Viaggio attraverso il Gebel Nefussa stille orme della colonna Lequio

Viaggio attraverso il Gebel Nefussa stille orme della colonna Lequio Viaggio attraverso il Gebel Nefussa stille orme della colonna Lequio ( inviati speciali) OIADO PESSATO. 10 aprile. .(Par telegrafo da Tripoli, 14, ore 15,45). Sono giunto quassù, dopo aver compiuo attraverso gli altipiani del Gebel occientale un vero raid di automobile ed uno lpinistico, riuscendo con alcuni colleghi condurre per la prima volta un camion ra i dirupi di questa roccaforte araba anidata tra le valli selvaggie del Fessalo, in tto di voler spiare le vie che guidano al onfine tunisino. Come questo indimentiabile viaggio giornalistico tra molte perietie superate allegramene si sia potuto volgere sema incidenti non lo so spiegae io stesso. Abbiamo faticato e sudato per molte ore onsecutive, facendo chilometri a piedi, erchè l'automobile, alleggerita, potesse ontinuare il cammino ; ci siamo trasformati in operai ed abbiamo aperto nelle raterie vergini strade nuove al nostro veiolo, a cui in certi momenti difficili ci siamo attaccati come gli zingari alle loro cae ambulanti, ma abbiamo vinto. Siamo iusciti a portar un automobile là dove non i erano mai visti nemmeno dei carri ; a ompiere con una rapidità incredibile i recento chilometri, dei quali la maggior arte in montagna, che separano Tripoli a Fessato, facendo in cinque giorni, fermale comprese, un viaggio che col cammello o col mulo ne sarebbe costato dodii, ed abbiamo sopratutto raggiunto quclo che era lo scopo essenziale dell'escursioe: seguire le traccie recentissime delle ostre truppe vittoriose, nella loro memoabile avanzata, apprendere dalle labbra tesse di coloro che vi avevano partecipao la storia inedita ancora di quella maria veloce, che attraverso i monti tripoliani riempi d'ammirazione gli stessi arabi gettò ai nostri piedi fulmineamente il vato Gebel misterioso e la sua fiera popoazione. Avevo anche un'altra speranza: cioè, di aggiungere il generale Lequio qui a Fesato prima che egli iniziasse le ultime opeazioni verso Xalut ; ma l'energica marcia n atanti del vincitore di Assaba è cosi eloce che egli già si trova coi suoi degni battaglioni molto innanzi alla tappa di Gios, e qui del passaggio trionfale non è rimasta che l'anima. Senza searpe ma di buon umore Ogni, persona da me interrogata ha levato un inno al valore ed alla resistenza dell'esercito nostro. Basta pensare che gran parte dei soldati arrivarono e partirono da Fessalo senza scarpe-, le avevano lasciate brandello per brandello sui sentieri pietrosi della montagna ; ma nessuno si. lagnava, che perdendo le searpe non aveva perduto 'allegria: Avevano vinto, si avvicinavano alla meta e poi erano col generale Lequio, guidali da lui sarebbero andati in capo ni mondo. Del resto, più che dalle mie deboli pa role, l'elogio di ciò che sia stata l'avanzata di Lequio nel Gebel e quale enorme imporanza essa abbia, risulterà dalla narrazione tcle~raflca che verrò facendo del mio viaggio e dagli articoli che seguiranno più ardi. Eccovi intanto i luoghi ed ì giorni dell'avanzata giornalistica, secondo fiordine dei quali informerò il mio racconto. Il giorno 6 si raggiunse il Garian; in treno sino ad Azizia, in automobile — in quela che chiamerò la nostra automobile — sino alla capitale dei trogloditi. E l'incantevole paesaggio, che nel dicembre scorso avevo attraversato a piedi, poiché allora gli alpini non avevano ancora finito di preparare agli autocarri, la