La morte di Emilio Ollivier l'ultimo ministro di Napoleone III

La morte di Emilio Ollivier l'ultimo ministro di Napoleone III La morte di Emilio Ollivier l'ultimo ministro di Napoleone III Parigi, 20, notte, j sEmiìio Ollivier, membro dell'Accademia francese, ex Presidente del Consiglio sotto 'Impero, è morto stamane a Sainì Gcrcais cs Ba'ns. Emile Ollivier è morto ad ottantotto anni, quarantatre anni dopo la catastrofe del secondo Impero. Lo due coscienze deboli e nefaste, comunemente accusate di avere spinto alla rovina quella grama ed infelice larva di dominio, l'imperatrice ed il grande, ministro, Eugenia Montijo ed Emilio Ollivier, ebbero in comune la sorte di sopravvivere lungamente, alla loro epoca ed alla loro volontà. Ma sopravvivere non significa pentirsi. Ollivier aveva impiegato bene l'ozio forzoso cui la vittoria della Prussia e della repubblica lo costrinse: rifugiatosi nella solitudine di La Motte, presso Saint-Tropez, raccolse con amorosa pazienza memorie ed appunti, Ietterò e iitagli di giornali, facendo dono ai contemporanei ed ai posteri d'un documento storico di primissimo ordine. Ora in lui, marsigliese, la stoffa d'un grande avvocato politico e letterario. Fu avvocato prima clic ministro; e, caduto dalla tarlata sedia curule ov'ebbe appena il tempo di sedersi, si rimise a far l'avvocato, politico e letterario, di sè medesimo e rli Napoleone III. Quattr'anni dopo la disfatta fu ricevuto all'Accademia degli Immortali) cinque anni dopo pubblicò due piccoli libri apologetici del suo governo. L'opera era ancora immatura. La rassegnazione all'ostracismo dalla vita politica non era ancora sincera. Si presentò candidato alle fosche elezioni del 1876. e rimase in tromba. Ritentò l'assalto nel 1885, o nessun collegio lo volle. Aveva oramai sessant'anni. A quell'età, sembra troppo arrischiata, dopo un disastro nazionale e quindici anni di segregazione, la -speranza di riconquistare i pubblici poteri; ma sembra, addirittura pazzesca la velleità di mettersi a. scrivere un'opera monumentale. L'Ollivier ebbe questo coraggio: tutto canuto iniziò la sua immensa fatica col fresco e misurato ardore con cui si fanno queste cose a trent'anni; e proseguì senza, fretta e senza riposo come se, invece che membro d'un'Accademia d'Immortali, egli fosse davvero un immortale. Ila continuato dopo gli ottantanni, ad un'età nella quale i più fortunati serbano appena tanto di forza che basti a giocare con tremule dita, una partita, di tressette. Morendo egli lascia pressoché finita la sua opera ponderosa: l'« Empire liberal ». Sul suo tavolino da lavoro si rinverranno gli ultimi capitoli che egli andava scrivendo c man ariano pubblicando sulla tiRevues des deux mondes», proprio di questi giorni sulla catastrofe, quando Napoleone Ili, perduto ogni impero sull'esercito, respinto ria. Parigi dalla Messa Reggente, attendeva in un supremo momento di dolore e di sconforto, il suo destino : Sedan. Forse sulle ultime cartelle, che lo storiografo decrepilo andava scrivendo come in un estremo anelito, si trover la parola « fine ». li ltii ti l fa amcsNqgssdvpbNnt Strano a dirsi: negli ultimi tempi la fama e la figura dell'Ollivier avevano subito una specie di trasfigurazione. L'uomo politico era morto e sepolto da quarant'anni, e quell'altro Emilio Ollivier, pur avendo il medesimo nome e cognome e gli identici connotati, era uno scrittore imparziale e severo, legato unicamente da vincoli di amicizia e di affettuoso ricordo con l'Emilio Ollivier di prima maniera. S'era come volatilizzato e purificato. Era divenuto carta stampata. E i suoi volumi via via die comparivano, ottenevano un immenso successo: non cgctaUtosglio per la forma scorrevole e piana e di-1 ecorsiva, non solo per l'immenso