Dal territorio degli Abid al territorio dei Brassa

Dal territorio degli Abid al territorio dei Brassa Uà conquista della Cirenaica centrale Dal territorio degli Abid al territorio dei Brassa g(Dal nostro inviato speciale al seguito della Divisione Tassoni > Il nostro redattore dislocato in Cirenaica hai seguito corno è noto la divisione del gene. rale Tassoni nella meravigliosa marcia militare attraverso la Clrenaloa centrale, da Merg a Cirene e a Marea Busa. DI questa audacissima e fortunatissima Impresa egli ha' riassunto gli episodi principali nel lungo, : telegramma Inviatool da Marea Busa II 21 i : u. s. Ora oi trasmette per lettera le Impres- ! eionl particolari, soggettive, ohe costituì-! econo il suo diario di guerra dalla faticosa combattuta settimana ohe durò l'impresa. MERGI, 31 matti», ore 15. ! Inforcare uno di questi cavallini berberi, the paiono nutriti di vento, che sanno inerpi- ! carsi con piede sicuro su pei dirupi più. scoscesi e si sfamano con poca erba secca brucata lungo la via; seguire la divisione del generale Tassoni nell'avanzata che inizierà dopodomani verso est, nel cuore della Cirenaica, per un paese che pochissimi viaggiatori hanno attraversato fuggitivamente, che è considerato pressoché inesplorato; dovere mettere a- prova, nell'impresa, tutta l'astuzia e tutta l'abilità di cui si è capaci, per il fatto che al giornalisti e fatto divieto di seguire le truppe nelle operazioni di guerra... Ce n'è più che a sufficienza per tentare irresistibilmente ogni più umile cronista, per togliergli ogni esitazione davanti alle più nere prospettive di disagi e di pericoli, per esaltarne l'ardire e l'ingegno. Elevata sull'immensa piana che la circonda, -come un isolotto di cupoverde e di rosse pietre emergente dal mare del chiaro verde prativo e campestre, nell'ora meridiana, Mcrgi s'inebria di sole. Sulla piazza maggiore, davanti al castello cui l'ingiuria barbarica non valse a diminuire dei segni superbi di Roma, è un affollarsi continuo, concitato, che pare e non è disordinato, di uomini e di animali c un vasto ingombro di veicoli. Si apprestano le carovane per i rifornimenti, per i servizi della divisione, prossima a partire. 11 gagliardo mulo delle nostre Alpi 6 accanto al pigro dromedario; accanto alla carrettella cigolante ai pesanti carri coperti sfilano rombando gli autocarri. Ho lasciato partire i colleghi che tornavano a Bendasi e a Derna, che m'hanno salutato con qualche stupore e con qualche ironia per la mia strana decisione di volere restare a Mergi, da dove logicamente non mi sarei potuto muovere e da dove invece sarebbero mosse le truppe che quasi esclusivamente conferiscono al luogo l'interesse giornalistico. E mi metto a cavallo. E mi aggrego ad una carovana che muove per Zavia Gsur. A Zavia Gsur si' sono concentrate stamane le truppe della divisione destinata a compiere l'avanzata. Domattina si divideranno in tre colonne, di cui due si trasferiranno a Tekniz, la terza a Gerdes. L'avanzata comincerà da questi due punti, contemporaneamente. La sarà di Zavia Gsur ZAVIA GSUR, 13, nòtte. Sono partlo da Mergi, insieme con una carovana, alle ore 16. In poco più di un'ora abbiamo attraversato la piana, in direzione di sud. Passavamo in mezzo ai campi dell'orzo pur ora falciato, in mezzo ai prati ove greggi di centinaja di animali erano al pascolo, vigilati da qualche pastore beduino, vestito unicamente del baracano color terra, lento e grave nelle mosse, ma con in volto una Aera espressione non priva di nobiltà. Dopo esserci incrociati con una carovana che tornava coi muli scarichi verso Mergi siamo giunti alle falde della catena del Ge bel. Terminavano f campi e i prati: la via cominciava a salire per un terreno nudo di erbe, rossigno, sparso di grandi macigni gri gi, di pochi cespugli di ginepro e di