Inazione diplomaticae viva attesa di nuovi avvenimenti guerreschi

Inazione diplomaticae viva attesa di nuovi avvenimenti guerreschi Crescenti timori a Costantinopoli per l'azione navale italiana — Le voci del bom-, bardamento di Smirne smentite — Un'aggressione a Tripoli — Piccolo scontro a Bengasi. P lf lf Un giornalista italiano ferito da un arabo nell'oasi di Tripoli Strine circostanze - A Tripoli si oaseondooo agenti talli? (Per teleorato da uno dei nostri inviali speciali) i TRIPOLI, 8, ore 21,. Urgenza. Oggi, nell'oasi, il collega Federico Demaria, corrispondente del Resto del Carlino, è stato vittima di un attentato, che solo per miracolo non ha avuto conseguenze fatali. Il fatto è molto grave, perchè tutto porta a credere che si tratti di un attentato politico, di un mandato per la seconda volta affidato dai Comitati turchi ad un sicario per sopprimere un giornalista in Tripoli. Il perchè dell'attentato Per comprendere il fatto odierno è neces sario premettere che Demaria escogitò e realizzò un audacissimo piano per penetrare nel, campo nemico. Nella notte del 30 gennaio scorso si imbarcò a Mahares, piccolo porto sulla costa tunisina al nord di Gabes, sopra un veliero noleggiato da un maltese per esercitare il contrabbando a favore delle forze turche in Tripoliiania. Il maltese ricevette a bordo il Demaria per le insistenti raccomandazioni d'un medico italiano residente in Tunisia, al quale, per ragioni personali, non si sentì di rifiutare nulla. Il veliero era difetto ad un punto solitario della costa fra Ras Agir e Zuara, ad una ventina di chilometri da Zuara. Il suo carico, composto di viveri e di munizioni, vetine sbarcato in questo punto, dove la costa forma una insenatura abbastanza pronunciata, e doveva proseguire a dorso di cammello fino a Zuara. Fu convenuto che il contrabbandiere maltese avrebbe trattato Demaria a bordo davanti l'equipaggio, formato di cinque arabi, come maltese, socio nel suo commercio, e come tale lo avrebbe presentato ai turchi, che sarebbero venuti a ritirare il carico sulla costa e a Zuara. li veliero, dopo un velocissimo viaggio in una notte e un giorno dì forte vento favorevole, riuscì a raggiungere la notte del 31 gennaio scorso il punto convenuto per lo sbarco. Il piano riuscì splendidamente. Demaria sbarcò col maltese e col contrabbando, e si mescolò colla carovana, che fu subiito formata per trasportare i vivai e le munizioni a Zuara ed entrò in Zuara senza che '^nessuno badasse a lui. A Zurara rimase poco tempo, e cioè il necessario per lo scarico della carovana, ma sufficiente per osservare le cospicue difese preparate dal nemico sulle dune distese parallelamente alla riva del mare, gli effetti pdei due bombardamenti della città, un grande accampamento beduino ed anche per'-fotografare furtivamente una casa distac- jtida dall'attendamento. Consegnata la merce, la carovana ritornò subito al punto dove il veliero era ancorato. Demaria ed i maltesi si imbarcarono e salparono verso la Tunisia, arrivando a Zarzis il 2 febbraio. In tutto il collega rimase in campo nemico 2i ore. Partito immediatamente da Zarzis per '! Tripoli, vi arrivò il7 febbraio e raccontò aiicolleghi l'avventura, che parve - a talunei. troppo audace per essere vera, e nei giorni cseguenti scrisse pel suo giornale il reso conto del viaggio in cinque lettere, che comparvero sul Resto del Carlino durante il mese di febbraio. Purtroppo, i fatti sono venuti a dimostrare sinistramente che lo scet•tietsmo di qualche collega sull'ardito viaggio di Demaria nel campo turco era infondato e che il collega aveva detta e scritta la verità. Una lettera anonima L'altro ieri Demaria ritirò alla posta una lettera portante un francobollo da cinque centesimi e col timbro di Tripoli e sulla busta di carta turchina sottile questo indirizzo : u Correspondante Demaria, Tripoli ». Dentro, un foglio dì carta commerciale con queste parole scritte come indirizzo a ■'caratteri tondi, evidentemente contraffatti: » Le traltre et l'espion sera chatié». Non portava data, nè firma. lo sono buon amico di Demaria e appena ricevette questa lettera, egli me la.mostrò e mi domandò che ne pensavo. GÌi risposi che la ritenevo una minaccia seria, lo consigliai ad informare il questore e gli raccomandai di andare guardingo e sempre armato. Mi rammentavo che l'attentato di Carrère era stato preceduto da lettere minatorie analoghe, anzi, sebbene non abbia più perfettamente presente il. carattere delle lettere ricevute da Carrère, mi pareva fossero di scrittura uguale, e che l'errore della parola correspondante, che salta agli occhi nell'indirizzo della lettera a Demaria, fosse stato commesso dall'anonimo Giovane turco tripolino nelle lettere a Carrère. Demaria accett.