L'ordinamento del lavoro

L'ordinamento del lavoro La crisi del porto di Genova L'ordinamento del lavoro Contro la ristrettezza 'dello spazio e 'digli impianti, il Consorzio ha lottato con e- norgla, ridticendo a proporzioni tolleral'ili i danni che ne Bono la conseguenza. ! limane quasi intatta un'altra grande canea perturbatrice : l'ordinamento del lavoro. La. funzione che esercita la mano d'opera in un grande .porto moderno è d'importanza immensa. E' possibile rendere florido un porto anche non favorito dalla natura: è impossibile salvare un porto di Cui l'elemento umano, per vizi di sistemazione, anello senza volerlo e senza saperlo, contrasta le finalità economiche. Bisogna, riconoscere che l'ordinamento ideale del lavoro portuario è disperatamente difficile a raggiungere, e anche solo ad avvicinare, (ili interessi che sono in giuoco sono così numerosi, vasti e complessi, la loro graduazione cosi delicata e difficile, il loro eqtiilibrio così arduo, che in nessun porlo anfora, nò in Italia nò all'estero, il problema ha ricevuto una soluzione soddisfacente. Ne rendono testimonianza i dissidi acuti, gli scioperi violenti e sanguinosi, elio iicriodicamente scoppiano nei maggiori scali marittimi europei. Per questo Iato, Genova sembrerebbe aver raggiunto prima degli altri porti un assetto stabile, poiché da dicci anni, da quando il Consorzio ha incominciato a funzionare, il nostro porto non ha più veduto un|unvero sciopero. Dopo la lunga paralisi de-|vonlmgudi ininosumachpedirapequrapugu19deI frdeseghtozitodalaorCoterminata dallo sciopero dei 47 giorni nel 1901, il porto di Genova non fu più fermato dai lavoratori che per poche dimostrazioni di ventiquattro ore, di carattere politico e non economico. Questo stato di cose non e però un indice di situazione normale. I lavoratori del tedea nicodeisporto di Genova mantengono la pace, per-p0che hanno conseguito in gran parte le j concessioni a cui più tenevano. Le riforme che nei porti più progrediti formano ancora, oggetto di rivendicazione da parte delle organizzazioni operaie, a Genova da un decennio sono terreno rettamente conquistato. Il miglioramento operaio significa aggravamento immediato del costo, che dichmgapuò essere e può non essere compensato I iscdalla più intensa produttività del lavoro\^meglio rimunerato. A Genova i miglioramenti . conseguiti dalla classe operaia sono stati di natura tale da accrescerne in proporzione il rendimento? Rispondere a questa questione ò giudicare l'ordinamento attuale del lavoro nel porto di Genova. Il roglmo antico Il redime antico era il regime della libertà. Chi voleva, poteva lavorare nel porto. Gli impresari potevano servirsi del lavoro di chicchessia. Questo regime determinò il caos. Abusi senza nome e senza fine furono consumati, a danno della mano d'opera disorganizzata e del commercio Inerme. E ne nacque per Genova una fama sinistra chradofinmpri sodaselofintotogesiche i naviganti sparsero per ogni angolo | opdel mondo. Il comm. Malnate, che fu per vent'anni ispettore del porto in quell'epoca, e poi que raimmstore di Genova, scriveva nel 1892: «Per teme, lo confesso liberamente, da un decen- ! lanio non vidi mai che un capitano marit-|Stimo potesse muover passo nei più piccoii ! chaffari senza aver d'uopo d'uno q più spe-! dizionieri che lo sorreggessero. Questi intermediari inquinano le vere fonti del commercio, tutto sfruttando a loro prò: il lavoro manuale dei soggetti e la buona fedo e zisendei committenti. E cosi si creano bisogni zfittizi, usi, costumi, pratiche tutte inquina-1"te, il commercio vive in aura corrotta e cor- : diiitti ice. Quando le merci scaricate sulle 'chcalate non erano custodite, come ora, dal-;ala Càmera di commercio e alla tutela si ! " provvedeva per parte dell'autorità senza Mspese, gli intromettitori le gravavano di j bspese di guardianaggio, in vendita di fu-izaino, per più migliaia di lire ! Gli scioperi I pdel 1882 e 1883 ammaestrarono che ai fac- schini non si concedeva neanche il terzo del-1 ple spese di facchinaggio ónde si gravavano ! zile merci all'estero sotto