L'assassino: chi è che cosa se ne dice

L'assassino: chi è che cosa se ne diceL'assassino: chi è che cosa se ne dice Roma, 14, sera. Antonio D'Alba, autore dell'attentato al Re, è nativo di Roma ed ha 21 anno. L'art. 117 del Codice penale, riguardante i delitti contro il capo dello Stato, commina la pena dell'ergastolo a colui che commette atto diretto contro la vita, la liberta e -sarà cotóS^ stato di età minore, la pena sarebbe ridotta alla reclusione dai 25 ai 30 anni. Non ha mal militato in partili politici avanzati. Egli però si è dichiarato, come vi abbiamo già detto, anarchico Individualista. Egli è slato due volte condannato per furto; l'ultima volta fu nel 1908. Essendo il D'Alba dedito al vagabondaggio, la Questura nel 1910 l'aveva proposto per l'ammonizione, ma il giùdice Istruttore, esaminato il caso, non credette opportuno prendere a suo carico il grave provvedimento. Da quell'epoca le Autorità lo avevano perduto di vista. Era già stato pure condannato per maltrattamenti ai genitori... L'autore dell'attentato è un giovane sbarbato, vestito decentemente di bleu. Porta un palo di scarpe allacciate', nuove. Una persona, che ha consuetudine col delinquenti, e ne studia l caratteri, dichiara che ha la faccia caratteristica del teppisti, e. infatti, nel primo interrogatorio, dopo un breve periodo di ostinalo mutismo, sembra abbia dichiarato di aver appartenuto alla teppa. Fotografato 'Alle 14, il presidente del Consiglio, onorevole Giolitti, faceva chiedere la fotografia 'di Antonio D'Alba, mentre al Commissariato di Trevi si trovava già appunto per prendere disposizioni al riguardo il prof. Otto lenghi, capo della polizia scientifica. Alle 16 giungevano gli operatori. Allora è stalo chiuso l'ingresso del Commissariato e all'inizio del lungo corridoio sono stati collocati quattro carabinieri. E' stato chiuso anche l'uscio della stanzetta in cui si trovavano i genitori dell'arrestato. Il D'Alba, che pochi minuti innanzi era stato trasferito dalla stanza del commissario a quella del delegalo Roteili, è stato fatto uscire sul corridoio, Due agenti lo hanno accompagnato fin pres | | naso l'ingresso dell'ufficio, essendo quello ili punto più luminoso. Nel corridoio non era no che i funzionari e parecchi agenti. L'ar restato, che mostrava di essere molto secca-1 to della via crucis che gli si faceva fare, è ! ' ' ' u I stato fatto sedere su di una sedia. Prima e ■pstato ritratto di profilo, poi di fronte: tre\fotografie per ciascuna positura. Fra uno scatto e l'altro della macchina fotografica, ìcti D'Alba si toccava la fronte e il naso, ove j fparecchie echimosi prodotte dai pugni della folla evidentemente gli dolorovano. Mentre veniva riaccompagnato, l'arrestato, passando vicino vicino ad un giornalista, che aveva all'occhiello una bandierina tricolore, ha fissato successivamente con un senso di ripugnanza il giornalista e la bandierina. stptmsusIl giudice capo Fazioli ha fatto chiamare luil dott. lmpallomeni, medico fiscale, affln-'.pche procedesse ad una sommaria visita del-Uol'assassino. Il dottor giunse proprio mentre[Tcontinuava il secondo interrogatorio, che fu\isospeso, perchè il dottor lmpallomeni po-'iCtesse esaminare il soggetto. lim, ,. „ . .. ., iyLa rivoltella omicida si trova velia carne-1 ra del commissario, essa è nuovissima, ìun-ì cga circa trenta centimetri, nichelata, di ca-\mlibro 12. Sul calcio porta la seijuente inse-ìngna: S. A. C, equivalente a: Smith Ameri-' can Construction. Costerà almeno 100 lire.\mChi ha messo il D'Alba in condizioni di po- •latori* acquistare ? [s1 Nessune può conoscere le risposte dell'accusato L'assassino ha subito già diversi interrogatori, ed alcuni giornali romani si affrettano a pubblicare domande e risposte, , dalle quali apparirebbe che il D'Alba è al co-mumcalo ufficioso, infatti, dichiara che l'istruttoria, la quale procede alacremente, è per legge segretissima. E' dunque assurdo pretendere di conosce, re le risposte dell'assassino al magistrato e bisogna limitarsi, per ora, a riferire ciò che dicono di lui famigliari e conoscenti. Parlando con la madre Questa mattina D'Alba Antonio si è alzato verso le 6 sereno e tranquillo e nulla manifestava che potesse lasciar adito a sospetto di sorta. Ieri sera aveva cenato e aveva parlalo di cose indifferenti e poi si era coricato. La stanza ove dorme è un lurido bugigattolo con un lettino sgangherato e pochissime masserizie. Fu