Le drammatiche vicende della cattura del "Tavignan,, narrate da Arnaldo Cipolla che si trovava a bordo del "Fulmine,, di Arnaldo Cipolla

Le drammatiche vicende della cattura del "Tavignan,, narrate da Arnaldo Cipolla che si trovava a bordo del "Fulmine,, Le drammatiche vicende della cattura del "Tavignan,, narrate da Arnaldo Cipolla che si trovava a bordo del "Fulmine,, "Pubblichiamo, per l'Interesse della narrazione, questo telegramma, sull'Incidente ormai risolto del « Tavignan », telegramma ohe 11 'nasTro Cipolla ci ha Inviato in ritardo! '0é impégno* preso coll'Autorlta militare, ttòvan-: dosi egli imbarcato sul «Fulmine», che fece là cattura del piroscafo francese: TRIPOLI. 27, ore lé,Ì5. II. piroscafo Tavignan della compagnia francese Touche è stato il 25 gennaio fermato nelle acque neutre dal cacciatorpediniere Fulmine. Ieri 26 dalla torpediniera di allo mare venne accompagnato a Tripoli giungendovi stasera. Lanotiziaè ancoraionorata in città, lo che assistetti casualmente a questo importante episodio, sono sbarcato ora dal Fuliiùne 'dopo essermi impegnato a non trasmettervi nessuna notista /Ino al domani. La disposizione sarà stala certamente opportuna nè credo il caso di discuterla, confesso però essere profondamente addolorato di trovarmi nell'impossibilità di prevenire le notizie ufficiali. Dalla esposizione dei fatti nella loro apassionata genuina verità tutti coloro che mi leggeranno ' dovranno convenire come, .per quanto ' incresciosa possa essere stata per il comandante del Fulmine la cattura, se così si vuole chiamare, del Tavignan, codesto valoroso ed intelligente ufficiale, che so, tra l'altro, essere decorato della Legion d'Onore, vi fu costretto quasi a forza dal contegno del comandante del piroscafo. Assurda pretesa Gli ufficiati del Tavignan, rifiutando di riconoscere il nostro diritto, sancito nei trattati internazionali, hanno proclamato che taf&aà$èra -francése'£ superiore ~a téle'diriito.-Sono stati quindi essi soK i responsabili dell'incidente^ Tiitti, spero compresi i francesi, vorranno convenire come xina nave da guerra specialmente designata a Hìiìipedìre il > contrabbando affluente \sul teatro delta atterra, non possa tollerare, che un piroscafo navigante in acquo extratcrritoriali in prossimità del confine, voglia 'sottrarsi, all'obbligo di visita per il solo fatto di battere bandiera francese. Codesta bandiera non correva nessun pericolo di venire offesa, piegandosi agli obblighi internazionali. Viceversa enorme sarebbe stato il nostro scorno se avessimo ■mostrato di cedere alle assurde pretese del comandante del Tavignan nel caso speciale che il cacciatorpediniere Fulmine fosse ritornato a Tripoli raccontando, che avendo trovalo nelle acque extra-territoriali un ribelle piroscafo francese, non osò applicare le misure sancite nei trattali internazionali, perchè precisamente si trattava di ;un piroscafo francese. La mia crociera col Fulmine, del resto, mi lascia unaémpres sione che voglio esprimere prima ancora di riassumere i particolari dell'incidente, perchè al postutto mi pare l'impressione essenziale, e cioè se davvero è possibile che due paesi come Francia ed Italia ritengono seriamente che le loro relazioni possono venire turbate da incidenti del genere. Qui si tratta di uno speciale vapore, il Tavignan, il quale, non fosse altro che per il fatto di essere il solo che spinge il piccolo cabotaggio all'estremo della TunU 'sia meridionale, doveva costituire- ai no stri occhi il vapore sospetto per eccellenza: quando la voce pubblica in Tunisia 'intera lo designava come tale; quando , aggiungo, una torpediniera italiana riesce a sorprenderlo nelle acque neutre, occupalo a •scaricare merci in alto mare, non credo che nessun francese di buon senso possa fabbricare sul nostro obbìigo di visita un ' incidente diplomatico. 