Editori ed autori

Editori ed autori Lettere dalla Russia Editori ed autori (Nostra corrispondenza particolare) MOSCA, settembre. La produzione libraria russa ha eoprabutto una cosa di caratteristico : il suo cosmopolitdsmo. In pochi paesi esistono tanti centrvivi di cultura; quanti in Russia. A Moscasantuario del pensiero nazionale, si stampano librj in sei o sette lingue. Kazain, dotata .'di una dozzina di moschee e di un'Accademia di idiomi orientali, è un vècchio focolaio di produzione libraria tartara e arabaA Kieff si stampa in ucrainico. A Vilna in ebraico antico, e così pure a Varsavia, dove ei stampa anche in dialetto ebraico moderna oltre che, beninteso, in polacco. A Biga eecono liibri in lettone e in tedesco. A Bevel in estonio, a Ti.flis in armeno e in georgianoa Taschkent in sarto. Finalmente, entro i confini dell'Impero si stampa ancora in slavo liturgico, in persiano, in toiniacho, 'in Bamojedo, in cinese,', in giapponese, in francese, in inglese, in italiano. Scusate se è pocoSu cento volumi .che escono, sette non sono russi. E non basta. Questo è un cosmopolitismo esteriore, materiale, . apparente. Vi ha inoltre il cosmopolitismo intestino, per così dire, quello dei libri russi, ohe non sono russi, quello delle traduzioni. Le raccolte a buon ^mercato, di cui il gran pubblico si pasce di preferenza, non constano d'altro. Le riviste minori e i giornali si ricorrono di continuo. H vecchio Sa-tyrikon annuncila con orgoglio nei proprimanifesti di principio d'anno — il n aziona-Marno russo 1 — la collaborazione di Mark Twain, di Lavedan,' di Courteline, di Wer ber e via di seguito. Perfino le grandi voghe del giorno sono accaparrate da stranieri: Jack London e Biacco Ibanez^ in prima 'linea, un americano e uno spagnuolo. Ha luogo insomma, in Russia, l'eccesso oppostoche in Italia dove all'infuori di qualcheromanzo francese da 0,95, comprato primadi salire in treno, si ignorano allegramente i tre quarti della letteratura contemporanea., della russa coirne della tedesca, comedell'inglese, come della scandinava. Stavo peraggiungere come dell'italiana; e forse non■•avrei perpetrato un paradosso peggiore di un altro. Una sera, alla Stazione di Roma — a proposito di treno — un grande.industriale milanese il quale erasi largito, per dormiril motto a Per non dormire », si presentò : — Sono Gabriele D'Annunzio. E l'industriale, senza batter ciglio : * — D'Annunzio? Mi dispiace. Mài sentito a nominare I... Conviene avvertire che l'aneddoto è storico, meglio, "due- posti di vettura a letti, vennetimidamente pregato dal Capo di degnarsicederne uno 4 un altro viaggiatore che nonaveva fatto in tempo a procurarsene. L'ai-tro viaggiatore, arrossendo nella tema disentirsi citare dal noto umorismo lombardoSi sogliono porre innanzi, del secondo di codesti cosmopolitismi, il più profondo e il più grave dei duo, le spiegazioni più tra-scendenti: l'insufficienza - della letteraturarussa, il bisogno di tenersi in contatto con la cultura europea. Edjè probabile che l'unaè l'altro v'entrino per qualche cosa. Ma ilmotivo principale ne va senza dubbio cer-cato nell'insufficienza del » diritto' d'autore russo. E' questo un argomento abbastanza importante per noi perchè valga la pena di averne almeno una nozione sommaria.Non è lontano il tempo in cui nell'Impero il grande principio vigente in materia era one l'opera di letteratura fosse pressappoco un oggetto di dominio pubblico su cui ognu- no ha facoltà di lucrare come meglio crede. Quando nell'87 il Fpndo Letterario pubbli- cò la sua edizione delle Opere di Puschki- ne, a un certe momento si scoperse che il proprietario della tipografia metteva 'con- temporaneamente in commercio una edizio- ne propria valendosi di tutto il materiale critico e tipografico dell'altra. Non era la prima volta che in Russia si verificasse un caso del genere e non fu neppure l'ultima. Per le opere straniere doveva di necessità accadere di peggio. Data la consuetudine anarcoide, nessun campo più propizio a eser- citarla, ohe auelte delle traduzioni, le quali non opponevano, nemmeno il classico impedi- mento dei cinquant'anni. Le letterature e- stere divennero così per