Il folletto di Westminster

Il folletto di Westminster Il folletto di Westminster Qualche secolo fa, il caso giuoco ai buoni inglesi un tirò assai birbone quando attirò il Inghilterra la famìglia ugonotta dei L>abouchère, fuggiasca dalla Francia- meridioinale, e preparò i natali di quetì'irtiverente ometto dalla barba mefistofelica e dal sorriso sardonico,' che si acquistò una nomea straordinaria sotto il nomignolo di Labby pigliando a scappellotti ogni cosa britannica, il Padre Eterno incluso. ; Un nipote di quest'ometto, Algar Thorold, ne ha pubblicato or ora a Londra, pei tipi dell'editore Constatole, un grosso voIvan» biografico sotto il titolo: La vita di Enrico Labouchère. Ma il titolo è troppo scialbo e ortodosso per il contenuto, che è il rovescio. Se Labby in persona avesse scritto la sua vita, giurerei che vi avrebbe posto questo sottotitolo : < ovverosia la fortuna di essere uno straniero nel proprio paese ». E né sarebbe saltato, fuori un lavoro semicelliniano, nel quale gli inglesi avrebbero avuto la peggio su tutta la linea, e lui solo, Labby, avrebbe trionfato da cima a fondo come trionfa Benvenuto nel capolavoro della Bua bellissima faccia tosta. Tra, gli inglesi, Enrico Labouchère fu in verità uno straniero dal giorno della nascita, avvenuta nel '31, a quello della morie, seguita l'anno scorso a Firenze. Vari secoli di acclimatazione non bastarono a sottrarre dal suo sangue l'inestinguibile 'francesismo che vi gorgogliava. > V'insinuarono, bensì una quantità di qù*!Ì© attitudini filistee di cui l'Inghilterra fu gelosa cultrice ed energica maestra; ma, per tutto il resto. Enrico Labouchèro nacque più francese a Londra di quel che avrebbe potuto veder la luce in Guascogna. Cioè, ultra-francese; francese alla Cyrano senza la poesia, ma con le beffe, la spada e la tenerezza occulta del sire di Bergerac; guascone da capo a piedi tra un esercito di materialisti sornioni è d'idealisti rugiadosi; una specie di Tartarin sulle Alpi del decoro e dell'ortodossia inglesi. In Inghilterra Labouchère si trovò sempre come un. pesce fuor d'acqua. Malfece di necessità virtù. Boccheggiando da mattina a sera, egli torse le labbra'a un sogghigno, e trovò che la risorsa lo divertiva mezzo mondo. Non l'abbandonò più. La gente lo guardava saltellare per il padule con dei corruschii d'argento; gli faceva cerchio intorno; diceva ch'era un enigma; talora lo ammirava, talora lo deplorava; ma lo temeva e in fondo lo rispettava sempre, come si rispetta uno che professi delle opinioni contrarie alle nostre e ce le sputi in faccia senz'ambagi. E la sua vanità n'era appagata. Egli giunse probabilmente a ringraziare gli Dei d'averlo fatto nascere delfino sopra un bassofondo di foche. L'intiera vita sua fu un saltellamento corruscante contro tutte 1© caratteristiche, le fedi e le convenzioni dei suoi compatrioti fortuiti. Si divertì a pungerli, a strabiliarli, a profanarli, a invelenirli. Belle loro sorti nazionali e imperiali egli s'infischiava. Della loro ascensione intellettuale e morale non gli importava niente. L'Inghilterra, per lui, era una gigantesca roiilette allestitagli dalla sorbe per le puntate, «el suo spirito caustico e della sua indole da motteggiatore impenitente. Per apasso, egli vi puntò delle enormi somme di talento mordace contro il banco di tutt'i tesori che gli inglesi reputavano intangibili. Non una istituzione ci fu, alla cui demolizione egli non giuocasse. La Costituzione e A regime fondiario ; ' l'esercito e la flotta, la Chiesa e finanche la Corona passarono