il pretesto dell'uso ' chdei porto di Genova. Aboliti i consoli dei j bfacchini, i più arditi, i più robusti, i più | tiforti ne assunsero le lucrose funzioni cornei chconfidenti dei negozianti: e, non più sog- tegetti alla potestà e sorveglianza dei pub-'chblici ufficiali, usarono dapprima, non tur-j brdarono poscia ad abusare della loro forza, reli monopolio, prima legale, essi pochi, forti ; liddi persona, di aderenze e di mezzi, avoca-Iterono a sè : e, per mantenerlo, spalleggiati i dai negozianti, imposero a tutti la volon- mtà loro, fatta legge del lavoro. Abolite lei futariffe dall'autorità, essi ne prescrissero |adi arbitrarie. Opprimevano e sfruttavano i dipendenti facchini, e a chi opponevasi eran percosse e ferite. Reclamarono a capo gacociel loro sodalizio ex- lege, lui per mitezza jLd'animo nolente, tal Piloto (Giuseppe Ba-jiaguasco), uomo di muscoli prodigiosi, e così poterono spadroneggiare e intimorire per lungo tempo, commettendo con abusi delitti. Fattone razzia, la Società venne sciolta, puniti i colpevoli. Questo processo rimase famoso, ed ebbe il titolo di processo dei [orti ». 11 quadro non potrebbe essere più vi villo che in questo stile da questura. Il regimi: della libertà ha portato a questi eccessi e a quest'anarchia. Genova è diffamata per tutto il globo. 11 capitano di nave che può, la evita: e quando deve approdarvi, vi scende come in una selva piena di ladroni. Per svilire la mano doperà, gli impresari e i confidenti hanno tratto dalle campagne orde di contadini, che si abbrutiscono, quando sono abbastanza fortunati per riuscirvi, in un lavoro accasciarne, pagato con talari di l'urne. La concorrenza v.ella mimo d'opera è illimitata. 1 lavoratoli Ri con- msmmmsnsnsnpsastec19seririitndpno l'impiego a pugni e a coltellate. !vaE1 questo gregge innumere e torvo elio'sogii organizaatori della massa operaia rac-l vcolgono nelle prime Leghe di resistenza. Il I tmóYihiohtó inéomiiiCia nel 1890. Un barlu-|rme di cosciema prende a rischiarare l'a- r a ì o i , r o n|una nuova pe, porto dj Genova n la_ -|vor0( affrancato dal lungo servaggio, ha ot- nlma avvilita di questa povera gente. Segue un primo risveglio morale, un bisogno di elevazione, un istinto di reazione alle inique forze opprimenti. Ma il movimento non è maturo ancora, per raggiungere risultati positivi sul terreno economico. L'arma degli operai, contro tutte le forze ostili che li perseguitano, è lo sciopero. Lo sciopero parziale diventa un fenomeno quotidiano e cronico, che sconvolge tutte le operazioni del porto. Nè mancarono gli scioperi generali: memorabile e tristissimo quello del 1892. Nel 1901 lo sciopero generale si rinnova, senza che l'invocata stipulazione delle tariffe collettive sia conseguita. Quasi un anno più tardi, nel marzo del 1902, senza agitazioni violente, i lavoratori del carbone ottengono le tariffe collettive. I caposaldi di queste tariffe, « concordate fra i rappresentanti le Leghe di lavoratori! del carbone nel porto di Genova e i rappresentanti dei negozianti» sono: l.o Ir Leghe hanno il monopolio del lavoro del porto ; esse forniranno i lavoratori ;ii negozianti secondo i loro bisogni ; ?.o i lavoratori rinunciano al diritto di sciopero e danno cauzioni ; 3.o tutte io questioni fra lavoratori e negozianti riguardanti tariffe, orari, prezzi, ecc., sono devolute ad miai Commissione arbitrale. La data di quesf.- patto segna l'inizio di l l tenuto il riconoscimento del suo diritto federativo, c tratta col capitale da potenza a potenza. Ora è da attendersi che l'organismo nuovo, saldamente costituito, ben comandato, forte della forza formidabile dei numero, prenda il sopravvento, e si issicuri, nella ripartizione dei benefici del -p0rto, se non una quota leonina, un modo e j o e a e di pagamento, una garanzia di esistenza, che non è armonica cogli interessi fondamentali dell'economia portuaria. Il tallono d'Aehllle Per riuscire nel loro movimento, gli organizzatori della massa operaia dovettero o I iscrivere alle Leghe tutti i lavoratori del o\^io- Poich^ il sistema della libertà aveva o . o l