1 francesi abbianoti senso della giustizia di isolare gli interessi nazionali generali, da quelli di una compagnia marittima a cui riesce conveniente, garentita come si riteneva dalla bandiera francese, di strillare che noi l'abbiamo offesa. Scrissi a sufficienza su codesto doloroso argomento perchè debba ripetermi e ricostruire dinanzi agli occhi dei miei concittadini e dei fra7ìcesi, il quadro ,della linea di rifornimento turco, facientè capo a Bengardàne. 1 lettori giudicheranno essi'medesimi della correttezza del contégno, della prudenza, della longanimità spiegata dal comandante del Fulmine e dal suo secondo, e, dall'altra parte, della insolenzà de gli ufficiali del Tavignan, che, ignorando completamente'la loro situazione nautica al momento nel quale il vapore veniva ferma to, si rifiutavano di consentire alla visita e pretesero sottrarsi all'obbligo sancito dal diritto internazionale marittimo per il solo fatto che battevano la bandiera francese. H'èbbo anzitutto spiegare come io mi trovassi a bordo sdel Fulmine. A bordo del Fulmine Il copiando supremo del Corpo di operazione, accogliendo benevolmente alcunemie osservazioni sul contrabbando esercitato alla frontiera tunisina e 'stilla linea di rifornimento turca facenti capo a Bchgardane, mi autorizzava ad imbarcare sul Fulmine, perchè potessi nel casali ornirequalche indicazione al suo comandane:, sulle località che questo silurante avrebbe esplorato, e che io avevo avuto occasione di percorrere durante il suo recenti: soggiorno alla frontiera e sulle acque tra la Libia e la Tunisia. Lasciammo Tripoli alle 8,30 del 25, insieme alla torpediniera Canopo, che aveva la spe- viale viissione di sorvegliare la costa,mentre noi tenevamo il largo con la rótta in. direzione del faro delVkola di Gerba. Con questa missione il Fulmine ed il Canòpo aii-' davano sostituendo due altre siluranti, il Cigno ed il Calliope, che dovevano rientrare a Tripoli la mattina del 25, dopo quattro giorni di crociera nelle acque del confine. La partenza fu suggestiva da Trìpoli, che avvolta in un tenue strato di nebbia, si destava appena, quando io giupgeva da terra mila coperta del Fulmine, già pronto alla partenza. Sui pontili improvvisati della dogana, sulle acque del porto, nella città, il traffico riprendeva a poco a poco il suo ritmo rumoroso consueto, mentre il rombo dei motori degli oreoplani, che si levavano a volo verso Gargaresch, costituiva la vota dominante di tutti gli spiriti destati e protesi verso il miraggio della catena del Gcbel, e più, vicino, verso la distesa del deserto, dove le armi parlano il loro linguaggio di violenza quasi quotidiano. Non mai come in quel momento, si intuisce l'adattamento geniale-.ed inconcepibile ad un tempo che ha assunto Tripoli di città simile alla metropoli della leggenda affacciata sul mare, in pace col mare ed in guerra con la terra. Entrava in quel momento nel porlo il transatlantico Valparaiso, recante il dirigibile. E noi e dietro noi il Canòpo uscivamo dal porto salutati dai soldati che gremivano i ponti del Valparaiso, ignari ancora della complessità di questa ardua lolla, disposti ancora a prodigare alle nostre due navicelle, che andavano alla caccia grossa del contrabbando, il loro entusiasmo. Ricevuto con affettuosa cortesia dal comandante del Fulmine,.càv. Salvatore Manzillo, napoletano, e dal tenente di vascello Gastaldi, torinese, e dal tenente macchinista Criscuolo, pure napoletano, dagli ufficiali dello