material» PiOlpunltroppa fatica di pensiero, intorno alla storia di Francia e d'Europa dalla rivoluzione di luglio alla catastrofe di Sédan. #% Emilio Ollivier doveva difendersi da due accuse, ohe con parole grosse si chiamano accusa di apostasia e di tradimento della patria. Egli veniva dalla città marinara donde squillarono prima le nòte dell'inno trion- di aneddoti e di retroscena che offrivano in itpeptoni facilmente assimilabili al gran pub-'tblico; ma sopratutio per quella loro appa-,drenza di disinteressata ed equanime valuta-1gzione dei fatti storici, nei quali l'Ollivier fu cmolto spesso protagonista, quasi semprejlspettatore appassionato e partigiano. L'«Em-i rpire liberal» era divenuto il breviario dijsmolta gente, che amava discorrere con coni-,Mpetenza minuziosa, ma d'altro canto senza ;difale 'rivoluzionario; era figlio di gente osti-natamente repubblicana; salutò con grida diìtubilo la rovina della monarchia bancaria !p.uu.iu io luvu.a u ,di Luigi Filippo, prestò il suo soffio alla !tiomba quarantottarda; mastico con suo padre la cenere e il veleno del colpo di Stato. Se fu eletto deputato, con mille voti di maggioranza sul candidato ufficiale, nel 1857, fu eletto in nome di una opposizione inconciliabile. Ma, arrivato alla Camera, la sua tempra s'infiacchisce, "gli angoli della sua combattività si ottundono. Per sei anni fuparte del famoso comitato dei cinque. Ma gliaffari professionali vanno a vele gonfie; Pa-Tigi, con un miraggio di dominazione e di piacere, seduce il provinciale impaziente. Lo del secondo impero si af-spirito despotico floscia, e si aifloscia l'intransigenza degli avv«r«aTii di ieri. La nebbia rossastra di diou&ra vmmob «ià nelle lontananze delia j storia, sono passati fra poco quindici anni, , a o a, a : e ancora altri quindici ed il possesso si tramuta in proprietà, e la violenza è consacrata dal tempo, ed i reclami della libertà strangolata vengono legalmente prescritti. Non è comodo assaltare i poteri costituiti, quando si rivesto la toga di «consigliere giudiziario del vice-re d'Egitto» nella lucrosa questione del canale di Suez, e quando s'e dovuta subire la radiazione dall'albo degli avvocati. Ollivier ammiccava verso la via di Damasco. E l'Imperatrice gli sorrideva invitando. Anche per l'impero non era comodo isolarsi, quando l'inquietudine serpeggiava in tutta la Francia ed un confuso brusio di minaccia ronzava d'oltre Reno. Non s'intendeva di legge quel bravo giovine? Si poteva consultarlo, per esempio, intorno alla questione delle cooperative; si poteva chiamarlo a far parte d'una commissione, non politica, no, ma presieduta dall'imperatrice. TI 27 giugno 1865 il tribuno ammollito s'incontrava per la prima volta con la bella spagnuola. II dado era tratto. Ma. questi Rubiconi non si passano senza una zattera : bisognava che il despotismo offrisse una mano al convertito. La Costituzione? la riforma liberale? Dopo il 1865 Emile Ollivier, direttore della «Presse» e firmatario della petizione de: quaranta, affretta ansiosamente il gran giorno in cui !• Francia sarà napoleonica, e libera al tempo stesso ed egli finirà d'essere un anfibio. Alle glandi elezioni del 1869 gli elettori di Parigi lo bocciano; ma la prima circoscrizione del Varo lo manda al Parlamento. E' albeggiato il gran giorno. Il 27 dicembre EmiIo Ollivier e ministro; il 2 gennaio del 1870 è costituito ii ministero. L'cx-repubblicano ha il portafoglio della giustizia e le funzioni di presidente. Ora il grand'uoino potrà dare opera all'effettuazione del suo ideale politico. Ahimè! quell'altro capodanno non troverà né Napoleone nè Ollivier né la Francia. I prussiani assediano Parigi; Napoleone è prigioniero a AVilhèlmshdhe; il ministro dell'impero liberale è. dimissionario