strada attuale, mi offri tutti gli splendori della sua primavera, fresca d'ombre nell'uliveto, luminosa nelle vaste piantagioni. di orso. Eppure questa, clic per noi è l'anticamera del Gebel, non è che un povero squarcio di montagna accanto alle ricchezze dell'altipiano verso Jeffren c verso Fessalo. Poche ore notturne passate dormendo sotto una tenda e poi, via, al vento freddo dell'aura montanina nell'autocarro velocissimo che ci porta per la via di Tcgruna a Tebedut e alle sue ridotte; poi al campo di battaglia del SS, ai yioifti pendii delle colline d'Assaba che il sangue dei nostri eroi ha imporporalo. Ad Assaba, dove attorno ai resti d'un campo, poco lungi dalla casa, semitrogloditica di El Baruni, è sorto un nastro accampamento ed una stazione, di lappa, si dovrebbe,- secondo il programma prestabilito e secondo i consigli di tutti, abbandonare l'autocarro e percorri're in carovana, sui muli, i settanta chilometri che separano Assaba da Jeffren, per la via di Gualise. Ma il tenente d'artiglieria Borricllo, che è l'ufficiale incaricato dal Comando 'di accompagnare (non diciamo di sorvegliare perchè il bravo tenente, sino a poco fa nostro censore, non lo meriterebbe.) la irrequieta schieraj/fiùrnalislica, ha la prima 'delle molte geniali id<e che lo ispirarono 'durante il viaggio e propone di continuare il cammino in autocarro. Inalile dire con quale entusiasmo la proposta sia slata accettata. A Jeffren Qui, sebbene la corsa durata lutto il giorno abbia avuto le sue sorprese, non entrammo ancora nella sfera del nostro raid. Un autocarro ci aveva preceduti durante l'avanzata : quello del capitano Bezzi, il notissimo organizzatore e direttore dal pareo automobilistico di Tripoli, solito a tracciare in ogni regione di reccnle conquistata nuove strade ai camions. Collusila macchina, viaggiando persino di notte, egli era arrivato a Jeffren pacJie ore dopo l'ingresso delle nostri: truppe. Noi, seguendo un p9to le sue orme, c poi perdendole sul fondo sassoso degli uadi, poi ritrovandole ancora sul velluto dell'erta, siamo arrivati in otto ore per. la valle diqufregrSdatuotrivdivaZusi.riapiditaoffnoscbacafrchsio mdeti,dcseladeSucavapisimFtaleivequU1ligiddapuolavvvfailcsddl'ddsmimtnpgrtvtrmmnsmlArgnm uio hi n nn al iio ae i, e re iaao n a i r li rmiloe oa aribi aodi seia si ni di è eza an da te si a, to no o, po a ta roio iù ni r. eel— moira da la veoraarello. otelmo Te di le tri di lìm Essersan, nella quale s'incontrano qua e là uliveti, alle due svelte alture di Jeffren, orgogliose di portare ciascuna un grosso borgo dalle case color di terra. Salendo per certi tourniquets cosi ripidi da far ricordare le Alpi, l'automobile, con tutto il suo carico illustre — un ufficiale, otto giornalisti, un cinematografista — arrivava fragorosamente dinanzi al castello: di Jeffren nell'ora in cui il sole tramonta-' va dietro le lontane pianure di Agilat e di Zuara e le accendeva tutte di bagliori rossi. Erano le 17 ed eravamo parliti dal Garian alle 6 del mattino. L'automobile alpinista aveva così compiuto in undici ore nsfsczpdsrztildi corsa più di cento chilometri di assolu-lzfscta montagna. All'arrivo successe una serata festosa offerta dagli ufficiali del presidio, poi una notte di sonno profondo, passata tra le scansie dell'archivio di El Baruni, sulle barelle portaferiti, trasformate in letti da campo. Il giorno 8 fu tutto dedicato a Jeffren, la capitale del Gebel, e alle montagne che l'attorniano cogli, innumerevoli paesini