo della condotta politica della nostra guerra dipende precisamente dalla perplessità che ci trattiene nel rimestarti il mondo islamitico come converrebbe effettivamente di fare per il raggiungimento dei nostri scopi. Sta il fatto che, veduta da vicino la bestia nera del fanatismo, è assai meno paurosa di quanto eean bri e che.nei centri medesimi dotv'esso ha la sua .sede incontrastata accadono fenomeni caratteristici, che io offro al giudizio di chi mi legge, come esempio anzitutto dello stra vagante modus vivendi al quale possono giungere due belligeranti nell* condiaaae te deligiosamescirerizioguerprinva ceurogi laArellità le alseconchi indisod ua Geregopresalle dellefanaca il'avvze : rivaSaalmgueninnadovrperivi. da turcsa lsonenavgrantarecercnellai cmera SancHre giorno EripostIl collchedal perin Avenmendi cgli tinucioènel ritola te —perquehedi nmetcolldi istravrelusidimtiviconghinonno delmeLradaglcheM ldelI'Ralià e della Turchia e secondariamien- e a e a i t to e a : ù i i to e e i e a ò i ò i to e ù e e e o l te della poca attitudine che il fanatismo re-, ligioso islamitico mostra a divampare precisamente là dove nessun mezzo potrebbe riuscire a domare l'incendio. Parlo delle apparizioni oramai consuete delle nostre navi da guerra dinanzi a Gedda,, che se misero dapprincipio lo scompiglio nella città che voleva celebrarne la venuta ecannando i pochi europei residenti, non ■ producono quest'oggi la minima impressione. Vi è la nostra Arelusa, che pare abbia acquistato un'abilità spelalo per sapersi avanzare sino ùove le altre navi non osarono mai giungere, nel secondo porto, cioè, di Gedda, fra i sambuchi nemici, e che viene, spia e se ne va indisturbatl'esima, senza che una cannonata od una fucilata partano mai dalla riva. E a Gedda vi è oggi un presidio di circa 6000 regolari c vi sono cannoni numerosi, ma.il presidio non osa tentare di tirare addosso alle costruzioni militari della città il fuoco delle artiglierie del piccolo incrociatore. Il fanatismo tace e contempla, mentre di bocca in bocca della città quasi santa passa l'avviso adunatore dei curiosi di dieci razze : c Aga Arebusa .nischti -n'escoriai » (c arrivata l'Aretusa, andiamo a vederla). Massaua "nemica,, Sarei davvero curioso di incrociare una almeno di quelle navi mussulmane che, seguendo l'incitameli to di Said Idriss, hanno innalzato ì'hidrissich, la sua bandiera, che dovrebbe permettere loro di navigare senza pericolo di venir catturata dalle nostre navi. Ma il maro si mantiene così furibondo, da far dubitalo che non solo i sambuchi turchi ribelli dall'alta poppa quadrata che sa la spirata veemente delle onde del Monsone, debbono cercare scampo, ma le 'nostre navi 'medesime, nessuna delle quali ha un grande tonnellaggio, abbiano dovuto allentare il blocco medesimo di Hodeida per cercar rifugio a Massaua. Il mare, com'è nelle condizioni attuali, è sopportabile scio ai colossi transoceanici che incrociano numerosi sulla gran rotta comune da Perini a Suez, dove siamo venuti incanalandoci anche noi. Ho parlato di Massaua, dovrei aggiungere Massaua « nemica », almeno per noi giornalisti, perchè, secondo quanto mi hanno raccontato a Port Sudan, la Colonia Eritrea per la stampa nazionale è stata posta al primitivo regime della Cirenaica. Il Governo . ci interdice lo sbaroo. Ad un collega di un grande quotidiano lombardo che, trovandosi in Egitto, era- stato inviato dal suo "giornale a seguir dall'Eritrea le'operazioni nel Mar Rosso e l'azione politica in Arabia, è capitata la piacevolissima avventura di vedersi ricevuto dall'ottimo commendatore Allori, capo degli Affari Civili di coteste. Colonia, il quale non solo non gli permise di sbarcare, ma nennure di continuare il viaggio fino ad Aden, in terra, cioè, inglese. Trovandosi per combinazione nel portò di Massaua il vapore italiano di ritonno, il giornalista venne fatto passare la una nave all'altra e rispedito gentilmente — almeno così si assicura — a Suez. Io commenterò il provvedimento. Parò però osservare che, so il Governo crede in questo modo di esoludere gli inconvenienti he potrebbero derivare dalla propalazione di notizie relative all'azione in Arabia, commette urna infantilità. Infatti, se il mio collega avesse avuto la piccola iprecauziane di imbarcarsi per Aden su di un piroscafo straniero, nessun commendatore Allori avrebbe mai potuto rimandarlo indietro. Mi lusingo, del resto, di riuscire in breve a dimostrare come i provvedimenti governativi contro la maggiore stampa italiana e contro giornalisti che hanno dato per lunghi 'Sinni, e specialmente in questa guerra', non dubbie prove di patriottismo, e cho sono stati i veri pionieri dell'odierno risveglio della coscienza nazionale, siano semplicemente privi del più elementare buon senso. Dal Polo Sud ai fari spenti Le potenti onde herziane della stazione radiotelegrafica di Massaua distribuiscono agli apparecchi delle navi transoceaniche che attraversano il Mar Posso e alla nostra pitegppadmslPoltlag - -, a i a e el a a E 0 il o o Il ca zra eo he za ao, hi he nre un ner 'è io uni ci eoi nia