mirti! lo. Più su macigni e cespugli diventavano più numerosi, e gli uni più scoscesi, e gli altri più folti: la strada diventava ripidissima si trasmutava in un sentiero appena segnato con pochi incavi in forma di scalini in un enorme blocco roccioso. L'ufficiale che gui dava la carovana ed io scendemmo da cavallo, traemmo a mano gli animali su per il sasso impervio. I muli della carovana procedevano cauti, pontando con l'unghie ferrate nelle asperità della roccia, sollevando ad ogni passo il carico con un violento sforzo di reni. Il sole calava sull'orizzonte: tutto il cielo occidentale ne era acceso: la piana di Mergi trascolorava in un'atmosfera d'oro: le ombre nostre e dei nostri animali si proiettavano gigantesche sul fianco dirupato del monte. Superato il mal passo, rimontiamo in sella La carovana ora procede agevolmente per il colle, attraverso una boscaglia alta e folta di cipressi, di pini, di ginepri. Al nostro passaggio si levano voli di tortore, di pernici s'odono le quaglie squittire tra i cespugli. Ed ecco, circonfusa della luce dorata del tramonto, venire verso noi una cavalcata splendidamente pittoresca. Sono capi di tribù di questo territorio che hanno fatto o si accingono a fare atto di sottomissione, e scendono a Mergi, guidati dal capitano Casali, un coloniale lungamente sperimentato in Eritrea e al Benadir, pur ora nominato residente del paese, e dal cavaliere Petrucci, già reggente, in assenza del titolare, il consolato italiano negli ultimi giorni di Derna turca. Avvolti nei bianchi baracani che ricadono ondeggiando in lunghe pieghe sulle vaste selle rosse, o incappucciati nei bornùs guerniti di nappe d'argento, coi fucili, a tracolla appoggiati traverso l'arcione, fieramente diritti sui loro cavallini dalla lunga criniera e dalla lunga coda, dalle froge dilatate, dal'oc dalla lunga coda, dalle froge dilatate, dall'oc chio vivacissimo, questi signorotti beduini ci passano accanto, si allontanano, scompajono e riappaiono tra 1 cespugli, bellissima cavalcata che dilegua scendendo il monte. L'azzurro del cielo si fa più intenso: l'occidente sfolgora. Noi attraversiamo una con ' ca, chiusa tra perdii lenti di colline boscose, coltivata a campi d'orzo. L'aratro indigeno primitivo ha appena inciso con solchi di po chi centimetri di profondità il terreno; l'or zo è basso, rado; ma la spica, d'oro, è lunga sana, ricca di grani. Una lepre, all'improvviso, attraversa la strada avanti la carovana fugge per i campi, verso i boschi. Mi prende un gusto fanciullesco; e per breve tratto la inseguo col cavallo al galoppo; fino che scompare, nascondendosi tra i primi cespu gli di lentischio al limite della radura. Mentre torno per raggiungere la carovana, veggo fuggire tra l'orzo una quaglia. Penso ai nostri cacciatori, ansiosi del di 15 di agosto per partire prima dell'alba, vagare per chilometri e chilometri attraverso piani e colline tutta la giornata, sparare in tante ore e in tanto cammino tre o quattro schioppettate, e tornarsene la sera con la preda di due o tre uccellini. Che meraviglioso paese, questo, per un cacciatore!... Ma, suvvia!, ora è tempo di ■••ìtra, caccia: ed anche «a io. —ani la dop. ■ «UH ' '' pietta, gli ordini vietano tassativamente di sparare, per non suscitare falsi allarmi. Lasciamo in pace le quaglie e le lepri e lo tortore e le pernici e i colombi selvatici: lasciamo intatta questa preda ai futuri colonizzatori. Oltre la conca, risaliamo la collina, attraverso il bosco. Ed ecco, dalla vetta, che raggiungiamo, della collina, ci appare un'altra conca, molto più vasta e molto più profonda, verde di prati, nell'ombre crepuscolari tutta piena di tende e di soldati. Quasi al centro della conca sorge una montagnola: sopra, nereggiano ruderi di mura, cui si appoggiano due o tre basse grigie costruzioni