Per la Piazza dell'Erbe

Per la Piazza dell'Erbe Per la Piazza dell'Erbe 1 La Cassa di Risparmio 'di Verona vuol costruir* un palano: « che sorga a Piazza dell'Erbe. Ma, come sapete, le mura ombrate dal fiato dei secoli hanno molti devoti : o questi (reiterano per il mercato veronese il loro dolente scongiuro. Perchè proprio a Piazza dell'Erbe? Verona c vasta e certo dove avere un altro sito che l'accia al caso vostro: trovatello e lasciate alla piazza, che è ira lo più pittoreiwhe del mondo, i Lineamenti cari a tanta gente. Ma no ! anche ai depositanti e agli scontisti piace la stridula armonia pittorica degli ortaggi luminosi icontro le pietre oscure e dei bianchi ombrelli spalancati ai piedi delle case trecen< tese he dalle linee salienti. E hanno giurato ' di godersela, fra un incasso e un pagamento, dai balconi della futura dimora con ascensore e calorifero. Seasantacinque artisti .sono insorti protestando contro l'intrusione di un edifizio innovo iu una piazza pregiata per la eua perfètta vetustà: la Banca ha ri- sposto mettendo assieme altri trenta artisti che si contrappongono ai sessantacinque. Senza far torto a nessuno, non sembrava che quest'ultimo gruppo fosse il più autorevole : qiiand'eoco che, a sostenerlo, s'aggiunge il Collegio Veneto degli Ingegneri. Alla cui radunanza non saranno mancati, io spero, gli artisti insigni cui Venezia deve i suoi recenti splendori edilizi : il glorioso autore del Buonvecchiati avrà forse temuto la presidenza. Chieggono infatti quegli ingegneri che « ....sempre e dovunque il rispetto e la re« verenza verso i monumenti antichi non < tolgano la possibilità alla costruzione di « opere nuove... che possano essere consac orazione Sincera di nuove, forme artisti* che ». In pari tempo i trenta artisti consenzienti affermano che « solo l'incapacità c di concepire nuove forme di bellezza può c far ritenere che il genio artistico contiem« poraneo nulla possa aggiungere alle gloc riose tradizioni delle età passate ». D'accordo, d'accordo ! Se non che per ciò appunto si poteva sperare che un genio cosi fecondo di « nuove forme di bellezza », avrebbe disdegnata la commissione di un edificio subordinato per norma di concorso alle < esigenze artistiche a.di un'antica piazza : d'un edifizio che dev'essere insomma rifacimento di vecchi motivi architettonici, opera cioè di scenografo o di accademico più che di creatore libero e originale. Se mi sentissi nel petto tanta strapotente originalità creatrice, ee fossi capace di costruire, come dicono gli ingegneri del Collegio Veneto, opere nuove eh* ( sinceramente consacrino nuove forme » •— un'opera ohe consacra una forma è un prodigio stilistico anche per un architetto stile Biviera-Palace — rifiuterei la commissione di un equivalente architettonico del finto pezzo di scavo ammaccato con metodo e patinato con gli acidi per esser venduto all'americano. Vorrei spazio libero e sole e luce tutta per me, sì da sviluppare linee e volumi a modo mio ; e per piazza dell'Erbe non ci passerei nemmeno per paura che la lebbra dell'imitazione non mi s'attaccasse. Poco discosto dalle vecchie case che si vo gliono abbattere, il restauro della Casa dei Mercanti ammonisce a diffidare dell'inclinarione a contraffare l'antico o a rifarlo. Che il passato viva come passato e stia col passato ! Questo è il modo migliore di assicurare la libertà del futuro. Da secoli la fontana di Berengario e la tribuna scaligera ragionano sommessamente con quelle povere vecchie case. Al palazzo nuovo io penso che opporrebbero un fiero silenzio: e la piazza che paria con tanta eloquenza popolana, ghi•j f^ùn*, ammj^ljwbj». Di per « non è un capolavoro nessuna 'dì quelle case: ma ciascuna è un tratto del volto'della città che c, sì, un capolavoro. Più che dalle meraviglie del genio individuale elencate alla Minerva, i cuori aperti alla storia sono esaltati da queste