trovata stamattina nel massimo disordine. Particolare notevole: per uscire slamane aveva indossato l'abito da festa, un abito bleu e un cappello floscio. La madre asserisce che il figlio non era mai armato. La madre di D'Alba venne interrogata stamane dai giornalisti nella sua abitazione in via Polveriera, 47, presso il Colosseo, un fabbricato di modesta apparenza. Portieri dello stabile sono i genitori dello sciagurato, che stamane tentò di uccidere il Be. Quando giungiamo in via Polveriera la madre di Antonio D'Alba stava parlando con un funzionario incaricato delle indagini. La portiera, inconsapevole di quanto il figlio suo aveva commesso, sembrava sorpresa dalle domande Incalzanti che le venivano fatte. — Come vi chiamate? — Cristina Villanie. Sono nata nel 1851 a Ciorta Sant'Angelo. Sono vedova di Angelo Balbi, genovese, dal quale ebbi due figli: Pietro e Bemo. Il mio terzo figlio, Antonio, è nato a Boma dal mio vivente secondo marito Cesare D'Alba, d'anni 50, da Tivoli, impiegato come guardiano giardiniere alle Terme di Garacalla. La povera vecchia parla con un tremolio nella voce e ogni tanto invoca qualche Santo e chiede nuovamente perchè la sottopongono a questo interrogatorio —Forse Antonio ha fatto qualche cosa di male? Che gli è successo? Il funzionario e alcune guardie sopraggiunte PTOcedono ad una rapida perquisizione nelle ?ue c^7nereì abiìaie dai con^Oi D'Alua e dal loro figliuolo. Sono in tutto due, situate a piano terreno: entrando nell'androne si trova la prima a acstr(lt aove dormiva Antonio, te guardie buttano tutto sossopra, ricer cando in ogni angolo se vi sono carte, letfere, fotografie, ma non si trova nulla. Pro- seguendo per l'androne che sbocca in un cortiletto sì trova un'altra porta: è quella della portineria, sul battente una cassetta da lettere. La a sora Cristina » fa entrare. La camera prende luce da una finestra che si apre sul cortile. La camera è quasi quadrata. Ha una finestra alla sinistra di chi entra, e presso vi è un fornellino portatile, un lavolinelto. una credenza. La camera e divisa in due parti da una tenda azzurra a fioroni, oltre o quale vi è il letto matrimoniale dei genitoTi di Antonio. Alle pareti una fioritura di mmaaini sacre, slampe, oleografie. La « sora Crmna " menlre ali agenti di P. S. perqulmono anche questa camera, parla del fi- y'io suo. Essa dice-. _ Ua & anni compiuti ed è ai carattere chiuso e taciturno. Da bambino è stato molto malaio: ebbe la polmonite, il cripp e la menihgite. La dorma, nel suo dialetto abruzzese, esprtme * su°i ricordi cosi come si presentano ala memoria,- con frasi aspre, interrotte da singhiozzi, la madre dice, singhiozzando: — Gli avevano già fatta la cassa, invece. nd \ senta medicine, i guarito. Però rimase sempre come stordito, non si ragionava con lui. \Una volta mi si ribellò e lo dovetti fare arn\restare, si. ma da ragazzo. Venne arrestato e a à o', e i - una prima volta perchè in piazza dell'Erbe rubava i cocomeri, voi un'altra volta perchè fu trovato ad aprire una porta. — Dove? — Non io... Slava con dei compagni; poi, come ho detto, lo feci io stessa arrestare perchè alle mie rimostranze per la sua cattiva condotta mi si ribellò, minacciandomi, è allora rimase dentro due mesi. Ma ora aveva cambialo vita, lavorava come muratore fuori Porla Pia; non so precisamente dove e con chi. Ogni settimana mi portava l'6 o 17 lire. ti teneva perse quaranta o cinquanta soldi 'per le sue piccole spese. Ieri Antonio fece a a . l aa ea - e e i a di e E' o e eea o o. i. i li i. festa e riportò a casa i ferri dèi suo mestiere Usci, ppl ritornò a casa, lesse la Tribuna e se ne andò a Zormire. Stamattina, poco prima delle 8 usci di casa. — Aveva una rivoltella? — Macché! Io non voglio armi in casa, o almeno non'gliela ho mai vista. — Che abito aveva? » — Vabito dei giorni festivi: bleu e cappello a cencio nero. Aveste a notare in lui nulla di «Irono in questi «ritmi giorni? — Affatto, tempre lo stesso, taciturno e tranquillo. Chiuso in sé stesso, cupo. Questa mattina mi ha salutato appena, dicendo: « esco » e null'altro. — Sapevate che Antonio appartenesse a qualche Società? — So, no, non frequentava anzi quasi mei- suno, nè uomini, nè donne, anzi, per questef,.