o a E chiamato a Genova falangi eccessive di operai, le Leghe e le organizzazioni, inscrivendo a pari diritto tutti quanti, sancirono fin dall'inizio uno stato di fatto assolutamente anormale e antieconomico. La causa prima di tutte le complicazioni c di tutti i danni che seguirono, sta in questo eccesso di mano d'opera, a cui le Leghe accordarono cittadinanza irrevocabile, dotando, senza volerlo, il poTto di Genova d'un tallone d'Achille. Il Consorzio, sorto nel 1903, si preoccupò fin dalla sua prima seduta dell'ordinamento del lavoro. Tutto era da fare. Il contratto collettivo pel carbone era ritornato oggetto di fiere contese, perchè mancava l'esistenza legale e responsabile delle Leghe o | operaie. Le merci varie attendevano ancoi ra la prima sistemazione dei rapporti fra imprese e lavoro. Il Consorzio non tentò mai di risolvere a fondo, definitivamente ia r terribile questione. Tutti i regolamenti del n- ! lavoro che furono emanati dal Palazzo di t-|San Giorgio, ebbero sempre carattere, dii ! chiarata o tacito, di provvisorietà, e-! n Consorzio riconobbe immediatamente rmao e senza sforzo l'esistenza delle organizzazioni operaie, e accettò di trattare con esse, esattamente come trattava con le organizzazioni del commercio. Iniziando i nego ni ziati coilc Leghe, il Consorzio non seppe o a-1"011 lJ0lè affrontare decisamente la grande r- : difficoltà fondamentale. Il generale Canzio, e 'che Pure era un uomo energico, non disse l-;aEJi organizzatori della mano d'opera: si ! " v°i rni venite avanti con troppa gente, a M porto per ora non ha bisogno di tante i j braccia. Io non posso riconoscere l'esistenu-iza di tutti i vostri organizzati, senza im ri I pegnarmi a dare loro il modo di vivere. E c- se assumo questo impegno, condanno il l-1 porto per un lungo avvenire ad una situao ! zione piena di pericolose incognite». Se ano ' che avesse fatto questo discorso, molto proei j babilmente il generale Canzio avrebbe senù | tito rispondersi che le Leghe erano quelle ei che erano: che mancava il diritto e il crig- terio per farvi selezioni ed eliminazioni: b-'che il porto aveva chiamato tutto quelle r-j braccia, e che il porto le doveva mantene, re. Il principio dell'uguaglianza e della soi ; lidarietà su cui le organizzazioni erano sor-Ite non permetteva altra risposta, i i E cosi il vascello salpò con un forte peso n- morto a bordo. Tutte le provvidenze che ei furono deliberate dal Consorzio nei dicci o |anni della sua esistenza in materia di re o si o golamento del lavoro mirarono unicamente a rendere meno aspre e meno dolorose le conseguenze di questo squilibrio iniziale a jL'na prima misura essenziale fu presa col a-jia formazione e chiusura dei ruoli. Lasì r ta, se ei iisi er ò, vi i. e e , n o - mano d'opera del porto di Genova subì la sua gran serrata. Chi c'era, c'era: ma per molti anni a venire era stabilito che il numero dei lavoratori non poteva essere aumentato. Su questa base, con una serie di calcoli sull'aumento del traffico e sulla riduzione naturale dei ruoli, per morti, vecchiaia, ecc., si previde che entro un certo numero d'an ni l'equilibrio si sarebbe automaticamente stabilito fra il fabbisogno e l'offerta di mano d'opera, c la causa umana principale di perturbamento nelle funzioni del porto si sarebbe eliminata da se. Pieci anni sono passati, e l'alba di quo sto fausto giorno non si vede spuntare. C'è eccesso di mano d'opera ora quasi come nel 1903. Le cause di questo fenomeno sono semplici. Da una parte, si tennero i ruoli rifilisi, non si aumentarono le varie categorie di lavoratori, ma non si resistette alle !vad(, pensioni elio agirono perchè fossero o'sostituiti almeno in parto quelli che andac-l vano scomparendo. I lavoratori non aumenIl I tarano, ma neppure si ridussero di numeu-|ro, corno a stretto rigore avrebbero dovuto a- ridursi, non si fossero lasciati operare _ - i o l i . e i! e a , ai i che i previsti eliminatori naturali, la vecchiaia e la morte. In secondo luogo la macchina, introdotta dal Consorzio, come abbiamo veduto, sopra vasta scala, e i miglioramenti generali