Stato Maggiore del vecchio, ma ancora rapidissimo cacciatorpediniere, mi installavo sulla plancia nella speranza di una caccia giornalistica più proficua di quella consentita dalla calma di Tripoli. Il Fulmine ha nella coperta, nelle macchine, nelle caldaie, sopratutto nel volto del suo " L'instancabile cacciatore,, ritornano dalla loro crociera, e nel passare vicino a noi ci informano di avere incontrato uno yacht sospetto restio ad alzare la bandiera, lo penso che deve . certamente tràtarsi del bastimento che sbarcò ' a Gerba il supposto nuovo vali turco della perduta provincia di Tripoli. In una intensa comunione col mare, cosi intensa carne, può essere quella di una silurante- che-fili le sue venti miglia, fremendo e balzando iri gara di velocità con le squadriglie di delfini che zi precedono serrati sulla prora, navighiamo senza incidenti su un mare mosso, da un forte maestrale fino alle-16. A quest'ora in vista della costa, bassa del confine tra Tunisi e la Libia a circa set dici miglia da terra, avvistiamo un vapóre e parecchie grosse barche a vela, che lo cirf coniano. Sono i sistemi col quale il contrabbando avviene effettivamente: la situazione si delinea all'orizzonte ed appare chiarissima. Il vapore ha scaricato il matetia'U sospetto nelle barche a vela, ed ora^'Wcuro di sè e della sua inviolabile bandièra gallica navigava verso El Bilband, ultinjio punto del suo quìndicinato di cabotaggio. Le barche a vela, favorite dal basso fondo dove sarà impossibile raggiungerli, forzano a vela spiegala verso Ras Agir. All'arrembaggio Probabilmente siamo nella zona classica^ del contrabbando. Il vapore ha la prora su El Biban, ma sembra fermo. Le barche si sono già allontanate dalla nave che deve averle rifornite ed appaiono dirette vèrso Ras Agir e Bosick-el-Meck, che, come è noto, è una insenatura un poco a oriente, dì Ras Agir, dove a qualche distanza dalla costa sorge un forte turco presidiato da 100 uomini. Ai miei occhi già pratici, appare che siamo giunti troppo tardi per sorprendere il vapore e le barche. Ad ogni modo, aumentiamo la velocità e diamo la caccia, mettendo la prua sul vapore. Arrivati a circa un miglio dal piroscafo, spariamo un colpo in bianco, ma la nave che era effettivamente ferma non alzò la bandiera è non fu che al secondo quando già l'avevamo quasi raggiunta, che issò la bandiera francese. Riconobbi subito il piroscafo. Era il equipaggio, composto di cinquanta mari i segni visibili della sua instancabile^er.i operazióne di combattente e di cacciai Da tre mesi batte con grandi velocità Vinfurialo mare di Libia, sostiene e protègge i fianchi delle truppe dalla parte dei mate, sulle piastre di acciaio del suo scafo sulle sue tre ciminiere, sulla sud coperta, battono e ria'nbalzauo le pallottole della fiifiUria nemica. Da tre mesi i suoi cannoncini da 57 sparano, le sue caldaie sono sottop'oste a pressioni massime, le sue eliche girano. Io mi chiedo dove uomini e materiale attingono la forza per questa inaudita 'fi-. sistenia,le cui trégue sopo rapprescnt^e dà soste nel cosidètto portò tripolino, soste più ingrate forse, per il.lavoro dì riparazf.jàne e di rifornimento, per il rullio e pendii beccheggio che tormentano incessantemcMì il Fulmine, delle crociere medesime. Tizi tre miglia al largo da Tripoli incrociano le nostre consorelle Cigno e Calliope-; 1 Tavignan segnalatovi nei miei dispacci, come itifvapor'e' che sempre ha potuto sottrarti alto nostra vigilanza, perchè {dà, TUnisi*pér tutti i porti della costa della Tunisia fino ad El Biban compie il suo viàggio, mantenendosi quasi sempre in acque territoriali francesi. In un punto però della sua rotta