~„ nr,unmìn mrfe, lo- i è e, e ò o io . o o e n e n o e o o a o è o e - a e a . aveva una vera antipatia, — Non faceva dunque l'amore ? — No, dimeno a mia cognizione. Fu chiesto alla madre: — Antonio ha due fratellastri? — Sì, Remo e Pietro, figli del primo letto. Pietro Balbi sta ad Oneglia, presso Genova, ma da quando ha preso moglie non ci scriviamo più. Siamo in collera. L'altro, Bemo Baldi, sta a Boma, è cocchiere. — Antonio lo frequentava? — Bardmcnie : già non amava le compagnie: se lo venivano ad invitare qualche volta per -andare a bere all'osteria, rifiutava categoricamente. —,Non aveva il vizio di beréfi — No, no. — E quali opinioni politiche aveva? — Di politica, con me, non ne parlava. Cosi io come suo padre, siamo gente timorata di Dio e cercammo sempre di instillare anche in lui sani principii. Cosi, quando aveva 12 anni, gli facemmo fare anche la santa comuntone. — D'anarchia, di attentati, non parlava mai? — No, affatto. Doveva fra tre mesi recarsi sotto le armi: alla leva aveva estratto il numero 394». j La madre prorompe nuovamente in singhiozzi, il suo capo bianco sussulta c le ciocche dei capelli escono di sotto il fazzoletto annodato sotto la gola, secondo l'uso paesano. E' una scena profondamente triste. Questa madre sente, comprende che le nascondiamo qualche cosa di doloroso e chiede si riveli la ragione della nostra presenza. Si getta in ginocchio dinanzi alle sacre ìmma-ginl invocandone pietà. Quello che dice 11 padre Cesare D'Alba, padre dell'autore dell'attentato, è stato interrogato intorno al tiglio, mentre si trovava al Commissariato di Trevi. Egli è giardiniere alle Terme dioclezlane e dlslmpcgnail^suo servizio con oculatezza ed inteU N'ori"sapeva trattenere le lagrime e"non'appéna al Commissariato si è lasciato cadere su una sedia. Gli fu chiesta qualche" notizia del figlio. — Era uno sfaticato; non ha mal avuto trop po amore per il lavoro, ha fatto il calzolaio ed altri mestieri ed ha finito col fare il muratore. — Che abitudini avevat — La sera andava a bere mezzo litro e poi rincasava e si metteva a leggere i giornali, leggeva, leggeva sempre. — Che scuole aveva tatto? — La seconda elementare. '— Aveva degli amici? — Nessuno, o meglio lo non so. In casa non veniva mal nessuno questo è certo. — Era iscritto a qualche Lega? — Non so. E' evidente che il padre pensa di salvare II figlio, ma il vecchio d'altra parte è troppo cosciente della posizione nella quale si è cacciato il figlio e non si sa spiegare perchè e come suo figlio abbia potuto fare ciò. — Dove lavorava in questi ultimi giorni vostro figlio? — Ha lavorato ieri al villino Aragno, in via Po. E' venuto a casa, ha lasciato i ferri del mestiere in un angolo ed uscì. Bincasò verso mezzogiorno, si mise a tavola, fece colazione e tornò ad uscire. Alle 8 di sera ritornò a casa per uscire quasi subito. Sarà ritornato, credo, verso mezzanotte e si è messo a letto. — E stamane? — Non so. Io sono andato a lavorare ed ho lasciato presto casa. — Portavai denari alla fine della settimana? — Dava a casa 15 lire per settimana; il resto dei denari lo tenevo, lui per il vino che andava a bere ogni sera e per i suol bisogni. — Era spesso disoccupato? Il vecchio non rispose ed alzò le spalle. Il Duca d'Aosta apprende la notizia dai giornali e parte subito per Roma Napoli, 14, notte. Il Duca d'Aosta apprese la notizia dal giornali. Egli si era recato a salutare gli ufficiali ed i soldati del 60.O fanteria, partenti per la guerra, e ritornava alla Beggia di Capodlmonte, quando, proprio accanto alla sua automobile, in vìa. Marina, gli strilloni gridavanol'attentato. Il Duca apparve molto scosso dalla fulminea notizia. Bitornò a tutta velocità a Capodimonle, e informò la Duchessa, che volle mettersi direttamente in corrispondenza telefonica col Quirinale, mentre il Duca, accompagnato dal maggiore Montasini. prendeva il primo treno in partenza per recarsi a Boma. Alla stazione, dalla folla improvvisamente adunatasi, il Duca fu fatto segno ad una calorosa manifestazione, al grido di: Viva Casa Savoia! I! manifesto del Siodaee ai Remaci Il sindaco ha pubblicato il seguente manifesto : « Un degeneralo malvagio ha attentato olla vita di S. M. il Be. La cittadinanza esulla allo scampato pericolo del benamato capo della Nazione. Il Trono suo saldamente poggia sull'affetto e sulla devozione della popòlazlone di Boma e di tutta Italia. La criminosa aberrazione di un pazzo, che Boma rinnega, un grido unanime solleva dall'anima del Paese e della Capitale. « Viva l'Italia! Viva U suo Re! », «Per la Giunta: F.o: Il sindaco Naihan ,. gccacgzvtvzfrmbildbfc