nella sistemazione tecnica del porto, assorbirono per proprio conto quasi intero il poderoso aumento nel tonnellaggio delle merci imbarcate e sbarcate, senza che occorresse il previsto aumento d'impiego di mano d'opera. Ai capi del movimento operaio bisogna rendere questa giustizia: che non sollevarono contrasti all'introduzione delle macchine più progredite e più potenti. I ventini elevatori elettrici al carbone, che compiono un lavoro gigantesco con un intervento minimo di mano d'opera, furono collocati sui ponti e funzionano regolarmente, senza che le federazioni si opponessero o facessero ostruzionismo. In molti al-jtri porti di prim'ordine riforme tecniche di carattere meno radicale furono introdotte|a n e i l o , o l a o a i , ò ntgee a ò a l i ie asao o e o, e : e, e nm E il anone i: e eoro e ci e e le e l a a er uuli ne ., n te adi si o 'è el o li oe ro aneo e solo dopo lunghi conflitti e talvolta (fon effusione di sangue. A Genova i lavoratori chiesero ed ottennero Solamente di avere una partecipazione ai rilevanti benefici apportati dalla macchina, por compensare il fatale aumento di disoccupazione. Dato il sistema della chiusura dei ruoli, e i rapporti generali vigenti fra lavoro, "Consorzio e commercio nel porto, la. richiesta era equa, e fu accettata. Ma per molti anni a venire continuerà nel carbone l'eccesso di mano d'opera che oggi, senza le macchine, non dovrebbe più lamentarsi. // turno di lavoro Persiste quindi la necessità di provvedimenti consortili, per tenere incanalato questo eccesso di mano d'opera, e ridurne al minimo gli inconvenienti. Il rimedio unico che si è potuto finora mettere in pratica è il turno di lavoro. Proposto dalle'Leghe operaie, da esse considerato, appena ottenuto, come una conquista, che non si può più abbandonare, se non per un assetto cooperativistico del lavoro portuario, il turno è veramente il solo sistema che sulle basi attuali d'organizzazione del porto a imprese libere, consente, con minori inconvenienti, l'esistenza all'esuberanza della mano d'opera, ripartendo il danno della disoccupazione parziale sull'intera classe lavoratrice. Se non che questo sistema, che dal punto di vista del puro lavoro è accettabile, tecnicamente è imperfettissimo, e quasi inadattabile a più che la metà delle operazioni che si svolgono nel porto di Genova. I mali che esso determina sono innumerevoli e gravi: quando s'è studiata attentamente la questione, si comprende l'assoluta e urgeai-te necessità di trovarle una soluzione radi- cale e definitiva, sopra un terreno compie tamente diverso da quello su cui fino ad oggi s'è posto il Consorzio. Il problema del Javoro nel porto di Genova ha aspetti molto diversi por il carbone e per Je merci rimanenti. Per il carbone — o -almeno per lo scarico del carbone, cho rappresenta oggi la quasi totalità delle operazioni carboniere che si effettuano in porto — il sistema del turno ha avuto inconvenienti non eccessivi. Per le merci varie gli inconvenienti e i danni sono stati e sono assolutamente gravi. La 'ragione è questa. Il carbone, mercepovera e omogenea, viene scaricata allarmtusa, con poche operazioni cha si ripe-lono aR'infinito quasi identiche e che am-mettono al cottimo conio sistema di misurae pagamento del lavoro. Gh importatoridi carbone non hanno da un lavoroparticolarmente delicato ed intelligente, alan &X^T,nSafr ? i ""f, TaTZascelta, alienata ed affiatata, un lavoratore„ . . , , , .ollo scarico del carbone vale su per giùun altro; il cottimo è una -spinta sufficien-te per far rendere il lavoro di tutti; orache funzionano le macchine, la fiacchezzao il perditempo diventano materialmenteimpossibili. I negozianti di carbone non hanno quindi avuto da sollevare grandi obbiezioni al sistema del turno, che potè venire applicato senza inconvenienti troppo gravi pei 2400 operai addetti a questo ramo. Gli operai sono costituiti in compagnie o cooperati ve: il turno si svolge normalmente, come una funziono puramente interna della organizzazione operaia: i lavoratori si dividono sulla base della più perfetta giustizia la