"Roses rouges,, di Romain Coolus alla Renaissance

"Roses rouges,, di Romain Coolus alla Renaissance INDISCREZIONI DRAMMATICHE PARIGINE "Roses rouges,, di Romain Coolus alla Renaissance ( Servizio speciale della STAMPA.) Parigi, 27. notte. Domani o posdomani, Clara Lapacerle, la colta artista che presiede alle sorti della «Henalssance, » rappresenterà una nuovissima commedia, in tre atti, di Romain Coolus, il celebre e fortunato aujore della Petite peste, <M Une lemme passe, e di- Antonietta Sabrler. n titolo del nuovo lavoro è assai poetico: Le rose rosse. I pronostici sono molto lieti; chi ha letto il copione e chi ha potuto assistere a qualche prova, assicura che questa è la più sincero, 'la più spontanea, la più forte commedia di Coolus che ha già dato alla scena francese diciannove lavori applauditi e bene apprezzati dalla critica parigina. ' La nuova commedia è in tre atti. Il primo è, come si dice, un atto di presentazione. Le rapide scene si svolgono in, una sala di uno di quei castelli sontuosi e tranquilli che sorgono nei dintorni di Parigi e che sono il rifugio dei grandi signori di alto lignaggio, che posseggono ancora un largo patrimonio. Un letterato povero, scrittore di romanzi, Dumény, ha sposato una ricca ex attrice, Cora : sposatisi dopo un idillio d'amore sincero, i due coniugi si adorano. Dumény coltiva, nel giardino, con cura quasi religiosa, bellissime rose rosse e vive in un- continuo sogno di poeta. Cora trascorre i primi -mesi di matrimonio in adorazione dello sposo che ammira perla mite gentilezza e per la sensibilità squisita. Nella casa severa,' nel bel castello antico c'è un flore di primavera. Cecilia, una deliziosa giovinetta diciottenne che, orfana, era diventata la figlia di adozione dello scrittore povero e buono. •Frequentano te sale del Castello tre persone: due signori, due despoti della Finanza e della Banca, soci negli affari, e un pianista povero. Il più giovane del finanzieri, Giovanni Worms, belilo, ardito, vivace di intelletto, s'innamora perdutamente della bella castellana e riesce a farsi amare da lei. Cora, che ha ceduto alle proteste passionali, si abbandona tutta al conquistatóre fortunato. Il marito, naturalménte, non s'accorge dèlia disgrazia e, assorto nel suo sogno e nelle sue meditazioni, continua a coltivare le belle.rose rosse. 'Cecilia, innocente e serena, ama in se- greto Giovanni Worms che, dominato dalla passione per Cora, non s'accorge di tanta grazia. Silenzioso, umile, tremebondo, impacciato, il pianista povero ama perdutamente Cecilia: ma non sa confessare, neppure nei soliloqui romantici, il suo puro amore. Cora e Giovanni, che hanno già commesso il <( dolce peccato », sono sorpresi dal sognatore. Dumény entra d^improvviso in un salotto dove i giovani — e l'un l'altro abbracciava... — parlano come due sposini di provincia. Cora, trova nella critica situazione una'soluzione degna d'una'celebrata ex attrice. Senza. impallidire, senza una vibrazione nella voce, serena e calma esclama: «Sei giunto in buon punto : ' Giovanni Worms sta implorando In ginocchio la mano di Cecilia... Tu che cosa ne dici ? ». E l'atto termina con queste parole, semplicemente. Cecilia e 'Giovanni sono, da un anno, sposi ma la loro unione non è felice. Il pianista povero, che cerca tutte le occasioni per vedere la -creatura della sua inestinguibile e muta passione, frequenta la ricca casa di Giovanni Worms e s'accorge delle sofferenze della giovane donna. Freme e non sa che cosa fare: finalmente, spinto da un sentimento fatto di dovere e di tenerezza, avverte il poeta. Dumény, che vuol molto bene alla sua figliuola adottiva, le parla, la interroga, la conforta. C'è, a questo punto, un commovente dialogo tatto di . angoscia, di tenerezza, di soavità. « Babbo mio, Giovanni non mi comprende 1 — "dice Cecilia. — Io vivo come una sposa schiava. la mia giovinezza di sposa è come la morte « Vivi in pace e tranquilla — le dice affettuosamente Dumény che è un ottimista — e lascia fare al tuo babbtno: Giovanni è un gentiluomo.... Vedrai... Gli farò 10 ila predica ». Cora intanto, che ha combinato le nozze per salvarsi, sotto un pretesto futile o con una scusa puerile frequenta assiduamente la casa dei giovani sposi. Giovanni, che non l'ha dimenticata, che non è stato convertito dalla fresca giovinezza della legittima consorte, nel rivederla è ripreso dalla antica passione. E la tresca 'ricomincia. Ne Cecilia, nò Dumény se ne accorgono. Il collega in affari di Giovanni, un vecchio don Giovanni molto astuto, scopre tutto, e, desideroso di mordere al bel frutto saporoso, trovandosi un giorno faccia a faccia con Cora, l'affronta e le dice: «E' tempo, signora Cora, di -togliersi la maschera! Con me voi vi atteggiate a brava moglie quando siete in mia presenza, vi stilizzate come una donna onesta. Invece so, perchè ne ho le prove, che largite i vostri favori al mio giovane collega. Orbene, se, mia Cora, continuerete a resistermi, io dirò tutto a vostro marito! ». La minaccia è udita da Giovanni Worms, entrato nella sala da ricevimento della bella ex attrice. I due fedeli amici, dopo un violento alterco a parole, si lanciano l'uno contro l'altro, come ebri facchini. Alle grida dei due emuli accorrono Dumény ed il pianista. Meravigliato, Dumény chiede la causa della disgustosa scenata: « Nulla — gli risponde Giovanni Worms — abbiamo litigato per una questione di interessi ». 11 vecchio sta zitto, interdetto. Lo scrittore che, finalmente, nutriva da tempo qualche penoso sospetto, rivolgendosi a Giovanni Worms dice con molta freddezza : « Dopo la scena alla quale ho assistito non vi rimane, o Giovanni, che scendere sul terreno. Vi farò lo da testimonio». «E' impossibile — urla allora Il vecchio banchiere. — Voi non potete essere teste di Giovanni». «Perchè? — interroga imperiosamente lo scrittore ». « Cercata! — grida il vecchio banchiere ». Dumény, allora, ppETOTTOTTOTTE angosciato e vinto dalla sanguinosa verità, fissa i suoi negli occhi di Giovanni Worms ed interroga: -«Dite la verità, Giovanni, dite la verità!... Posso io farvi da padrino? « SI — risponde freddamente Giovanni Worms ». E cala rapidamente il velario. Il duello ha luogo, al terzo atto. Le condizioni sono molto gravi. Cora e Cecilia, diventate emule, sono nella stessa sala, ansiose e trepidanti. Mentre attendono l'esito della partita, si lanciano accuse atroci. « So — dice Cecilia a Cora —i che mi avete fatto sposare il vostro amante. Siete una donna viziosa ed infame! ». « E' vero — dice l'ex attrice. — E' vero. Ma mio marito non deve saperlo. Guai a voi se parlerete! ». Entra Dumény, fingendo di portare le notizie del duello. «' Giovanni — dice con voce che pare rotta dall'emozione — è gravemente ferito. Gli scontri sono stati violentissimi... Uno spaventol Quanto sangue, quanto sangue! ». Cora impallidisce all'annunzio. Sul suo bel volto enigmatico passa l'ombra della disperazione. Poi, urlando, si lancia per correre a soccorrere il suo diletto. « Fermati ! — le ordina il marito. — Ti proibisco di uscire da questa stanza. Confessa, se hai il coraggio, che Giovanni Worms è il tuo amante ». E Cora, perduta, confessa: « SI — dice — Giovanni è il mio amante. Voglio vederlo. Tra me e te non c'è più nulla di intimo. Lasciami andare da luil ». Giovanni Worms non era rimasto ferito: aveva ferito invece, e gravemente, il suo avversario, il vecchio conquistatore mancato. Giovanni sopraggiunge. I due uomini si scambiano parole atroci. La scena è superba di violenza. « Ebbene ! — urla il marito ingannato. — Poi. che vi amate vivete pure insieme. Sloggiate dalla mia casa. Abbracciatevi, abbracciatevi pure ! ». Mentre 'sta per uscire sopraggiunge Cecilia, ia vittima dolorosa delle indegne nozze. « Anch' io — esclama in lagrime — farò come te, barbino mio! Giovanni non mi vuol bene: mi odia, forse. Egli non esiste più per me! ». Nella penombra della sala si vede un omino, piccolo e curvo. E' 11 maestro di musica, il pianista innamorato, entrato non si sa come, nel momento del trambusto drammatico. Cecilia, rivolgendosi a lui, dice : « Maestro, so che marnate da molto tempo : so che il vostro cuore brucia di passione per me. Voi .slete mite, semplice ed onesto: sono triste e dolente di avervi trascurato. Ascoltatemi: io voglio, se voi volete, diventare vostra moglie ». Il maestro, muto, estasiato, allarga le braccia in atteggiamento comicamente, ma sinceramente passionale. S'ode un grido, un grido tragico che fa ridere. Dumény, il poeta, 11 coltivatore delle rose rosse, l'eterno sognatore, che vede l'ediflzio del suo amore rovinato ed il suo nome ridicolo,, esclama: « E che sarà di me?». L'ingenua frase del marito tradito interrompe, con uno sprazzo di verità, la scena che sembra artificiosa. C'è un attimo di silenzio : poi si ode la voce, pacata e placata, di Cecilia : « Tu — dice — tu babbino mio, verrai a vivere con noi. Sarai felice. Nessuno ti tradirà. Coltiverai le rose, scriverai i romanzi. Io canterò corno quando ero bambina e mio marito eseguirà al pianoforte 1 brani musicali della tua predilezione. Saremo buoni e In.pace... ». Cora è seduta, disfatta, su una sedia. Giovanni Worms sorride con amarezza. « Addio, Cora — dice il poeta. — lo ricordo le nostre nozze: le buone gioie... Addio!... ». Cora non risponde. « Addio! », ripete Dumény con angoscia. Ma l'ex attrice non risponde Cosi termina, dolorosamente, la commedia di Romain Coolus, il primo grande avvenimento teatrale della stagione autunnale parigina. OAMILLO. 1 J

Luoghi citati: Parigi