indigene. Siamo a Zavia Gsur. Nella conca è accampato il grosso della divisione Tassoni: tutto in giro cominciano ad accendersi i fuochi del bivacco. I ruderi sono di uno dei due castelli romani, da.cui il luogo prende nome: (•Gsur» è il plurale di < casr », castello, in arabo). L'altro castello, di cui pure avanzano solo più due o tre parti di muro semidiroccato, sorge alla distanza di circa un chilometro e mezzo, sur un'altra montagnola, dall'altro lato della conca. La zavia, ch'è costiuita dalle due o tre costruzioni indigene che si appoggiano ai ruderi del primo castello, è quella di Sidl Omar el Muktdar, irreducibile nemico nostro, che, cacciato da Mergi dalla nostra conquista, dopo avere tentato l'attacco del 21 u. s., fallitogli quel colpo, abbandonò anche questo luogo, ove aveva la sua zavia e la sua casa, che noi occupammo pochi giorni dopo, e si ritirò verso est, presso Aziz All bey, per tentare con lui di organizzare la resistenza della Cirenaica odentale. Alla linea dei nostri avamposti, che si stende tutt'in giro sulle colline che racchiudono la conca, lascio la carovana; e comincio a scendere solo verso gli accampamenti. E' venuta la sera. In cielo brillano le prime stelle; nel bujo che s'addensa nella conca, brillano da ogni lato i fuochi del bivacco. Al pozzi di Tekniz POZZI DI TEKNIZ, 14, sera. Ho passato a Zavia Gsur la prima notte sotto la tenda. Mi sono svegliato assiderato. L'abbassamento della temperatura durante la notte in questo paese è veramente straordinario: si tratta di uno sbalzo di venti o trenta centigradi. Nella prima mattina la conca di Zavia Gsur era tutta coperta da un flto umido velo di nebbia. Pareva un mattino sulle Alpi, all'inizio dell'autunno. Rossi, attraverso la nebbia, splendevano i fuochi a cui si cuoceva il caffo e attorno cui i soldati si affollavano per riscaldarsi. Alle 6,30 cominciarono a formarsi e a muovere le colonne. Il sole si vedeva, attraverso la nuvolaglia bassa e densa, come un disco opaco d'argento. L'ordine di dislocamento era il seguente. Le truppe della divisione sarebbero state suddivise in tre colonne, affidate rispettivamente al colonnello Borzini, degli alpini, al colonnello Dalmasso, pure degli Alpini, al tenente-colonnello Regazzi, di artiglieria. La colonna Borzini doveva essere formata dairvill battaglione di' ascari eritrei (maggiore Tancredi) diminuito della seconda compagnia, dai battaglioni alpini « Mondovl » (maggiore Boccalandro) ed • Edolo » (maggiore Garelli), dalla quindicesima batteria da montagna (capitanò Bellini), da mezzo squadrone dì cavalleggeri « Lodi » (sottotenente Arno e da mezzo squadrone di Savari (tenente Attanasio); la colonna Dalmasso doveva essere formata dal IV battaglione di asca ri eritrei (tenente-colonnello Solaro) diminuito della quarta compagnia, dai battaglioni alpini ■ Saluzzo » (maggiore Mosca) e « Fenestrelle» (maggiore Rho), dalla diciasettesima batteria da montagna (capitano Banci), da mezzo squadrone di cavalleggeri « Lodi (tenente Carini), e da mezzo squadrone di Savari (capitano Bonati); la colonna Regazzi avrebbe costituito la riserva, e doveva essere formata dalla quarta compagnia del IV battaglione di ascari eritrei (capitano Berau do), dalla seconda dell'VIII (capitano Ferra ri), dal battaglione alpino • Ivrea» (maggio re Conti), dalla dodicesima batteria da montagna (capitano Tappi). A ciascuna colonna sarebbero andate unite, naturalmente, le relative salmerie. Un lungo greve convoglio di rifornimenti generali per la divisione in movimento sarebbe stato accodato alla colonna Regazzi. Questa e la colonna Borzini si sarebbero avviate per la valle di Zavia Gsur e avrebbero raggiunto Tekniz, l'estremo punto orientale del territorio da noi occupato; la colonna Dalmasso invece avrebbe varcato la catena di colline che dividono