ta a. un do to oca vmili on na, ne di re nIo rò in ti ne mio ne fo aMi a a e na', oio ceso. ne no he ra pure serrati gruppi di numeri di dispacci in cifre che il telegrafista di.bordo si-diverte a ricevere ed allineare in bell'ordine sugli stampati. Naturalmente nessuno ne capisce un'acca, ma si fanno le supposizioni più stravaganti sul contenuto, e ciò sembra a bordo un'occupazione che valga la pena di essere considerata. Ma oggi improvvisamente le macchine lontane e misteriose si sono messe a parlare chiaro, annunciandoci la grande novella del raggiungimento del Polo Sud. Non si è parlato che di ghiacci oggi, con una voluttà di reazione per il calore che ci affoca, per la luminosità divenuta accecante, e che fa sembrare le isole e le terre come sospese sulle acque. Abbiamo avvistato nel pomeriggio le creste delle grandi .alpi abissine, e poi terra turca : l'iar-i «pelago delle isolette Zabaich prima, quindi quello delle Hanisch. Queste ultime-*parevano formare una sensibile preoccupa*, zione per il comandante della nostra navefperchè temeva di dovervi passare in mezzo a notte fatti, cimento non facile, essendo*il faro spento a cagione della guerra, è conservandosi il mare di una violenza tale che di rado si vede nel Mar Bosso. Ma siamo riusciti a giungere al canale di passaggio fra le due isole prima che annottasse, e" così ogni preoccupazione è svanita. Quésto particolare dei fari spenti è un altro motivo e non l'ultimo delle imprecazioni ohe quotidianamente ci vengono prodigate -dalle marine-.mercantili di tutto il mondo.. Bisogna sentire che complimenti'! Un uffi ciale austriaco, di nazionalità e di sentimenti, voleva sostenermi che, dal momento ohe l'Italia dice aver neutralizzato la navigazione turca, ha l'obbligo di 'accendere fari, che la nostra nemica non riesce più a far brillare. Questa proposta di assumerci la missione di lumai per conto dei turchi mi pare Una cosa così originale, ch'io la passo nella sua interezza a Sua Eccellenza il ministro Leonardi Cattolica. Così la storia potrà raccontare che la longanimità italiana non solo è stata così grande dà astenersi dall'offendere il nemico, ma persino da provvedere alle piccole trascuratezze derivate come conseguenza del dominio assoluto del mare. La mancata occupazione delle Farlsan L'arcipelago delle Hanisch, come quello delle Zabaich e delle Farisan, più al nord costituiscono altre immagini in proporzioni minori della desolazione caratteristica delk terre del Mar Bosso: scogli sterili, roccie rossiccie o cineree fulminate dal sole, e do véla presenza di un manufatto umano « statuisce la più stridente disarmonia, tante sembra impossibile che la vita umana trovi la ragione e la forza per stabilirvisi. Ep pure le Farisan formarono e formano an cora uno dei punti agognati dall'irresistibik espansione germanica, alla caccia di un punto qualsiasi dove stabilire l'originaria stazione carbonifera, destinata a diventare i punto di partenza di influenza e poi di con quiste maggiori. E le Hawich pure, eco gli flagellati dalle onde, al riparo dei qual mi parve di intravedere alcune nostre navi ebbero nel passato l'onore di una passegge ra notorietà quando l'Italia, 'preoocupat: dalle conseguenze che avrebbero potuto sor tire come effetto dell'occupazione tedescs delle Farisan, voleva mandarvi una compa gnia eritrea a presidiarla. Oggi questi grup pi di isole turche rappresentano nel Mar Bosso, agli effetti della guerra, quello eh Chic, e Mitilene, e Lemnos, e Bodi son< nell'Egeo. Le. Farisan, specialmente, che ospitasi' qualche migliaio di pescatori di perle e pos seggono ottime sorgenti di petrolio, avreb fièro" dovuto essere occupato. So che noi mancarono a Boma tendenze vivissime pei procedere a cotesta occupazione, e che pea un momento essa sembrò decisa. Prevalse in vece il solito concetto, il più errato di tutt i concetti, del timore pel chiasso che gli a! tri avrebbero sollevato, persistendo nel qua le concetto non vedo come noi riuscireme mai a fare intendere la ragione alla Tur chia. Mi lusingo di essere dei non molti che la guerra ha -messo nelle condizióni di in A£L tendere il, ritmo della .vita turca in molte parti del suo vecchio corpo, ed oso affermare ohe quasi noi l'abbiamo ringagliardito, malgrado l'amputazione tripolitana. E poi, e poi cóme riusciremo noi a persuadere- gli arabi di Arabia, quelli almeno dell'Assir, ohe sembrano i meno ostili, perchè seguono Said Idriss, della convenienza a mantenere l'ostilità verso la' Turchia, senza occupare un territorio arabico — e in questo caso il più conveniente è il gruppo delle Farisan ? Senza, cioè, compiere un atto ohe valga a garantirli che anche dopo la guerra, grazie affla nostra immediata vicinanza, noi sapremo difendere e sostenere contro le spedizioni turche l'effimera indipendenza che noi tendiamo oggi a creare? Il dilemma è di una semplicità così evidente, che io non ho saputo trattenermi dal formularvelo dal mare prima ancora di essere giunto alla mia -mèta, di fcrmuiarvelo dinanzi alila prima apparizione di terra dell'Arabia Petrea. ARNALDO CIPOLLA