Intervista con le sirene

Intervista con le sirene RACCONTI DI VIAGGIO Intervista con le sirene In una traversata dert Mediterraneo ebbi la straordinaria ventura di coiceoere due airane e di conversare con loro abbastanza a lungo... Disilludetevi, non si tratta di fortuite compagne di viaggio levantine, americane o russe. Le mie sirene non erano ne immaginarie, ne metaforiche. • Sortivano dalla pura enda marma ed era* no quanto di più esatto si può immaginare in fatto di sirene. Voi penserete ohe io sto ■ architettando una fiaba stantia, poiché nè a voi, nè alla grandissima maggioranza dei navigatori volontari o costretti non fu mai dato |di conoscer sirene differenti da quelle di .marmo o di bronzo che ornano le fontane monumentali, o dalle altre che popolano i mari mitologici dei vecchi dipinti. In ogni modo eccovi per disteso la.strana e sedu' mente intervista che io ebbi con i graziosi mostri per metà donne e .per metà pesci. Venivamo da Porto Said ed andavamo verso la Sicilia. Agosto. Calma di mare e di. ! vento assolute. La distesa marina sembrava, di piombo fuso'. La nave era una di quelile vecchie* carcasse semisecolari che l'Italia ■ebbe fra le nazioni marinare il privilegio di mantenere, ih servìzio, anche sulle linee più ! importanti, sino a pochi mesi or sono. Bastimenti che sollevavano L'ilarità oommiseirevole dei colossi moderni, che esse incro'ciavano nel canale di Suez, ma che per una sragiono psicologica di difficile spiegazione ! erano adorate dai loro equipaggi che ne difesero,e ne sostennero sino all'ultimo la saldezza della costruzione e le qualità nautiche, superiori certamente a quelle dei sontuosi bastimenti odierni. Ciò non impediva che i passeggieri le disertassero in massa. Per questo la nave sulla i quale mi trovavo era pressoché vuota e in ! certe ore delle notti afose, quando il caldo !ci cacciava dalla cabina in coperta, si aveva ! l'impressione di navigare eu di un vascello jfantasma che ritmasse per virtù misteriosa i suoi regolari, lenti, profondi colpi di stantuffo. Quella notte, la notte indimenticabile ideile sirene, la solitudine e la calma sembravano nella luce lunare ancor più gran'diose ed assolute. , D'improvviso, destandomi dal ' leggero .'dormiveglia nel quale l'ora e la situazione >mi avevano a' poco a poco immerso, scorsi sedute sulla balaustra accanto all'apertura 'della scala due forme umane, due donne ignude* ridenti ed ansanti: due sirene. La luna le illuminava in pieno. Balzai in piedi ie corsi verso di loro, tendendo istintivamente ' .. . le braccia come per aiutarle a discendere j dalla balaustra sul ponte. — Non avvicinatevi per carità — mor ì. una delle sirene. — Restate dove eraseduto, altrimenti ci ributtiamo in ' mane. Com'è difficile salire sopra una delle vostre navi!... Senza distaccare gli occhi dall'apparizione, mi rimisi a sederei con il cuore in tumulto. Temevo di veder svanire i due meravigliosi esseri da un attimo all'altro, come larve di sogno. Mi decisi infine a parlare, nella speranza di scongiurare quel "pericolo. — No, non rituffatevi, — gridai, — io vi ubbidirò ciecamente, ma non lasciatemi :il dubbio atroce dell'illusione di avervi veduto, Se sapeste! Sono duemila anni che gli 'uomini parlano di voi senza avervi mai ve'duto... Parò quello che voi vorrete, vi metterò al corrente con le conquiste della civiltà umana, vi racconterò delle cose interessanti, vi amero, vi seguirò se occorre. E le mie parole divennero accorate, ardenti, persuasive, tenere, appassionate come quelle di un amante ventenne in un primo colloquio con la donna desiderata. ' Le sirene però parevano commuoversi pochissimo alle mie preghiere. Non si muovevano da dove le avevo sorprese, e non volgevano neppure il capo verso di me. Tacqui, preparandomi a seguire .con ansia i loro movimenti. Infatti di lì a qualche minuto scesero a forza di braccia dalla balaustra euj ponte, e strisciarono sino a brevissima distanza da me. Le loro mosse, rivelandomi la parte non umana del loro corpo, mi avevano leggermente choquè, ma solamente per quel tanto necessario a darmi la padronanza di me stesso e a sfruttare la situazione nel modo più conveniente. Cionondimeno prodigai loro un ave cordialissimo. Una delle sirene aveva nascosto con civetteria la metà ingrata del suo corpo nell'ombra per modo che non potessi veder di lei che il candido torso ed il bellissimo viso. La prolissa capigliatura che