disoccupazione determinata dal loro eccesso numerico: il sistema del cottimo, che è praticamente applicabile, il genere del lavoro che ammette facHmente la surrogazione, eliminano i maggiori inconvenienti tecnici ed economici prpprii del turno. .Ma, anche nel regno del carbone, dove queste condizioni non si possono riprodurre, il sistema del turno ha avuto conseguenze disastrose: per esempio, ha quasi ucciso il movimento dei carboni per « bunker s », cioè la provvista dei carboni allo navi per i bisogni della loro navigazione. Una volta Genova era uno dei porti preforiti dai piroscafi pei loro rifornimenti: oggi a Genova fanno carbone solo le navi elio vi sono costrette. Parecchie grandi compagnie itadiane fanno rifornire i loro vapori in altri porti italiani ed esteri: a Napoli, a Porto Said, a Dakar. La ragioue è ovvia: a Genova il servizio di «bunkera» è troppo caro. Ed è troppo caro per gli abusi della mano d'opera. La nave non può perdere tempo: deve caricare notte c giorno. La tariffa notturna è doppia di quella diurna. Per guadagnare la doppia tariffa, gli operai menano di giorno il cari per l'aia, e riservano alla notte il maggior lavoro. Basta enunciare questo sistema per comprendere come il movimento dei carboni por «bunkers» sia emigrato da Genova por -altri scali più ospitali, e il porto abbiaperduto almeno 200.000 tonnellate di ino-vimento (doppio movimento, si noti, per lani! tura dell'operazione) all'anno. Le cifrerelative sono più impressionanti: nel lOOsil movimento dei carboni per «bunkera»erà il 23 per cento del movimento totale,nel 1910 non si raggiunse il 10 per cento, ciailizzalin, intelligente e zelante. Il cottimo -, ihipossbibilc, tranne che si voglia stabilire un sistema di pesi e di verifiche che ri Dove I mail ilei turno nono più gravi Nolle raorei varie i danni del turno sono incomparabilmente più gravi. Qui lo condizioni del lavoro sono diametralmente op poste a- quelle del carbone. Non si ha più una merce povera o omogenea, ma uno quantità infinita di merci diverse, ricche, variamento confezionate, viaggianti a medi e piccoli lotti, dirette a differenti destinazioni. Il lavoro .si fa più delicato o più complicato. L'avaria, il deperimento, la confusione dclilc marche sono possibili o facili. Quando si tratta di esportazione, lo stivaggio, cioè il collocamento della merco nella stiva, in modo da utilizzare lo .spazio al massimo, esige una mano d'opera spe chiederebbe il raddoppiamento della mano d'opera. Il pagamento a giornata è l'unico sistema, tecnicamente attuabile, Ma pagamento a giornata e turno vanno male d'accordo. Il regolamento vigente, tenuto conto delle speciali esigenze delle merci varie, consente agli impresari di scegliere ogni giorno fra i 413 operai che formano le squadre fisse (categoria A) 300 operai di loro fidùcia, e farli lavorare con precedenza, assoluta; essendovi bisogno di altra mano d'opera, debbono essere chiamati per turno 500 giornalieri dei 700 che compongono la categoria B; essendovi an cora richiesta di lavoratori, l'assegnazione si fa nella misura di 3/5 alla categoria A (a scelta degli impresari) e 2/5 alla categoria B (per turno). Si comprende subito che fra la categoria A, delle squadre fisse, e la categoria B, dei giornalieri al turno, vi è antagonismo. I componenti la prima categoria sono uomini di fiducia delle imprese di imbarco e sbarco (si chiamano infatti confidenti), riscuotono paghe maggiori pel lavoro più intenso e più attento che producono, e, sopratutto, hanno per tre quarti (300 su il3) il lavoro assicurato tutti i giorni, per la precedenza assoluta che, entro questi limiti., è loro assicurata. Lavoratori strettamente legati a chi li impiega, gli squadranti non hanno bisogno di tutele fede rative e non fanno parte della Camera del lavoro I componenti 'della categoria B invece hanno la mercede fissata dalla tariffa in lire 7 al giorno (in realtà gli impresari, per indurli ad un lavoro più proficuo, pafgano 8 ihe) e non hanno l'assicurazione di j javoraro ogni giorno. Per eliminare lacon- mdIetvcorrenza dei 413 privilegiati della