La notte in quadrato

La notte in quadrato lia conquista della I Cireo-alea centrale La notte in quadrato tr Pubblichiamo ancora questo capitolo del dia-rio di ouerra del nostro Mario Bassi riguardo alle operazioni di conquista della Divisione del generale Tassoni nella Cirenaica centrale. V nostro redattore riferiva nei capitoli precedenti il viaggio da.Merai a Marano, ai confini del territorio dei fieri belligeri Brassa, la conquista tti Siro « la conquista di Slonta, la capitale fdegli stessi Brassa. Giunta a Slontà ti 18 maggio mattina, la divisione Tassoni si scindeva in due Corpi: l'uno, la colonna comandata dal colonnello Valmasso, restava a presidiare il luogo; i'allro, composto delle colonne comandate dal colonnello Borzini e dal tenente-cotonnetto Begazzi, proseguiva per Sidi itfohammed ci Homri e Glicgab verso Cirene- Con Questo Corpo avanzavano anche il Comando della Divisione e il nostro redattore. La giornata di Cirene, colla quale si conchiuse poi l'impresa fu già ampiamente descritta dal nostro redattore nel primo telegramma Che egli ci inviò da Marsa Susa. Sldl Mobanmad el Henri, 18 maggio, ore 14,30. A' mezzodì abbiamo lasciato Slonta. Il ciclo era fosco di nubi: cadeva qualche rada goccia di .pioggia. A Slonta è.rimasto l'Ufficio Politico, diretto dal maggiore di Stato Maggiore Alfredo Bianco, il collaboratore intelligentissimo e infaticabile del cavaliere Piacentini nell'opera di penetraziono politica della Cirenaica; di presidio, è rimasta la colonna del colonnello Dalmasso. f<frtcdi un battaglione di ascari eritrei, di due battaglioni di alpini, di una batteria da montagna, di mezzo squadrone di • savari». Le colonne, che avanzano ancóra verso Ghegab e Cirene sono, quindi, quelle del colonnello Borzini e del tenèntecolonnello Regazzi: la prima composta dell'8.o battaglione di ascari eritrei, diminuito della seconda compagnia, dei battaglioni alpini « Alandovi » ed • Edolo », della batteria da anontagna del capitano Bellini, del mezzo squadrone dei cavalleggeri di « Lodi » del sottotenente Arno, del mezzo squadrone di «savari » del tenente Atanasio; la seconda, composta della seconda compagnia dcU'8.0 hatta- glione di ascari eritrei e della i.a del 4.o, delbattaglione alpino «Ivrea», della batteria damontagna del capitanò Tappi, e del mezzo squadrone di cavalleggeri di « Lodi » del tenente Carini: riparto, quest'ultimo, aggiunto ora alla colonna Regazzi, mentre prima- era aggregato alla colonna Dalmasso. Con le colonne Borzini e Regazzi viene, naturalmente, il Comando di Divisione, vengono tutti i convogli delle salinone, il cui comando generale è oggi affidato al capitano Giuseppe Saccomanno, del 49.o fucilieri, addetto al Quartier Generale. Appena usciti dalla conca di Slonta, ci avviammo in direzione di nord-nord-est, attraversò colline coperte di una bassa vegetazione 4 .cespugli, con vaste radure scoperte, con rare tracce di coltivazione. E cominciò sul nostro fianco sinistro una molestia insistente di schioppettate. Le colonne continuarono la loro marcia: al sottotenente Amò ed ai suoi cavalleggeri fu affidato l'incarico di qualche rabida scorreria oltre il fianco minacciato. Egli avanzava coi suoi uomini al galoppo, a voltavolta, per qualche centinaio di metri, spessoper uno o due chilometri, e tentava sorpren-dare e disperdere i gruppetti sparsi dei bedui-ni molestatori. 'Dopo averci concesso quel refrigerio delle poche goccie di pioggia, il cielo andava rasserenandosi; e la calura cresceva. E la marcia andava gradatamente mutandosi in ascensione, in una lenta, ma continua ascensione. Di collina in collina, di balza in balza, il terreno saliva: eravamo giunti al grande massiccio montano, che costituisco il nodo orografico della Cirenaica centrale, o lo stavamo scalando verso la sua vetta culminante. Il cipltano Edgardo Mago, del 22.0 fucilieri, esparUa*i<no topografo, che segue la Divisione appunto per 1 rilievi del terreno, annotava di altura in altura le variazioni del barometro. Tratto tratto' si scorgeva lontano, su qualche cresta, un cumulo grigio ferrigno di rovine, qualche angolo di mura semidiroccate: erano ruderi «di costruzioni romane, dei castelli che nei secoli andati dominarono queste regioni, allora lieta di ville, ricche di còlti, popolosa e felici. Verso le 13,30, le schioppettate, con cui gli sparsi gruppi beduini ci molestavano sul fianco sinistro, cessarono: forse era valsa contro gli aggressori qualche! bene aggiustata salve dei cavalleggeri del sottotsneuta Arno, forse essi si erano stancati di seguirà. E ì nscesa continuava. Il paesaggio intorno siendevasi senza molta varietà di pan-jvami': catene di colline verdi-gialle dilungavano con lenti on- , o a e i i , o a o - deggiamenti da ogni lato a perdita d'.ifeJiio, si confondevano ceruleo aU'wtrcmo orizzonte entro una incerta nebulosità di vapori leggeri. Da Pindaro a Leopardi Ancóra un colle da superrre; ed ecco ci nppajono le due vette supremo del monte, sc-|>a rate l'una dall'altra da una valletta con pareti rocciose, dirupate, profonda poche aiecine, di metri. La vetta di sinistra, rispetto a noi, che veniamo da suri. \:>\? a di ir. li veita occidentale, è più alta della sua sorella orientale di otto o dieci metri: pochi ruderi di mura, coronandola, si intagliano oscuri sullo sfondo del cielo, sullo sfondo di qualche huvola bianca che, spinta da un'alta corrente, trasvola sopra ad essi. Sulla vetta di destra, accanto ad altri ruderi, sorge un piccolo marabuto bianco. Abbandono il cavallo nella valletta, e raggiungo il marabuto salendo per un sentiero ripido e angusto, scavato nella roccia. La costruzione indigena non offre alcuna curiosità rara: tanto all'esterno che all'interno è simile a ogni altra costruzione l;dello stesso genere: quattro mura sormontate a da una «moietta tondeggiante. Una porta sa o ' o a , e r e i o i a coniata, in istile moresco, si apre in una delle mura. Entro nella camera intema, quadrata, con poco più di tre metri di lato, non rischiarata da altre aperture, nè finestre, ne spiragli, oltre la porta stessa, per cui accedo. Al centro della camera sorge un catafalco di legno, coperto da un drappo multicolore, logoro e sudicio. Sul catafalco, che probabilmente contiene il corpo del Marabuto, cui la costruzione è dedicata, il corpo di Mohammed el Homri, sono deposti i doni votavi: sacchetti di pelle contenenti un pezzetto di pergamena, su cui è scritto qualche versetto del Corano, lembi di stoffa, incensieri di bronzo o di stagno. In un canto della camera sono depositati alcuni aratri, aratri indigeni, di legno. Il generale Tassoni è salito anche egli, col suo Stato Maggiore, fino quassù al marabuto. Alle truppe è stato concesso un « alt » di un quarto d'ora. Qualche schioppettata echeggia, lontana, verso l'estrema coda della colonna, o • Sediamo presso il marabuto, tra i ruderi dcMla - diroccata costruzione romana, sulle pietre che - sanno i millenni e che a metà scompaiono e a i o tra le erbe e i pruni. 11 generale è di lieto umore: scherza con il capitano Isastia che, rimessosi dal lieve malore che l'ha afflitto nei giorni scorsi, oggi ha abbandonato l'automobile di cui si era valso ultimamente, per seguire le colonne in marcia, ed è montato a cavallo. Poiehò qualcuno si rallegra col ge¬ nleralo del suo umoi.-e giocondo, egli, sorridendo, afferma: l—Il riso è un bei letizio impagabile: è il Alo d'oro contesto n< ; Ila trama della vita. Gi* Vii godere l'ora che fugge rapida! troppo rapida! Oltre quest'ora, e la morte, la cenere, il malia!... Io penso all' 5 generazioni che si sono succedute, .innumera bili, su queste terre. Che rimane oggi di tanto , gloria, di tanta bellezza, di tanti amori, di ta nti odi, di tanti individui, dli tante passioni, di tanta vita? Rimane qualche pietra, mezzo ir tepolta: questo pietre, su cti'l noi sediamo, i iidif(erenti. A che cosa è giovato tutto il mah •. sofferto dagli uomini che qu;i vissero venti se coli fa,? A che cosa è giova ito il bene che c s si godettero? La civiltà di tutto un .paese e d i tutto un popolo, nell'infinità del tempo e -d elio spazio, è una espressione di vita forse non meno eflmera del bacio' in cui, per uri attimo di voluttà, si congiumgono due annuiti. Del resto, i saggi per cut. furono famosi questi luoghi, che caratterizzarono la civiltà'. qui Merita, non si illusero: edonisti spietati, t. scondo che Cicerone e Diogetre Laerzio ce ni3 danno notizie, affermarono chei il solo bene 1 lossibil»; consiste nel piacere:! «e buono cic> che pruduce in noi i maggloiri sentimenti r liaeevoll », affermava, senza preoccupazioni do I futuro., il grande Aristippo da 'Cirene. E a q 1 lesta saggezza, elegantemen to i tospesa tra ih cinismo e l'epicureismo, a questa saggezza noia parvo ispirata, informata la vita magnifica . 0 dolci] della città che noi ritroveremo dom; ini, cha ci apparirà una rovina immensa, tfe .nto più- triste in quanto che pur nella rovina, paleserà la sua magnificenza v imamente a e iperba! Il generale si •■ ilza dalla pietra'su cui si è brevi'mente riposato, 0 accende la - sigaretta, che .molto gli è < :ara, e ila l'ordine della partenza .. Egli, disct >rrendo con chi gli era intorno, esprimendo i sentimenti che suscita in noi il contempi r tre dopo secoli di abbandono e di .barbarie, cp lesto dei.erto sparso di rovine sublimi, rimaste sole superstiti a testimoniare tanto vigore e t anta bellezza di vita estinta, tanta gloria di « jivtltà sperduta, ha dimenticato un raffronto: il raffronto tra l'ode celebrativa d'i Pindaro , che esalta il valore di Telesicrati i, figlio di 1 Carnea de, circnese, vincitore a Pito. nella cor sa in arme, e le strofe leopardiane della « Ginestra1». Il (ebano re d'inni, proroi npe: « Telesi orate lo ve gito cani are dail eli] J30 di bro-izo: Riungendo con le 1 3raz:e dal pepli due ntl, vi annunzio che a Pito el vinse 1, e, felice, d'un sert 0 recinse l'equestre Cirene: Cirene, cui Febo ■ rhiomato,. dal gioghi del Pello rom- Ihanti di vento, un gioì no rapiva ; e l'ad« lusso, sovra aureo cacchio, (selvàggia fanciulla, ìli dove la fece s Ignora d 'un suolo ferace di greggi, I ferace di binde, che il t erzo poli ine del 1 mondo le fosse gradita dt- [mor.i... ». E il r. 'Oeta no Mro, do 1 nostro tempo e del uostro cui )re, vacando U;i le rovine delle civiltà sepolte, dolore€amente commenta: ; • j , •-—-<. 