la valle di Zavia Gsur dalla valle di Gerdes,. e avrebbe raggiunto Gerdes, estremo punto meridionale del territorio da noi occupato. Questo il programma per la giornata d'oggi, programma che è stato perfettamente attuato. Per comprendere la ragione di questa dislocazione, bisogna conoscere le linee generali del progetto di avanzata nella Cirenaica centrale del generale Tassoni; e per comprendere il progetto bisogna avere presente la struttura orografica della regione e i caratteri delle principali vie di comunicazione ebe la attraversano, lasngbtgaasbvplcbGaGOsd La Cirenaica ha un nodo montuoso centrale, che culmina con la vetta di Sidi Homri, a sud-est di Cirene. Da questo nodo, da questo massiccio partono verso est alcune catene di colline, che si aprono a ventaglio'e degradano sul mare verso Derna e verso Bomba; in direzione di ovost partono altre tre catene principali, che pure si aprono a ventaglio: la prima, a cominciare dal nord, vale a dire dal mare, corni pressoché parallela al mare stesso e forma il Gebel Akdar; la seconda e la terza più a sud formano il Gebel Abid. Tra la prima e la seconda catena, vale a dire tra il Gebel Akdar e la catena più settentrionale del Gebel Abid, si avvalla la conca di Mergi; tra la seconda e la terza catena, vale a dire tra le due catene del Gebel Abid, si avvallano - le conche di Zavia Gsur e di Tekniz; oltre la terza catena, vale a dire oltre tutto il sistema montagnoso del Gebel Abid, si avvalla la conca di Gerdes. Oltre questa, sempre avanzando verso sud, sorge l'altopiano, che si protende poi, digradando verso l'Africa centrale, sul Gran Deserto Libico.- Ho detto che Cirene sorge al nord del nodo montuoso di Sidi Homrl, vale a dire del mas» siccio da cui tutte queste catene di colline dipartono, da cui tutte le valli, che esse dividono, discendono. E" quindi chiaro che per andare dalla Cirenaica occidentale a Ciirerié' si possono seguire diverse strade, e precisamente tutti i fondo valle discendenti versò est da Sidi Homri. Il generale Tassoni ha scelto per la sua avanzata le valli principali del Gebel Abid, ossia le valli, rispetto al paese, più interne. Ha pensato due corpi di truppa avanzanti l'uno per la valle di Zavia Gsur e di Tekniz, l'altro per la valle di Gerdes, sino a congiungersi alla cotica di Marana. Di qui i due corpi sarebbero poi proceduti riuniti fino a .Slonta, in altre parole fino ai piedi del massiccio dì Sidi Homri. Alle sei e trenta di stamane — tornando all'inizio di questa giornata, dì questa giornata che è da considerarsi semplicemente come di preparazione all'avanzata — la colonna Dalmasso, formata come ho detto, mosse verso sud, per raggiungere Gerdes. distante da Zavia Gsur poco più di quattro ore. Poco dopo la colonna Borzini, seguita a distanza di mezz'ora dalla colonna Regazzi, mosse verso est, per raggiungere i pozzi di Tekniz. Gerdes e Tekniz sono il punto estremo meridionale e il punto estremo orientale della nostra occupazione. Compito delle varie colonne in questa prima giornata era il concentramento loro in queste due località, da dove domani muoveranno poi, tutto in direzione di est, nel paese nuovo, per ricongiungersi, come ho spiegato, a Marana. Io seguo oggi la colonna Regazzi, di riserva. La colonna Borzini procede avanti noi. abbastanza rapidamente. La strada che dobbiamo percorrere, per raggiungere 1 pozzi di Tekniz, non supera i quindici chilometri. La nebbia della prima mattina si è sciolta al sole. Il giorno salo, e splende limpidissimo; e non promette per le ore meridiane mol ta frescura. Lasciamo a Zavia Gsur il presidio di fucilieri che lo occupa dal giorno che il luogo fu conquistato, e una sezione di artiglieria da campagna, piazzata a lato di uno dei castelli e della Zavia, al comando del tenente Beverini; e usciamo dalla conca. Ci