giallastri arrampicali lungo i fianchi, o con senso architettonico piazzati sulle ■•ime, paesini caratteristici nella, loro ruvidezza alquanto addolcita dagli uliveti fot gappppi rA Fessato ti, simili a certi borghi sperduti nelle valli \<fdcll'Abruzzo. imdtosdulazi.oni\m:allate di\sAl mattino del giorno 9 il viaggio riprese ed, incominciò il raid. L'automobile fu lanciato attraverso le infinite ondulazioni dell'altipiano sino alle rocciose v Surgan, e di qui fu costretto ad arrampi carsi sull'elevato altipiano, più rude e selvaggio, di Fessato. Con una intera giornata di fatiche, la più avventurosa di tutte sia pel camion, sia per noi, percorrendo oltre cento chilometri, siamo giunti a un quarto d'ora da Fessato ai piedi della ripida sassosa salita che conduce al castello. Qui l'automobile dovette fermarsi: non ebbe la soddisfaione di salire tra le diroccate case nella fqieatllzavecchia Gìadan, perchè, per arrivare sin'rquassopra, avrebbe dovuto trasformarsi inaU1McnÌrTnTgiungono gli echi delle can-\ lionate, che dalla lontana Gios dicono la\ gioia per l'innalzamento della nostra ban- j gdiera, chiuso in una stanzetta del castello]Mdecrepito, mi affretto a riordinare i miei appunti per darti ai lettori, dopo questo primo riassunto cinematografico della gita, una visione più vasta e completa del Gebel occidentale quale mi si è rivelato in tutta la ricchezza della sua esuberante primavera. ' Domani prenderò forse la via del ritorno, variando itinerario da Jeffren in poi per ncvisitare la grande pianura. Picgeselica, che -, fa capo a Sir Ganem, conquistata, mentre il generale Lequio agiva sull'alto, dalla colonna Marafini. Al Garian rinnovato .Quando la sera di domenica. C corrente ismontai dall'automobile dinaìizi alla portai del castello di Garian, la cittadina troglo-1 ditica mi fece, come poco prima AziziaAl'impressione di un paese nuovo. I.'edificio), del castello, la cosina delle scuole, quella]della Residenza e le tre o quattro altre ca-\sette sopralerra che sole spiccano fra la moltitudine delle buche tnoglodiliehe, sono\imbiancate, riputile, rimodernate. I soMa-iti sono in minor numero, perchè la Divisio-\ne è partita; ma gli indigeni, sono assai\più numerosi. Se ne veggono molli ay-\giungersi attorno al piccolo ruk e rimanc-\re sdraiati siili'usciolo dell'unico caffè. o<tentare il lavoro dei campi, che sono tulli'.verdi c tutti fioriti, o andare e venire at-\torno olle aperture delle tane. E tutti sor ridono e salutano l'italiano che passa! Ormai la fiducia è penetrata in quella gente misteriosa e scontrosa ; gli uomini che hanno saputo scacciare El baruni ed il suo seguilo di predoni hanno diritto al massimo rispetto e alla fedeltà assoluta di tutta la popolazione del Garian! Il Kaimacan Ady bey Kaober, un arabo intelligente, cero amico dell'Italia, cavalcava a fianco del generala Lequio il giorno 23. Dapprincipio, nel cedere quelle truppe avanzanti rou. calma e freddezza, come per una manovra \ non si volevano persuadere che combattessero poiché trovavano il metodo troppo differente da quello arabo, che consiste nello scagliarsi sul nemico in gran disordine e. con impeto furioso. Ma quando la popolazione udì le cannonate e ne scorse il lampo, quando vide il nemico ritirarsi malgrado una estrema difesa, e assistette agli slanci alla baionetta e al passaggio dei feriti, allora espresse tutta la sua ammirazione e disse : « Questo sistema di. combattere, i turchi a noi non lo avevano mai insegnalo 1 ». Adu bey si trova