categoria A, i giornalieri al turno della categoria li, sostenuti dalla Camera del lavoro, vorrebbero introdurre il turno generale nelle merci varie, come esiste nel carbone. Contro questa prelesa, più che la categoria A, insorgono le imprese di sbarco e imbarco, le quali vorrebbero invece aumentare la chiamata a scelta, con precedenza assoluta e ridurre il turno, e in nessun caso ammettere clic al malo del turno che affligge le merci varie si possano dare proporzioni maggiori. E. veramente, non si può negare che il turno appllcttto a]Ie merci varie, per le LuaU mm -, pos3ÌbTlè introdurre il corret- i tivo del cottimo, e, al contrario, 6 necessa- i,.ia attività piu vigile) pKl competente e | . coscìmia> v clemcuto di sperpero e di | dìgordin0 „ plonmliero che vu a bordo, i hò lo cbiaiIli lu flducitt dell'im¬ !Presa, ma perchè tale diritto gli dà il giuo! , , , , ,• . i co del turno, se non è di un austerità stoi- . , *■■■■■-, ™' ° ìa?oì?°™ mcno c*° ln,eciocre' Tutte Ie m° ,e d,e ^nno rendere il lavoro umano, dalla fiera gratitudine a chi da \ un'occupazione, al timore di perdere il po sto se non si fa bene, '-v.no spezzate Per contro, agisce l'irrepriniibile risentimento contro l'operaio privilegiato della categ. A che lavora vicino, che guadagna di più, e che ha il lavoro assicurato quasi ogni giorno. In queste condizioni psicologiche è fatale che il giornaliero a turno faccia il meno che può: e, trattandosi di operazioni delicate, non usi alla merce lutti i debili riguardi, e produca quella percentuale d'avario per la quale il porto di Genova tiene il non invidiabile primato su tutti i grandi porti europei. Lo conforta in questo sistema la certezza che, ripresentandosi per forza del turno alla stessa impresa che avrebbe contro di lui ragioni di lagnanza, non potrà essere riliutaio. Gli impresari hanno ragione, in linea economica, a non volere il turno. Una combinazione più sciagurata dal punto di vista del rendimento non-si potè trovare. Il Consorzio, che avrebbe il Uuvere, poiché impone alle imprese il turno, di assicurare loro una prestazione di lavoro perniale, reprimendo gli abusi, allontanando gli immeritevoli, facendo rispettare il regolamento (ampiamente sufficiente a garantire l'interesse di tutti) è assolutumente impari, per questa parte, al suo compito. Le irregolarità e gli abusi che quotidianamente avvengono, dalla indipendenza degli orari, al rifiuto di compiere determinati lavori, e al trattamento vandalico delle merci, dovrebbero essere impediti dalle autorità consortili, e non lo sono. Il potere disciplinare del Consorzio va ricostituito: ma quand'anche diventasse saldo come il ferro, non potrebbe alterare le condizioni psicologiche in cui si svolge il lavoro parallelo dei giornalieri a scelta e al turno, che ó là causa prima di tutti i mali presenti. Eppure, se si considera che nient'altro che ìun eccesso di qualche centinaio d'operai gei nera questi profondi contrasti, che avvele Inailo oltre la metà delle operazioni porlualrio (1.270.000 tonnellate su 7.367.000 nel 1912). si resta sbalorditi di fronte allun mensa sproporzione fra la vastità del male e Ja tenuità della sua causa. Il lavoro di pcnsmhnllmmgnlmdlgem un porto è fluttuante. Obbedisce K leggi oscure, imprevedibili, incontrollabili. Una riserva di mano d'opera è indispensabile. Gli impresari che oggi imprecano contro il turno sarebbero i primi a protestare quando il porto disponesse della mano d'opera strettamente necessaria ai suoi tempi normali, cioè fosse costretto a restare parzialmente inattivo per mancanza di braccia nei tempi di lavoro intenso. Orbene un eccesso di poche centinaia di lavoratori, sopra i 2500 circa addetti alle merci varie, non deve rappresentare molto più che il margine di elasticità di cui il porto deve disporre per i giorni di traffico più vivo. Il fatto che ne nascano tanti turbamenti e tanti danni è la prova che il sistema attuale è cattivo e che il lavoro del porto deve essere ordinato sopra altre basi. GIUSEPPE B£vJONE. Ictsed1dftgctcvpcFmcP

Persone citate: Canzio, Giuseppe Ba-jiaguasco