Il conflitto di due mondi

Il conflitto di due mondi Il conflitto di due mondi Rieolcando l'Atlantico, di ritorno da quel nuovo mondo dove aveva c colto la primiaia d'un trionfo, quale nessuno aveva goduto primo di lui », Guglielmo Ferrerò, paragonando la civiltà nuova che gli era apparsa, con quella antica di cui si era fino all'ora nutrito il suo spirito, ha visto disegnarsi nella sua mente le linee drammatiche di un immane conflitto: il conflitto di due mondi, la lotta di due civiltà antitetiche, anzi di due opposte concezioni di vita, ed [ha immaginato di rappresentare questo conflitto in forma artistica nelle forme drammatiche di un dialogo sceneggiato con realistica precisione di ambiente. Il dialogo ha luogo sul vapore Cordova, e vi prendono parte il Ferrerò, la moglie del Ferrerò, '« indirettamente il figlio Leo; Alverighi, un avvocato italiano che ha fatto fortuna nell'Argentina con speculazioni di terreni e imprese agricole; Bosetti, un altro italiano, ingegnere è professore ; Guimaraes, ammiraglio brasiliano, cultore della filoeofla di Augusto Comte; Cavalcanti altro brasiliano e letterato; un medico: il dottor Montanari commissario per l'emigrazione; e La signora Feldmann, parigina, moglie di un israelita di Francoforte divenuto miliardario americano. II. dialogo prende le .mosse.da una discussione impostata sul problema estetico della bellezza o bruttezza delle case di Nuova York in confronto degli edifizi di stile del vecchio mondo, e si svèlge per due settimane e per quattrocento e trenta pagine in dialoghi e dispute non interrotti che dai pasti e da qualche pettegolezzo sulla vita di bordo.. Dall'estetica delle case americane la discussione si estende a mille altre cose e problemi : dalla natura del sentimento estetico alla felicità dei miliardari, dall'utilità delle macchine alla concezione del progresso, d/illa relatività della conoscenza e della morale, a quella delle leggi geometriche ed astronomiche: tutto lo scibile e l'inconoscibile: d problemi più oscuri dello spirito e quelli più ardui ■ dell'attività pratica. Il Ferrerò ha inteso innanzi tutto di far opera d'arte. ■ Lo ha detto egli stesso in varie interviste e nella prefazione. Gli è sembrato che il dialogo, questo strumento prediletto di Platone è di Galileo fosse oggi « come una pianta assiderata dal crudo inverno i ed ha soggiunto sorridendo: « non è forse una mia particolare missione quella di ringiovanire forme d'arte cadute in dissuetudine? ». Veramente egli ha dimenticato tra l'altro che tutta l'opera di Anatole Franco, da L'orme dir Mail a Sur la pierre bianche si è giovata con inimitabile equilibrio di questo strumento letterario in discussioni di natura perfettamente simile'. Ma ciò poco importa : ciò 'che importa è vedere'.se il diab^o del Ferrerò abbia raggiunto l'armonia della creazione artistica. Non' mi pare che ciò si possa dire. Il Ferrerò è certo uomo di vivo ingegno, di attenta osservazione, di larga coltura, di infaticabile zelo di ricerca ideale, ma queste qualità non possono creare o sostituire quella virtù particolare o nativa che ò la visiono artistica. Ed è precisamente la visione artistica che manca a quest'opera a cui egli ha consacrato parecchi anni. Un critico meno benevolo od ostile potrebbe con facile lavoro additarne i non pochi errori di disegno e di color»-, di tono c di gustò, dall'ingenua e meticolosa descrizione dei posti dei commensali alla tavola di bordo (a. destra del capitano, cioè nel posto di onore, v'era una sedia vuota, riserbata alla moglie dello scrittore, il quale aveva il primo posto a sinistra, mentre il figliuoletto Leo (già coricato) aveva il terzo posto a destra, ecc. ecc.) a quella non meno ingenua degli effetti del vino sulla psiche del Ferrerò : • il vino sembra avere su di me lo strano potere di affievolire la certezza dei pensieri più saldi, di distaccarmi quasi direi dalla realtà delle cose... ». Ma queste sono minuzie. Il Ferrerò ha creduto che l'aridità eia astrattezza di una discussione •leale potesse esser avvivata e resa meno faticosa da tocchi di realismo descrittivo di ambiente e non si è accorto che quei parti ievmMzctplsndseeppdsaacmdrnt6qocsuggrruractzuldRsnfsriedeFlqmrscacuazctsmdiFstLfiqcscsalalimidcdcolan erano troppo