ora agli avamposti della colonna Lequio, dove è un'ottima e pre zìosa guida; ma ha lasciato al GariaiViuo fratello Multar, mentre l'altro fratello, Bascin bey continua con bravura l'opera di capo della gendarmeria, nella quale seppe già dare prove di vero valore e di sincero attaccamento all'Italia. Questa famiglia dei Koober è una delle più influenti del Gebel e senza dubbio delle più ricche. Pare che i tre fratelli insieme posseggano dei milioni. Che l'Italia è grande, forte e buona, si può dire che ne sono anche convinti lutti quarantamila abitanti del Garian. Durante la seconda quindicina di marzo, f a andò si prepararono le razzie sul bestiame dei garianesi e tuttavia le nostre ri¬ dotte tacevano e sembrava che le baionette italiane non avrebbero più luccicato in ordine di battaglia al sole del Gebel, un senso di smarrimento serpeggiava in quel mondo sotterraneo, dove non si sapevajio spiegare i motivi dell'inazione. Furono i piega fratelli Koober che tennero viva, anche in quei momenti, la fede nel saggio Governo italiano. Ed i garianesi, inchinandosi ad essi ed al residente italiano, apprezzato ed abile, il capitano Sirolli, tacquero e aspettarono. Ora che l'esercito italiano ha agito e che la bella e fortunata regione dove regna l'ulivo può respirare liberamente, la potenza dei Koober è ingigantita ed i garianesi, attraverso al loro Kaimacan, hanno impa- rato a venerare profondamente la grande alazione conquistatrice. Una VÌ8Ìta alPeX-depntatO del Garian Essendo Adu bey c basai bey assenti il giorno della visita, ho potuto vedere solo Muktar. Il comandante del terzo battaglio- ne dcll"è2.o fanteria, maggiore Abatino, che è attualmente a capo del presidio di Garian, un simpatico ufficiale, pieno di energia, che coi suoi uomini il giorno 22 tenne con. fortuna, il collegamento tra la colonna Mo'ntuori e quella Ponlremotì, accompagnò personalmente i giornalisti a casa di Muktar, ex-deputato del Garian. Questo curioso tipo di signorotto arabo europeizzalo (quand'c a Tripoli veste alla maSfoncuucothaqctorsvnbccFMscgfmsgsmlcrettnprmmdAgraègdeuropea) che domina colla, sua- famiglia lutto un mondo sotterraneo, ha la sua abitazione a Tagrina, una cittadina trogloditica, a. mezz'ora di automobile dal. Garian, annidata nel più folto oliveta della regione, ai piedi d'uno collina che porta con sussiego le rovine d'un castello omonimo, Qui par d'essere in pieno Appennino toscano: l'uliveto è rotto qua e là da folte pian tagioni d'orzo, da prati verdissimi dove l'erba cresce alla e profumala. Quasi si dimenticherebbe l'Africa per ricordare vi vomente l'Italia se, guardando intorno, non si vedessero nel gran giardino d'ulivi, a dsta d'occhio, quegli strani, gialli, tetri mon-1 ticcioli di terra smossa che indicano l'abitazione trogloditica. Pare, tra quegli ulivi centenari, un cimitero recente in un paradiso antico, ed e invece una vera e propria città di 12,000 abitanti. Kasr Garian. è il capoluogo, ma la vera capitale, il centro più popolato della regione è Tegrinut ddMuktar, oltre l'alloggio sotterraneo, ha anche, quello sopra terra: un'ampia casa uqdgrigia quadrilatera con una cercaria di\nsignorilità. Biondo, grasso, ben pasciuto, jMuktar ci attende sulla soglia e ci accoglie] con segni di deferente contentezza. Poi ci\dfa passare nella sala di ricevimento, uno spazioso stanzone, dove uno. filza di can-\dèle ed un lume a petrolio mettono tin'o-ìscillante illuminazione da chiostro, yoi ci accomodiamo sul. gradino che