interniamo in un bosco alto, folto, bellamonte pittoresco. E' di • Junipèrus libica • un albero, io credo, speciale della Cirenaica. E' una varietà del ginepro, ma che prende forma di albero ad alto fusto, raggiungendo un'altezza di otto e dieci metri, con un fo gliame consimile a quello del nostro cipresso, con bacche poco più grosse di quelle del nostro ginepro, profumate molto acutamente. Il tronco è spesse volte contorto stranamente, stranamente scisso in ramificazioni disordinate. E' un albero che, disposto cosi com'ó in questo bosco selvaggio, fa pensare a cent figurazioni dei quadri di Salvator Rosa, fs pensare a certi sfondi di vignette romantiche. Tratto tratto il bosco che attraversiamo è ini terrotto da vaste radure, coltivate a orzo. A) limite delle radure verdeggiano cespugli d lentischio, di mirto, si espande il frascami lucido dei cambi; anche nereggia qualchi tronco abbruciacchiato, che gli indigeni han no abbattuto, giovandosi del fuoco per am pliare la radura, il còlto. Tratto tratto, da; bosco si levano voli di pernici, di colombi selvatici. Si odono nel folto tubare le tortore in amore. Due alt orarii interrompono, regolarmene la marcia, alle otto e mezzo e alle nove i mezzo. Poco prima delle undici usciamo da. bosco, ed entriamo nella valle di Tekniz. i: una valle vastissima, tra colline in gran par te boscose, tutta coltivata a campi di orzo: qua e là l'orzo è già stato falciato: negli altri luoghi le spiche s'indorano, ondeggiati do come un lucido specchio d'acque alla brezza, che spira di ponente. I pozzi, due, sono scavati al centro della valle, profondi dieci o dodici metri. .Pietre quadre, lavorate evi dentemente da una gente civile, probabilmente dai romani, ne circondano la bocca; e sono incise profondamente, con solchi rego lari, dalle funi delle secchie che vi sono scorse sopra, su e giù cotidianamente per secoli e secoli. La colata» Borsini, giunta poco pilna.eWJ la colonna Regazzi, ha già scelto i luoghi per gli accampamenti dei suoi vari battaglioni, ha già cominciato a disporre per gli avamposti, sulle colline che conchiudono la valle. La colonna Regazzi trova i luoghi por i suoi accampamenti, dispone i suoi avamposti, chiudendo in giro la linea spiegata dalle truppe che l'hanno preceduta. Attorno ai pozzi i soldati si affollano avidamente. In pochi momenti l'acqua, agitata da recipienti d'ogni genere, da ghirbe, da secchie, da gavette, è intorbidata: ma torbida cosi, giallastra, terrosa, ancóra giova alla sete degli uomini, ancóra giova alla sete non meno impaziente degli animali. Arde il meriggio. Giunge il Comando di Divisione: il maggior generale Giulio Cesare Tassoni, col suoi ufficiali di ordinanza, tenenti Ramognino e Berio; il capo di Stato Magigore, maggiore Bruno; il capitano di Stato maggiore, Tellini, specialmente incaricato dell'esecuzione tattica delle manovre della divisione; i capitani Franza, dei Granatieri, e Saccomanno, del Fucilieri; il tenente De Bernardi. Segue il Comando lo squadrone, che gli è di scorta e che è a diretta disposizione del generale, di cLodl» cavalleria, del capitano Di Lorenzo; e seguono anche il maggiore Brussi, di «Lodi», comandante il mezzo reggimento di cavalleria che fa parte del la divisione, e il maggiore Calcagno, comandante il gruppo, di artiglieria. Il Comando è partito stamane da Mergi, è passato per Zavia Gsur, e ci ha raggiunto, procedendo molto velocemente, a Tekniz. Poco Uopo giunge anche l'Ufficio Politico, condotto dal maggiore di Stato Maggiore Bianco. E' una cavalcata multicolore, caratteristica, pittoresca, non molto dissimile da quella che abbiamo incontrato ieri tra Mergi e Zavia Gsur, condotta dal capitano Casali. Col maggiore Bianco vengono il tenente del 'ì.o fucilieri, Zanibon, che pure fa parte dell'Ufficio Politico, e il sottotenente dei carabinieri Coro, che, insieme con qualche milite, scorta l'Ufficio; poi seguono capi arabi della tribù degli Abid.