Un vecchio scrittore politico

Un vecchio scrittore politico Un vecchio scrittore politico Una collezione di scrittori politici, ch9 si Viziasse con gli italiani, antichi e moderni, ■ ad allargasse agli stranieri, francesi, inglesi e tedeschi, italianamente tradotti, non sarebbe ormai in Italia, in questo ridestarsi di cultura e di curiosità e di tendenze politiche, impresa destinata a scarso successo. Sarebbe anzi una bella e buona iniziativa, alla quale il favore del pubblico risponderebbe, crediamo, prontamente e largamente. Gli stessi studi storici ne trarrebbero profitto, in particolare per quel che riguarda il Risorgimento; la storia del cui pensiero, in certo senso, è già stata scritta da alcuni Hi coloro stessi che vi presero parte. La reazione, il gesuitismo, il federalismo, il liberalismo, i'1 radicalismo, la rivoluzione, furono mei nostro ottocento altrettante correnti ideali, correnti di cultura e di pensiero, manifestazioni critiche della complessa coscienza italiana, forine svariato della mentalità pubblica che assunsero tutte la propria espressione letteraria im questa o quella opera La nostra rivoluzione fu il prodotr tp di una minoranza che non agiva senza riflessione, ma a ragion veduta; che aveva coscienza di ciò che faceva e voleva; che argomentava, deduceva, concludeva. Nelle sue direttive il Risorgimento fu un moto intellettuale, un complesso di moti intellettuali; una sintesi di concezioni.elaborate e razionali. Gli scritti prepararono la via agli avvenimenti, la Giovine Italia creò la' mentalità e la sensibilità rivoluzionaria, il Primato antìcipo il '48, il Rinnovamento illuminò dall'alto il processo dell'egemo- nia piemontese, il Memorandum e gli Avvedimenti politici del Solaro della Margherita misero in luce gli sforzi e le ragioni della opposizione conservatrice e antico-regime, e così via. Balbo, D'Azeglio, Ferrari, Cattaneo, furono i pensatori, i filosofi, i letterati di singole scuole, i capi di singoli partiti, gii organfezatori di siingoii gruppi ; e i loro princàpii costituirono nel paese altrettante scuole; i loro scritti iniziarono il pubblico a un modo o all'altro di sentire, di ragionare, di agire; formarono la coscienza, la tradizione, indirizzarono le volontà, i propositi, fiesarono gli ideali, accesero intorno agli ideali il fuoco delle passioni. I nostri storici del Risorgimento si occupano poco della cultura politica del Risorgimento: intorno alla quale abbiamo un solo libro di critica larga e comprensiva, quello del De Banot»; ma fra le opere del De Sanctis non è la migliore. Bisognerà dunque ricominciare da capo: allato alla ricerca dei fatti, condurre avanti lo studio delle idee, ricreare in .noi criticamente quella coscienza riflessa del Risorgimento ohe i nostri padri ebbero pure in metro alle ansie, alle inceriexse éWl'aàione. In attesa della auspicato collezione politica, la Biblioteca di cultura moderna del Laterza e la Biblioteca storica del Risorgimento italiano diretta da T. Casini e V. (Fiorini ripubblicamo due opere di quel Ferdinando PetruocelJi Dela Gattina, ohe, oggi quasi dimenticato, fu melila seconda metà dell'ottocento « un de' più efficaci, originali, vibranti e sfolgoranti scrittori del tempo »: ifi rivoluiione di Napoli nel 1848, a cura di Francesco Torraca; e 1 Moribondi del Palano Carignano, a cura di G. Fortunato. La prima, pubblicata la prima volta nel 1850, quasi non si trovava più ; la seconda circolava raramente in una cattiva traduzione irta! francese, che il Fortunato oggi ha rive'duta, corredandola di una sua prefazione ^notevole e di una commemorazione del bizzarro romanziere, politico, cospiratore, dejputato, giornalista, ritrovata fra le carte ''detto storico Racioppi. Il primo volume è 'per gli studiosi. Opera giovanile, ridondan!te di enfasi letteraria, di astrattezze e sentenziosità alla Quinet, (il Petruocelli fu 'in fatto di letteratura politica, il