continuamente pel setaccio della sua critica sarcastica, che non si stancò mai di proclamarli grotteschi ed assurdi. Nel frattempo, egli si sbracciava a smascherare quegli ipocriti della vita pubblica e quei farabutti della vita commerciale che l'organamento di Westminster e della City non poteva a meno di generare e di coprire al margine dei suoi"eccellènti prodotti d'educazione civile., é d'onestà mercantile. Li smascheravi non con animo di apostolo o di riformatole, giacché gli entusiasmi morali ^non trovavano asilo nel suo temperameaito dialettico' e scettico. Li smascherava piuttosto per vibrare colpi di fioretto in tutto il piastrone della vita inglese, e per appagare il suo disgusto verso ogni forma di finzione, anche se sporadica, insignificante e innocua. Naturalmente, tutto restò come ; prima. Uno scoiattolo può saltare sul dorso di un elefante, graffiarne le croste, sogghignargli nelle orecchie che è ui opaco pachiderma e che le sue zampe son lorde di fango. L'elefante muove la coda tra arrabbiato e divertito, ma rimane quel che' è, sopravvivendo allo scoiattolo per legge, di natura. Pure, Labby ebbe la magnifica soddisfazione di veder la coda del pachiderma a giitarsi a più riprese quando lo punzecchiava. In fondo, non chiedeva di più. Ottenne tutto quel che chiedeva. E visse certo più felice, morì più contento che se fosse nato tra .eguali in terra di 'Guascogna. Cominciò a punzecchiare, e. a trovarvi un gusto matto e una fortuna insperata, fin da ragazzo. In mezzo nWà plomb 'universitario di Cambridge, tra le paludazioni del -più greve decoro inglese, si avanzò con la calotta goliardica sulle ventitré e con una tunica i s brandelli. Non era per povertà : Enrico Labouchère fu sempre assistito da una dovizia che gli permise di essere sè stesso senza remore. Era per beffa. Il Rettore, un giorno; se ne stufò. .— « Labouchère,. vi sembra quejsto il modo di tener su la dignità 1 accademica? » — Lo studente ne fu rag-igiante. Bisposs : < Mi spiace, Sir, ma dovete rivolgervi al mio sarto! » E continuò a lor-,dare con i suoi stracci il secolare decoro di | Cambridge, col vantaggio di esservi con-;«derapo un enfant terrible. Se lo espulsero più tardi daH'univenrità, fu solo perche, solleticandolo il rischio di questa gloria suprema, egli si diede addirittura a far cose d« pani. c ni rò aote rea y noei odi po L'espulsione gli regalò un lieto soggiorno mondano a Londra nel fiore della sua. insolenza giovanile. La'società inglese d'allora praticava rabbioeamcste, al di fuori, una inesorabile catasta' di virtù. Labouchère si diede a giuocare d'azzardo, a praticar bettole di mezza fama, a imitare apertamente Voltaire nei suoi rapporti con Dio, e a dare spettacoli d'irriverenza d'ogni genere.. Non risparmiò uè se stesso ne i suoi. Tutti posavano a di più; egli, per contrasto, prese a deprezzarsi, a blagare in senso inverso, a pretendere d'aver perpetrato dei mucchi di scempiaggini e di gagliofferie im- clzrmrdlvSvtoursc i o e i a o , i , i a n , a o o a o a a i l e i n l i i i o o e e o o i e ù to n a o ù a o n maginarie che raccontava intorno a tutto spiano, oon la massima solennità. In Guascogna si sarebbe vantato altrimenti : nell'Inghilterra d'allora, sentiva di doversi vantare così. Arrivò, di fronte alla carità filiale che della vita inglese era la chiave di vòlta, alla sfro.ii tata empietà verso, la stessa memoria di suo padre, morto da qualche anno. Un imbecille, un giorno, lo scambiò per, il figlio di Lord Taunton, e gli disse di aver udito uno splendido