- ritti sulle rosse, ampie selle, incappucciati nei « bornùs » candidi, fregiati di argento; e guide indigene, avvolte negli ondeggianti baracani; e beduini, che hanno fatto atto ili sottomissione, che infrenano i loro irrequieti cavallini bai storni bianchi, coi grandi morsi dì ferro, onde sempre cola la spuma e qualche volta goccia il sangue, giù. sul petto dell'animale mal domo. Tutto il pomeriggio abbiami riposato a Tekniz. Nelle prime ore dopo mezzogiorno ci hanno raggiunto ancora due compagnie del Genio minatori (Lo), condotte dal maggiore Billi e dal capitano GuutU; poi il convoglio di carri di una sezione radiotelegrafica da campo, portata qui dal tenente Romano, del Genio telegrafisti (3.o);.>poi l'automobile del Generale, con un altro degli ufficiali del Comando divisionale, il capitano Isastia, del l.o fucilieri, il quale, malgrado oggi sia infermo, non ha voluto a nessun conto mancare di seguire nell'avanzata il suo Comandante, cui 10 lega un'appassionata devozione. I carri della stazione radiotelegrafica e l'automobile, per venire da Mergi a Zavia Gsur, non hanno seguito la strada per cui io sono passato ieri con la carovana, strada appena possibile pei uomini e per animali, assolutamente impraticabile per veicoli: hanno fatto il giro, abbastanza lungo, delia strada, discretamente carreggiabile, di Sidl Uibriu, quella che percorreranno anche gli autocarri. ch« ci devono raggiungere, con rifornimenti di viveri e di munizioni, domani. A sera, per tutta la conca di Tekniz, tra le improvvisate case di tela dei vari attendamenti, si accendono i fuochi del bivacco, con rosse lingue di fiamma e oscure nuvole di fumo. 11 cielo è meravigliosamente sereno: sorge, a offuscare la tremula luce delle stelle, splendida la luna. riinpee zaFderodeioalhcomchcotepntrstl'dnqccfdigApvcddodlodvcTpmtedsdclisnteNeRcqtete«PousddasdScbshdgbm La prima resistonza dol Brassa MARANA, 15, sera. La fama attribuisce ai Brassa qualità di guerrieri feroci, indomitii I Brassa costituiscono, come, del resto, saprete, la principale tribù della' Cirenaica centrale- Il loro territorio stendesi a sud della catena del Gebel Akdar, fino al Gran Desorto, all'inarca tra Marana (i cui pozzi sono già di loro dominio), ad est, e Gebarat, ad ovest. Essi confinano ad est con gli Abid, a nord coi Dorsa e con gli Hassa, ad ovest con gli Hassa e con gli Abeidat: a sud il loro territorio, come ho detto, giunge fino Li. Gran Deserto. A proposito della fama guerriera dei Brassa, il maggiore Bianco, direttore dell'Ufficio Politico, persona dì un acume, di una competenza, di un'arte e di una cortesìa diplomatiche assolutamente superiori, il collaboratore fedele e validissimo del cav. Renato Piacentini, del Governo della Cirenaica, nell'opera della penetrazione politica del paese, mi offriva alcune osservazioni molto originali, e, senza dubbio, molto sensate. I Brassa, — mi diceva il maggiore Bianco, mentre stamane, dopo partiti da Tekniz. per qualche tratto di via gli cavalcavo a lato, — non credo siano più guerrieri e meglio organizzati di' un'altra qualunque tribù della Cirenaica. La loro fama deriva, mi pare, semplicemente dal fatto che, prima della nostra conquista, i Turchi non osarono mai avanzare nel loro territorio; e che essi, quindi, rispettò ai Turchi, mantennero sempre la loro indipendenza. Ora, è nella logica comune che per essere indipendenti, bisogna essere forti; e che si è forti quando si è armati, organizzati, e animati da fervidi spiriti guerrieri. Forse più per la debolezza e la pusillanimità del Turchi, che per valore intrinseco proprio, Brassa hanno conquistato e affermato la loro fama. Nei nostri riguardi, nei riguardi della nostra guerra e della nostra avanzata, io penso non siano molto più temibili degli altri. Ho anzi ragione di credere che essi hanno preso una minima parte alla guerra contro di noi, appunto, perchè erano molto meno delle altre tribù asserviti, legati ai Turchi; e ho anche ragiona di credere che. ancora per il fatto che non dividono nessun interesse coi Turchi, non sono spinti a opporsi noi da speciali motivi, all'infuori dell'antipatia normale che si può avere per lo straniero e del misoneismo. Forse, più che altro, li spingerà a qualche tentativo di resistenza il 'timore: l'oscuro, vago timore dell'ignaro, per un fatto nuovo clìe li sorprende, di cui non so giudicare la portata, di cui non so nemmeno se costituisca un pericolo e quale perìcolo. In conclusione : io non credo che sarà per noi più difficile domare l Brassa che un'altra qualunque tribù. La loro feroce fama, molto probabilmente, è usurpata. Quando noi-saremo nella loro. capitale, à Slonta, i loro capi verranno a trattare e ad assoggettarsi, cosi come sono venuti i capi degl Abid, poi che abbiamo occupato Mergi. Al seguito dello colonne Borzini o Regazzi procedendo ora con questa, ora con quella, cavalco verso Marana, ovo dobbiamo incontrarci colla colonna Dalmasso, mossa questa mattina da Gerdes un'ora prima che noi movessimo da Tekniz, e che procede parallelamente a noi, oltre la catena di colline che è alla nostra destra, a distanza di una quindicina di chilometri, senza alcun contatto con noi. Andiamo, con perfetta regolarità di marcia, attraverso un bosco non molto dissimile da quello che abbiamo percorso ieri da Zavia Gsur a Tekniz. Precede la colonna Borzini, che ha per avanguardia l'8.o battaglione eritreo, col maggiore Tancredi: punta di colonna è la terza compagnia di questo battaglione, comandata dal capitano Frusci. Alla colonna Borzini segue il corteo gravosissimo, interminabile delles almeric: colonne di rifornimenti vari, comandate dal tenente Reina, del 22.0 fucilieri, colonne di munizioni, comandate dal sottotenente Ascienza, di artiglieria, la colonna del rifornimento dell'acqua, comandata dal tenente Nastri, dell' 11.o fucilieri, e dal tenente Nuvoloni, degli alpini, la colonna della Sanità, ecc. Viene poi, & breve distanza, la colonna Regazzi; e chiudono la. marcia la seconda compagnia dell' 8.o battaglione eritreo e la quarta del 4.0 : mentre la protezione più lontana, sui fianchi delle truppe in movimento, e esercitata dai riparti di cavalleria del tenente Attanasio, dei Savari, e del tenente Amò, di « Lodi ». Il Comando di Divisione e l'Ufficio Politico si spostano su e giù lungo le colonne, osservando e vigilando. Camminiamo tutta la mattina. Verso le ore undici entriamo in una valletta, ove il bosco, attraverso cui abbiamo avanzato finora, dirada e cede a radure coltivate. Al centro dfilla valletta troviamo un pozzo, con acqua abbastanza fresca ed abbastanza limpida. Sostiamo un quarto d'ora per dare tempo ai soldati di riempire le ghirbette e le borracce. Sulla nostra sinistra, a distanza di un paio di chilometri, in vetta di una collina vestita di bei boschi, sorgono ruderi grandiosi di mura: sono le rovine del castello romano di Got Ezzehaihif. Poiché resta fuori della nostra direttiva di marcia, ci appaghiamo di ammirarne la grandiosità, che appare anche di lontano, col binoccoli. Prima delle undici e mezzo si riprende la marcia. Terminano il bosco ed il terreno col¬ tpcUscscficdrgsnsdsevncrgda tivato. Avanziamo per una vasta pianura stepposa, uguale, monotona,- coperta di piccoli cespi d'erba rude, spinosa, folgorata di sole. Un'afa soffocante incombe sulla piana, grava sugli uomini e sugli animali in marcia. Si cammina silenziosi, un po' stanchi, un po' assonnati. Quando, verso il mezzo tocco, è concesso un • alt » di mezz'ora, chi ne approfitta per consumare una mezza scatoletta di carne in conserva ed una galletta, chi pei*, dormire un breve sonno, disteso tra l'erbaglia ruvida e aguzza come pruno, la testa appoggiata al braccio ripiegato a mo' di cuscino,' sotto la sferza cocente del sole. ì Al tocco si riprende la marcia. La piana, nella sua monotonia, pare interminabile. Un' solo bene emana da essa: un profumo che si diffonde nell'aria deliziosamente, esalando dai, oespi dell'erba che ricoprono in tutta la su» immensità la piana, un profumo che pare emanare, salire da ogni grano della terra stéssa, che nella calura meridiana acquista una' ntensità, una acutezza tale da inebriare. Che erba è questa, che cosi fortemente e cosi soavemente odora? Non so: pare, un poco, al nostro timo, ma, come ho detto, è dura e ruvida come pruno. Contiene in sè il profumo che per la prima volta noi aspiriamo così in- ; ternamente, che qualche volta alitò col vento fino olla costa, ove prima noi ci eravamo' ristretti: il profumo della Cirenaica. E pur sotto la canicola, e pure nella fatica, che ci grava, delia marcia, e pur nel tormento della sete che ci riarde le labbra, che ci essica la gola, esso oi esalta come il profumo di una, donna bellissima, dell'amante deslderatissima. Ad un tratto, ecco un crepitìo sonoro, dietro noi: avanti, e pare una eco, echeggia un altro crepitio, più basso, meno regolare. Dietro noiN strepono i motori degli autocarri che recano /riforn intenti : sono giunti da Tólmita da Mergi'per la via di Sidi Gibrin a Zavia Gsur, sono avanzati a Tekniz, ci raggiungono in questa piana stepposa,. ove il loro andare può accelerarsi allegramente: guida il convoglio, che superò difficoltà asprissime dì terreno, ed a cui valsero ad aprire la strada le due compagnie di. minatori del maggiore Billi, il capitano di Stato Maggiore Carletti, un benemerito dei servizi logistici della divisione in marcia. Avanti noi strepe Ta fucileria: la compagnia eritrea del capitano Frusci, al tèrmine della piana, superata una catena di piccole alture, è giunta in vista della conca di Marana: nella conca, presso i pozzi, ha scoperto un nucleo di un centinaio di cavalieri beduini, i primi Brassa, al limite del loro territorio: questi, vistisi sorpresi, hanno aperto il'fuoco contro gli ascari eritrei, i quali rispondono, a loro volta, con scariche nutrite*. Le colonne sostano, brevemente. La compagnia Frusci, il plotone di Savari del tenente Attanasio, il plotone di « Lodi » del tenente Amò avanzano contro il nemico, che si ritira lentamente, difendendosi con molta aeoanitezza. La batteria del capitano Bellini prendo posizione sulle alture, tra la plana che abbiamo attraversato e la conca di Marana; ed apre il fuoco. Pochi « shrapnells », bene aggiustati, diradano il gruppo dei cavalieri beduini : i superstiti ■ fuggono rapidi, inseguiti dai nostri ascari e dalla nostra cavalleria. La conca di Marana è sgombra. E' il tramonto. Le varie colonne si affollano intorno ai pozzi, al centro della conca, Tutt'in giro cominciano a sorgere le tende degli accampamenti, cominciano ad accendersi i fuòchi del bivacco. Abbiamo varcato il confine del temuti Brassa, abbiamo occupato i loro primi pozzi verso occidente. La prima giornata dell'avanzata è consumata, con fortuna. St attende la colonna dei colonnello Dalmasso, che deve giungere da Gerdes. Passano le ore. Cade la notte. Qualche preoccupazione comincia ad insinuarsi in noi. La strada smarrita? Una resistenza accanita?... Finalmente sono le venti — la colonna Dalmasso giunge, integra, in ottime condizioni. Non ha in. contralo resistenza di sorta. Soltanto ha canv minato per un numero incalcolato di chilometri, per quattordici ore consecutive! MARIO BASSI 1 e~ /Stanis muitsa^ s.o*,fé&»*»"* P/^nara di ti*9 1 Km? \°?.0W 59 m—Marciò afella Oli/. Tassoni.19Aprite 21 Màggio