La via d'uscita

La via d'uscita UH liOTTfl HGf*fl$Ifl fi E li FEHSflHESE La via d'uscita (Dal nostro inviato «pedale) FMRARA. lo(Ho. 1 danni che determina una pletora 'di mano «l'opera inoccupabile sono complessi e gravi. Più che nella tassa che inconsapevolmente stabilisce sui proprio ramo di produzione, più che nelle sofferenze che costa ni disoccupati, la sovrapopolazione lavoratrice 6 funesta, perchè ritarda la soluzione fondamentale del proprio problema. Abbiamo veduto questo fenomeno, nitidamente scolpito nel porto di Genova. Poche centinaia di lavoratori nelle merci varie in eccesso agli stretti bisogni del commercio determinano una serie imponente di complicazioni e di guai. Una soluzione radicale non fu mai tentata: si attende dalla lenta opera del tempo l'adattamento del lavoro alle condizioni ed alle necessità dell'ambiente. In provincia di Ferrara l'eccesso della mano d'opera agricola in confronto alle esigenze attuali della coltivazione è im-i melicamente più grave. Vivono abbarbicati al Ferrarese migliaia di avventizi, che la leggo economica dovrebbe spingere altrove. Una oscura legge psicologica, più potente, li tiene fìssati a questo suolo. Le Leghe li hanno organizzati; Alcune campagne di guerra..contro i proprietarii felicemente riuscite hanno considerevolmente rialzato le loro mercedi. 1 lavori di mietitura e di raccolto, in cui si deve ricorrere alla loro cooperàziòne, sono oggi pagati quasi il doppio di ciò che erano pagati Tuindici anni fa. Sul prodotto di questo lavoro breve, concentralo, intenso, l'avventiziato è costretto a fondare le basi principali del suo sostentamento per l'intera annata. Si comprende immediatamente come sia anormale ed impossibile un simile stato di cose. L'uomo che si nutre tutti i giorni deve lavorare tutti i giorni. In mancanza di lavoro continuo, deve farsi pagare di più l'opera saltuaria che gli è richiesta. E' ciò che avviene nel Ferrarese. Le Leghe sono costrette a richiedere continui aumenti di salario, perchè il lavoro di cento giorni paghi, sia pure miseramente, il nutrimento per i trecento e sessantacinque giorni dell'anno. Finora esse si sono limitate alla richiesta di aumenti di mercede o di compartecipazione. Se In crisi perdura, se lo squilibrio fra domanda e offerta di mano d'opera non si compone, dovranno chiedere il turno di lavoro, perchè la maledizione della disoccupi,z:one si distribuisca equamente su tutte j le teste. Abbiamo visto a Genova quali ma-1\il porti' con" 'sTiTturao di "lavóro, "applicato Ipor il beneficio, si noti, di poche centinaia !di lavoratori che si hanno in più del neces- ffsarto. Immaginiamo ciò chi; avverrà nel Ferrarese, se le Leghe avranno la forza di imporre questo vizioso correttivo della disoccupazione. Che si vada per questa strada è evidente. A Massaflscaglia lo sciopero fu determinato da una questione che involge precisamente il principio della distribuzione del lavoro al proprietari per parie delle Leghe. Gli agrarii, consapevoli • dell'immane iattura che sarebbe per loro il trionfo di un simile principio, hanno accettato lo sciopero, hanno preferito che si abbandonassero le stalle, che si lasciassero inseminati i campi, che si lottasse all'ultimo sangue, purché la questione si risolva nettamente colla rinuncia delle Leghe alla nuova pretesa. Ed hanno vinto.- Queste agitazioni continue, incurabili, necessarie, — perchè gli organizzatori dei lavoratori non hanno altro mezzo per assicurare all'avventiziato i mezzi per esistere, o meglio, per non morire — finché non mutano le condizioni essenziali dell'agricoltura non hanno altro risultato che ritardare la soluzione "del problema: perchè da una parte rinforzano quella tendenza psicologica alla sedentarietà; " che abbiamo risto essere una caratteristica dominante delle plebi rurali di questa regione, e daH'altra pongono la proprietà in condizioni sempre più critiche, e le lasciano un margine sempre più stretto di concessioni. Ora avviene che i proprietari, che sono agricoltori intelligenti, attivi, che hanno gusto a condurre e dirigere personalmente i loro fondi, e introdurvi tutte le migliorie e tutti i perfezionamenti tecnici più arditi e più moderni, scoraggiati dal ricorrere quasi annuale di queste agitazioni, che «convolgono i loro piani, turbano la loro Uanquillità anche privata, corrodono assiduamente il margine dei loro benefici, si 'stanno convertendo ad un nuovo sistema di sfruttamento della proprietà. Lo fanno a malincuore, perchè, come ho detto, amano essere in contatto diretto e continuo colla' loro terra per aver l'orgoglio di portarla a gradi sempre più elevati di produttività, ma si sentono costretti ad agire cosi, sotto la stretta delia legge irresistibile del tornaconto. Essi frazionano le loro