le scendeva sulle spalle stillava sul madido corpo rivoli d'acqua. Pensai che l'offerta di un accappatoio sarebbe stata in quel momento opportunissijna e mi affrettai ad offerirmi di andare a cercarglielo. Ma quel giudicarla alla stregua di una signora uscita .dal bagno sembrò offendere la sirena. - — Per ohi ci prendete? —- mi disse. — '.E il suo corpo imperlato di gocciole sussultò, mentre con gesto grazioso le mani -raccoglievano le chiome e spremevano l'acqua dalla serica massa. L'altra sirena era rimasta immobile sul ponte, aveva puntato i gomiti sul tavolato, messo il viso fra le -palme e mi fissava come una piccola sfinge. *. Mi decisi'a rompere il silenzio: ■■• .— Sirene, — dissi, —, voi perdonerete il mio stupore nel vedermi in vostra compagnia. £' un pezzo che nessuno sulla terra crede più alla vostra esistenza. Immaginate 'che vi hanno confuso con le foche, i trichechi ed i bovi marini, voi umanissime e divine creature. Ma ditemi, deve pure esistere una ragione che ha determinato la vostra ■comparsa, o, meglio, ohe ha reso impu*ifcile ggli uomini ohe solcano j mari di su bvul'ddnmpsimgmmgscQsitichddninroonEvspvinlovblerompppedactcpppbsleadrsbqgcmdselpasvmoftdlmcdggdpdatsmcmani . a o a e o e i a e a i e e n e , . i i o i i . e o i n a e n rne o i ildi o. a li aia em— sni o ra to le e. il ara te eire ra *iu bire ancora la vostra seduzione, di ritrovarvi, di intendervi. —, La nostra seduzione- — proruppe con uaa voce flautata la sirena, che avev» preso l'atteggiamento di sfinge, — la nostra seduzione! Ci avete accollato nna bella parte durante tutti i secoli che avete durato a navigare su dei fuscelli! Là dove vi veniva meno il cuore, là dóve trovaste l'onda insuperabile, là dove le vostre misere barche si infransero sulle scogliere sconosciute immaginaste che noi stessimo in agguato per guidarvi alla perdizione. Ma non fu così, ma non è stato mai così ! Non datrici di morte, ma ineffabili consolatrici dei naufraghi, noi siamo state. I predestinati ci conoscevano, ci avevano vicine ad* ogni istante. Quando il vento piegava ile loro navicelle sino a farle rasentare l'onda, s'iniziava l'intima, fatale, continua comunione con noi, che svaniva se il viaggio era fortunato, che diventava indissolubile se la nave era condannata dal mare. Voi, navigatori moderni non ci potete intendere, perchè come si può intender le sirene dall'alto di queste rumorose città galleggianti, contro le quali le onde 6Ì infrangono come su immobili scogli? E se il mare condanna i vostri colossi, la vostra morte è cento volte più lugubre e disperata di quella dei tapini che s'affidavano ad un burchiello. Questi scendevano in braccio della morte sicuri di esalare il loro spirito fra le nostre braccia obliatrioi ; voi trovate l'onda glauca, deserta e terribile, perchè le sirene sono lontane, perchè le sirene hanno cessato di esistere... —: Ho compreso. Vói siete, in poche parole, la bellezza della morte sul mare?!.. ■ '■— Così è. Noi siamo la bellezza della morte sul mare, ma siamo qualche cosa di più ancora. Siamo l'ardimento che non è più necessario, siamo l'audacia che non è più opportuna, siamo tutte le cose assurde e sublimi che erano lo qualità del marinaio di un tempo e che il marinaio di oggi può anche non possedere. — Infatti... — Infatti, per quel poco che 'possiamo carpire dei segreti degli uomini dai cavi telegrafici che se li lasciano scappare, si sa come navigate oggi voialtri. Un nuvolo di piloti ohe vi accompagnano attraverso quelle poche difficoltà dell'uscita e dell'entrata dei porti, una lancetta ostinata che non cambia mai direzione, che vi insegna tutte le strade, e via, uniformi ed insensibili, a tutte le vecchie furie di Nettuno. E adesso avete anche la telegrafia senza fili, che ha fìiito di sopprimere la sola còsa bella che era rimasta ad una nave, l'isolamento. . — Ma suvvia delle difficoltà ce ne sono sempre; La nebbia, le ' tempeste, gli tee bergs... — Ancora per poco, non dubitate. In quanto alle nebbie no.i me ne parlate. Un giorno una bionda sirena dei mari nordici ci mandò a proporre una emigrazione in massa nelle sue acque plumbee dove si credeva ancora a noi. Ci fu qualcuna di noi sireue mediterranee che 6Ì lasciò adescare e seguì un apocrifo vascello antico, un veliero in ferro con la speranza che avrebbe potato fare un viaggio seducente nelle acque dolcemente solcate dalla nave a vele spiegate. Non vi dirò la