ò il mio consiglio e andò in Questura. Oggi, nel pomeriggio, montò a cavallo, e da solo andò ad Henni. Questa gita i tutta dentro la linea delle trincee e può compiersi sempre con assoluta trangìtillità anche da ptrsone inermi. Demaria (Per telegrafo e per telefono alla STAMPA) a 0 i n a l e r e o a a l a n 1 o e a e i però parti armato di rivoltella di grosso calibro, che si era fatta dare da un collega dopo la lettera di minaccia. "Mi hanno sparato!,, Stasera, alle 18, slavo scrivendo in camera mia, quando Demaria entrò barcollando, pallido e cogli occhi stranamente fissi. Egli dimora nella camera vicino alla mia in una grande casa, che abbiamo affittato fra alcuni giornalisti. Avevo inteso il suo passo più affrettato del consueto per la scala, ma non vi avevo prestato attenzione particolare. Mi preparavo a domandargli se aveva trovate novità nella sua cavalcata, quando egli entrò colla faccia stravolta. Non mi disse nulla, andò a sedersi sulla poltrona vicina al mio tavolo e mi guardò cogli occhi sbarrati. Gli domandai che cosa aveva, ed egli non rispose. Mi alzai e gli andai vicino, gli ripetei la domanda, e non rispose nemmeno. Lo scossi leggermente sulla spalla, e allora mosse le labbra, portò la mano al petto e mormorò: — Mi hanno sparato! L'idea della lettera mi balenò in capo, e gli domandai dove. — Qui — e si premette il costato alla destra, ma io non capivo, non vedevo traccia di sangue. Lo interrogai ancora, e allora egli lentamente si aprì la camìcia e mi mostrò il petto. Era tutto fasciato di bende recenti, bianchissime. Lo misi sopra un divano, gli delti un sorso di cognac e lasciai che parlasse. Con voce debole e lunghe pause, mostrando una certa difficoltà nel concatenare i ricordi e tradurli in parola, egli mi fece questo racconto: II racconto del ferito — Uscii poco dopo le 2 a cavallo per Blenni, prendendo la via grande diritta, che parte da piazza del Mercato e passa per Fleschum. Giunsi ad fienili tranquillamente senza incidenti, e mi trattenni qualche minuto nel fortino; pai, presi la via del ritorno per la stessa strada. Il cavallo costeggiava il margine sinistro. Avevo percorso forse un chilometro, da Hennì, quando di dietro un muricciolo di terra limitante la strada vidi sollevarsi una figura e intesi il fragore di uno sparo. Il colpo era andato a vuoto. Estrassi rapidamente la mia rivoltella dalla fondina e tirai in direzione del-, l'aggressore, che era scomparso dietro un n muretto di argilla. Mi guardai intorno, la r'-strada era deserta, smontai di sella, lasciai - jjj cavallo e mi diressi colla rivoltella in pu¬ i o . o r gno verso la breccia aperta nel muro, che nascondeva un uomo. Fui davanti al nemico, che vi si era raggomitolato ps* sfuggire ai miei colpi, o per ritentare l'aggressione. Mi balzò incontro e sparò una seconda volta. Non feci in tempo a rispondere, sentii un terribile urto al torace, come se mezzo '! fianco mi fosse stato portato via, mi sentii iimancare e caddi senza sensi al suolo. Poco ei. ^po rinvenni, mi premetti il fianco, dove i covavo un sordo dolore, e sentii qualcosa l a a e uz. n a: n eoia, li mo e be a e li a, e ò a a e na ìidi liquido e di caldo. Tossii e sputai per vedere se la palla mi aveva traversalo. Non vidi sangue. La strada era sempre deserta, Il cavallo brucava l'erba sul margine, poco lontano da me. Mi alzai ; mi feci forza, salii in sella e rientrai in città al galoppo per giungere più presto all'ospedale'più vicino di sciara Biccardo. Il capitano medico Lionti mi esaminò e mi medicò. Mi disse che la ferita è guaribile in quindici giorni, salvo complicazioni, e che se la palla fosse stata diretta un centimetro solo più all'interno, il risultato sarebbe stato mortale. Il maggiore Madia mi accompagnò a casa. L'aggressore è nn arabo Domandai al Demaria chi era l'aggressore, e mi rispose che era un arabo con tarbusc e un lungo fiocco, ma senza barracano, di circa 30 anni, con baffetti neri. — La sua immagine e così nitidamente impressa nella mia memoria, che potrei riconoscerlo fra mille ; potrei dipingerlo. — Credi che fossero uno o parecchi gli aggressori ? — JVon vidi che un uomo; ma non posso escludere che vi fossero complici. — Quale arma fu usata per sparare ? — La mìa impressione, dalla forma dell'arma e dal fragore dello sparo, è che fosse una pistola ad avancarica. Questa supposizione è confermata dalla natura della ferita, che è un lungo solco che parte dalla mammella destra e finisce sulla scapola, come solo un grosso proiettile stri-sciando sul corpo potrebbe scavare, e dallaterribile bruciatura lasciata nel vestito: quasi un palmo di lunghezza e tre dita dì larghezza sono stati bruciati nella giacca di velluto spesso e nel gilet dalla vampa dello sparo a bruciapelo. Questa brucìatu- ra impressionante, solo un'arma ad avan- carica può averla determinata. Il Demaria ora è in letto con lieve febbre. Tutti i giornalisti sono già venuti a stringergli la mano e a rallegrarsi fraternamenle con lui pel grave pericolo miracolosamente scampato. Dei primissimi a visitare il ferito fu il maggiore Bopolo. Il questore Alpù* gi ha preso personalmente la direzione.delle indagini : stasera visitò il Demaria e lo interrogò lungamente. Altre due persone minacciate Vn fatto molto serio, connesso stretta ' Z ; , , « *"~ :„ mente coll'attentato al Demana, evenuto in luce oggi II professore 0"foMJ ™; loroso orientalista che risiedette Usiate scorsa per alcuni mesi a Zuara perle sue indagini sui dialetti berberi, ricevette ieri * " '"J?7 . j una lettera dì minaccia concepita m modo , ■ ... Z i ■ - '-i ".- uguale e scritta su carta e busta identica y t C o„ « u. o«. w c u. «• «*= a quella del Demana. Si dice, infine, che ' . . * ' . ' ; una terza persona ha ricevuto recentem.cn- . , ., ... te una lettera minatoria. . . . , , ,., ' . „, . ,. ' E ormai incontestabile che in Tripoli vive„ . ». .• e opera un nucleo di agenti turchi, che ese- ~ „ i- j- • i -, -, guiscono gli ordini che vengono loro ira- „ -, .- j- o . • i smessi dai comitati di Salonicco e di Costan. tinopoli. Non occorre spendere parole per spiegare la gravità di questo stato di cose. Il fatto che anche il prof. Beguinot, che è un quieto uomo di studi, alieno dai rumori e dalle pubblicità, ha iicevuto una lettera minatoria, che non può avere altra cau- sa che la sua permanenza a Zuara, fa supporre che il misterioso gruppo turco abbia propaggini abbastanza estese, che lo informano con approssimazione di certe materie riflettenti la guerra. Si confida che misure adeguate saranno prese per sopprimere questo pericolo eerto e intollerabile. H proiettile nel letto - Il sogno Stassera, quando fu a letto, il Demaria senti col calcagno qualche cosa di freddo fra le lenzuola-, era un proiettile, pare dei- ^ ^ rivoUeUa E, -w. possibile comprendere come questo proietti u ^ ^ g. ^^ ^ ^ ^ ^ inavvertmtemente ìntr0dotto dal De . , . . . , . maria, quando si corico. Intanto, per misu- . , ., , . , ra precauzionale, il questore Alongi ha fai . ■■■ ., . .. ,, , to arrestare il nostro servo Abadallah, con- . . » . . tro cui peraltro finora non esistono nè prò , „ _ ... ,'. .,. ve ne sospetti di retta, i ... , . • „ . i Vn particolare strano-, quando ebbe fini- . . , .„ ., . ' to di narrarmi la storia dell'attentato, il „ . . .. „. ., . ' Demana mi disse: — Stanotte sognai con . . " , intensità incredibile che uno mi pugnalava ,, n^ri, 1. ,,. „ » j- /* Demana mi disse un nome: quello di un ottimo amico di noi giornalisti. Natu ralmente non può essere questa la persona che il comm. Alongi ricerca, ma rimane inquietante il presagio nel sogno. GIUSEPPE BEVIONE. Inazione diplomaticae viva attesa di nuovi avvenimenti guerreschi