Enrico Ferri dimessosi da deputato spiega il suo pensiero politico all'assise socialiste di Gonzaga

Enrico Ferri dimessosi da deputato spiega il suo pensiero politico all'assise socialiste di Gonzaga Enrico Ferri dimessosi da deputato spiega il suo pensiero politico all'assise socialiste di Gonzaga ongresso accetta ledimissioni con una fólfcrfzlofte qualificata come camorristica dal Ferri stesso Le dimissioni Roma, 11, mattino. Dato il dissidio con i suol elettori del Collegio di Gonzaga a proposito del voto avorevole dato alla Camera sul Decreto di annessione all'Italia della Libia, l'onorevole Enrico Ferri ha presentato le sue dimissioni da deputato con una lettera m- dirizzata al presidente della Camera. Questa notizia che ancora non ò conosciuta a Roma è destinato a produrre una certa un] essione, tanto più che la decisione vie ne presa dall'on. Ferri al momento in cui si credeva che avrebbe potuto superare il dissidio con una parte dei suoi elettori, mediante la spiegazione sul voto che avrebbe dovuto dare nel Congresso collegiale socialista convocato per oggi a Gonzaga. . esa Gonzaga, il, sera. 'Stamane, ni Congresso collegiale socialista, appositamente convocato per questo giudizio, 'on. Enrico Ferri ha spiegato, in un lungo e vigoroso discorso, il suo pensiero politico, giustificando il suo voto favorevole al Decreo di sovianita sulla Libia. 'MI volete a lesso o ad arrosto?., Il processo, — giacché i socialisti di Gonzaga hanno inteso proprio di fare un prò cesso al loro deputato, — si svolge alla Casa del Popolo, affollata da circa cinquecento so-cìalisti e rappresentanti di Leghe operaie. Si apisce subito che tira un vento poco favo- revole all'on. Ferri, il quale, scherzosamente, chiede ad alcuni: — Ma, insomma, mi voletea lesso o ad arrosto? .E la prima cosa cho poco garbatamente gli i dice, è questa: « Sia breve, onorevole, per- he ormai le chiacchiere non contano! ». Glieo dice, appunto, secco secco, ii «compagno» Paoletti. Quindi, Ferri, a voce alta, con la sua so-ita foga oratoria, incomincia a parlare, de- tando enonne impressione, con l'annunzio delle sue dimissioni da deputato, presentate al Presidente della Camera, prima di partireda Roma. •Non sono Imbecillito nè un traditora. E poi dice: « Io soh un uomo, che viene a discutereranquillamente un problema, che finora none staio mai studiato, ne dal partito sociali- ta italiano, nè dai socialisti di altri paesi. Il mio dissenso da molti socialisti, per le mie Kros^dfTripolì, -n & on una di queste tre ipotosi: o io sono im-becillito, o sono un traditore, o seguo un mio riterio politico. Non mi pare di essere imbecillito; nessuno, del resto, lo ha detto. Rimangono dunque le duo altro ipotesi. Ce anche chi ha detto cho io sia un traditore del proletariato, ed a questa interpretazione può essersi prestata, anche la condotta di alcuni avversari politici, a mio riguardo. Sia enza ricordare quello che ho dato al prole- ora Pubblica Istruzione," quando' mi venne offerto nel 1889. re-.dopo-la-clamorosa vittoria dell'ostruzionismo,--mi--sarei--messo con Turati e Bissòlati, sulla linea, riformista, in accordo con la Sinistra liberale. Io sono socialista per convinzione scientifica, e tale rimarrò,. dedt ver=p „. ariate dal 1880 ad oggi, sacrificando onori eguadagni, basta pensare che ho sempre agi-o :apcrta.mento e sinceramente, perchè l'ipo-esi, del tradimento diventi un assurdo: ilraditore nasconde i suoi, atti nell'insidia;noli agisce alla luce del sole. Perchè dovreitradtrie il proletariato? Per danaro, ritengorile'(nessuno lo pensi, giacché tutta la miavita ha dimostrato cho 'io non tengo alla ric.