5; • ' Juestl c ampi F àr liete, vigne eicòltl, E biond!'g:giar di : sp che, e risonar» D. i muggì li d'armi >ntl; Fi ir giardini, e pai agi, A{ 'Jl ozt dei potenti Gì 'udito capino, e tur città famose... Or tutto intoi no Un a. mina, insolco A quoste piagge Ve: »ga ccJu!- che d'esaltar con lods * Il nostro stato ha in uso Di] tìnte in questa Tire S01 1 dell'umana i;ente «Le magnifiche sorli e progressive ». L'una e l'altra poesia, l'una separata daK l'altra as sai meno dai secoli che dagli opposti spiriti on de sono animate, si offrono naturalmente ed egualmente al ricordo di chi penetra, tra i . pu'imi del nostro tempo, in questo paese, cb * tanto fu felice c famoso quanto oggi e de serto e mirto. Ma lasc liamo lo rievocazioni poetiche. Urge riprender! s con buona, lena la marcia, che stasera, dobb iamo essero a Zavia Failia, ove solo potremo trovare l'acqua necessaria agli uomini e ai ?li animali,. All'i 1 diaccio *Va lo insidio Zavia Failia, 19 maggio, ore 8. Abbiami cominciato a discendere dalla vetta di Sidi (Mi >l lammed el Homri, verso le ore 15. Dopo una mezz'ora di marcia attraverso le colline deg r adanti verso il nord, qualche gruppo beduin □ , di cavalieri e di fanti, ha preso a molestai -( i con un abbastanza intenso fuoco di fucilerj a. sul fianco destro, verso la coda. La batteri a' Tappi è sostata, ed ha disperso i disturbato ri! con pochi bene aggiustati » shrapnel ». i ina, si cammina attraverso il paese ale di aspetti, di collina in collina, valle. La mia cavalcatura, questa : «Alcina», di pura razza berbera, dalle privazioni e dalla fatica: da (quattro ore non ha piti, bevuto, ha {tanto un poco di erba e un poco di ite gli « alt », ed è sel^a e mi porta dieci ore. Scendo per^òoncederle un iposo: e me la trasbino dietro, le ;atc al braccio, chiamandola e inciatto tratto con la.voce!..Gli altri anii colonna non sono nieglio di lei: giù. due n i nli del convoglio delle salmerie sono caduti, a i frani! dalla fatica e dalla sete, e non si s< >i io più rialzati: è stato tolto ad essi il carico. , i • sono stati abbandonati. Gli uomini vengono tiivanti per uno sforzo eroico di volontà, p' er thè ad ognuno appare che la necessità di ■ a.uanzarc e imprescindibile. 11 sole l'declina sull'orizzonte; tramonta; e noi caminir (ituno sempre, nell'ombra della prima sera, p- c v il paese ignoto. Calcoliamo che a quest'a ra abbiamo dovuto uscire dal territorio dei Br à ssa, dobbiamo essere entrati nel territorio degli Abeidat. Sorge la luna, una splendida 1 u na, che projetta luci ed ombre fantastiche g ul terreno. Mi accompagno al maggiore Calca; ;no, comandante il gruppo di artiglieria da me .ritaglia, e al capitano Bellini, comandante la I5.a batteria. Ci scambiamo poche, rade • . Qualche preoccupazione, per la marMjerssivamciitc prolungata, per la notte vauza e che può celare a ogni momento Ji.a, ci penetra, domina i nostri spiriti, , i-lic nessuno voglia dichiararlo. Ci passa ito, al trotto, il sotto-capo di Stato Mag- della Divisione* capitano Tellini. Ebbene, capitano, — gli chiedo: — quan ic ora di marcia? D ieci minuti! — mi risponde, con tono di evo. No! seriamente! ■Seriamente? Seriamente pare che la guiu-aba che ci conduce abbia smarrito la strati Iti! E dilegua nel bujo, verso la coda dello colono a seguito da un cayajleggsjo di Morta.pSi camrr. sempre egi; di valle in cosi vivace è domata quasi vent brucato so orzo durai da più di poco di, r briglie lec tandola tr mali dell parob eia i che a Finsi sen/.E . accai giore to ai sche: da t d Discutiamo coi miei più prossimi compagni di marcia questa notizia, che