gli-editori una ape- eie di paese di cuccagna dove era consi- gliabile cercare di preferenza i propri cespiti di guadagno, visto che non occorreva pa- garvi mai nulla a nessuno. L'ecletismo del- la cultura russa viene in buona parte di qui. Fu solo nel 1898, cinque anni dopo la fa- mosa lettera aperta dello Zola, che il >Go- verno Imperiale si decise a fare un primo passo verso un regolamento definitivo della materia. Ma il progetto: del Ministero di Grazia e Giustizia non entrò in porto, molto avariato, che nel 1908, dopo difficoltà d'ogni genere. Non poche di esse erangli state mosse dai letterati medesimi, e precisamen- te a riguardo del diritto di traduzione. Il progetto di legge modellavasi anche per questo punto sulla Convenzione di Berna, la quale, come ò noto, subordina la proprietà dell'opera tradotta al diritto dell'autore sull'opsra originale. A giustificazione della norma adducevasi che a permettere la stani- pa di versioni non autorizzate sarebbe lega- lizzare lo sfruttamento del lavoro altrui » e che o privare gli autori ..'ranieri del diritto loro spettante, in virtù della stessa esisten- za della proprietà letteraria, a garentirsi entro i confini dell'Impero dalle versioni non autorizzate delle loro opero significherebbe permettere un oltraggio evidente alle leggi fondamentali del diritto e della equità, non scusabile nemmeno da considerazioni prati- che del maggior peso ». Contro tale principio la commissione nominata dalla Società Lette- rarìa per l'esame del progetto insorse. Cera da aspettarselo. Da presidente (fungeva il Vengherof, uno dei letterati russi ohe più fruttuosamente coltivano l'arte del tradurre, -e intorno a lui agitavasi, pavida e esasperata, una vera legione di traduttori e di tradut- trici più o meno professionali e più o meno, anonimi. Gli argomenti addotti risultavano svariati. Ce n'erano di teorici, coinè la na- tura speciale e autonoma del lavoro di tra- duzione, il quale non avendo nulla di co- mune — esempio le traduzioni in versi — col lavoro dell'autore, non sarebbe giusto avesse a dipenderne negli effetti legali. Ce n'eranp di pratici: il pericolo di veder sta- bilirsi il monopolio editoriale sui libri tra- dotti e quindi rincararne il prezzo, con, grave danno della pubblica cultura. Ce n'e- rano infine di politici: il Governo voleva im- pedire 'la diffusione dei libri europei in **--'* fé. J £ 1_ ; 1 ! .1 _ 1 1. Il Russia, ritardare lo «viluppo del popolo, ro- vinare i letterati nazionali a tutto profìtte Iprofitto I I degli • autori stranieri. ' Impressionata dalla campagna,,la Duma si lasciò convince*©, e il -1 progetto di legge venne modificato — cinque i i «nni fa queste cose potevano ancora succedere — nel senso voluto dai traduttori, limitandosi, per rassicurare l'Europa, a contemplare la possibilità che venissero in seguito a seguiti stipulati accordi particolari da Stato a Stato.. Fu una decisione meschina e poco felice, per quanto cinta della quercia civica, e uomini avveduti e*-disinteressati quali il Simeonof e il Filenko non le risparmiarono i giudizi più severi. Nessuno degli argomenti addotti poteva resistere a una sana critica. Anzitutto, che nel regime della proprietà le opere tradotte si vendano più care è un mero pregiudizio. II. prezzo dèi libri dipende dalle.condizioni del mercato in un datò momento e non dal capriccio dell'editore. Al contrarilo, quando 'questi non abbia a temere di vedersi stampato un libro contemporaneamente dall'editore dirimpetto, gli torna naturale considerarlo un affare molto meno aleatorio e gli conviene farne una tiratura molto più grande e venderlo meno. caro. Tanto accadde, per esempio, in Svezia dopo accoltavi la Convenzione di Berna. D'altronde, anche ammesso non sia così e che nel regime libero Ié opere tradotte possano vendersi a prezzi minimi, come innegabilmente provano le molte collezioni a 15, a 10, a 5 provane kopéki, mon si vede quale vantaggio «possa ! ricavarne la letteratura originale russa, co stretta a vendersi; dieci' volte più cara e quindi a rimanere negli scaffali dei librai, come avviene a tanti buoni autori, il Block, il Kusmine, il Biemisof, Alessio Tolstoi iunior, che il pubblico conosce appena di nome mentre ha familiari Knut Hamsun !