vaste proprietà e le danno in affitto fiduciario. Alla figura classica del boaro si va lentamente sosti¬ tuendo la figura del riccolo affittabile. E' una forma d'affitto s«t generis, che conser- va le traccie delle cause che l'hanno de-! terminata. Il proprietario si riserva l'alfa manus nella direzione delle culture. L'affittuario è un esecutore degli ordini di massima impartiti dal padrone. Non credo che vi siano altre regioni in cui l'affittuario accetti questa ingerenza padronale nella conduzione del fondo. Il proprietario ferrarese, cosi geloso delle sorti delle sue terre, non ha voluto rinunciare alla soddisfazione di restarne al governo. Si è liberato dai rischi. Ha trovato un'assicurazione contro i danni delle agitazioni agrarie, contro la grandine annuale che si scatena dalle Leghe. L'efficacia di questa assicurazione è assoluta. Nel rapporti colle Leghe il proprietario non esiste più. Fra la Camera del Lavoro ed i proprietari si solleva ora lo schermo del piccolo fìtìabile. E fi piccolo fittabile chi è? E' il boaro, l'obbligato di ieri, il socio della Lega che forse ha dimenticato di dare le dimissioni. Contro di lui gli strali della Lega si spuntano. Non è un proprietario: è un povero diavolo, che ha arato, seminato, sarchiato coll'opera sua e dei suoi famigliari il piccolo podere: a cui sarebbe atrocemente iniquo, se non fosse quasi impossibile, incendiare il fienile, affamare il bestiame, vietare di mietere. Che armi resteranno alla Camera del Lavoro per dare autorità alle proprie domande in favore degli avventizi, il giorno in cui tutte le terre nuove siano frazionate e date in affitto ai boari d'oggidì? Gli organizzatori' del lavoro sono perfettamente consapevoli di questa tempesta che avanza. Uno dei capi del movimento nel Copparese mi diceva che 6 una rovina, contro cui non vede scampo. Michele Bianchi, l'antico segretario generale della Camera del Lavoro di Ferrara, è invece più ottimista: mi disse che i boari invitati dai padroni a diventar fittavoli, resteranno fedeli alle Leghe per averne aiuto contro l'ingordigia dei padroni, che tende ad elevare a livelli sempre più alti il prezzo dell'affitto. Credo che il Bianchi sia ottimista: è ben improbabile che un fittavolo, cioè un piccolo capitalista,, che avrà solo punti di attrito colle Leghe, possa restare ligio alla sua antica organizzazione. Quello che è certo, è che il movimento di stituzione della piccola affittanza alla boar'a 51 va svolgendo con una rapidità ffKTÌ^!! i^L^lKi* a a a a e di ettari che passano dall'una all'altra for ma di conduzione. Uno dei più importanti proprietari di Berrà, il signor Baruffa, audace campione del sindacalismo padronale, ha frazionato in piccoli poderi di 16 ettari ed ha affittato i mille e cinquecento ettari di sua proprietà a 97 famiglie coloniche. La grande e bella tenuta Zenzalino a Copparo, di mille ettari, proprietà del signor Pavanelli, è stata affittata al conte Manzoni, col programma espresso di frazionarla ed affittarla a piccoli fittabili. I proprietari minori, di 200, 300, 400 ettari che seguono questo sistema, non si contano più. E' una vasta silenziosa rivoluzione che si opera nella grande piana ferrarese, di ripercussioni incalcolabili. I lavoratori che possono diventare fittabili sono felici. La corsa ad un piccolo podere che sia offerto ad affitto è generale. Per un'offerta si hanno centinaia di domande. E si comprende: è l'istinto dell'uomo che porta a cercare l'aumento della propria libertà e delle possibilità di benessere. Contro questo istinto le Leghe hanno poco da dire. Devono piegare il capo, aspettando che la rivoluzione che sottrae loro, che mette contro di loro migliaia di lavoratori, si compia.- La conseguenza più immediata e più grave di questa nuova orientazione dell'agricoltura ferrarese, è un inasprimento dei mali odierni. La disoccupazione, già così sinistra, non ne è che accresciuta e invelenita. E si comprende. Un piccolo fìttabile, che lavorerà per suo conto esclusivo, darà al suo lavoro una produttività infìnitamen te più intensa: lavorerà al lume della lu na nei periodi delle opere urgenti, per risparmiare l'avventizio. Il risultato sarà che l'avventiziato avrà le sue fila accresciute, le sue già scarse giornate di lavoro ridotte, Per le migliaia di nuovi fittabili che staranno meglio, si avranno migliaia di avventizi che vedranno tragicamente peggiorate le loro condizióni. Questa sarà pejrò una situazione transi toria, non la situazione terminale e deli nitiva. La frantumazione della grande prò prietà, la riduzione dell'unità culturale, la surrogazione della piccola affittanza alla boaria, data la magnifica fecondità di que si terreni e lalto grado di perfezione raggiuntovi dall'agricoltura, per impianti e per metodi di coltivazione, avranno per risul tato certo un ulteriore e poderoso incre! mento di produzione, ed un aumento di ri¬e a o , i ì ee, à n u ie e, e, ante i i ò la a e chiesta di lavoro. Gli avventizi privati dlavoro dalla maggiore attività dei nuovi fittabili stabilitisi sui fondi dove è scomparsa la boaria, saranno alla loro volta assorbiti come fittabili nej poderi dove la 4rasformazio.no avverrà più tardi. La condizione essenziale è che ci sia posto per tutti, beninteso in ima forma rinnovata o progredita di sfruttamento desuolo. Oi està condizione esiste. I 260.'