sporge dallcìpareti, laterali, ricoperto dì stuoie e tappe-\U di Misurata e che serre da sedile; U\ o ai e o e e e i i uo, ai¬ tn n el o i n o d d te a ni, a- e il o o- o, di di 22 oc a bo la maggiore si siede sul divano riservato odej autorità, appoggiato alla parete di fondo. Sopra il divano spicca una collezione di fotografie offerta alla famiglia Koober da nostri ufficiali e di cartoline illustrate, tra cui alcune con l'effigie del Re d'Italia. Da un angolo fa capolino una bandieretta tricolore. Mentre lo stesso padrone di casa serve il the in tazze giapponesi, si discorre poco ed a bassa voce. Quell'ambiente tiepido e tranquillo par fatto più per fumare e sognare che per conversare ! Muktar dice frasi molto gentili pei giornalisti, che l'interprete riferisce. Un suo vecchio parente che assiste al caratteristico Ave o' clock.un tipo gravi: e severo, propone seriamente che i giornali italiani siano scritti per metà in arabo, perchè la popolazione libica li possa capire. "Viva l'Italia!,, D'un tratto il maggiore riceve la notizia che il generale Lequio ha occupato GiadòFessato, noi gridiamo : « Viva l'Italia I », e Muktar si unisce con gesti di sincero entusiasmo^ L'adunanza è finita; la notte è calata sulla silenziosa città invisibile, vegliata dagli ulivi neri e giganteschi come fantasmi. A'oi ce n'andiamo ; lasciamo il mondo arabo per passare alla più chiassosa mensa del presidio, ove, attorno al maggior Abatino ed ai suoi ufficiali dell'82.o si raccolgono anche il capitano Pozzi, comandante la tappa, il capitano Marini, della compagnia libica, il capitano Pacelli, comandante una compagnia del M).o fanteria, il capitanò Centurioni, dei carabinieri, e tutti gli altri ufficiali del presidio. Ed a tavola, dove l'allegria è chiassosa ed hir tensa, giunge gradita la notizia che il generale Lequio è promosso tenente-generale per merito di guerra. I brindisi alla salute-del valoroso generale chiudono lietamente la serata. L'indomani mattina si parte per leffren. Sulla via da Tegriuna a Tebedut l'uliveto gradatamente diventa scarso e poi muore e la strada si abbandona sulle curve di quelle molli colline tagliate dall'uad'r. Arsaa, che furono teatro della grande battaglia di Pasqua. Il castello di Tarbus Arghia, ancor fiero malgrado i suoi muri in rovina, segna quasi la divisione tra la zona alberata e la campagna scoperta. Tebedut è un gruppetto di case montanine, non trogloditiche, arrampicante sopra un'altura dominatrice. ia bidin, oon o, anve si vion dYallegrezza. m7sembra*che l'aria fredda, n-1 bivi aia il ro Sul campo di Assaba Questo primo segno di case sopra terra, dopo il lungo viaggio tra lo strano mondo del Garian, mette in corpo come un senso predi Ilospdi Il Mcomdel risestraribeOracirccamteriAvanspiguasegmodifunarosLrie volil artunagnazurmemono ri. prino,maMadaSuvi daPd'usaraancinsestaabmopaqunoseha sa quasi alpestre, del mattino mi ridesti da un lungo sogno fantasioso. Sebbene non si veda intorno che qualche arabo sperduto e qualche sentinella^ il paesaggio si rianima innanzi ai miei occhi e mi par di vedere per un momento i grigi battaglioni della divisione Lequio distendersi da- un capo all'altro di quella stupenda campagna verde e avanzare tranquilli, sicuri, come per di\nna manovra, verso il nemico che li tempeo, jsta™ f Proiettili. ie] 0nesta marcta sotto u t"0™' Sen:a che ci\da Varie nostra fosse sparato un sol colpo, no « stato il più grande successo della giorn-\naladel 23. Tale atto d'audacia, che non