discordie di linee spontanee che i secoli poterono armonizzare perchè serbassero e trasmettessero il loro segreto. Ira bellezza di Venezia splende a Palazzo Foscari o alla Ca' d'oro ma traluce più tenacemente nei rii e' nei campielli dove non passarono mai i Lombardi o il Sansovino. Se volete apprendere perchè, nel cuore di una città medioevale italiana, sia prudente di non abbattere nè anche un ghetto, andate a Firenze: tra la Signoria e il Duomo, un mucchio di rovine' vi parrebbe meno triste cosa che non la trionfale scimunitaggine della piazza Vittorio Emanuele. E non sofistichiamo con la pulizia e l'igiene che non c'entrano; viuzze e casupole sono pulite se vi dimorano uomini puliti, mentre un popolo sudicio riduce a letamaio i quartieri nuovi che si fanno per incivilirlo. Prima ancora che la calce si fosse rasciugata, le linde ampie case del Vasto a Napoli eiramo fatte luride quanto gli abituri demoliti di Baeso Porto : mentre sono nitidi e accoglienti gli antichi vi colatiti ritorti che sbucano sulla piazza dell'Hotel de Ville a Bruxelles, e nelle loro stanzette basse e affumicate sono trattorie più signorilmente servite che non le migliori di Roma. Oli edili che hanno sconciato le più belle città italiane col pretesto della nettezza, avrebbero allargato la Rite du Hareng rompendo un'armonia storica ed estetica: ma senza rimuovere un sol torso di cavolo, per la loro incapacità a organizzare un servizio di spazzamene c a far rispettare i regolamenti della pulizia urbana. Come tanti altri mali nostri, questo vandalismo metodico è mal francese. Ritracciando contro la storia il piano di Parigi, il barone Haussmann ci ha insegnato come si cancelli la fìsonomia tradizionale d'una città. Occorre soggiungere che alla sua scuola non abbiamo in pari tempo appreso come si faccia a dargliene una nuova? Basta ricordare che per molti anni il nostro Pare Monceau o stato l'Esquilino o i Prati di Castello. Ora si costruisce con più gusto, si armonizzano con un senso nuovo la pietra, il mattone e la pianta : i nostri architetti giovani hanno visto Charlottenburg. Orbene la Germania che insegna a fare il nuovo, rispetta scrupolosamente, quasi con fanatismo, l'antico. Innumerevoli sono gli obblighi e i divieti d'indole estetica imposti in Germania ai proprietari e costruttori di stabili cittadini. Un edile di Bothenburg o di Norimberga non porterebbe certo il piccone su piazza dell'Erbe. Ma si può ritenere che il popolo il quale ha compiuto la più vasta e subitanea trasformazione industrialo che si conosca, intenda le necessità edilizie della civiltà presente un po' meglio che non la intendano gli avvocati e i possidenti di campagna che governano nei nostri comuni. I quali avvocati e possidenti si 6ono mostrati più volte capaci di smantellare.il campanile di Giotto per dar luogo a un monumento vespasiano che portasse incisi i loro nomi a perpetua ricordanza di così illustre consolato: ma è da ritenersi che non abbiano alimentato nè con l'opera nè col denaro il rinnovamento industriale del nostro paese. Infatti le città dove più modernamente si lavora e si vive son quelle che hanno patito minori devastazioni : intendendo per devastazione la demolizione non indispensabile : la distruzione ad esempio del centro fiorentino o il rifacimento di piazza dell'Erbe, non l'abbattimento di Santa'Lucia o di Villa Ludovisi che non si poteva non fare. La verità è che vi sono nello nostre classi dirigenti molti valentuomini che demoliscono per demolire: per brutale malvagità, o per odio del passato, o perchè si sentono capaci di rifar tutto da capo avendo la fortuna di ignorare totalmente ciò che è stato fatto prima di loro.. Per costoro la storia d'Italia comincia dal giorno della loro licenza liceale. Come potrebbero rispettarla ed amarla? BERQERET, piazza delle Erbe Verona

Persone citate: Biviera, Esquilino, Foscari, Haussmann, Mercanti