delusione della traversata. Il falso veliero era pieno di atroci macchine che pompavano, imbrattavano le onde, rendevano l'ambiente intorno ai freddi fianchi metallici insopportabile. Giunta sul mare delle nebbie la sirena credette di essere piombata nella tinozza di un lago lombardo, tanto era pieno di frastuoni. Il mare pullulava di barche-segnali alla fonda che nelle giornate di nebbia, urlavano, stridevano, fischiavano, emettevano boati, ruggiti, ululati ; tutta una serie diversa di segnali inventati per tener le navi lontane dalle secche.. Figuratevi se quegli uomini potevano intendere la povera sirenetta mediterranea. ' — Ma insomma non possedete più un amico... — O non vorrete credere che ci contentiamo dei pescatori, povera gente che ha sempre delle idee molto confuse in fatto di mitologia e ' che ci fiocinerebbe senza pietà come una specie di pesce ignoto. Custodiamo delle aspirazioni più alte. Non abbiamo ancora dimenticato che ci hanno cantato 'i più nobili poeti ellenici e che fummo coorte attorno alle navi di Enea e di Duilio. — Dunque nessuno v'intende più? —v Qualcuno sì ancora, ma così veloce, così fuggevole che la più gagliarda nel nuoto fra di noi non è riuscita a raggiungerlo, mai. — Volete alludere alle •torpediniere? — Sì, così ci dissero che si chiamano. Esse sono tornate all'antica comunione con il mare, ma è una comunione da dominatori. Penetrano nell'onda ma la squarciano, la fendono, l'attraversano come dardi. E noi che siamo avvezze ai placidi oonnubi dove l'onda è sovrana, dove l'uomo è lo schiavo in Bua balìa, noi ci disperdiamo travolte dal risucchio di eliche potenti. — E i sottomarini ? Ci sono le pareti di ferro ohe ci separano dagli uomini. Ci dessimo convegno a cento sulle, piatte tolde immerse, non basterebbe il coro di tutte per farci intendere attraverso quelle pareti che fremono di ru mori profondi ed intensi... — Dunque ozio, ozio completo .per voi? — Quasi completo. Riusciamo appena ad accorrere quando tutto è finito, quando la morte brutale si è resa padrona completa delle navi perdute. Ma siccome è rimasta in noi indistruttibile la nostalgia dell'uomo, non possiamo a meno di accorrere come inutili prefiche a compiangerlo dove i resti '—llHlj suoi e delle »ue navi s'impen¬ naabsfipluneffimsecomcomsupeungrmtrdeleSosocaspdivudofiubocopedocimmuninteleletanopmECremfunchdicodvricriligtrnmcinagdptamactmtolamSscutvnsls nano contro gli scogli o s'affondano negli abissi. — Io, — aggiunse la sirena dal viso di sfinge — sono rimasta un mese'a contemplare distesa su di uno scoglio »la prua di una nave cho recava sotto il compresso una effige umana scolpita. E mi illudevo ohe m'intendesse e le confidavo tutto l'accorato seneo della nostra triste natura umana di consolatrici della morte sul mare. L'effige mi guardava fissa con le braccia conserte, con il volto impassìbile nel suo atteggiamento di cariatide rassegnata, alta ancora sui flutti che di continuo la spruzzavano per dare a me l'illusione che lacrimasse. Poi un giorno la tempesta le diede il' colpo ' di grazia, abbattè l'effige umana, la ridusse simile ad un rottame. Io fuggii. — E tu, bellissima, — domandai all'altra sirena che si era abbandonata sul seno della sorella, — che fai tu per ingannare le tue ore deserto? — Ho navigato a nuoto tutti i mari. Sono uscita da questo angusto Mediterraneo, sono andata raminga nei mari delle grandi calme e in quelli delle grandi tempeste, spinta dalla nostra implacabile condanna di. suscitare leggende, ma ho trovato dovunque i mari deserti, ho rischiato, seguendo la mia illusione, di penetrar nei grandi fiumi oleosi dell'estremo oriente; la mia bocca si è ritorta al sapore delle acque contaminate... E non è stata questa la mia peggiore avventura! — aggiunse sospirando la sirena. — Perchè? — Perchè sapete a cagione della incapacità che noi abbiamo di misurare esattamente il tempo della nostra esistenza immortale mi lasciai sedurre dal racconto di una giovane sirena che mi diceva di avere incontrato qualche tempo prima delle svelte navi alla vela che rinnovavano lungo le sterminate coste di un continente nuovo, le audacie degli argonauti. L'incontro datava da mezzo secolo, la mia giovane amica non aveva posto mente a questo piccolo particolare e mi spinse in un oceano sterminato alla ricerca dei desiati navigatori... Erano i cercatori d'oro che accorrevano alla California. Avevano inventato una