meridionale da Zarzis a El Biban il Tavignan esce . dalle acque ' territoriali francési; Il Fulmine aveva avuto non so se la fortuita o la sfortuna di sorprendere il Tavignan proprio in quel puntò. Spiegherò poi come il comandante -Manzillo avesse la sicurezza matematica che il Tavignan si trovasse dn acque, neutrali. Il nostro cor rispondente di guerra Arnaldo Cipolla alla frontiera tunisina colla sna guida araba e coir interprete modo, non si riteneva affatto obbligato a farlo sapendo di trovarsi chez lui in acque francesi. Il comandante Manzillo replicò allora che il Tavignan era lontano di quattro miglia dal limite di codeste acque. Nello slesso tempo un piccolo battello del Fulmine fu messo in mare e vimontò il tenente Castoldi, e due marinai, mentre il Fulmine, al quale premeva raggiungere le barche, riprendeva la rotta inseguendo quelta-che sembrava più rapida e che favorita dal vento filava veloce verso un bassofondo.' Coi iùaltri colpi in bianco segnalammo alla barca inseguita di arrestarsi. Il segnale non sortì alcun effetto. La barca, sicura ormài della distanza che ci separava da lei e. dall'impossibilità nella quale fra breve la torpediniera si sarebbe trovata di iriséguirla sul bassofondo, continuò a filare verso la sua salvezza. Tentammo con' qualche colpo, a proiettile tirato dinanzi alla p.rora. della barca di impressionarla e di obbligarla a fermarsi, ma anche questo tentativo non sortì effetto migliore del primo. Rischiando dì incagliare, la seguimmo sino al limite di tre 7nelrì e cinquanta di fondo. Il Fulmine vibrava come se le sue eliche avessero cessato di trovare resistenza nell'acqua. D'altra parte il comandante, avendo giudicato che la barca era entrata nel limile delle acque territoriali, dovette abbandonarla e ritornò verso il Tavignan. Faccio notare come il contegno della barca, decisa a tutto rischiare, comprese le. cannonate, pur di sfuggire alla visita, offre la prova più persuasiva che trasportasse del.contrabbando ed è lecito domandarsi da dove aveva potuto attingerlo se non. dal Tavignan che fra le altre cose noi avevamo sorpreso- con i boccaporti mal chiusi e gli alberi dì carico pronti. Non è veramente in queste condizioni che una nave onesta naviga* Durante la nostra caccia verso la barca, il canotto del Fulmine inviato a bordo del Tavignan si era capovòlto. Fortunatamente il tenente Castoldi si trovava già sul piroscafo con uno dei due marinai, e il capitano del Tavignan che aveva con una falsa manovra causato involontariamente il piccolo naufragio, era Pericoloso inseguimento di una /barca 1 Giunti a portala di voce chiedemmo al piroscafo perchè non avesse alzato subito la bandiera e ci rispose di non aver sentilo il colpo del cannone, ma che, ad ogni rimasto assai impressionato dal pericolo che córreva l'altro marinaio aggrappato alla chiglia dèi canotto. Ma il tenente Castoldi suggerì scherzevolmente al capitano del Tavignan che non si dovesse preoccupare, perchè i marinai italiani' si salvano senza aiuto. Noi dovemmo dal Fulmine mettere In mare un altro canotto per trarre d'impaccio il naufrago. Il rifiuto del capitano del "Tavignan,, Intanto dal bórdo del Tavignan il tenente Castoldi col portavoce ci avvertiva che il tapUàno del piroscafo si rifiutava recisanante di far visitare il carico, essendo sicuro di trovarsi in acque francesi. Debbo notare che durante l'avanzata verso la barca, avevamo segnalato al Tavignan di seguirci. L'ordine era stato eseguito e cosi il Tavignan aveva avanzato verso le acque territoriali di almeno due miglia. Ad ogni modo. tanto il Tavignan guanto noi, malgrado l'avanzata, ci trovavamo ancora in quel momento ed in quel punto in acque neutre.. Per. sincerarsene matematicamente il comandante del Fulmine prima di rispondere a quanto il tenente Castoldi ci aveva gridato da bordo del Tavignan circa il rifiuto della visita, misurò col telemetro Bahr la distanza, alla quale ci trovavamo, dal segnale ■ collocato sulla secca di Ras Agira, che è a sette miglia dalla costa. L'osservazióne dette, come risultato che noi ci trovavamo .a soli 900 ■•metri da detto segnale e ad otto miglia e mezzo da Zarzis; il'pUttto-, pjtù. prossimo . della costa iiiitisinà. •Erararrc^. qundir'ttirl'ptene «catte H'eutré^arècftf se sf vuoM'cànsià^iraré che il segnale di.Bar Agira, che; non si trova su terraferma, ma sorge su di un bassofondo, sia in territorio tunisino. Intanto il tenente Gastaldi ritornava sul Fulmine per riferire al conmandante Manzillo che appena giunto con il battello del cacciatorpediniere sotto il bordo del Tavignan, il secondo ufficiale di questi ^aveva dichiarato che non si sarebbe permessa nessuna visita. Il tenente" Gastaldi aveva allora pregato il secondo ufficiale del Tavignan di farlo salire desiderando conferi re col capitano. Il Còrso caparbio La domanda venne accolta. Il tenente Gastoldi salì sul ponte di comando del piroscafo. Quivi si svoUe tra il tenente Gastoldi ed il comandante del Tavignan un colloquio improntato a cordialità. Il lenente Gastoldi- mirava evidentemente a persuadere l'ufficiale del Tavignan, che e ra in evidente errore ritenendosi in acque territoriali. Certo se il colloquio avesse po tute svolgersi tra lui e il solo capitano, questi si sarebbe convinto perchè mostrava una attitudine conciliante e sembrava poco persuaso della sua primitiva asserzione Chi impedi che la amichevole demarcate del tenente Gastoldi, che è come del resto anche il comandante Manzillo, la personificazione degl'ufficiale di marina freddo, calmo, riflessivo, fu il secondo ufficiale del Tavignan, un còrso. Ad ogni modo il tenente Gastoldi riuscì a chiedere al.capitano di mostrargli sulla carta il punto dove credeva di trovarsi. Il capitano affermò che il-Tavignan navigava senza.carte..Dal cassetto della sala nautica venne estràlta una carta nautica francese a scala molto più piccola della nostra. Il capitano, calcolando che era partito da Zarzis alle 15,30 facendo rotta al nord dèlia secca di Ras Agirà diretto ad El Biban, dove avrebbe dovuto giungere verso le 17 del 25, si trovava a circa 2 miglia dal segnale collocato sulla secca di Ras Agir, a circa sette miglia dalla terra tunisina. L'avanzata del piroscafo, segnalata dal Fulmine alla quale il capitano del Tavignan aveva aderito, modifica, secondo il capitano stesso, la posizione del piroscafo nel senso dì avvicinarlo anche alla costa. Quindi malgrado la mancanza di ogni strumento per misurare la distanza e per fissare esattamente la posizione, si riteneva in acque francesi e si rifiutava alla visita, a meno che non vi fosse costretto dalla violenza. Il tenente Gastoldi aveva allora ritenuto inutile continuare il colloquio ed era tornato a bordo del Fulmine a. prendere-ordini Come già vi dissi il tenente Gastoldi tornando a bordo trovò che il comandante MansiUo aveva misurato già col telemetro la distanza sul segnale detta secca di Ras Agir, rilevando in 6900 metri* ìt comandante Manzillo essendo quindi cer-> : Hssimo di trovarsi lui ed il Tavignan in acque neutre, ordinò al tenente Gastaldi di tornare a bordo del Tavignan' per prò* cedere ad una visita. Là replicata intimazione Le due navi, la nostra e la francese, erano a circa cento metri di distanza l'una dall'altra. Il Fulmine rullava fortemente, come è suo noto costume, e