discorso tenuto da suo padre, la sera innanzi, alla Camera dei Lordi.:.' — c Alla "Jamera dei "Lordi? fece Labouchère. — E io non ero mai riuscito a capire dove clamine fosse andato ,a ficcarsi il babbo dopo 'la sua morte! » — Altrove gli avrebbero rotto il muso, tanto per salvargli l'anima. Qui, per la regola dei contraria, gli sbarrarono gli occhi in faccia, e lo trovarono sacrilego ma brillante. Non c'è da sorprendersi che, poco di poi, Laibouchère sia entrato nella carriera diplomatica. La diplomazia in ga-ere, e quella inglese1 in ispecde, lo attraeva come l'iatitazioaa da, dileggiare per eccellenza. Egli vi s'inoltrò appunto per regalarsi delle scorpacciate di risa e dea tiri al bersaglio dall'intorno della roccaforte. La carriera gli fece fare il rimbalzello per qualche anno, come addetto d'ambasciata, da Pietroburgo a Costantinopoli, da Franco forte a Washington. Dovunque si adoprò attivamente a seminar ridicolo sui diplomatici e sulla diplomazia, — « tutto carta ed inchiostro, inchiostro e carta, niente dLtro », — pretendendo di aver avuto consenziente anche Bismark nella lieta campagna di demolizione contro il più solenne dei feticci iiglesi; dovunque si spassò a impiantare piccoli intrighi, a praticare la trascuranza del vestire, a promuovere ironiche maldicenze, e a pigliare in giro il Foreign Office. Questo tollerò tutto il tollerabile, -abbacinato, nel suo olimpico decoro, dallo scintillìo delle insolenze di cui il piccolo' subordinato lo faceva segno. Una volta, Labouchère, ricevuto l'ordine di partire immediatamente per una legazione inglese sperduta nel sudAmerica, restò per un anno a diarsi bel tempo in Italia, pappandosi lo stipendio ad ufo; e poi, rintracciato a gran fatica e richiesto di spiegazioni-, rispose che era dolente di non aver potuto recarsi nel posto assegnatogli perchè ne aveva cercato invano l'ubicazione nell'atlante. Ma, da ultimo, anche il Foreign Office trovò il coraggio per una risoluzione eroica di fronte a .una letterina ohe Labouchère inviò al Ministro degli Esteri dalle bagnature di Baden. .— a Eccellenza, in replica all'annunzio che sono stato promosso a segretario .d'ambasciata, con sede a Buenos Aires, posso a|eicurarvi che sarò ben lieto di accettare tanto onore, qualora le relative mansioni possano venift-e disimpegnate qui a Baden-Baden ». — Seguì, oon tutta cortesia, uno sfratto definitivo. E questa può sembrare una sfortuna ; ma in Francia, nella patria del suo spirito, Labouchère ne sarebbe stato afflitto nel secondo giorno di servizio agli ordini del Quai d'Orsay. adefiOcdM'secvnellmvt«siatd.nvsttbcbaqlvggefmtsppfepvrdnmtmbsactzpsbcdfoL'afflizione, in realtà, fu nulla. Labouchère aveva insolentito ormai a suffi- i à 1 icienza gli istituti diplomatici della sua pae tana d'adozione, e il giuoco principiava ad -,annoiarlo. C'erano in Inghilterra dèlie isti | turioni ben più importanti e più amene per -;le sue dilettazioni marcatrici. Cori Labou a e chère, arrotando i denti allegramente, tornò a Londra più fresco che mai, portando seco, dai suoi anni di pellegrinaggio, un sacco e una sporta di storielle tra collimane e tartarinesche, canove-Ite » pvoprio danno fgCrLjdpdnGsMrori con l'intenzione di ferire per contraccolpo l'augusta sicumera dei suoi decorosi colma' zionaM. Narrò di averne iatte di tutti i colo' ri:' — da essersi battuto a Monaco per dimostrare come un inglese abbia il diritto di ricusare un duello; di aver vinto le ritrosi* di, una bellissima lavandaia che serviva 'ambasciata inglese di Pietroburgo e ohe