la guida 'ha smarrito la strada. No! il fatto norrè punto allegro!... Stiamo ora attraversando una valetta, con vasti campi e con qualche albero olitario, bellamente pittoresca, al lume di luna. E viene improvvisamente l'ordine di compiere una conversione a sinistra, una converione ad angolo retto. Passa accanto à noi, mentre convergiamo", il generale Tassoni, a cavallo, seguito da tutto il suo Stato Maggioe. Questo gruppo di cavalieri si scost|a dalla colonna, fuori del lato su cui si sta compiendo là conversione. E improvvisamentei contro di esso, nel bujo, balena e tuona una scarica di fucileria, a meno di cinquanta pàssi. Aluni uomini erano appostati dietro una piega del terreno; c vedendo avanzare il gruppo di cavalieri, costituito appunto dal generale e dal suo Stato Maggiore, hanno aperto il fuoco. Contemporaneamente altre • schioppettate chegglano dal lato opposto. Abbiamo per un momento ila sensazione di un avvolgirftento. Da ogni lato nembi abbastanza densi di proietti passano, sibilando lugnbramente, sula colonna, piegata, direi quasi .spezzata nel'atto della conversione. Ordini febbrili, gridati on voce concitata, corrono le file delle truppe delle sa.lmerle. Qualche" confusione si propaga, pericolosamente. — Si ripari tra i muli porta-cofani! —; mi ice rapidamente il capitano Bellini, poi che l. fatto che le pallottole vengono da diverse parti, non concede altra specie di ripari. — Non è il caso!. — gli rispondo : — prefeisco il riparo della mia buona stella! — E non è una vanteria.insulsa: il pericolo cosi mminente, cosi inevitabile mi ha'.dato improvvisamente una calma, una serenità di cui o stesso sono sorpreso. Non ho in questo momento, davanti all'oscura minaccia cui non è iparo, un'emozione più forte di quella che si rova tirando • una carta al giuoco. E come n buon giuocatore, sento di avere già calolato, attraverso una naturale successione di agionamenti fulmineamente rapidi, tutte le probabilità di vincita e di perdita, sento che ogni preoccupazione di.venta assurda e vana davanti all'assoluto inosbrabile imperio della sorte, che sola, nei miiei riguardi personali, domina ora la situazione. Ma il momento di incertezza, di confusione è sùbito vinto. Passa, infaticabile, a cavallo, il capitano Tellini, elle comunica ai comandanti dei vari riparti l'ordine del generale. — Alt! In quadrato! E dà le disposizioni particolareggiate per la formazione dei quadrato. Intanto i nemici, r.he ci avevano cosi improvvisamente aggrediti, sgominati forse dall'audacia stessa del loro atto, forse efficacemente battuti dal fuoco di qualche nostro riparto che ha potuto spiegarsi e sparare, sono, con rapidità pari a quella con cui si erano rivelati, scomparsi. Il loro fuoco è andato rapidamente estinguendosi. Il quadrato si forma in pochi istanti: le truppe spiegate su quattro lati, le batterie e le salmerie al centro. Non si accendono fuochi e non si costruiscono tende. In silenzio, inzuppiamo un poco di galletta in un bicchiere di caffè freddo: è tutta la cena. Ma ad essa, nei miei riguardi, si aggiunge un brindiin felice. 