piccola cosa dinanzi alla,,...... Ci • i. a- vr i. ì li«anta dei problemi trattati. Aonostante, ,° . , ' ,,. , , . seogni suo sformo, nonostante l'introduzione, assai convenzionale, di un elemento di fasci-] nò femminile nella persona della enigmati-ca signora Feldmann, il cui dramma perso-1 naie non si integra in alcun modo col reste, quelle discussioni appaiono interminabilmente lungbe e meccanicamente susseguentesi : la lettura ne indicibilmente faticosa e anche poco profittevole. E se ne è accorto l'autore stesso. A un certo punto, verso la fin», lo confessa: « Ogni ragionamento.... era sempre rovesciabile o confutabile in qualche modo : e di sofisma in sofisma la disputa si prolungava ». E più oltre: c volevamo sapere che cosa è il progresso, e non ne siamo venuti a capo ; se le macchine sono utili o dannose, se la scienza è vera o falsa, se la ricchezza è buona o cattiva, se l'America è da più o da meno dell'Europa ; e non ci siamo raccapezzati. Chi diceva di sì, e chi di no. Ragionamenti rovesciabili dappertutto. Lo spirito gira su se medesimo per Vedere la propria faccia, e gira e gira, gli piglia il capogiro ». Non si potrebbe definir meglio uè più esattamente l'effetto che ne prqya il lettore, e non si potrebbe mettere meglio in luce l'errore di concezione. Il Fermo aveva avuto uu'ottima idea, un'idea capace di un efficace svolgimento ideale e di una bella armonia d'arte. A mezzo l'Atlantico, in territorio neutro, tra due mondi, ss non antitetici, come per violenza di semplicismo li ha voluti faro il Ferrerò, per lo meno rappresentativi di due tendenze, Una piccola' schiera di spiriti colti si proponeva disinteressatamente il problema di quelle due cryi'.tà, delle loro divergenze • dfyjgto ccnfluenie, india d>lì'anarchia ideale in cui si travaglia il mondo moderno,e si proponeva valori nuovi sva di stabilire una.tavola di, di spingere lo sguardo nelmisterioso avvenire. Era un'idea essellente. Ma perchè quel dialogo avesse una chiarezza armonica ed un'efficacia conclusiva, occorreva che gli interlocutori fossero creature ideali, fossero persone idealmente rappresentative, appunto come sono gli inter locutori dei dialoghi del France ; incarnassero cioè i principi dal cui cozzo poteva ve nire una luce. Ed occorreva inoltre che la discussione ideale fosse condotta su linee sintetiche, depurate da tutte le scorie degli errori e delle ignoranze individuali, i quali e le quali non possono che ingombrare, far perder tempo,, dar fastidio e confondere i problemi invece di chiarirli. Così individuata, schematizzata ed alleggerita, la discussione poteva con pochi tocchi d'ambiente assumere equilibrio di insieme e organismo d: arte, essere reale ed allegorica, svolgersi- e concludere in un'unica scena, senza int mezzo di pranzi e di riferimento ' dei gradi di longitudine e di latitudine. Il Ferrerò ha scelto la via opposta, del realismo fonografico, a cui poi non poteva naturalmente esser fedele nello svolgimento dottrinale. I juoi personaggi non essendo 6ufficentemente rappresentativi, dicono una quantità spaventosa di cose inutili >o errate o sciocche, esprimono opinioni ed idiosin crasie individuali di nessunissimo interesse. Se io domando a tutti i passeggeri di una nave che cosa pensino della scoltura greca o della musica di Wagner, del progresso e della morale, se li invito a discutere su di questi argomenti, posso raccoglie-re una serie di documenti della mentalità umana, scrupolosamente autentici, ma non riuscirò a condurli ad aleuna conclusione; anzi desterò una discussione terribilmente confusa che potrà prolungarsi non per quattrocento pagine, ma per dieci volumi, e senza alcun frutto. Che ci può importare che una signora Feldmann ami Rodili e che l'avvocato Alvorighi giudichi Amleto un dramma da teatro diurno? Shakespeare e Rodili, le statue greche e la bellezza sono stati discussi alquanto nel passato, e chi non voglia perdere tempo non può non rifarsi ai risultati acquisiti. Non minore è stato l'errore artistico commesso dal Ferrerò coll'introdurre se stesso, la moglie'e il figliuoletto, nella scena, e i propri amici e i libri degli amici nel discorso : omaggio di tenerezza famigliare e di amicizia: ma errore, perchè non si comprende come il Ferrerò, abbia