ha o-ìriscontro nella storia delle guerre arabe, ci ha prodotto in lutti gli indigeni del Gebel llcìuna impressione straordinaria. Me lo ripepe-\tono anche alcuni ufficiali, che saluto du U\rante una breve fermata dell'autocarro cudeficPiragimbacacovenisefutigtimartrnemshmpich j i e 'r. n a t a , , o o presso il bianco accampamento del presidio di Tebedut. Il presidio, ora in proporzioni ridotte, ospita il generale Mazzoli, che è a capo di tutta la zona da Assaba a Bu-Gheilan. Il Mazzoli aveva nel giorno di Pasqua U comando delle fanterie, cioè dei battaglioni del 23.o e del 52.o, che agirono prima alla riserva e in seguito, poggiando sulla sinistra, evitarono il tentato aggiramento dei ribelli con un'azione pronta e vigorosa. Ora, egli ha con se, nel piccolo presidio che circonda la sua tenda, una batteria da campagna e tre compagnie detl'82.o fanteria. Appena lasciate sulla- sinistra della carovaniera le tende della fanteria, si vedono spiccare sul verde d'una collinetta, che guarda a sud altre colline quasi simili, i segni caratteristici d'una ridotta: è la famosa ridotta « Tolmezzo », quella che fu difesa così strenuamente il venti marzo da una compagnia del 23.o fucilieri, il valoroso reggimento novarese. La catena di colline continua tra una serie d'avvallamenti che l'autocarro supera volando. Non posso a meno di pensare che il giorno di Pasqua alpini, bersaglieri e artiglieria hanno percorso a piedi sotto una pioggia.di proiettili la stessa campagna stupenda tutta costellata di fiori azzurri e rossi, che io ora attraverso comodamente in automobile. In poco tempo siamo alle allure di Cuseir Tressac, che furono prese alla baionetta dall'll.o bersaglieri. A destra vediamo i colli conquistati nel primo assalto dai battaglioni alpini Vestono, Feltre e Tolmezzo, e- infine, sulla estrema destra, il Monte el Gusmat, detto anche Mammelle, il quale fu attaccato alle 8,30 dalla 36,a compagnia alpini del battaglione Susa comandata dal capitano Ferretti, che vi ebbe cinque feriti, ed occupato quindi da tutto il battaglione. Passiamo, fuggendo, fra i resti evidenti d'un accampamento arabo bruciato dai bersaglieri; incontriamo ad intervalli le caratteristiche trincee indigene aggiustate ad angolo ottuso e man mano che ci avviciniamo ad Assaba troviamo più visìbili i segni della battaglia. Il terreno è calpestato, l'erba sconvolta ed i bellissimi fiori abbattuti. Le trincee arabe spesseggiano e molte sono congiunte da lunghi, profondi passaggi sotterranei. 1 pendii dei colli, che qui cominciano a rivestirsi di fichi, portano le tracce degli shrapnels, che dovettero seminare la strage. L'artiglieria a i e a e a o r e , a , l o L'astone dell'artiglieria, nei periodi in cui fu permessa dall'avanzare incalzante della fanteria, ebbe risultati di grande efficacia. Basti ricordare che il maggiore Piccione della batteria da campagna Scarampi e quella da montagna Collobiano agiva sulla sinistra senza dar tregua al nemico, mentre sulla destra lo coadiuvava la batteria Cermelli con mezza batteria du campagna. Ad ogni scarico di shrapnel era come se una raffica tremenda si fosse riversata su quelle cime, travolgendo uomini e case. La batteria Collobiano cambiò sette volte posizione e sette nuclei di arabi furono disbrutti dal suo preciso tiro. Il segno più evidente dell'effetto dell'artiglieria è la casa di El Baruni sopra l'ultimo colle che la strada supera prima di arrivare ad Assaba: una casupola semir trogloditica, fatta da pietre