fin dal 10 d'agosto, anniversario della terribile giornata di Versailles, e fuggiasco in Italia, a Pollone, in quel di Biella. Valeva proprio la pena di aver armeggiato con tant'astuzia e con tanta furia per restar sette mesi al potere e per legare ii proprio nome a un lacrimevole disastro, jrtmdsspclOepmlveC'è qualcosa di grottesco nella biogratìaÌdi quest'uomo ; divisa quasi esattamente in duo metà dann'eftmern, uarvènza'di'grandezza : i primi quarantacinque anni per raggiungerla, gli ultimi quarant'anni per difenderla in cospetto da posteri. Quale vuoto desolante in cosi formidabile attività ! S'è difeso con molta eloquenza e con sin cera, sebbene ampollosa, convinzione. I primi volumi delle sue memorie si pavoneg- giano di un'epigrafe solenne: «che tutte Iejtue parole abbiano un accento di verità eroica ». Era il suo stile. Quando si preseli-jtò eoi ministero alla Camera, mentre infu- riavano contro di lui lo accuse di aposta-|sia e di venalità, egli osò prorompere injquesta catoniana esclamazione: « Io noncredo che sia necessario di giustificare laigloriosa e incrollabile rettitudine della miacondotta». L'8 di maggio egli ebbe una vo-tazione clic oltrepassava le sue speranze.Un mese dopo, parlando pubblicamonte in-torno al contingente dell'esercito, rievocò la sua vittoria come una rivincita di Sadovva. 1 Prussia. Veramente non fu mai pronuncia il 15 luglio la guerra è già inevitabile, Ollivier annunzia la vigilia di sangue con le testuali parole: «De ce jour commence pour Ics ministre*: mes collègues et moi une grande responsabilité : novs l'acceptons ne coeu.r l'-gcr». Accettava a. cuor leggero la responsabilità della guerra contro la e ita più eroica verità, sembra che nemmeno'trent'anni dopo egli abbia capito la gravità,dell'avvenimenfo. Quando s'avvicina alla1guerra, cambia l'epigrafe dell'eroica verità con una pretenziosa citazione dal suo col-jlega Lamartine: Aiu Annesti). E l'ecoi ripete lontano: Aux armes ! Pare quasi chejsi diverta a ricordare Gravelotte e Sédan.,Ma l'eroica verità torna sul frontispizio ;dol dodicesimo volume con un flore retoricopreso in presilo agii Annali di Tacito«Qua! era stato nell'opposizione, tale eglfu poi ch'ebbe raggiunto il potere». Pro-prio cosi: il medesimo chiacchierone ingcnuo, ottimista e infaticabilmente soddisfatto di sè. o a - #»# .pIl «cuor leggero» di Ollivier divenne prò- "iverbiale, come più tardi dovevano divenir,si-proverbiali i «quattro predoni» di Rubi- ediìlant. Iniqua comparazione. Il Itobilant era*a ! veramente un uomo duro ed austero, molto d , ... , ra scarsamente esperto di oratone abilita, ed da cui poteva sfuggire, come infatti sfuggi'; uno svarione compromettente. Ma Emilio .«Ollivier era avvocato e marsigliese: il col- !mo della facondia e dell'accorgimento. Se)! ao. g7, na a sbagliava sbagliava per incapacita ad in- tendere i fatti che pretendeva di regolare; col suo senuo politico. E questa fu la sua|una tenebrosa cecità stori- fu'culpa suprema li,ca. E vissuto quasi un secolo, assistendo a-,a guerre, a rivoluzioni, a conflitti di razdi ze, a rivolgimenti economici, alla nascita Lo j del socialismo ed all'avvento del sindacaf-'liemo: è stato contemporaneo di Bismarck vdiia e di Cavour, di Tbiers e di Gambetta, di Gladstone e di Chamberlain, di Man e di SoreU £ noe ha unita mai auilit Che importa se, commissario e funzionario ed araldo della repubblica quarantottesca, egli s'è convertito fino a baciar la mano ad Eugenia Montijo? Non c'è uomo di Stato, fra i più grandi, la cui vita non si possa riepilogare in una catena di apostasie : appunto perchè la vita dell'uomo pratico consiste in una successiva modificazione dell'ideale secondo l'imperativo dela realtà, modificata a sua volta dall'ideale. Ollivier si difende prolissamente, asserendo e dimostrando che non egli si curvò all'impero, ma l'impero fino a lui ; che non il tribuno si genuflesse davanti all'autorità, ma l'autorità divenne liberale, eliminando la necessità del tribunato. Gl'innumerevoli volumi delle sue memorie sono una stracca e sconnessa, sebben fervorosa nelle intenzioni, apologia di quel secondo imporo, che stava per realizzare il regno dei cieli sulla terra, quando, vedi combinazione !, capita Bismarck e te Io stronca sul più bello. « I tempi della perfìdia » citiamo, giacché ci siamo, anche l'epigrafe del tredicesimo volume : « I tempi della perfidia s'approssimano. Essi vinceranno con l'astuzia, i miserabili, ed il nobile cuore sarà preso nei loro lacci». Magra e sconclusionata comparsa conclusionale di un cervello mediocre e di una coscienza fiacca di fronte alla storia ! Oramai tutti sappiamo che Napoleone III non fu quel crudele bandito che alla musa archilochea di Victor Hugo piacque, per comodità retorica, di figurarsi. Sappiamo che quell'uomo fu un nobile ed infelice visionario Ma la storia non giudica secondo i dettami del buon cuore. Se Napoleone III fosse sta to un selvaggio ambizioso ed un frenetico e goista, ma una mente di saldezza e di ge nialità sufficienti a costruire un edificio duraturo ed a vincere una grande guerra; se invece di regalare alla. Francia la costituzio ne liberale, le avesse regalato l'egemonia europea ed una provincia sul Reno. Ollivier avrebbe fatto bene a tradire la repub blica per mettersi ai servigi di un signore, cui |a storia e il destino dicevano di. si. Le opposizioni arbitrarie sono inutili sacrifici, dei quali l'umanità, che vuole le opere ed azioni immediate, regolarmente s'infischia Ma convertirsi ad una forma di Governo, li bcrale o despotica, crudele o di buon cuore. P^Pri« piando quella forma precipita verso il tramonto, è uno sciagurato contrattempo Quando Crispi è passato alla monarchia, cgli obbediva a una saggia ed assennata intuizione dei fatti. Credeva e sapeva che, malgrado l'agitazione mazziniana, l'Italia non sentiva la necessità di una violenta crisi di governo; e. togliendo il suo nome a un infecondo e pericoloso arrovellio di par¬ titi, compiva un alto dovere politico e mojr8,c' NelIa vita Pra,ica 80,10 giudici supre mi 1 fat,i- OtÓxtor fu condannato con tale j ignominiosa ferocia che quasi c'induco a Dietà- Si converti all'impero giusto in tempo |Pcr firmarne il certificato di decesso, j vlesbtogpdpTssclofiztacssECntemfvlvEpampbftfpnssscplp ^ Dopo di ,ui venm Gnmbetta' 11 l"*'0 non era P°r "'Sogno gran che superiore ad Emi,io °"iv'er. Anch'egli avvocato e meridionalc- anch'egli partitante senza gran luce d'idee- Ma S1' era infinitamente superiore Pcr rettitudine e per passione. L'acrimonia della sua fede repubblicana gli fece consi¬ forare l'impero napoleonico come una ver goguosa usurpazione sacra alla vendetta della libertà. Non per scrupolo morale egli si tenne lontano dalle Tuilleries, ma per una quasi religiosa convinzione che Napoleo ne III era destinato a scomparire. Cosi potè diventare glorioso per la liberazione dèi territorio, mentre il povero Ollivier soggiacque stchcounmalciidniteriqdringEcotoqcaS sotto la calunnia di aver trascinato il suo paese verso l'abisso. Calunnia. Ed a questo proposito l'autodi fesa di Ollivier è perentoria quantunque su perflua. E' superflua, perche un cosi piccolo I uomo, in cosi breve tempo di Governo, non 'può essere sospettato di cosi formidabile errore. Andare in caccia delle responsabili tà personali, quando si tratta della guerra 'fianco-prussiana, è come imputare il mal- ; tempo ad un governo ladro. L'Ollivier fu ,complice del disastro, ma nella misura in jcuj furon compiici tutti i francesi, a cominjciare dal Gambetta, che per diciottenni di !fila ta9(ò {, polgo all-impero maiat0, senza ! dubitare un attimo solo che fosse malata e .pericolante la Francia. « La nostra opinio- "e P"bb,ica è semPre ««""«nte di ciò che ,succede oitre * conflm; c Ia sua sa»iema si esaurisce nella ferma fede ohe la Francia è a*»»»*»*» dappertutto ». Sembrano paro e di un accusatore di Ollivier: e sono parole jy rii nuu-ipr medesimo ' di U.nv ei meuesinio, i'; Qui»*' 1"el dll'e e no» "ire, quel cldaco .«»»«««a e non pensare tutte le volte che si - tfatta di llucstioIli veramente serie. Fu ine)pipato di antipatia contro l'Italia. Anche di ! nnoilji inarabili l'Ollivier si lava: peli vede- opciIcsNl- questa macchia l'Ollivier si lava; egli vi e; va con interesse e con affetto il popolo fraa|tello conquistare - o a ak i suoi diritti di nazione, ecc. ecc. Ma quale ignoranza nel parlar di cose nostre! Di Lanza e di Sella osa, lui Ollivier, pronunciare quest'oltracotante giudizio : « nè l'uno nè l'altro avevano elo- mi di litica, non è male». E quale ipocrita circospezione, quando giustifica l'intervento fran&6& io diissa del Papa! «.Epiche JRfima do¬ quenza o superiorità di spirito. Guardavano j«Amor* terra terra ciò che del resto, in no-ìsempie terra terra, cne resto, m po | veva cadere, non era meglio che cadesse nele nostre braccia amiche anzi che sotto la tretta feroce del Croato?» Accettava la libertà e l'unità italiane; ma rinnegava fretolosamente la sua simpatia, non appena gli pai-esse di scorgere qualche nuvola sul predominio della Francia e sull'equilibrio dei partiti in Francia. Giustissime preoccupazioni: ma l'errore teorico di Ollivier come Terrore pratico di Napoleone III fu di non apersi decidere. O favorire — ma con chiettezza, cun continuità, con coerenza — o nazioni che andavano formandosi ai conini nella speranza di farsele amiche; o strozzarle in sul nascere con .la certezza di eviare alla Francia rivali pericolosi e beneficati irriconoscenti. Queste tergiversazioni spinsero la Germania alla guerra e costriu-! sero l'Italia alla neutralità. Ma incolparne) Emilio Ollivier non è nè generoso nè giusto. I Che poteva egli fare — egli, consenziente nell'errore — contro una catastrofe provocata da un errore che aveva trovato beli'e fatto ed universalmente diffuso? *"• Non Ollivier solo, nè solo Napoleone III, ma tutta la borghesia intellettuale francese, figlia primogenita, della. Rivoluzione, pensava che, instaurati gli immortali principii dell'80. la pace, l'eguaglianza, la giustizia avrebbero dominato senza, sangue il mondo.' E la Francia, madre delle nazioni liberate per virtù della sua parolo e delle sue armi, avrebbe ottenuto un primato economico e morale e politico, che le nazioni riscattate le avrebbero volentieri largito come un appannaggio di filiale gratitudine. Emilio Ollivier, quest'apostata proverbiale, ebbe una fede costante. E questa sua fede risale nientemeno ai 1848, all'anno ventesimo terzo di sua vita. «Tutto quel che fortifica e ingigantisce la barriera che separa la Francia dalla Russia piace alla nostra politica ; tutto ciò che unisce, e. consolida, lai Germania divenuta liberale consolida anche, la Francia, e. le c vantaggioso r. profìcuo», r.d ancora: «La Repubblica rispetta le nazionalità straniere come intende far rispettare la sua, non intraprende guerre di conquista e non impiega le sue forze contro la libertà di nessun popolo ». Emilio Olliver abbandonò più tardi la repubblica, ma non abbandonò giammai la sua fede nel principio di nazionalità. PoUu-Asitai-ft — nftj» r.niiai'iAv^»*'.*.