Il suo male

Il suo male Il suo male , Il telegramma che Oliar» Santone© ricevette in risposta aHa sua lunghissima lettera diceva brevemente: c Sono malato. Comprendi e perdona il mio silenzio ». Quand'alia io aperse con.lo dita malsicure, quand'olia io tesse, e Io . mt**e>;. Io parve Wbe non una goccia di sangue rimanesse nelle sue vene. Egli era lontano,' k>lò,'infermò, bperduto nell'immensa città non sua, egli soffriva senza lamento, in silenzio, perchè ella, ignorasse il suo male e non se ne af- jfliggesse, egli implorava soltanto d'esserecompreso e perdonato da quella che lo araava. Quella- che lo amava si stringeva sul petto spasimando, il piccolo rettangolo di carta gialla e con gli occhi quasi ciechi di pianto guardava il cielo tetro e lontano attraverso all'intrico nero degli alberi- altissimi, irrigiditi dall'inverno in un atteggiamento di giganti scontrosi. - U parco desolato .di nudità, e d'abbandono chiudeva -l'antica vi'lìa in un severo dominio d'orgogliosa solitudine, oltre ..il quale il mondo con le &ue febbri e con le sue passioni e coi suoi clamori, pareva inesistente e confuso come le imajfini del delirio. Tutto le sembrava gelido e morto intorno a se e la stringeva e la premeva e le pesava come un ammuso di cose defunte e fredde, fra. le quali ella sóla palpitasse e fremesse eco la sua vita, divampasse e ardesse con la sua fiamma. Dal cielo l'ombra scendeva come ,una cenere grigia e nella sua vastissima stona» s'addensava in tenebra a poco a poco. Entrò un vecchio domestico con una lampada, la depose su lo scrittoio, uscì tacitamente senza vederla. Ella .ne udì il passo strascicato allontanarsi lungo un corridoio, udì aprirei- un'altra Sporta, i-isuonaro nell'alto silenzio gli ostinati colpi d'una tosse senile. Donna Rodegònda Sauterico, settuagenaria, e quasi cieca, .si poneva a letto a pri'ma sera,, .aiutata da. una sua fida oamoxiera, e Chiara, la giovino nuora, vedova da cinque anni dell'unico suo figlio, te recava a quell'ora ogni.giorno un suo saluto cerimonioso, ov'era, auchc nell'apparenza, rooùto rispetto e poco amore. Bisognava dunque sottostare.anche quella'sera alle forine consuete della quotidiana 6ua vita, atteggiare il volto all'usato sorriso di. mansueta dolcezza, parlare con la solita, voce morbidamente ovattata di falsa tenerezza. Da cinque anni Chiara Santerico esilia,^, in fondo a una città di provincia, quasi prigioniera in una villa centenaria che pareva accasciarsi sotto il peso della sua decrepitezza, sfioriva .in uu eterno mezzo lutto vedovile;, sotto lo sguardo spento e- pur sempre nubilmente corrucciato di donna Jtadegondà. Ma pochi mesi innanzi, un'altra creatura-, Mimma, la sua bambina, un estere di freschezza e di gioia, viveva presso di lei c te rischiarava il grigiore perenne di quel suo vivere eguale. Seuoucbò • al finir dell'estate, compiendo Mimma i sette anni, la necessità della, sua educazione glie l'aveva, tolta,- g-lio l'aveva chiusa in un .collegio tentano; donde non lo giungevano che. rare notizie, scritte in un incerto e comanovente carattere infantile che le stringeva il cuore di struggimento. Chiara stessa aveva portata la piccola in quél convento di Roma, ove una cugina di donna. Radegonda era stata madre badessa, e nel dolcissimo autunno romano, libera finalménte dalla schiavitù velata ma dura, che le cose e le persone te imponevano da tanto tempo, sottratta, all'autorovole indagine che la perseguiva fin quasi nel 6Uo pensiero, lontana da. tutto quanto la opprimeva di viete formule e l'ammorbava di tristo vecchiume, te parve di vivere per un attimo la vera sua vita e volle e potè viverla intera. • • Nello stesso albergo che l'ospitava, alloggiava puro in quel tempo un giovine duca siciliano, il quale pareva portare impressi 6ul volto e nella persona i segni più puri della sua mitica razza. Destinato alla carriera consolare, egli tro.vavasi a Roma per i suoi studi, e poiché la gaia colonia straniera ancora non scendeva d'oltr'alpe a rallegrare d'esotiche eleganze e di stridule pronunzio, le salo dei grandi alberghi cosmopoliti, egli trovò modo di farsi presentare «Ha giovino «ignora provinciale, la quale traeva dal suo lutto una. delicata eleganza t> s'avvolgeva di un'attiranio n:clinco'nia di jriistei-o. Per alcuni giorni egli l'abbagliò con uno sfolgorio di.sguardi e di sorrisi, la stupì eòi paradossi imaginosi del suo spirito meridionate, la circuì con una corte ' impaciente d'Uomo