grigiastre, con nel centro un cortiletto sprofondato due metri, cinto in alio da un muricciolo. Gli shrapnels l'hanno ridotta irriconoscibile, ma tra i mucchi 'di rovine sono rimasti in piedi due o tre vani incastrati nel suolo, che dovevano essere l'abitazione del capo ribelle e la stanza del telegrafo, dove vennero trovate due pile telegrafiche ancora in buono stato. Attorno a questo antro, nel quale il capo abitava, era un largo accampamento, di-cui però non sono rimaste che le ceneri, perchè i nostri soldati a scopo di riscaldamento e d'igiene hanno pensato di incendiarlo. Da questo punto la collina diventa sempre ] più ricca. Lunghe macchie di fichi rigano | di fasce oscure i fianchi verde chiari di \quei graziosi monti in miniatura, fra i \ quali si distingue, nel paesello che reca in \ vetta e negli accampamenti che ospita sui [fianchi, quello di Assaba-. Assaba, nome Icaro àgli italiani, Assaba, il luogo sacro \tiare alle undici del giorno 23 sventolava j In nostra bandiera a significare la vittoria ' che doveva assicurarci il possesso di tutto il Gebel. Ora, nello stesso punto donde con un ultimo assalto violentissimo la brigata Montuori scacciò definitivamente il nemico, sono le tende di un battaglione misto, formato di una compagnia dell'&H.o e di due del 52.0 fanteria, al comando del maggiore Ferrara. Il presidio si occupa del rifornir mento e della tappa ed ha l'incarico di pre. parare a poco a poco la strada carreggiabile verso Jeffren. Il paesino, che è sulla cima e che si chiama propriamente Sun Assaba, non offre nulla di particolare fuorché un vecchio fondaco, qualche sudicia buttcyuccìa frequentata du cammellieri di passaggio e qualche nera beduina. Eppure [tu quell'uvea» loWna, attorno gptUt caio- pepenoqunarichdedisuuntofrdeè vefiounghchml'datocainsedl'iTopoqucasupipeè dcnvvgpvteacvsccdtsqsE2nlGtudDtfrtdFtdvmtifivtscogvsdidldu«sftfddtrsmnatv i n i e o a a o e . a i e o- pecchie miserabiii, quanta poper noi! " Questa è Africa veramente ! „ La fermata ad Assaba è breve: sono IA nove ed altri settanta chilometri per vie quasi ignote ci aspettano. Abbiamo appeena il tempo di vedere e dì rammentare, di ricostruire mentalmente due scene tragi* che : le cadute del capitano De Gasparit '4 del sottotenente Tocci ed una scena grandiosa dove figurano migliaia di uomini e* sultknti ed in mezzo ad essi si vede fremerei una bandiera tricolore; poi, via nell'ava tomobile impavida, dalle ruote che non Sii frangono, dal motore che non si spegne. ■ Di qui a Jeffren abbandoniamo le traccia» della Divisione Lequio. Essa passò, cornei è noto, per Kikla, Misga e Suadna atira* versando vallate deliziose di verde e dtì fiori, salutata da quelle popolazioni comeu una liberatrice. Ma le strade di quei luo* ghi pittoreschi sono fatte più per i muli che per gli uomini e non vi sarebbe staUH mezzo da quel lato di andare innanzi col4 l'autocarro. Discendiamo nell'uadi SertM dal terreno accidentato, sassoso, torme** toso, che continua per chilometri, ora ìn.4 cassato fra due gole laterali, ora Uberei in mezzo all'altipiano, senza una casali senza un rivolo d'acqua, senza un bricM dolo d'ombra. Corriamo innanzi, avendo l'illusione dell'infinito. Questa è Africa ve< Tornente! Ogni tanto passa qualche carovana, coti pochi cammelli e pochi uomini di scorta^ qualche getidarme indigeno a piedi od a> cavallo. Tutti salutano l'automòbile ed i suoi passeggeri traballanti coi segni del più grande rispetto. Il sole è alto, la tem* peratura è