svaporava violentemente e rumorosamente dalla ciminiera le gèsta delle sue caldaie. Sembrava e» sprimere i nostri sentimenti dinanzi alla testardaggine dell'altra nave,, che, 'sènza strumenti, senza sicurezza, era tesa forte solo dal falsò puntiglio della bandiera che la proteggeva. Il tenente Castaldi rìdis'cese nel battello giungendo sotto il bórdo del va- ; por e ricevuto dal secondo del Tavignan J Egli di nuovo rifiutò categoricamente noni solo dì sottoporsi alla visita, ma éi permetti tere à chiunque di salire a bordo. Non vi fu bisogno che il tenente Gastoldi riior* nasse verso, di noi per comunicare Vesitok. del suo secondo tentativo, perchè le vocìi passavano da una nave all'altra distinte^ Dalla passerella del Fulmine il comandanti te Manzillo dichiarò allora al capitano del Tavignan che a norma dell'art. 72 del dU\\ ritto internazionale marittimo, la .nave, es-ì sendosi rifiutata alla visita in acque nèutreA doveva considerarsi come catturata e pre-igava quindi il capitanò del Tavignan di fare rotta sul'rìpoli connoi dove (è autorità Sfèriàri àiirebhero deciso déU^vtctdente. .4, questa ingiunzione il capitano dèi Tavignan rispose dando fondo e affermando di non avere nè acqua per le caldaie, né carbone sufficiente per raggiungere Tripoli'. Beplicò allora il comandante Manzillo che '.avrebbe' rimorchiato il vapore e pregò quindi il capitano di salpare e di prepararsi alle opera-ì zioni necessarie di rimorchiai A tale co»i mando, dal Tavignan si rispose che non si intendeva aderire a nessuna noètra do* manda. Il Tavignan non avrebbe salpato, come pure non avrebbe compiuto nessuna cosa che potesse essere interpretata come uria tacita' adesione alle nostre ingiunzioni, di seguirci a Tripoli, Beplicò ancora il comandante. Manzillo (e qui la sua longanimità fu suprema) che se il vapore non voleva^ salpare nè compiere operazioni di rimorchio non importava. Avremmo noi inviato a borda personale nostro. Non essendo statar repli-^ cala alcuna risposta il capo-timoniere Facchinetti con quattro marinai del Fulmine scesero nel battello per passare' sui' Tavignan. Il canotto era giunto quasi a toccare 10 scafo del Tavignan, quando nuovamente 11 capitani del vapore col secondo ed una diecina di uomini di equipaggio, sportisi dal parapetto, gridarono, che si sarebbe impedito ai nostri marinai di salire. Là calma del comandante del Fulmine gli suggerì di ripetere ancora che, avendo la certezza che il Tavignan e noi ci trovavamo in acque neutre, essendosi il piioscafo .messo in aperta violazione con le. norme, del diritto internazionale, opponendo, il rifiuto di lasciare salire a tordo, gli ordinava per l'ultima vòlta di lasciare salire a bordo la nostra gente. L'intimazione sorti un nuovo rifiuto. — Noi non cederemo che alla violenza! — si gridava dal Tavignan. Posizione di combattimento li momento era critico, il cóm. Man* zitto ed il tenente Gastoìdl ed io ci guardanimo in viso, quasi per trotare l'uno, con l'altro quale nella delicata contingenza àvrebbe potuta essere la soluzione. A bordo si attendeva la decisione del comandante, che, vista l'impossibilità di fare obbedire altrimenti, fece, battere la posizione di co?nbattime'nto. Una folata di smarrimento sembrò passare sulla coperta del Tavignan: tuffi ammutolirono, i passeggeri arabi corsero ad appiattarsi dal lato opposto al nostro. Ku allora che sentimmo solo là distinta voce del comandante del Tavignan, che bonariamente, quasi: reagendo contro quanto il secondo avea architettato, disse: Montezl montez! Ma il còrso aggiunse subito:—Noi cediamo alla violenza! Ma al vostro posto, capitano, mi sarebbe piaciuto, colare a picco, <