fortunato. Per alcune sere te mandò in camera enormi mazzi di violette e di capelvenere che ne appesantivano l'aria di profumo e di turbamento, finché vi bussò egli medesimo una notte all'improvviso e soffocò con le 6ue avide labbra il grido della preda smarrita e già jrint». Donna Radcgondn le fece scrivere in quei giorni richiamandola n casa ed cscrtandoia a lasciare con fiducia la figlia-nelledoghe- spése di- Dio. Ctjlara le inani cm «àspcsi* di non sentirsi sufficientemente proparata s quella separazione alla quale la bambina stessa si ribellava e chiese di potersi ancora indugiare una settimana presso di lei. Fu-la.settimana dei!a sua passióne, nellaquale te parve di sentirsi travolgere da unaonda impetuosa:.di : desidw Tutte la veemenza, tutt^li~f^ vita giovine e <»mi>ìeWÌign0fa»3»s^<^D^alla corrente ristretta e blanda della ' suo■mtenza la trasportarono oltre ogui rapi-memto sognato, -furono perdizione e follìa,farono febbre e volontà di morire! Poi, quasi d'improvviso, tutto finì. Lasuocera In richiamò imperiosamente e per ilbene di Mia figlia ella non ebbe.il.coraggio4i difendere e Hi prolungare'!*':**' gfchk Ritornò disfatta e'senz'Anima come un resto umano, («perduta e miserabile come un piccalo animate.senza rifugio e nessuno sospettò, in quel'dolore un'angoscia più torbida ohe non' fosse il distacco materno. Allora ella incominciò a. scrivere al suo amore, lunghe lettere, pieno di spasimi e di grida ohe talvolta distruggeva per paura, che talvolta mandava per disperazione. Egli rispose dapprima con qualche assiduità, ed .erano lettere più amorevoli che amorose, dove lo sfòrzo d'apparire appassionato e tenero si tradiva penosamente. Ma Chiara se ne saziava come ad una fonte di felicità scarsa e puro, già deliziosa per la sua sete; ne viveva, ne-traeva la.ragione unica e dolce del 6UO cupo esistere presente.'La sua passione nata e vissuta -fulmineamente, non ancora esaurita, nò amareggiata da'una conoscenza più ragionata d'entrambi, ammortata di solitudine e di lontananza, le fingeva nell'amante un uomo diverso ed eletto, superiore ad ogni altro, più bello, più forte, più nobile, d'ogni altro, nò te lasciava supporre di quale diversa sostanza si fosse nutrito in essi quel rapido amore: in lei di sangue, d'anima, di sentimento, ancora bruciauti, in lui di sola bramosia di sensi, forse già piacata e già immemore. Ma ad uu tratto le lettere di Chiara non ebbero più risposta ed ella scrisse e riscrisse inutilmente, straziata da atroci dubbi, implorando almeno una spiegazione. Fu altera, dopo tre settimane d'attesa, che. ella ricevette da Ec-ma il. brevissimo telegramma: « Sono malato. Comprendi e perdona il mio sileuaio ». ... • .Quand'olia, la sera .medesima entrò pel consueto saluto, nella stanza di donna Radegonda, portava sul petto, come un piccolo cilicio <Ji tortura, lo'parete dell'amante, é la sua vece tremò leggermente,- mentre-Ila si chinò a baciare la mano della vecchia, augurandolo • la buona notte. Ella lo. notò e là trattenne vicina, tentando di scrutarla col. suo sguardo quasi cieco. — Hai ricevuto forse cattive notizie di M.irama.iu. quel telegramma? — le chiese au? stesa la vecchia dama. Quella domanda soccorse il turbamento di Chiara,'le aprì uno spiraglio di speranza. — Si, mamma —■ dia rispose esitando —■ non volevo inquietarla e non ne parlavo per questo.. Ma. non è cosa grave: una forma d'influenza .con qualche grado di febbre.- La' sujyeriofa me ne informa per dovere. Parlando ella si isMpiva di mentire così bene, e forse-.per. la prima volta nella sua vita. La stessa sua penosa perplessità accresceva naturalezza -alla menzogna, la rendeva così ■ affannosa che donna Radegcnda se ne commesse. — Vuoi andarla a'vedere la tua Mimma! — .-difese dopo un silenzio, mentre la cameriera inginocchiata • te slacciava le scarpe di panno. - ' ~ Oh mamma! — .potè esclamare sólo Chiara Santerico giungendo le .mani, e pianse tacitamente di rimorso'e di felicità, pianse dispreazandesi e struggendosi di tenerezza, smarrita e ancora incredula di tanta gioia. — Vuoi partire domattina ! Sarai a Roma, a nette fatta; il viaggio è lungo. — Si, sì, domattina; non più tardi; — esclamò con slancio Chiara, e corso' ned la sua camera, cadde su di una poltrona, abbattè il volto su le braccia gemendo, mordendosi, trattenendo gli urli del suo cuore convulso. H domani, all'alba-, nella. vecchia carrozza-alta e pesante come uua berlina, trascinata dagli