vero .maestro dell'Oriani), non ha che poche paigine che parlino al lettor comune con una eloquenza propria. Qua e la sprizzano le •prime scintille di quell'ingegno vero di scrittore, che si affermerà nei Moribondi. ■ Non è carità ed accorgimento, scrive l'autore presentando il libretto, far passare tra i ferri dette prigioni un volume che parli di speranze, ohe rammemori gli sforzi dei generosi? La disperazione condurrebbe al suicidio il prigioniero, il quale si sente morire sul sue putrido pagliericcio, il galeotto cui tormenta il peso delle catene se si persuadesse che il suo supplizio è una voce senza eoo, che al di là di quelle mura d'inferno non vi ha neppur uno che si sovvenga di loro, che fuori dell'uscio fatale hanno lasciata ogni simpatia ed ogni ricordanza » Notevole questo sguardo complessivo sulle incerte tendenze del Risorgimento e il conseguente giudizio sul Gioberti. « La rivoluzione italiana ha avuto funesto successo po si t.i-vamante perchè non ebbe dal bel principio un'idea fondamentalmente spiccata e larga, e non se me fece il programma fedele, Gli spiriti (restarono indecisi: i partiti sorsero, e quindi la fatai vanagloria di farli trionfare: le ambizioni cominciarono a travagliare, le suggestioni occulte a calmi \ niare ; ed allora sino il principio vitale del la indipendenza e dell'unità d'Italia fu di stornato, fu affiacchito, fu creduto chime rico ed impossibile. E questa è la sventura suprema che Italia non perdonerà giammai a quel ristucchevole sofista di Gioberti ». Non si deve dimenticare che queste linee furono vergate nell'esilio, mentre l'Italia giaceva ancor del colpo datole dalle illusioni del quarantotto, l'anno classico del confusionismo politico italiano. E accusando i siciliani di avere nel '48 ceduto a improvvidi impulsi di regionalismo, il Petruccelli scriveva giustamente: « Non trattatasi di restituire l'autonomia alle diffelenti provincie d'Italia: trattavasi di ricomporre 1 Italia una ed intera quale era usciU dalla mano di Dio. No trattavasi di avere una costituzione oetroyie nel 1812 piuttosto che nel 1848 : trattavasi di far sorgere dal seno del popolo quella forma dgoverno che meglio gli fosse piaciuta, guarirci radicalmente dalle schifose piaghe della monarchia, e delle difformità sociali che seco trascina ». B. Peto-uccelli era di fede repubblicana; ma venuto in Piemonte, entrato in Parlamento, si potrebbe dire che fu un oavouriano di sinistra. Non era, non poteva essere settario. La sua concezione demovimento italiano era, in sostanza, tutta liberale: appunto in quanto era riflessa e dialettica. « Cento antitesi, egli scrive neMoribondi, — danno la stessa grande tesi dell'unità nazionale, espressa in questo teorema, che si chiama Parlamento italiano. I partiti sono vivi, gli interessi pronunziatile passioni accese, le titubanze legittime, le impazienze logiche... ; e le ragioni del climadel suolo, della latitudine, della topografiadella etnografia, scoppiano da per tutto ma dall'iute di tanti contrari, di tanti opposti, nasce pure quella temperatura mediache si vede poi regnare nell'atmosfera delle nostre discussioni parlamentari ». Scrittore, politico... posson parere parole un po' grosse, che non rendono bene il nostro giudizio. Il Petruocelli era un giornalista di razza. Questi Moribondi del palazzo Carignano, eon la raccolta d'una decina dlettere da lui inviate alla « Presse » ne1862, per rendere conto al pubblico francese dello stato attuale della Camera italima. Solo che il giornalismo del Petruccettè pieno di senso storico, poiché l'uomo era riflessivo, portato alla osservazione naturale dei propri simili, e la coscienza di scrittore dava peso all'espressione dei suoi giudizi. Chi cerca di scrivere bene, deve, per forza, cercare di pensar bene, di veder giusto, di definire il più nettamente possibile il proprio pensiero, il proprio giudizio. » Io credo, — dice il nostro, — poter giudicare uomini e partiti con imparzialità. Avendo per dodici anni vissuto in Francia e in Inghilterra, sono oramai straniero a molte passioni, e indifferente ad ogni rivalità. Essendo quasi il solo repubblicano della Camerae un repubblicamo che non ha idoli, Mazzini o Garibaldi che sia, e non ha nessun partito preso come l'amico Giuseppe Ferrari ; non vedendo alcuna prossima probabilità di successo al mio ideale, alle mie aspirazioni: io assisto atta lotta dei partiti con la maggiore calma, e giudico il conte dCavour, Mazzifai, Garibaldi, Rattizzi), e persino il cardinale Antonelli, come se essnon appartenessero al nostro tempo, come se noi, invece, fossimo la posterità di fronte ad essi ». Si sente subito l'uomo in cui principii hanno cessato di essere vivi e operanti,- il politico fermatosi a mezza! via, irepubblicano di un giorno, che non crede più alla repubblica, ma che non vuol sentirsi chiamare monarchico, poiché in questo mondo si vive 'un poco di idee e un poco dformule e di parole. Del resto, il Petruccellquando fa la psicologia detta Sinistra parlamentale tra il '61 e il '62, fa un poco anche la propria. Si legge questo tratto, che non potrebbe essere più acuto: « La Sinistra italiana ha forti individualità, — non un solo uomo di Stato... I deputati della Sinistra italiana sono, in grandissima maggioranza, degli uomini d'azione, i quali, non essendo mai giunti a trionfare, non hanno mai avuto agio di sintetizzare le loro ideeNon si pensa, non si riflette se non dopo il combattimento. Or la Sinistra italiana si è sempre battuta, ha sempre armeggiato contro tutto e contro tutti, — avendo per mèta l'ideale, e non essendo priva di capi e di programma; ma non ha mai vinto, non ha potuto mai mettere a prova nè i capi nè il programma ». In realtà l'onorevole Petruccelli siede a sinistra quasi, per poter meglio ammirare la fortunosa accolta degluomini di Destra. «La politica italianascatta a un punto il nostro repubblicanoquale che essa si sia, è tutta d'un pezzoUn solo uomo l'ha concepita e la dirige, ed egli raccoglie la fiducia dell'Europa. Cavour è investito della dittatura della maggioranza legale della nazione, e il re stesso, con più o meno buona grazia, vi si rassegnaraccogliendone, del resto, candidamente frutti ». «Il Conte di Cavour, leggiamo sotto la data l.o maggio 1861, è senza dubbio il terzo uomo di stato di Europa, insieme con lord Palmerston e l'imperatore Napoleone. La perdita di lui, nelle condizioni presenti, sarebbe per l'Italia una sventura irreparabile. La sua forza è nei suoprincipii; egli non ne ha alcuno d'inesorabilmente determinato ». .« H conte di Cavour si comporta nella Camera assolutamente come se la Sinistra non esistesse, co me se egli fosse nel suo salotto, in casa suatra suoi familiari, — specialmente se è annoiato. Egli parla, ride, volta indifferente mente le spalle a' colleghi, si accoccola, sba diglia, tormenta col tagliacarte il velluto detta tavola, fa epigrammi... ; se fosse in America, appoggerebbe i piedi sul bancoEgli non vede là se non la Maggioranzala sua Maggioranza, — che è quanto dire gli amici a tutta prova, i seguaci, i confidenti ». Rivedendo questa lettera un anno dopo, pei- ridarla alle stampe, il Petruccelli, osservando il presente e intuendo a fondo l'avvenire, scriveva: « La eredità chCavour ha lasciata non è confusa, ma la gestione ne è difficile. Egli aveva messo in moto l'energia italiana sotto tutte le forme— parte per muovere di concerto con luiparte per resistergli. Tutte le file, aggrup paté nelle sue mani, rispondevano a tuttle funzioni della vita italiana. Lui sparitouna specie di paralisi ha invaso il corpo sociale della penisola. Si è perfino creduto inutile, dentro c fuori la Camera, una qualsia si opposizione al Governo... L'Italia si fama forse più per gli errori dei nemici chper op«a. ji^gl i amici. Vivente Cavour, a» il contrario ». Ed è vero. Morto Cavour la politica italiana assume non so che di opaco ; la stessa serietà morale degli uomini di destra, così ricca di meriti, rimane sènza splendore. >' • v - ' Al grande concetto unitario succede .l'applicazione dell'accentramento amministrativo : ed è provvedimento attuato di forza, di necessità, accolto senza persuasione. La lotta poderosa di Setta contro il dèficit poteva avere almeno il suo quarto d'ora' di popolarità, la sua fiammata di entusiasmo, considerando che in effetto quei sacrifici permisero all'Italia di consolidarsi a nazione. Niente. Intorno a Quintino Sella non risuonano che le bestemmie; di fronte alla Destra la Sinistra impreca alle tasse, ma con quale programma? Nessuno lo sa. Una tradizione militare magnifica cominciava a; formarsi in quasi tutta Italia dopo il sessanta. Milano, Pavia, Brescia avevano fatto cose degne dei secoli guerrieri. Decine di migliaia di uomini avevano veduto da.vicino, o fatto, la guerra; chi con Garibaldi, chi con La Marmerà, chi con Cialdini, chi con Govone, chi con Pianell. Tutta questa educazione militare, questa preparazione, va a far capo a Custoza e a Lissa. Setto Cavour, tanto i regi quanto i rivoluzionari avevano sempre vinto le loro campagne. Ma tornando ai Moribondi, sono osservabili del Peti-uccelli molti altri giudìzi e non pochi ritratti degli uomini, dopo Cavour, più eminenti; quali Rattazzi, Ricasoli, Minghetti, Farini, Depretis, Lanza, Brofferio ecc. ecc. Ecco uno schizzo di Crispi: « Crispi ha l'atteggiamento più aggressivo, e, quando si eccita, rompe la monotonia della Camera. Allorchè si alza per parlare, parrebbe volesse tirar fuori dalle tasche Un paio di revolver/:. Ho udito dire al Minghetti di averne paura ». Ma dove il Petruccelli non s'appaga di i schizzare » ma vuol ritrarre e disegnare e colorire, ci dà un Crispi così vero e così vivo, che i crispini di oggi si potrebbero speccliiare in quelle pagiuette, a mortificaziome della loro baldanza, a chiarificazione dei loro nebbiosi giudizi. Crispi che. del '61, a chi gli domanda se sia mazziniano o garibaldino, risponde : « no, no, io sono Crispi » ; sentendo di sè con un orgoglio che durerà per dei lustri sempre senza successo; quel Crispi che presunse emular Cavour e non riesce neanche a sostituire Rattazzi, è fissato dal Petruccelli con occhio sicuro. Politica a parte, l'osservazione degli uomini era piena di gusto per il nostro, t Provavo, scrive, una specie di fascino nello studio di questoriunione di quattrocento italiani, mossi da tutti gli angoli della penisola... Non ne conoscevo quasi alcuno: ero, a un di presso, isolato. E,mi bisognò, da prima, indovinare, leggere a traverso le fronti mute e discrete i pensieri ardenti, i vari ed aspri desideri di ognuno. Ogni parola che cadeva da un labbro, valeva per me una rivelazione : mediante un assiduo lavoro psicologico,, io giungevo a scorgere le relazioni di quella parola-col cervello di colui che l'aveva profferita ». Il vero interesse di questo libro è dato dal suo contenuto umano, dalle sue scoperte e notazioni psicologiche, da quei tratti di malizia che sono vivacissimi nel Petruccelli. Al quale manca, b difetta, l'arte di dare sviluppo ampio alle idee, di svolgere armoniosamente ed eloquentemente, i-propri spunti ideali. E' uno scrittore incisivo, tagliente, rapido, a scatti, a sbalzi; e non mai ritratta così nettamente un uomo come quando lo corrode. E' nel suo stile non so che di acido, che par debba bruciare la carta. Le sue pagine migliori, raccolte in questo volumetto, fainmo pensare a una galleria di acqueforti, nella quale pare ancora di respirare l'aura di un tempo sacro alla . nostra memoria- LUIGI AMBROSINO F. Petruccelli • La rivoluzione di Napoli nel. ISìS. - Nuova edizione a cura di F. Torraca. Roma, Albrigbi Segati. — Io. / moribandi del palazzo Curianaiio. - Nuova edizione a cura di G. Fortunato. - Bari, Laterza