-chezza; per ambizione nemmeno, perchè al-avrei accettato il sottosegretariato allaca-ndo ogni mia energia alla difesa degli in-ersasi della, classe lavoratrice. Sono sociali-sta, rome lo ero nel 1883. ma. oggi le mìe ideasull'azione socialista sono diverse da quell# diallora, perchè le condizioni d'Italia sono di-L'oratore passa quindi a riassumere la suavita politica dal processo di Venezia, del 188*5to PO': ricorda anche la famosa frase: «Sel Re mi avesse fatto l'onore, ecc. », contraddicendo quanti vollero vedervi una prova di inai celata ambizione: ricorda e giustifica il -•no distacco dal gruppo parlamentare sociaista, e. il gran chiasso suscitato dalle sue considerazioni sulla «democrazia rurale»: difende il suo ministerialismo verso il Gabinetto Giolitti. F, qui l'on. Ferri intraprende a parlare dell'impresa di Tripoli. L'impresa dì Tripoli e l'ignoranza dei socialistiEnrico Ferri dice testualmente: - .Ma questo Ministero ha fatto anche l'im-presa di Tripoli! Ecco la ragione dei nostridissensi. Questa impresa fu deliberata dal Go-verno a Parlamento chiuso ed lisi non seppe > noni potè opporsi alPondàtadi mSSSr^i^^^S^mW^' - - schina riuscita di protesta dello sciopero generale. Riapertosi il Parlamento a fatto compiuto, io votai in favore del decreto di sovranità sulla Libia, mentre avrei potuto rifu-aBtesolatì e°aS ^ercheTfuì MSdaBunSSgnoaedi? W^SWwsocialisti però sono contrari a questo mio at-teggiamento politico, sopratutto perchè il Partito socialista è contrario alla guerra. Ma qui bisogna uscire dalle frasi fatte e studiare 11problema nella sua realtà. « Anzitutto qui. non si tratta di una guerranel senso comune della parola, perchè allora,cqn gli armamenti moderni, dall'ottobre ad oggidì sarebbe già stato una Sadowa od unaSédon che l'avrebbe decisa a favore dell'uno0 dell'altro. Slamo di fronte ad un'impresa co-loniale e ad una guerrìglia barbaresca contro1 soldati italiani, che danno prova di valoree'di sapienza, e quindi il Partito socialista,che finora non ha mai fatto uno studio con-creto sulla politica coloniale, o sì limita a delleprotesto e negazioni sentimentali, o, per mezzodi molti suoi rappresentanti, si dichiara favo-reVdlè all'espansione coloniale. Non sono losolo favorevole ad' essa; ma con irte lo sonoRpssi Doria, Bissòlati, Bonomi, De Felice. Po-drecca e tanti altri, come si dichiarò favore-vola all'impresa un grande socialista italiano,il prof. Antonio Labriola, il quale deploravache i socialisti si fermassero alle declamazionicontro, la guerra e sosteneva che gli interessidei proletariato, in accordo con gli interessinazionali, dovevano consigliare l'approvazionedi una conquista della Tripolìtania. La stessacosa'.aveva detto l'on. Bovio in un'interpel-lanza al 'ministro Mancini sul programma dipolitica coloniale italiana che egli svolse il 17marzo lS8.r>, interpellanza che portava anche lafirma di Andrea Costa, In essa l'on. Bovio;parlando a nome dei firmatari e dell'EstremaSinistra, alludendo -all'occupazione avvenutadi Tunisi, dichiarò che « ai confini non visono partiti, vi sono italiani », e proclamò ildiritto che ha la civiltà di diffóndere ovunquela sua potenza rinnovatrice, perchè un dirittodelle barbarie non esiste, come non esiste lalibertà di ignòran'zaiyB, prese coloniali segnarono- fe-;póterizà;d'itnl1àcon Hmpero romano; cessarono con le inva-sioni barbariche, risorsero col riavvìcinamento talico, si spensero una seconda volta dopo di esso, ed ora,'concludeva l'on. Bovio, che l'Italia e risorta a.nazione, risorge la politicacoloniale, dopo una generazione dalla proda-inazione del nuovo diritto pubblico. « Nel Partito socialista, al Congresso inter-nazionale di Amsterdam (1904), fu portata laquestione della politica coloniale, ma il rela-tore, Van Kool, deplorò che i socialisti nonavessero mai studiata la questione. Al Con- guardare e studiare il problema nei suol di (Per telegrafo alla Stampa). gresso di Stoccarda (1907) il deputato tedesco David si dichiarò, assieme con Berstein, con il deputato belga Terragne e con l'olandese Van Kool, favorevole al principio della politica coloniale nell'interesse del proletariato. Ieri l'altro, in una corrispondenza dal Belgio, nel!'Avanti! si annunciava che il deputato socialista Vandervelde sarà presto ministro del suo paese, che pure è una Monarchia, e precisamente ministro delle Colonie. Ciò significa che il partito socialista non può disinteressarsi od essere contrario per semplice protesta negativa contro le imprese coloniali, ma deve versi aspetti » "Fu giocoforza ricorrere alle armi,, Qui l'oratore ricorda che i socialisti