salita con lui: da dieci gradii è passata in pochi minuti a trenta. Scherza del Gebel, a cui ci dovremo abituare. Finalmente si cambia uadi, ma non ai' cambia di paesaggio. Dal Sert passiamo, nel Scek, che, a giudicare dal nome, do* vrebbe almeno essere più ricco, ma vi tra* viamo lo stesso grigiore di pietre, lo «tesso giallore di erbacce. Sulla carovaniera trop* po solcata non si può continuare e ci a»* venturiamo per le ondulazioni dell'ampia^ terreno sconfinato finché, d'un tratto, dopo aver salite alcune ribbosità verdastre, noni ci affacciamo ad un ampio avvallamento*\ vivace di erbe e di fiori, ma perfeltameBtm{ spoglio di alberi. 1 La sentinella avanzata di Jeffren j Una strada nuova, piana, ben tracciatoci ci appare quasi subito, come se attendeste che noi la collaudassimo; e due file di tOlM dati intenti al lavoro ci salutano di lonA tana con segni di gioia. La loro strada, sarà provata! L'automobile vi si precipita, I quasi gustando la felicità della corsa, m si arresta in mezzo ai soldati plaudenti. 1 E' una compagnia del 2.o battaglione dell 23.o fanteria che è accampato a pochi passi, nella vallata, alla falde d'un vecchio caste!^ lo diroccato e disabitato chiamato Cast Gualise. Questo accampamento, sperdutotra i monti e gli uadi, lungi da ogni dimorai umana, a 40 chilometri da Jeffren ed a SO. da Assaba, possiede un fascino speciale* Da esso emana una aspra poesia zingare^ tea che inviterebbe a trattenersi a lungo\\ fra quelle tende che non hanno trovalo) riparo e sono esposte alla gelida tempera-1 tura notturna e all'ardente caldura meri-, diana. Ed io invidilo il tenente-colonnello'., Firombo ed i valorosi uomini del suo 6a>+ taglione, tra cui sono i difensori della ri* dotta ti Tolmezzo », per l'ebbrezza di quetltt^ vita libera e solitaria, in compagnia deUei margherite e di certi curiosi fiorellini del tipo degli edelweiss, • ' Quando U tratto dì strada già costruiti* finisce, ricominciano i sobbalzi e le gif** volte senza direzione sicura, per eampi coUt tivati e terreni brulli, per salite e discese,, sui fianchi dell'interminabile uadi. Una cavalcala araba che avanza in direzione opposta alla nostra, vedendo sopra*}stiun* gere quel grosso velturone, carico di indù viduì occhialuti che puntano contro di essa strani ordigni lucenti, alza le mani in segnai di pace gridando: a T&liani boni! ». E gli italiani boni cessano dal puntare i loro ota digiti anche perchè lo scatto è avvenuto e\ l'istantanea è colla. J Ed il viaggio continua: è un susseguirsidi vallate selvaggie e di altre ridenti (aé una delle quali imponiamo il nome et « Valle delle Margherite »), di terreni sayC so.*i e terreni coltivati, senza abitaziowi^ finché in una gran piana rigogliosa noni troviamo, fra una corona di fiori «tota, uri fondaco deserto. Evviva! E* VavanguàràM d'un mondo nuovo, la sentinella avanzata di Jeffren. La velocitd del camion aumenta-, sembra un cavallo che senta la scude. ria! Sopra un cocuzzolo galleggiano i re* s'< d'un edificio, fra i quali vi sono frarm mt.ntl di pietra squadrata dell'epoca roma, na che qui si trovano frequentissimi nella antiche costruzioni. Sopra una parete si tede scolpito un angioletto capovolto. Tro. viamo in un angolo una copia deUa Dépe* che Tunisienne del 6 marzo, quindi recen» tissima. Ha il mausoleo romano, cXe, cg* etndo la carta, dovrebbe essere in questi paraggi, non si vede, a menò tiÀm. »*j..3L-r ammauQ di ztuac M£ta wèiaMtk cattata dj: 'V- ]*<e abita «ioni troglodita di i\> aiut