11 tenente Bortolotti, della 15.a batterùi, mi invita da parte: la batteria è ancóra provvista di una bottiglia di vino, dell'ultima — ahimè! — bottiglia di vino. — Non si sa quello che stanotte può succedere, — mormora nel bujo'ir capitano Bellini, comandante la batteria: — e meglio non lasciare dietro di se nessun rimpianto! Silenziosamente, con atteggiamento misterioso di congiurati, ci raccogliamo in giro e sturiamo la bottiglia. Si riempiono le tazze di latta e.i bicchieri da campo; e gli ufficiali delbatteria ed Ho beviamo lietamente alla salute e Alla gloina dell'Italia. Poi ci- avvolgiamo nelle mantelline e nelle coperte, e ci distendiamo per terra, e ci addormentiamo molto placidamente. A certa ora sono ridestato da fragore di fucileria. Alzo il capo; e subito lo riabbasso, poiché qualche pallottola mi è passata, frullando sopra. Siamo dunque attaccati?... Ema notte idiUiifia. meravigliosaoMate ìim- pida, dólce, con splendido fulgore di luna. Due o tre raffiche di piombo passano sibilando sul quadrato: da due lati del quadrato le nostre truppe rispondono al fuoco del nemico con crepitanti salve di plotone. Accendo un cerino, e guardo l'orologio: sono le due e dieci. Una stanchezza invincibile mi grava sulle membra: il sonno mi pesa insopportabile sulle palpebre. Inavvertitamente mi riaddormento, mentre a poche diecine di metri si espande fragorosa la fucileria, mentre sopra, tratto tratto, mi fischia, qualche pallottola sperduta. Alla prima luce del giorno siamo tutti ridesti. E alla luce del giorno la guida riconosce i luoghi, e l'errore commesso la sera avanti, e ci riconduce sulla strada di Zavia Failia. Ieri sera ci eravamo nellultimo tratto di marcia spostati troppo verso destra. Ritorniamo sui nostri passi, poi pieghiamo verso este in meno di un'ora dì cammino, molestati solo da poche rade schioppettate, giungiamo a Zavia Failia, ove finalmente troviamo acqua in abbondanza'. Ci fermiamo per rinnovare gli esauriti rifornimenti d'acqua degli uomini, e per abbeverare gli animali : sono trentasei ore che nè i cavalli nò i muli della colonna non hanno bevuto! Mentre si compie la lunga operazione dell'abbeverata, io percorro la valle di Zavia Failia. E' una località ridentissima', verde di ricca vegetazione. Le abitazioni degli indigeni, rimaste deserte per la fuga di questi, davanti alla nostra avanzata, si raccolgono in quattro aggruppamenti ai casupole c di recinti bianchi grigi rossigni, divisi da giardini floridi, da prati abbondantemente irrigati. Nei giardini crescono viti e noci e fichi e albicocchi, fioriscono gli ireos e i ìrielograni. A Ghegab Ghegab, 19 maggio, sera.■Alle ore 17,45 di stasera abbiamo inalzato la bandiera sul castello di Ghegab. Slamo partiti da "Zavia Failia alle óre 12. Abbiamo camminato tutto il pomeriggio attraverso un paese d'aspetto monotono, a colline basse, a dimette verdi di poca sparsa ve gelazione; e tutto il pomeriggio, a passo a passo, di minuto in minuto, ci ha seguiti una continua tediosissima molestia di schioppettate. Erano pochi gruppi beduini; ma ci sono stati continuamente al fianchi, alla coda, continuamente respinti e tornando continua mente. Finalmente, disperso un gruppo più numeroso e che per qualche momento ha mostrato di volerci -resistere con qualche vigore, siamo giunti sul cadere, del giorno a Ghegab, un , castello d'aspetto imponente. a quadrato, con quattro torrioni agli angoli, l'abbiamo occupato. Domani, mentre la colonna Regazzi resterà qui a presidio, la colonna Borzini, accompagnata dal Comando di Divisione, avanzerà su Cirene. Domani sera ci disseteremo alla Fonte di Apollo. MARIO BASSI. Un alt della truppe nel Gebei tra Sidi Maina e Oaar Benie li marabuto • I ruderi romani di Sidi Homri, il punto più alto di tutta la Oirenajc- IN m, - raggiunto dallo truppa del generale laeoonij II 18 maggio ' Zavia Failia Il castello di Ghegab