ebbero sempi-d istintive avversioni contro nuove fqr individuo può suicidarsi, ma un popolo non può uscire dalie leggi della storia. L'oratore passa quindi a discutere le tra principali obbiezioni opposte da molti socialisti all'impresa: il sacrificio di uomini, in gran parte proletari, richiesti dall'espansione coloniale, il sacrificio finanziario, e quindi la impossibilità di riforme sociali, e il rafforzamento del militarismo, determinato da questa impresa. ■< Ma — dice l'oratore — una volta che non ,fu possibile un'occupazione pacifica, e poi l.Cnj c.era u pericolo imminente dell'occupa;zlone (ja parte di altro Potenze, e poiché VI talia non poteva lasoiarsi escludere da questo estremo lembo del Mediterraneo, fu giuooo ( rpl.za ricorrere alle armi. E noi deploriamo .addolorati il sacrificio di queste giovani vite limane, come lo deploriamo quando lo scoppio di una miniera, o le insidie della pellagra, o della tubercolosi, mietono a migliaia e migliaia le giovani esistenze, quasi tutte di proletari. Per la seconda obbiezione osservo che nessuna Nazione si 6 mai rovinata peri]0 spese delle imprese coloniali: d'altra parte jj Ministero ha già dimostrato coi fatti come ]a spedizione di Tripoli non renda impossibil jR rjforme sociali. Per ciò che si riferisce aj rafforzamento del militarismo, osservo che socialisti, in 20 anni di propaganda, cancella- Idi della coscienza umana. Io sono convintoi che il cammino della civiltà è contro la guerjra e verso il lavoro, ma nel mondo sociale vi sono dei momenti critici, nei quali ritor nano a galla le riforme e le forze dello epoche | precedenti. * 806Ìal5Stl EOn ««"O"» UGOVemO..i «E di fronte a questo, qual'è la tattica più | ragionevole e più pratica che i socialisti derne di vita, come l'intteduzione delle macchine o dello Cooperativo, che poi essi stessi a/inttirnnn rnnnscpndnne 1 vantanti' rilevache il lìo^X^%6ri^S'^^evrtù di principi, ma. sopratutto, per forza dazione pratica dimostra le ragioni storichedeU'eUsione coloniale, e dlcUa^ vono seguire, per ridurre al minimo gli emetti del fatto compiuto, nell'interesse dei lavoratori ? « Non può bastare per un grande partito politico il mettersi semplicemente sul terreno negativo della protesta, contro la corrente dpubblica opinione favorevole, che. per sè sola deve farci riflettere come l'impresa di Tripol'sia ben diversa da quella dell'Eritrea, tanto è vero che ora nessuno dei più assoluti aviversarl ha il coraggio di proporre che l'Italia i venga via da Tripoli. La polìtica dell'Italia moderna non può essere che questa: assiemi rare ai lavoratori sempre migliori condizion all'esistenza, ma nello stesso tempo assicu rare all'industria, all'agricoltura, al commer ciò, la tranquillità o sicurezza, necessarie per il loro progressivo sviluppo. Perciò all'Univer)sita, come in Parlamento, dichiarandomi contrario alla guerra, mi sono opposto alle esagerazioni di coloro, che ora, infatuandosivedono soltanto nella guerra ogni ragione dvita nazionale. Nel 1S04, lo sciopero generaleche allora fu uno scoppio inevitabile, gettò il Governo nelle braccia dei clericali, e no perdemmo sei anni per la vita economica e politica del proletariato. Adesso, se i socialisti si mettessero contro il Ministero Giolitoche ha già realizzato il Monopolio delle Assi1.orazioni, e sta per realizzare il suffragio universale, lo getterebbero nelle bracoia dei na zionalisti guerrafondai, produe?ndo chissà per quanti anni, danni incalcolabili agli taiteressl materiali e morali del proletariato "Sì, voglio diventare ministro di Grazia e Giustizia!,Questo il vigoroso discorso di Enrico FerriSul principio vi fu qualche grido di bravoqualche zittio parti quando l'on. Ferri ricordò la sua operosità politica e scientificaNacque anche un diverbio fra due delegati e l'on. Ferri dovette intervenire: i-on. rem covette intervenire: f„7 Calra^tevl- n°.n, 80110 I>lu deputato, voleteF nrosfiffiTFndo h-1 «sciamato • -Se qualcuno mi domandasse: Vuol tu na-! scendere che vuoi diventare ministro ? JEbbe- no, risponderei: Si, s gnore, ioi voglio diven-; tare ministro di grazia e giustiziai (Impres- (/uniche grido di bravo!). Del resto non: c'è bisogno che diventi ministro per essere ^alcuno, e non si maligni sull'esibizionismo'. La maggior modestia consiste nella sinceritàed io sono sopra tutto sincero. Quando accennò al suo discorso del 1900 sui doveri del nuovo Regno e dichiarò che la ' S 'i^'b^Si 'rS I 6 «£ff$LgS^&R deKzTone!! c 11 ReSno della guerra e aena reazionei 1 Nella seduta pomeridiana il signor Luppi Idi Suzzara, dopo un suo discorsetto, propone il seguente ordine del giorno I due ordini dei giorno ; « Il Congresso, proclamando la propria so vranità'sul diritto di giudicare il rappreseli turile del Collegio, afferma il suo disaccordo cui pensiero e con l'opera di Enrico Ferri zie accetta le dimissioni da deputato. » i Giglioli, di Saliceto', propone un referen rln sulla condotta di Ferri. Tosi, di Pego «naga, sostiene che è una necessità risve gliàre nelle masse il sentimento della' disci plina socialista. E dice: — Enrico Ferri sarà in buona fede indubbiamente, ma egli ha i torto di insistere a voler restare nel partito socialista. Sarebbe meglio che egli dichiaras se di voler dare la sua opera al partito ra dicale. ! Anche il dottor Romei si dichiara contrario ! a Ferri e chiude sciogliendo un inno contro la guerra. Ferraresi presenta il seguente or dine del giorno, che è accettato da Ferri : « Il Congresso, affermando l'avversione ai In guerra, compresa quella in 'Crlpolitania, e quindi il proprio dissenso dal volo favorevol del Parlamento, constatato che nel partilo socialista la diversità di opinioni sulla poli tira coloniale ha contribuito alla crisi che i partito sta attraversando e che si palesa net le più recenti rnanifestazioni dei gruppo par Ilamentare, ritenuto che il deputalo Enrico Ferri, ■ imptesa coloniale ubbia seguilo un : rato-atta difesa dei parlando e volando in favore dettac dell'attuale Ministerosuo criterio politico inspidel lavoratori, e che soltanto 1 risultati di fatto, con le riforme ora prò poste e promesse, dovranno giudicarlo de Unitivamente, delibera di respingere le » r jwri p mnifi p„nrirn<:s!«tl 1 risili c mimi buuyiBboiou diprimo incidente sorge quando Gasperini dichiara chabbandonane la sala L'assemblea è nervosissima. Un _ i ì sindacalisti non debbono essere" ammessi avoto. Anche Ferri dice che i socialisti dareblbero un cattivo esempio chiamando a votar :i sindacalisti contro un deputato che non iil loro candidato. Dugoni dichiara pure chjj sindacalisti non debbono votare. Si cominciaIla votazione pes appello nominale. 1 prim [revole Ferri continua — Di fronte alle irregolarità riscontrate, abbandone Tassemblea. non volendo assisterà al proseguimento della votazione! Molte grida in vario senso accompagnano otto voti favorevoli all'ordine del giorno Loppi sono accolti in silenzio; invece il primo voto im favore dell'ordine del giorno Ferraresi suscita applausi, contrasti e rumori. L'assemblea si eccita sempre piti. Ferri segue con attenzione lo svolgersi della votazione. Un altro incidente sorge sul voto di uno dei delegati. L'assemblea rumoreggia • Ferri grida: — Qui si. fa della camorra, e della camorra! sindacalistal Sopra tutto occorre onestà! j Egli si alza; tutti si alzano in piedi. L'onoJqueste parole: la confusione è al colmo. Mentre Ferri, seguito da due o trecento persone si avvia verso la piazza, la votazione -^9SSX*E2*iVBn°„^f'lì^VVX^f. - «««™a. Ferri.Invitato a parlare sale ala11 Albergo Vastclli, si affaccia ad una finestra, :^ * Popolani di Gonzaga per la manifozione, dico che sono stati «immesse, irre ! p»arità e atti di oamorra per ambizioni mal — conclude — ma arrivedercil Le dimissioni accettate per 16 roti Intanto, nella sala, prosegue l'appello no* minale. Alle 17,30 viene comunicati) l'esito della votazione, i risultati sono i seguenti:l Ordine del giorno Luppi: voti M; Ordine del giorno Ferraresi: 68. Astenuti U. Più tardi, innanzi alla oasa dell'on. PerrlJ si ebbe una manifestazione di applausi. ] L'on. Ferri, interpellato, non ha voluto e-j sprimere il suo pensiero sul voto del Congresso, riservandosi di esaminare quanto « avvenuto per poi deliberare.' 1