® J*ck London. Non parliamo poi della dijgnità di tali traduzioni, pagate il più delle volte 3 o 2 rubli per foglio di stampa. In Italia, dove pure la Convenzione di Berna esiste bùi dall'87, ossia dal suo primo anno i di vita, m'è capitato spesso di trovare in Jversioni dal francese amenità rimarchevoli. 'In una commedia, della quale più non ricordo il titolo, la frase gagner la porte era stata tradotta « conquistare la porta ». Ma in Russia si va ben più lontano. Le bien-ètre I gioirai fu reso una volta per e è bene e ser. generale » e battre le pavé per « pioi0*"81^ ,*}- marciapiedi ». i Gli inconvenienti della libertà di. tradu'2*0110) negati dai traduttori, sono insomma \cosl palesi che non pochi editori; specie quelli di Almanacchi, l'Editrice Libraria Moscovita e lo Stjipovnik, hanno ricorso al partito di tradurre H libri dal manoscritto e_ pubblicarli contemporaneamente all'edizione originale, pagandone i diritti come nel regime dela Convenzione. Si riesci così se non altro a render meno frequenti casi epici ! °iuali 1« tre edizioni contemporanee del Ca di Marx e le tredici della Débàcle di 1 Zoàa. Beninteso, la regola non valeva che per antera di fama europea. Ma era già un ! passo innanzi il fatto che il principio della . Proprietà sulla traduzion» avesse raccolto j almeno i suffragi di qualche editore. Nel |l?ll il Governo russo ne faceva un secondo P."* ardito, stipulando cqn la Francia una Pr'ma Convenzione letteraria. La breccia era aperta. Quest'anno èi stata la volta della Germania. ^Al momento attuale anche in In ghilterra si fa strada una corrente favorevole alla conclusione di un accordo analogo. Ver ra &. giorno in cui se ne stipuli uno con l'Italia! Difficoltà non dovrebbero esservi nò da parte della Russia nè tanto meno da parte dell'Italia. Si potrebbe obbiettare ohe i rap porti correnti fra il pubblico russo e la no derma letteratura italiana, mm finora troppo limitati perchè i vant-^gi ricavabili dalla Convenzione va'-ano la fatica necessaria a condurla in porco. E purtroppo, malgrado' l'eclet-Vno e la larghezza della cultura rus 8P - .vero cna dei nostri contemporanei' qui non s* conosce che il D'Annunzio, il quale è Cento rec^".te~:ente tradotto per intero, il Cuore, del De Amicis; manco a dirlo, e il Marinatiti, degli affari della cui azienda il discepolo Paolo Buzzi informa diligentemente * lettori dellMpollon, una rivista di sini stra, rimarchevole specie per la eccellente qualità della carta e dei Caratteri tipogra-» Fogazzaro, Verga, Rovetta, De Rober*°, Deledda, Zuccòli sono in Russia nomi vani' «enza soggette come Ilo sono da noi Gàrscine, Kuprine, Sollohub, Andreief, Artzibasceff. Tempo fa mi capitò sentirmi chie- dere da un russo studente all'Università di Heidelberg se Dante era spagnuolo. Ci si rende la pariglia. Ma non è detto che una Convenzione non debba per l'appunto ottenere il risultato di intensificare gli scambi *ra * due patrimonii letterarii. ' Probabilmente una, delle ragioni per cui così pochi dei nostri libri sono stati tradotti in russo si è che nè i nostri editori nè ' nostri autori^ hanno nulla da guadagnarvi, Tutta l'iniziativa dovrebbe muovere 'da par russa, e sarebbe troppo pretendere da un paese il quale trova già materia più che bastevole ai propri bisogni intellettuali nelle letterature tedesca, norvegese e francese, Stipulata invece una convenziono è altrettanto probabile che i nostri editori, nellt prospettiva di nuovri lucri, si facciano pei primi incontro ai confratelli di Russia, i quali non avrebbero motivo di pubblicare men volentieri le opere nostre che1- le tede^che o le francesi, quando potessero farla c°n le medesime garanzie di esclusività. Nella peggiore delle ipotesi verrebbe almeno evitata- quella inferiorità di condizione in cui il libro italiano trovasi ormai in Russia di fronte al tedesco e al francese, e quella ingiustizia che è costituita dal caso, ai un Gorki o di un Mereshkovsky — i soli russi si Pu° dire, che 6ì traducano in Italia — i quali avendo ricorso al sistema di stampare le loro opere in Germania prima che in Russia godono