^ -»*. t-»w tica interna — quando si trattò dell'Italia con Roma capitale, non esitò mai per la Germania. Poco prima della guerra diceva, vantandosi, al corrispondente della Gazzetta di. Colonia-*« io sono tra i francesi, che. possiedono un'intelligenza completa ed intima dell'intensità del movimento tededgt sco » Fu dunque la vittima di un pregiudizio ideologico. Ignorò la realtà viva ed effettualo della storia per seguire una sciocca ma non ignobile chimera. Subì la funesta illusione dietro alla quale, mutati di poco i termini, farnetica molila brava gente nostra contemporanea, fermamente persuasa, che la vittoria del proletariato eliminerà le competizioni di nazioni e di razze. Più per un facilone ottimismo che per ciarlatanesimo arrivista, sottopose la ragion di patria alla ragion di parte, la sua coscienza di cittadino francese a Me sue ubbie di borghese ideologo. Tale fu il grave ma non ignominioso peccato di quest'uomo esageratamente celebre, che raggiunse onori troppo superiori al suo merito per subire vituperii iniqui ed immeritate calunnie. Fu un segno dei tempi piuttosto che un personaggio storico. Capitato quasi casualmente al governo nel momento in cui scoppiava una tragica crisi, parve un protagonista della storia. Ed era una comparsa, cui ne troppa lodeconveniva, nè eccesso d'infamia. Visse ottan-totto anni per governare sette mesi, e,quasi sempre ragione; ma nè lui nè i suoicalunniatori compresero la sua vera colpa. Sia pace all'anima sua. oer difendere-ette illesi scrisse «ua*i un'En-pet auenaere sene mesi, scusse qua.1 un tu ciclopedia. Contro i suoi calunniatori ebbe ySaHtà. di attività di volontà di ..virilità, di rancore, d eloquenza c di >iren.ia quale l profilo dell'uomo pubblicato dal "Journal,, Parigi, 20, notte. Il «Journal», che esce domattina, cosi ommenta la morte di Emilio Ollivier: «»j:|ogna sperare che 1 ex primo ministro di Napoleone III, l autore dell «Impero libera- e», l'uomo sovraccarico degli errori d; un | ii ru Emilio Ollivier, bisogna sperare e credere che egli non si sia accorto di morire. Egli è stato sottratto tutto ad un iratto alla ua interminabile difesa, alla sua opera immensa, alla sua esistenza quasi senza fine. Ad 88 anni passali, in un movimento oraorio che era commovente, celi scongiurava a fatalità (io parlo della fatalità che uccide) di .vegetare ancora alcuni sciargli il tempo di sbarazzar* mici morti già da lungo tempo, nni e di la-lei *uoi ne-du cosi, i f i:„„kii» niocrìiAvnlo «or-ungo tempo! Infaticata e pjf^v?»ridente, estendeva la sua attività tm* 'polemica alla sua inazione di uomo eli »ta-o. Conservando una verve indiavolata euna mirabile lucidità di mente. Emilio Olii- tenero pcr sè e duro e aspro per glialni' sopravviveva da lungo tempo lettera-«ttrl. »up sua.opera) S1£ storia efonava gli altri ad girarlo par la suavirtù di .uomo di battaglie, per i mài occhiineguali sotio i tjtói 0«WéS «1» dgtìlaBt*, per il suo sorriso rassomigliante ad un colpo di spada e per i suoi favoriti di argento vivo ». Il «Journal», dopo aver magnificato là vita di Emilio Ollivier ed aver parlato del- j la politica e della parte avuta sotto l'im-!pero napoleonico, cosi continua: |«Era ammirevole: calcolatore, annnini-stratore, oratore, scrittore; il più line degli iuomini con qualità di dominatole e di coni-! lo riguardava, la carta dell'Europa e del'inondo, sacrifico i suoi rivali, i suoi sue- cessori Aussmann, Palikao, Macmahon stes-[so, rimpei'Ais*»* aW j| principe Napoleone e.muore dopo vfflu er^rmi volumi della sua-difesa e dellii sua requisitoria. I'« Impero li-'berale». Egli muore con la penna in mano davanti a piani strategici fatti e rifatti senza !aver perdonato che a Bazaine. Egli muore a ,Samt-Gervais-Les Bams nell'alta Savoia,-|dove era da !.. gionu senza inquietudini con ,la sua signora che aveva sposato nel i9:|genero dell'immortale pianista Liszt e cogna-'to di Riccardo Vagner».