poi ridotto se stesso, cioè la maggior intellettualità, ad una parte quasi passiva di ascoltatore, scegliendo, come pare, ad espositore delle proprie idee, 'amico Rosctti. * * Se l'opera d'arte non appare felicemente riuscita, resta l'opera di pensiero, ed sarebbe degna di minuta discussione perchè coinvolge il problema intero della moderna attività umana Al Ferrerò la vita americana è apparsa come l'indico di una tendenza sfrenata, di una libertà anarchica dell'individuo, intesa a moltiplicare lo sfruttamento delle ricchezze naturali c il benessere materiale. L'antico mondo europeo era vissuto entro un triangolo : limitazione, concentrazione, disciplina: era un mondo chiuso, limitato materialmente da confini fisici, idealmente da entità quasi divine : il Vero ed il Falso, il Bene ed il Male, il Bello ed il Brutto, la Famiglia, lo Stato, la Tradizione, il Costume, la Legge, il Re, Dio, Dio sopratutto, « il più augusto ed universale dei Limiti ». Quel mondo chiuso aveva posto a fine dei suoi sforzi la ricerca della qualità: quindi aveva dato una fioritura suprema alla coltura, all'arte, alla morale. Ma Colombo scoperse l'America. L'uomo vide nuovi insperati campi alla sua attività: cominciò a bramare non più solo la Ricchezza, ma la Libertà: di conquista in conquista, di libertà in libertà fu spinto ad abbattere man mano tutti i confini fisici, tutti i limiti ideali. Fiuchè un giorno la Rivoluzione francese venne a dare il colpo di grazia al mondo antico: l'uomo strappò tutti i limiti, ,,. ì limito da tutte le parti 1 autorità e libero , , , / , » - • , , se più che potc, trasloco Dio ai confini del- ] j l'infinito. Armato di fuoco e di scienza; non più limitato nè dallo spazio, nò dal peso, nò dalla materia, nò dalle sue leggi, che a-i a , veva vinte con le sue macchi***, nè da Dio, attese nella nuova terra, l'AasoT^T.'. *d accrescere la sua potenza e la sua ricchezza, senza riposo, senza arresti, come invaso dauna febbre, quella'che si dice la febbre delprogresso. E il carattere di questa nuova coviltà è la sostituzione della quantità allaqualità: la produzione copiosa, meccanica,mediocre, dozzinale, sostituita a quella raf-nnata e scarsa dell'individuo artista', delvecchio mondo. Fra questa civiltà nuovadella quantità e quella antica della qualitàsta come termine intermedio l'attuale ci- viltà europea che partecipa dei due campi : si slancia alla conquista .della terra, allamoltiplicazione delle ricchezze e subordinaal suo avido sogno le preoccupazioni éste-ticho e religiose del passato, pur senza pò-terle dimenticare. \ Intorno a queste premesse ci sarebbemolto da dire: appare subito che la cÌas-ài Reazione c forzatamente semplice, e .^ègli effetti non rispondono alle' cause'..'ilmondo antico era, secondo il Ferrerò, un mondo chiuso in termini infrangibili di tra-dizione e di superstizione: ma in quel mon-do chiuso, Democrito formulò la teoria atomica del inondo costituito da un cieco caso; Aristippo la filosofia della ricerca del piacere; Socrate la dottrina della libertà morale ; Diagora l'ateismo ; e per converso non è chi ignori che nell'America la religione ha un fervore, di culto che non ha certo in Europa :. nqn è dunque esatto che la fivltà anup.cana sia l'espressione dellalibertà assoluta, materiale e morale assun-ta in antitesi di una costrizione antica. Nè più esatta sembra la definizione di civiltà quantitativa appesta a quella. di civiltà qualitativa, e non è legittimo riferirle a sole cause spirituali. L'americano non promuove lo sfruttamento del suolo e la moltiplicazione delle macchine per una reazione, di libertà contro i limiti del- vecchio mondo, ma per quella .naturale sete di ricchezza che da che mondo è 'inondo ha sempre assillato tutti i pòpoli,' e per quella febbre di indàgine scientifica e. di creazione ingegnosa che induceva Archimede a inventare la coclea, ed Herone la prima turbina a vapore. Incauto ò il trarre, dall'assetto industriale. del mondò moderno, la conclusione che sia stato smarrito il senso della qualità, della raffinatezza, del godimento, squisito. I nuovi arricchiti degli Stati Uniti o dell'Argentina non apprezzano nelle opere d'arte che'la loro rarità commerciale? D'accordo. Ma che altro'fecero i Romani quando conquistarono