detta proprietà anche sulle traduzioni italiane, mentre nessun autore italiano gode in Russia del diritto, corrispondente. Un maggiore ed intimo contatto del noatro mondo editoriale col mondo editoriale russo non potrebbe infine essere che fecondo di buoni risultati." Anzitutto il mercato librario in Russia è vasto e capace di ingrandirsi in misura imprevedibile. Benché l'anatfabetiemo vi sia più esteso che da noi, la classe delle persone che leggono vi è molte più numerosa, sente il culto del libro e spinge questo culto sino all'abnegazione di dodicarvi frequenti ed attendanti Bagrifici di danaro. Paese oscurantista, la Russia stani • nn ! ri /xi f ra acas>liit\n \H\1+A r»iìi liK»*] Viri pa in cifra assoluta tre volte più libri che l'Iteli J'Italia ed occupa il «Mondo posto fra le nazioni civili, vale a dire viene immediatamente dopo la Germania'e prima del Giappone. Negli, ultimi cinque à/nii la eniaj produzione è aumentata, quasi. della metà : da 25 a 40 milioni di rubli. Li secondo luogo, per quanto l'affare della libertà di traduzione abbia orocacciato ai suoi editori fama mondiale di « pirati » della letteratura, è doveroso riconoscere ohe tale qualifica non <>. addice poi loro tanto di più òhe agli editori di altri paesi. Al contrario, vi sarebbero sul oro conto ,elogi non' comuni da tessere.' In Russia è per esempio ancora abbastanza, frequente un tipo-di editore a noi affatto ignoto e del quale s'ebbe in Francia nn - sole» campione, una ventina di anni fa, nel Lemorre: l'editore mecenate. La storia del Fondo Letterario ne fornisce prove, memorabili. Nel '59 gli editori, così di libri che,di riviste e di giornali, si sottoscrissero spentaneamente per cedere all'istituto il' diritto a una percentuale sui rispettivi introiti. Il Pavlenkof gli legò morendo 30 mila rubli. Il Soldatienkof, un ricco bibliopola moscovita, stampò a suo intero beneficio le Opere di Nadson, uno dei poeti russi più popolari, del quale si sono tirate sin oggi venticinque o trenta edizioni. E, a parte il Fondo Letteario, non esiste forse ancor oggi un Panteeief il quale pubblica libri nel solo intento di giovare alla cultura nazionale, anche prevedendo di non cavarne nemmeno, l'è," qui valente della spesa! E quante non si è atto per le Biblioteche popolari ! In Italia iamo ancora al dilemma se esse giovino o no al commercio librario, ed è già gran ventura se qualche editore, cedendo di'mala voglia alle sollecitazioni di tenaci apostoli della tempra di-Ettore Fabietti, accorda lordi un piccolo sconto o regala qualche' fondo di magazzino. In Russia, dove si è già convér mito da un pezzo che esse concorrano allo viluppo della cultura, sono proprio gli ediori a promuoverle. La Società degli Ediori-Librai ne ha fondate con le oblazioni dei propri membri ottanta interamente grauite nel governatorato di Tomsk in Sibeia. Il Sytine di Mosca, il più forte degli editori russi, ne ha aperto da sè diciannove. E va tenuto calcolo che il Governo avversa ali fondazioni con ogni mezzo e ne chiude l minimo pretesto quante più può ! Senza dubbio nessuno oserebbe pretendere he i nostri editori'si dessero ad emulare di osì illustri esempi. Ma sarebbe già abbastana se questi potessero inspirar loro fiducia el mondo editoriale russo, fatto non soltanto delle eolite nefaste levatrici della letteatura ma anche di sinceri alleati ed amici ella letteratura. Taluni di essi si sono fin ui, sulle orme dei traduttori, opposti alle Convenzioni letterarie : ma è stato più' che ltro il risultato di un falso preconcetto. Le due convenzioni già stipulate vengono a oco a poco distruggendolo ed è probabile he um avvenire molto prossimo trovi li editori dell'Impero più che ben diposti à intavolare con l'Italia libraria apporti attivi e permanenti. In quanto a oi, una Convenzione con la Russia non porebbe tornarci che di vantaggio, a scrittori come a editori. Ed io credo sarebbe uesto un ben miglior modo di commemorare uel centenario del Bodoni che un collaboatore del Secolo vorrebbe celebrato aggiunendo, per servire al culto del libro, una attedra di storia del medesimo alle molte nutili che già abbiamo in Italia. * v ' CONCETTO PETTINATO.