divenne una preziosa targàtrice di. segreti, di Stato .pel tramite del marito, tipografo' governativo; idi aver fatto bere all'ambasci&toro britannico di Washington la favola di un'impresa mineraria da ispezionare' in 'Flòrida, per strappargli una missione il cui copo reale era di seguire la cavallerizza di un piccolo circo equestre in giro per gli Stati negri. Narrò di essersi scritturato nel irco stesso come clown saltatore, per tenersi l più vicino possibile alla.formosa Dulcine per sopperire alle lacune del bilancio 4 di aver vissuto sei mesi sotto la tenda con unribù di Pelli Rosse per fumarvi e per ginocarvi alle carte in pace; di essersi sorpresuna volta, a Boston, carico di fame 0 senzun soldo, ma di avervi sbafato un pasto i. una trattoria irlandese facendosi passare psf un patriotta esule... E,-armato di questo miecug-lio di verità e d'invenzioni, che lo diffamavano ma lo rendevano interessante alla pleiade degli ingenui, Labouchère s'inoltrò prima di- tutto per la via dell'arte, accaparrandosi l'impresa d'un teatro drammatico. L'esperimento gli acquistò il diritto di -proclamare, in faccia alle convenzioni, che in fondo all'arte c'è soltanto la pagnota, e ohe non s'era mai imbattuto ii un atore, in un pittore o in uno scultore il quale per la così detta 'Arte fosse capace di sarificare un centesimo del suo. Dopo di che, i risolse a traslocare la sua perpetua mordacità ned due campi che l'attendevano da empo : quello del giornalismo, e quello deUa politica. Da giornalista, Labouchère esordì come redattore finanziario del World; e, ai suoi ettori della City, — ginocchioni agli altari della Finansaa eretti nel tempio dell'Onestà Inconcussa, — egli si presentò semplicemente come c un gentlemen il quale, promuovendo società mistificatrici, lanciando azioni senza valore, e usando altri espedienti da imbroglione, ma strettamente legali, si era guadagnato una modesta competenza finanziaria. Egli dimorava in una villa a Oliapham, andava, a messa ogni domenica con esemplare regolarità, ed era il centro di un rispéttatoilissiino' circolo di amici. Molti dei suoi antichi associati si tenevano empre in contatto con lui, che, in tei modo era - in grado di sapere tutto quel che succedeva nella Cit^y ». Présa così alla sprovveduta con uno stile in punta di penna' e nn atteggiamento impensabile, la City leoje.e discusse Laibouchère per il lungo e per il argo, un po' ridendo e un po' aggrottando e ciglia, ma fabbricandogli la prima rinomanza. Senonchè il World permetteva di rovesedare malignità sopra la sola City,- mentre Labouchère ambiva ormai, a possedere un bel paio di scarpe sue proprie per sferrare calci tutto intorno ». Onde nacque l famoso settimanale Truth, che principiò a scalciare in tutti i sensi, irrispettoso di tutto ouanto. La gente si guardò in faccia, deplorò o ridacchiò, ma comprò e lesse. Se non altro, era qualcosa di diverso : un diversivo allo zenzero, scoppiettante di uno spirito e di un'aggressività unici in Inghilterra. Sfido, io ! Nel campo della politica, Labouchère entrò con la stessa risorsa della malignazione brillante e stupefacente. Non occorre dire che radicaleggiò subito. Egli proclamò che bisognava buttar sottosopra ogni cosa, ed abbracciò a volo ogni causa coincidente con questo assioma esotico, compresa quel-la dal'home rule. I liberali sotto Gladstone travidero comunque in lui un voto di più, e gli procurarono un collegio che beveva grosso e che lo mandò a Westminster. Qui, entro l'aula dei Comuni, Laibouchère non fu preso sul serio .da