.t00 ettari di florida terra che costituiscono la parte coltivabile del Ferrarese possono facilmente nutrire i 90.000 lavoratori che oggi sopra vi vivono. Queste due cifre danno un rapporto di circa 335 lavoratori peogni mille ettari, che è un rapporto ben esigue e passibile di ampliazione, data la bontà di questo suolo. In provincia di Bologna il rapporto mollo giù elevato: di 376 lavoratori pe1000 ettari, in provincia di Rovigo di 378provincia, di Ravenna di 421, per non ci tare che le provincia limitrofe, dove le con dizioni di ambienti sono più simili a quelle del Ferrarese. L'essenziale è che si riduca considerevolmente l'unità culturale, il versuro di 30 ettari. Quando lo sfruttamento della terra era meno intelligente e meno intenso, 30 ettari erano indispensabili per la vita duna famiglia colonica. Ora il reddito unitario del suolo è molto aumentato. Dove c'era lavoro per una, oggi appena bastano due persone. La riduzione dell'unità culturale è adunque possibile. E' tanto possibile che incomincia ad es sere praticata su vasta scala." Come abbiamo veduto, il grande proprietario Amedeo Baruffa, che sta arditamente trasformai do la forma di patto colonico nei suoi im mensi possedimenti di Berrà, ha adottalo il podere di 16 ettari. Siamo precisamente alla metà del vecchio versuro. La conseguenza è che, sulle proprietà del signoBaruffa, invece di una cinquantina di famiglie di boari, sono oggi tranquillamente insediate cento famiglie di fittabili. Che questo procedimento si estenda a tutta la provincia, e l'avventiziato è ridotto a limitin cui più non soffre e più non nuoce. Anche le grandi bonifiche vanno orientando in questo senso la loro azione. Iloro programma massimo consiste nel frazionamento del latifondo. Grandiosi capitali sono incurporati ogni anno sul suolo a questo scopo. Per dare un esempio, la Società Bonifiche Ferraresi, diretta da elementi torinesi, da , parecchi. anni dedica 500.000 lire all'anno alla costruzione di case e di strade. Una delle grandi difficoltà che si opponeva allo stabilimento di una fitta popolazione sugli smisurati terrendella Società consisteva nella scarsità nel caro costo dell'acqua potabile. La Società, che si identifica, col nuovo Comundi Jolanda, ha poche settimane fa inaugurato uno splendido impianto di acqua derivata dai Po, del costo complessivo d450.000 lire. L'opera è stata compiuta mediante un mutuo colla Cassa Depositipagabile a rate annuali di 10.000 lire. Peformare le 10.000 lire anmje, il Comune dJolanda," cioè la Società Bonifiche, ha sottoposto i suoi 9000 ettari a una tassa d'un franco per ettaro, ed il suo bestiame a un'altrtassa in modo da completare la cifra. Tutte queste opere compiute con coerenza dpropositi e chiarezza di vedute, mirano auno scopo solo: a preparare il frazionamento del latifondo, e lo stabilimento, iuna grande quantità di piccoli poderi, duna folta popolazione di coloni indipendenti. Questa trasformazione, che è in piensviluppo nelle terre vecchie, nelle terrnuove di proprietà di privati e nelle bonfiche di proprietà delle grandi Società industriali, quando sarà compiuta, avrà dato guesti risultati: nei 100.000 ettari di terre vecchie, avrà raddoppiato il numero depoderi, portandolo a G.000; nei 50.000 ettari di terre bonificate avrà costituito 3000 po deri nuovi. Seimila poderi nuovi saranno sorti, chpotranno assorbire 25.000 avventizi. L'avventiziato attuale, ridotto del 50 0/0, dstribuito sopra upa zona di coltivazionmolto più intensa, potrà avere lavoro con tinuato e ben rimunerato. La questiono graria del Ferrarese sarà risolta. Le Lghe e la Camera del Lavoro avranno pipoco da fare. Avranno viceversa moltmaggior lavoro i 25.000 obbligati attuali i 25.000 avventizi che diventeranno piccofelici coltivatori indipendenti, nel podeda essi affittato, ed un giorno redento. Lprovincia di Ferrara aumenterà così sua ricchezza esistente e conquisterà unricchezza preziosa e nuova: l'ordine, l'quilibrio, la pace sociale. GIUSEPPE BBVIONE.

Persone citate: Amedeo Baruffa, Baruffa, Cassa Depositipagabile, Ferrarese, Manzoni, Michele Bianchi, Pavanelli

Luoghi citati: Bologna, Copparo, Ferrara, Genova, Ravenna, Rovigo