parola:! record, mi sembra, una parola che impri-j mova alle loro navi sottili come lancie,, fughe ardimentose. Chi comandava quelle; navi non. rassomigliava certo ai navigatori che ci erano stati card. Piantati in maniche di camicia sui loro esili ponti di comando, con uno strano cappello a cilindro posato di sbieco sulle loro faccio • glabre, dominavano l'oceano ed erano padroni dell'oro che riempiva i fianchi delle loro navi... ,Di qualcuno d'essi le sirene di quegli oceani erano riuscite a confortare il destino avverso che li aveva condannati alla perdita... Ma io giunsi che le navi più non esistevano. Ritrovai anche là le città galleggianti e illuminate, che scrutano il mare con degli enormi sguardi bianchi e diritti, i colossi di-acciaio che noi non sappiamo seguire. Stanca infine di tante disillusioni mi abbandonai alle correnti che mi avevano confidato che gli uomini stavano non lungi da me riunendo due oceani, per modo che anche alla povera, sirena sarebbe stata accorciata la lunga via per ritornare al piccolo mare natio, dove c'è ancora qualche dolce angolo nel quale rifugiarsi a vivere di ricordi. M'ingolfai così dall'oceano nelle acque tranquille di un canale scavato fra alte montagne. Ma ecco che ad un dato momento la via dinanzi è sbarrata. Cerco di rifar la strada e anche alle mie spalle le • mie mani urtano contro una muraglia ferrea. Salgo Bulla superficie e vedo che siamo saliti, che il canale tatto è salito, e odo che si salirà ancora spaventosamente . da una conca all'altra per precipitare nell'altro oceano. Fu la volta che temetti di diventar da sirena, ninfa, trasformazione che non mi seduceva punto poiché.so che esse sono assai più infelici di noi... Le sirene tacquero. E anch'io tacevo nella incapacità -nella quale mi trovavo di consolarle. Che avrei'potuto dir loro? Rinne¬ ohlova'adistacocuchnvoo gstglangcodtiunspcmmseg•vfrraapscism« tadsoe mmcitrncmlmetmnelmcdGdciittspsporgftmLnmttnrp i i i a e o i e , a o i i o e . , i te, a i a e a i e o , a o gare la vittoria dell'uomo che si era reso indipendente anche da loro, che sfidava la morte e la- accettava senza" conforto, che seguiva. il • suo esultante destino verso aspirazioni sempre più alte ed orgogliose? Non mai ! Le sirene, potevano viver di ricordi, ciò non avrebbe guastato nulla nella grande armonia universale... È suggerii alle mie dolci compagne che si rammentassero ohe gli uomini non erano poi stati verso di loro ingratiesimi dal'moménto che le avevano associate alle immortali ispirazioni del'arto classica. — Del resto — aggiunsi — di segreti, di sconsolati drammi di cui voi "sole siete state le testimone e come affermate voi le consolatrici, avete ancora " la probabilità di custodirne. Se gli uomini non naufragano che raramente ormai, e navigano senza conoscere il mare e quindi senza conoscer voi, volano alti sul maro e alcune volte sbanchi o feriti scendono a^voi e malgrado le loro grandi ali divengono preda vostra. — Sì infatti. Abbiamo inteso che vi è stata una bella morte ignorata, della quale gli uomini non hanno saputo nulla e dove la vittima è caduta direttamente dal cielo nelle braccia delle nostre consorelle, che gli resero indicibilmente dólce la morte... Nel trascorrere lento delle ore, le sirene continuavano a parlarmi. Mi sembravano divenute - infantili. La calma marina - continuava solenne. L'alba si approssimava ed una leggera nebbia sali va dalle acque a nasconderci, l'orizzonte. D'improvviso la sirena — materiale questa,'— del vecchio piroscafo ululò il segnale breve, lacerante, continuo, che le navi lanciano di notte sul mare dove grava la nebbia insidiosa. -r- 0 vili, vili, avete ' trovato una rassomiglianza fra il nostro canto e questo urlo selvaggio — proruppero le .mie sirene singhiozzanti. — Fuggiamo! fuggiamo! Tentai di trattenerle, ma prima che a•vesei stesò la mano per afferrare uno dei fragili polsi dei. mostri,. le sirene avevano raggiunto la balaustra. Non mi restò che aiutarle cavallerescamente a scavalcare il parapetto da dove con due tonfi successivi scomparvero nell'abisso... Stavo per gridare istintivamente l'allarme < Uomo in mare » ma tacqui, pensando che avrei dovuto dire « Sirene in mare!... » col pericolo di suscitare l'ilarità in tutti coloro che il mio "grido avrebbe destato sulla nave immersa nel sonno. ARNALDO CIPOLLA.

Persone citate: Rinne

Luoghi citati: California, Italia, Porto Said, Sicilia, Suez