nessuno ; ma l'ometto mefistofelico, pratico del mondo, zampillante di frizzi, appassionato degli intrighi e senza peli sulla lingua, divenne presto una potenza nei corridoi. Sempre sul posto, sempre acoeso di mente, sempre accerchiato da frotte di ascoltatori ammiccanti, si rivelò entro breve capace di rompere le uova n^l paniere anche al Primo Ministro. Poco alla volta, venne quindi considerato come un tiragli insuperabile, un uomo da temere e da cattivarsi, una specie di folletto tra benevolo e maligno che possedeva la bacchetta magica per mutare una situazione con un tocco, abbattere una difficoltà oon un motto, mandare all'aria qualunque piano coi un buffetto, •tenendosi sempre in retroscena, sempre tra le quinte. La politica, che gli altri rispettavano o .fingevano di rispettare come una cosa seria, era per lui, apertamene, un grande scherzo profanatore, un deliioso giuoco di destrezza. Egli non assumeva pose, lasciava trapelare senza timore il suo incero cinismo ; e questo insolito, incredibile processo da flaneur' latino gli procacciava un 'influenza reale superiore a quella di mezzo il Gabinetto. Seppe assaporarla da buongustaio peretto, lasciandosene traviare soltanto in due! occasioni Un momento di malinconia gli:j non ii- • j. j. ece progettare dopo 80, limpranto d'un.gran Ministero radicale e catastrofico con :Chamberlain alla testa: il Chamberlain epubblicaneggiante della prima età. Allora.Labouchère lavorò per undici mesi a tentar!j> j 1 „ „... , :d'accordarlo con Gladstone, perchè lo so- praflacesse subito dopo e mutasse la faccia. deH'Inchiliterra. TJn momento d'aberrazione gli fece poi ambire un portafogli in un Gabinetto Gladstone, oppure la nomina ad smbaswìàtote in America. Tutto andò male. Ma la malinconia e l'aberrazione trascorsero rapide; e il folletto di Westminster, — rimesti in burletta g poterà e la ddplomaz», o ' ' i * a i i i i i prodigata a Gladstone e a Chamberlain, che egli non poteva comprendere, una bella filza d'insolenze tra cai la minore fu la taccia di bambini, — tornò a spassarsela e a imperare libero e leggiero nei corridoi più temuto e più carezzato di prima, tornò ad essere il semplice Labby, un Labby ottimo e massimo ad onta dell'unto della sua palandrana, e a dispetto dei pasti economici che soleva fare in un ristorante a prezzi minimi nelle vicinanze della Camera. •% Otto anni fa, peraltro, si accorse non solo di invecchiare, ma anche dell'allarmante mutarsi dei tempi intorno a lui. Ormai gli inglesi cominciavano a capire che il suo vero segreto stava nell'esotismo del suo spirito, nella sua facoltà d'impresalo lare a cóntrariis. Mangiavano la foglia. Le guasconate, -le uscite voltairiane, lo scetticismo edtevlusgMmVbptdpo elegante, le spiritosità irriverenti, il dileggio dell'autorità principiavano ad apparire piuttosto a buon mercato e col vuoto sotto, vvestminster chiedeva qualcosa di più solido e sostanzioso, o domandava almeno un- diversivo nei metodi deli'abbiidolamento parlamentare. E Labouchère trovò prudente una ritirata in .buon ordine. Ripiegò, come sapete, a Firenze, nella villa Ohe Michelan gelo •resse sui colli di San Miniato. E fu a Michelangelo in persona che il vecchio schermidore, d'idee lanciò la freccia del Parto. Voleva buttare all'aria, ultimo attentato, la bella villa ; spalancarla, rammodemarla, impiantarvi tanto di luce elettrica. — c Ma fa temi il piacere ! — replicava a chi lo dissuadeva. — Quell'antiquato di Michele non sapeva niente delle comodità di adesso, ed è ora che le impari ! ». SIR KODAK.