stanchi sauri ' a lunga coda, ella giungeva con gran strepito di traino alla pio:cla stazione, e prendeva un bigli-stto per .Roma. Esile e nera, avvolta di pellicole che' non riuscivano a riscaldarla, rannicchiata ili un angolo di vagone, ad occhi chiusi, ella viaggiò tutto il giorno 6enza parete, senza gesto, senza, sguardo, intesa alla sua ,nièfa, fìssa con l'anima e col desiderio a quell'uomo lontano e malato che non l'aspettava, al quale olla sarebbe giunta improvvisa e consolatrice, dolce' come una sorella, tenera come un'amante. Ne vedeva sul guanciate il bel .volto .esangue sotto l'ala morbida doi capelli neriseimi e lo sguardo vagante e lucido di febbre, quel suo sguardo di fuoco e di velluto chiuso nell'arco dei Mpraccigii perfetti ; • egli te sorrideva con quella bocca un po' pallida ch'era stato il frutto della sua perdizione e te parlava sottovoce chi'sa con'quali" parole noia ■ancora immaginabili. :. Pattavano te città- e i paesi, i fiumi, e te montagne quasi senza sosta, quasi senza li noe definite; mutavano i paesaggi ed i lin guaggi;. succedeva al graniti» sfondo e al l'aspro dialetto subalpino la dolcezza del maro e della favella toscana, la quale an cera si mutava nella austerità della pia nura miarpmmana già annegata nell'ombra. E netta sera -profonda ìl treno andava quasi senza sosta. Róma sotto una corcAa di luce vìveva la. sua- intensa vita crepuscoloM quando Chiara Santerico vi giunse. Scese poco do po al.'suo albergo e demandò la sua/antica stausa piepa. di vertiginosi ricordi. Era occupata, e .rie ebbe un'altra, molto alta sui rumori delia l-.tra.da, af/acciaii sul silenzio estatico della villa. Borghese. La camera. del< sub, amico non era .'lontana: ne vide pas la chiusa porta e glie ne venne al di torbida dolcezza. Pan tarili, nella muta e complico notte ella, a vrèbbe varcata quella soglia chiusa, eoffo1 caia da una gioia così anelante da sembrarile quasi un dolore e tutto il male d'éntram|bi,.quello della propria anima e quello della ! sua carne inferma si esalterebbero in un j bene senza confine, Ora,, digiuna dal mattino, affaticata dal viaggio ella si sentiva cosi sfinita che le pa - reva possibile dì morire per quella emozione. S^.mutò d'abito lentamente e- deeisedi scendere nella sala da pranzo, di sorbire qualche cosa che ristorasse te sue esauste forze.. Sedette a una. piccola-tavola appartata mentre intorno k> altre si andavano, popolando- di uomini in abito da sera e di signóre scollate, scintillanti di gioie. Un'orchestrina di falsi tzigani suonavano! un'aria di nostalgia e il tintinnìo delle posate d'argento ne riempiva te pause come un riso di gnómetti allegri. Chiara Santerico tediata da quello spettacolo e. da quel suono già si pentiva d'aver lasciato te sua camera, e stava quasi risolvendosi a -risalirvi e a farvisi servire in. solitudine,' quando una coppia apparve nel vano della porta arcuata e ad essa, si volsero tutti gli sguardi. - H fiorine duca siciliano ritto al fianco di una * bellissima donna fulva le parlava a voce bassa movendo, appena te labbra con un sorriso d'intimità leggero e molle od un tempo e sollevava le sopracciglia' quasi a scegliere con lo sguardo .il luogo più. adatte prima di farvi sederò- la .sua compagna. Ella vestiva di verde s smeraldo a ricami d'argento ed era alta e rosea con quel taglio particolare della bocca che caratterizza te donne di razza anglosassone. Attraversarono di abieco il salone, senza affrettarsi, quasi consapevoli dell'armoniosa bellezza che pareva sprigionarsi dai loro possi e dai loro gesti come una musica e sedettero l'ima di fronte all'altro parlandosi e sorridendosi come si padano e si serri dono coloro che s'amano. Di coipo, r»!Tangolo opposto un tavolo si rovesciò con un rumore di cristalli infranti, i camerieri si precipitarono, l'orchestra tacque uu momento. Tutti s'alzarono in piedi e cercarono con lo sguardo incuriosito la ragione di quell'insolito movimento. Ma la coppia allora giunta non si mosse e noni vide una piccola donna svenuta, vestita di nero, portata a braccia da un cameriere attraversare di sbieco il salone con gli occhi chiusi e la faccia senza sangue. Poi la musica di falsi tzigani ricominciò a gomene la 6ua aria dì nostalgia punteggiata da un riso di gnemetti allegri. AMALIA GUGLIELMI NETTI.

Persone citate: Amalia Guglielmi, Chiara Santerico, Donna Radcgondn, Donna Rodegònda Sauterico, Mimma, Santone, Tangolo

Luoghi citati: Roma