e' spogliarono la Grecia. Come i Romani giunsero in progresso jflj^tempo a comprendere la bellezza delle ope* re che - avevano brutalmente rapinate, a per goffo orgoglio di parvenus comperate*S carissimo prezzo, e ad imitarle, così nulla toglie, anzi è ben probabile che l'America, ricca e stanca, di un secolo futuro «veda sorgere una fioritura artistica. E si può proprio dire, anche ora, che la civiltà americana non abbia dato che quantità, e non qualità quando ha fornito in Walt Whitman il poeta più veramente ed originalmente poeta del secolo ■; decimonono, quando ha dato col Whistler l'iniziatore di tutta una nuova visione pittorica, quando promuove nuove, ricerche archeologie li e più e meglio che gli Stati europei ? E crede il Ferrerò che la morale fosse più onorata nell'Atene di Pericle, nella Roma dei Cesali, nella Francia degli ultimi' Borboni, di quando non sia ora in America? Il fenomeno dell'americanismo non è dunque altro che il fenomeno della civiltà moderna, fondata - sull'assetto industriale. La bruttezza o ' la mediocrità delle fogge non è maggiore in America che in Europa: ma come si può dire che questa civiltà sia quantitativa, che il progresso industriale abbia fatto perdere il senso della squisitezza qualitativa, e perciò della creazione artistica, quando ogni città europea (ed americana) ospita migliaia e migliaia di letterati, di pittori, di scultori e di musici, vede sorgere ogni giorno migliaia di opere d'arte enormemente superiori ad o- i gni possibile bisogno e domanda? La teo-i ria del Ferrerò cade in frantumi.. La ve l'ita è diversa," ed è1 quella'da tempo riconosciuta da tutti; la produzione iuduI striale ha cacciato la genialità artistica ! dalle forme più utilitarie e l'ha ristrettan j a^arto.pura; Questa produzione artistica, ,lc!oe qualitativa, tè fin troppo • libera, mul-Informe, anarchica? Siamo .d'accordo, enon c una novità. A spiegarla ed a cercare - il rimedio il Ferrerò formula la sua teoria dei limiti , a!La bellezza è infinita, ma.lo spirito urna l!110 è limitato: ogni principio umano è liomitato, e perciò esauribile: quindi i limiti a; debbono essere periodicamente rinnovati. ,!313 come ritrovare quella limitazione, con -jcefrazione, disciplina, che fu la forza toitima delle prodigiose civiltà antiche? Il a | p€rrero "°n si nasconde le difficoltà. Per à :far trionfare «Apollo contro Vulcano» - ; occorrerebbe un atto di volontà, un im |lnenso at*» di volontà, non di un uomo, aj,na di u«a moltitudine, che ponesse dei lia j1Tliti nuovi a quella libertà sgretelatrice e -leorruttrJ°e» cne ristabilisse l'autorità del- j'° Stato, delle scuole, delle tradizioni, la jconcentrazione dello sforzo e la disciplina.e|Ed 6000 la formola riassuntiva: « Non bi-;soSua volere tutto, non tutta la bellezza, èl110" tutta la verità, non tutti i beni, ma l\otcorre sapersi limitare, perchè noi siamo I cleS'' esse™ limitati», -j _ Come si vede questa lunga discussione |r'e€oe ad una formola non precisamentenuova: al Medcn agan: t nulla di troppo » che era «colpito sul tempio di Delfo e attribuito a Solone. E in verità l'unica novità che appare da questo libro è quella della evoluzione spirituale dell'autore. Nell'Uwropa giovane egli aveva sostenuto che le nazioni latine erano vittime di una concezione ; antica e oramai superata della Vita sociale, ^ aveva esaltato le nuove civiltà indùjS^ali germaniche che rappresentavano e il trionfo del lavoro creatore ». Ora capovol ge la tesi ed esalta la concezione antica contro la nuova; ora egli scrive che « il conservare, e non come oggi si crede dai più, il distruggere sarebbe condizione necessaria del progredire ». Ora egli . scrive che « di far nuovo non significa necessariamente far meglio » e che « il progresso è diverso, dalle macchine, dalle ferrovie, dai telegrafi, è ben altro che accrescimento di grano e di benessere ». Ora egli pensa che • vi sono bisogni spirituali, v'è la cultura, l'arte, la vita morale. Quel che noi chiamiamo la civiltà sarebbe in pericolo di morte il giorno in cui gli uomini non fossero capaci d'altro che di cambiare ogni cosa e non di conservare;...» Verità profonde; se anche non nuove per tutti... ™ ENRICO THOVK. Guglielmo Ferrerò.— Vra i due mondi. — Milano, F.lll Tieves, 1913: