La morte dell' avv. Carlo Nasi

La morte dell' avv. Carlo Nasi La morte dell' avv. Carlo Nasi I Da Torre del Lago giunge notizia che è jnortò l'aw. Carlo Nasi, il popolarissimo ej (Illustre penalista che. legato da inuma amicizia col maestro Puccini, aveva avuto mol- ' occasioni di trascorrere lunghi periodi di fi poso a Torre del Lago, si erti recato laggiù, in una piccoli! casa espressamente affittata, nella speranza di trovare lenimento alte, malattia che da tempo lo affliggeva. 1 L'aw. Nasi era infermo di nrterio-sclerosi, jed aveva dovuto assoggettarsi ad una cura rigorosa prescrittagli dal suo medico, dottor CeUosta. iUna quindicina di giorni la era ritornato a Torino, e lunedi scorso era poi ripartito |per Torre del Lago, accompagnato da un suo ■fedele e affezionato impiegato. Ma era affranto, sfinito: il suo occhio cosi 'acuto c così vivo si era insensibilmente veliate; le. spalle quadrate e. poderose s'erano incurvate. ri clima di Torre del Lago non gli giovò: la sua fibra, un lempo robustissima, s'era troppo indebolita ormai, ed egli soggiacque tu' male. . Si iiggravò infatti rapidamente, e ieri mattina, alle 0,30, spirò. La consorte ed i due figli sono paniti per •Torre del Lago appena avvertiti da un telegramma. L'aw. Carlo Kasi era nato a Casale Monferrato, il 23 novembre 1853: aveva dunque sessant'un anno. Alla famiglia di Carlo i\asi, col più sincero Animo, -inviamo l'espressione della più viva *-fervida condoglianza. La commemorazione in Tribunale ;' La notizia della morte di Carlo Nasi si «parse negli ambulatori del Tribunale vergo le ore 9, portata dai primi avvocati che Accedevano alle udienze, e naturalmente dettò vivissima impressione. Alla sezione seSeta si continuava una lunga causa dal ìgiorno precedente. Prese per primo la paiola, per la commemorazione dell'estinto, tt'aw. Carlo Pavesio, rappresentante la Parite Civile, il quale ricordò di Carlo Nasi la ihella tempra di lottatore e l'animo fiero e ■disinteressato. Ricordò che il suo nome iper un trentennio fu legato agli avvenimenti giudiziari più importanti ed ai processi più celebri d'Italia, ove recava i tefeori della sua inerito poderosa c gli slanci ideila sua eloquenza caustica ed avvincente. JL'avv. Pavesio chiuse mandando alla nietaioiria del grande avvocato, che fu maestro ia molti, il saluto reverente di quanti lo lauimirarono e dei giovani che ora lo rimpiangono. ; Alle parole dell'avv. Pavesici si associarono il .presidente del Tribunale, cav. Deljprato, ed il rappresentante del P. M., ano'jeato Giorgi, i quali ricordarono come la (morte di Carlo Nasi sia lutto non solo del Foro, ma di tutta la Curia, i Per ultimo sorse a parlare dai banchi ideila difesa, l'aw. Enrico Cavaglià, il quuiie, come discepolo del povero Nasi, ebbe sempre ad ammirarne le doti vivissime dell'ingegno suo e la generosità del carattere. .' Alla sezione quinta l'elogio dell'estinto tu |!fatto con alte e nobili parole dall'avv. Por',ro. cui si associarono il presidente cav. Ga•relii ed il P. M. n.vv. Vacchina. Alla Corte d'Appello commemorò l'avvocato Carlo Nasi l'aw. Edoardo Dagasso, a nome dei colleglli, e quindi il presidente ideila Corte, conte Piola, per la Magistratura, ed il cav. Pola per la Procura Generale. Un avvocato principe Carlo Nasi, casalese, era uno dei più (famosi avvocati penalisti di tutta Italia. Con la sua morte, avvenuta ieri nella pace (remota di Torre del Lago, si spegne forse ila più fulgida luce del nostro Foro piemontese. Una di quelle che non si sostiiuiscoIno. Le giovani reclute non accennano ancora, non diciamo a superare, ma neanche ad emulare i veterani gloriosi, cresciuti alila grandezza e alia celenrilà attraverso battaglie indimenticabili. Non può dire di avere conosciuto Carlo .Nasi chi lo abbia solo avvicinato o intravisto in questi ultimi anni. Egli era ormai jùn uomo finito. Si vedeva in lui la stanichezza e il travaglio di una vita non tutta fortunata e felice. Quella sua massa cor porea grave e scultoria, che rendeva bene H'immagine prestante del vecchio piemontese atletico, s'era in questi ultimi tempi come rammollita e curvata su se stessa, 'Botto un gravame che non era ancora quelIlo della fatica e della vecchiezza. Sotto le ciglia selvose l'occhio rimpicciolito pareva ■eoiiuecehiantc; solo- a tratti una punta del jvivace ingegno duva come un guizzo di tra ile palpebre, ina le linee rudi e aperte del ■Volto non si muovevano più come un temipo nella espressiva agitazione" dell'animo. Le spalle sii gravavano stanche, in una specie di abbandono negletto, di cosa masiBiccia, cascante: le broccia pareva gii pepassero giù lungo i li-nulli e reggeva le mani entro le tasche con un'incuria un po' materiale ma non grossolana. Camminava lento, con una gravità d'uomo malato, che «lava pena. Aveva amnesie gravi e frequenti. Parevo luneamente assente dalla conversazione, pure mentre sedeva in mezzo togli amici. La parola ormai gli costava Jatica. Ogni volta che lo vedevamo dipartirsi da noi, ci pareva ch'egli stesse pei' In■weiarci per sempre,, Non aveva più unti meta nel suo cammino. Non camminavi' più sulla strada di tutti. Si incontrava con ' noi a quando a quando e come per caso, e ; per pochi momenti. Il suo saluto era fiae4p, rassegnato. La notizia della sua morte ddciErm1mdegElucuegfoll«Vn1fvddecgnpldcgatcvcngdstnauecltrfnfvrnaddolora, ma non èorprende nessuno. 4 Era stato un bellissimo uomo, carnoso, l'amaschio, possente. La sua prima bellezza peè ej - ' , a r o o o i o a e r o a i e l , a e e i o o a l i e . u a e . ù . e e one lto aai na r e npi a, le a el a el mo. a see o' a e nnzo a rnti i' n e ete era nella forza, nella sua costruzione alta', ampia, quadrata. Pareva che la natura avesso foggiato in lui l'esemplare classico dell'oratore, del grande oratore che s'impone subito al pubblico con la prestanza della persona, col largo petto, col portamento del capo fermo e altero, un po' gittato all'indietro, con la facci.! solcata da linee scultorie, riccamente chiomata, selvosa. Le sue sopracciglia erano gravi, imponenti. La sua azione colpiva, tutta la sua forza significava dominio, ogni sua mossa era efficace, prendeva il pubblico, lo teneva. C'era un po' del moschettiere in lui, dell'uomo che non ha paura, del bell'animale di razza che accetta tutte le sfide, e va incontro a tutte le competizioni. Questo gli veniva dalla natura gagliarda di uomo. Poiché Carlo Nasi aveva una umanità ricca, variata, serena. Aveva nella sua vita amato l'arte e la letteratura, la politica, e la musica; aveva conversato con uomini di ingegno non servilmente, ma gareggiando con essi di ingegno e di spinto; passato attraverso più d'una gradazione politica, accostatosi a volta a volta ai cattolici, aveva verso gli uni e gli altri e verso tutti conservato la propria indipendenza interiore di uomo di mente chiara e di tendenze critiche; non poteva soffrire i chiacchieroni, le ciarle inutili e pompose, il chiasso, il rumore dei tribuni popolari. Era un ingegno elegante, un animo superiore alle piccole invidie, alle competizioni meschine; eia un cavaliere della. lealtà; tutti 10 stimavano come un uomo dabbene, come ,un gentiluomo franco ed aperto. La sua eloquenza aveva quasi i caratteri della sua persona. Non era smagliante, non era leggera, non divagava, non viveva di grazie letterate o di poetici raddolcimenti. Era l'eloquenza del Foro; era la parola dell'uomo che ha dinanzi a sè il racconto di una colpa o la minaccia di una pena. Neanche diremo che per la sua bocca parlasse unicamente la verità del Codice. Egli non erti un giureconsulto insigne; parlava ai giurati, alla coscienza dei giudici, col suo fatto dinanzi, cogli imputati da accusare o da difendere. Il fatto: ecco ciò cui egli pensava, ecco la sua prima, preoccupazione. Cominciando l'arringa famosa del processo Murri, disse: « Il patriarca del diritto italiano, G. B. Vico dice: La verità è il fatto. Non vi ha. nulla di vero, di esatto che il fatto: onde 11 mio compito e programma è e sarà il fatto, unicamente il fatto». La verità aveva ai suoi occhi due nemiche spietate: la deviazione e la retorica. « La deviazione, disse quel giorno, è una strategia antica, etema, per tutte le battaglie. Ed *1 questa causa si è persino tentato di abusaanè: poi gli strateghi si sono accorti che il terreno non era felice, e si desistette; ma sarà, ripreso. E le deviazioni tentate si chiamano: la venerata figura del padre. Murri, il giudice istruttore, capro espiatorio di tutte le colpe degli imputati, l'ambiente di Bologna, giornali, Avvenire, polemiche. Noi a questo amo non abboccheremo, e resteremo al fatto senza deviazioni. La rettorica? Ma che cosa, non udrete, cittadini giurati? Quale voluttà intellettuale non proverete fra qua! che giorno? Tutte le sirene della parola so no qui riunite! ». » Per giungere al fatto, per poterselo raffigurare, Carlo Nasi prima di parlare studiava con minuta coscienza la causa. Si sprofondava negli incartamenti, cercava tutti i particolari, voleva veder tutto in piena luce. ml'adesubidileL'noi'usisczoRcasudelitdegideitmil die mchnaneprbltedrmsialsubtailquddecodetinpspdogquti cavsie riachtetiBnsvulepcviinhn' "?Fe- , .. . ,. , 'uEgli era un po come il savio antico che ,accendeva la sua lanterna per trovare gli; uomini. Li accettava, naturalmente., come serano. Ma li voleva conoscere per quello qche erano, senza ombre, senza veli, seguir- pli in tutto ciò che avevano fatto, senza in- nterruzioni, senza iiifineimenti. La sua pa- srola era terribile, appunto perchè era il bfrutto di una conoscenza sicura dei fatti e ^degli animi. Le sue affermazuoni erano ™nette, precise; e le sue argomentazioni, hfondate nel vero, battevano in breccia 1 av- dversa rio, rappresentavano al giurato la verità semplice, gli richiamavano alla memoria l'episodio indiscutibile, il particolare saliente, la parola significativa, la confessione rivelatrice. slurlPer'Quésta stessa ragione egli era uni <r,.onH. miovnittnw *vpvn il fnlfo nella glande miei 1 littore. Ave\a ' T^^0 . ^,'^jpniente e si ribellava ai travestimenti che!£altri volessero farne. La venta non sfug-1 tgiva a lui, ed egli non voleva che dall au-|Cla della giustizia la facessero scappare a-' bilmenté, con sotterfugi, gli avvocati della difesa. Con una parola, con un motto, con un brontolio cupo, con quel suo cipiglio^' corrucciato e selvoso, smontava le argomentazioni fallaci, fermava nei loro voli le divagazioni, fantastiche e sentimentali. Era terribile. Talvolta poteva sembrar crudele. vldEra semplice, schietto, diritto, aveva quel-!dl'ingegno logico che smonta, pezzo per pez- p i„ „„ ui„„ ™-.-„ _„ „i,„\„,.,„„(„ „V:i lzo la macchina messa su chetamente^ abil- ;smente dal sofista. I sofisti erano le sirene. ; nEgli viaggiava nel mare pieno di queste ! callettntrici, senza farsi "h-nre, senza farsi Ibtappare gli orecchi con la cera a modo del-1 ol'antico Ulisse: li teneva bene aperti. E ri-Lfrtpvo nndev. npl «sornrendpre irli avversari Mde\a. e.ode^, nei sorprendere gn avversari Bsul punto debole delle, loro orazione; li |gsmontava nell'istante decisivo,, toglieva Io-1s10 d'in sul volto la maschera mii^tre se ne:pcoprivano per recitare la loro finzione. Nel- i el'ironia, nel sarcasmo, nell'indignazione e-j ra ugualmente pronto, vivace, elegante. | Tra le grandi cause che ricordano il suo < nome, si citano le seguenti : il processo i Prandoni de! 1870, il processo Della Vec-; a"hia-Cavallotti .del 1887. il nrocesso Fran-jcntimi del 18f)7. il processo Murri. Ricordia- pno particolarmente il processo Coccapiel-!m■ 1er-Tognétti. ,,gFrancesco Cqccapiellei'. eletlo deputato deliccollegio Si Roma, già rappresentato da [•nino Garibaldi, direttore di giornali veementi, co-' me VEzio dell'operaio e -.'Ezio II, s'era nel 1883 creata specialmente a Roma una fama chiassosa di uomo popolarissimo. Democratici e, repubblicani, usò a spadroneggiare nella ea-! Pitaic, assaliti fieramente da lui. gli si vivol- lavano contro, accusandolo di esser»! venduto,l,1 servizio di Agostino Depretis, cercando d*.!61 atfigiiwulo-conie_uu_paito- irridevano—alla p1. ìò "gridava strumento In mano .lei ; •rcn. partecipe del segreti di stato vilei man-, iplo della polizia. Eg:i passava imwrterrito • iit mezzo alle accuse, sfidando tutte le calun-|■ne, ac-ettniido tutti i processi, rispondendo! die difese con nuovi assalti, rivelando ver-: toglie oscure e compromessi, strapipando di ralla fau'ia di ogni suo nuovo assalitore lai,.nasfhpr^ aell'unmo di «etln. Vessnnn «vara.!*me, accettando tulli . processi, rispondendo ; Ile difese con nuovi Basalti, rivelando ver- : gogne oscure e compromessi, straripando di rmaschera dell'uomo di setta. Nessuno aveva'Vmai avuto un tanto coraggio neU'nssalire la A4 massoneria italiana, nel bollarla come .■ eim-i bolo di camorra e congrega di uomini mossi Jall'avidCià e dall'immoralità ». Della setta egli deplorava, ricorda m cronista di quegli anni, l'inflativo ew_Ma lo t—I I md «* •un infatuazione monarchica e alle difese che p■gli faceva delle istituzioni; diffondevano .a>(«we che egli npn sapesse neanche tenere ia;gpernia in ninno e non fossi; che un presta no-!me analfabeta, che pagava i propri scrittori,1011 ;<■ elargizioni passategli dal Governo di;l'ondi segreti. Tutta la massoneria romana, j l'amministrazione a clarino di: onesti cittadini perchè « profani.» ed a pronao di intriganti malvagi, perchè « irate/;) -.: osservava come l'associazione, che In Ruma aveva sede in via della Valle, penetrasse da per tutto con la sua azione ìinsistente e cunuitua, si da cambiare il tempio della giusuzia in una fucili» di corruzióne da cui uscivano vapori pest.lenzial: che ammorbavano l'atmosfera secale. L'odio repubblicano, anticlericale, anarchico non potendo oppugnare l'onestò privata deli'uomo, giunse a tal pulito di furore da insidiare alla vita di lui. Urano giorni terribili. In Montagna si faceva con parole c con scritti il vilipendio della Monarchia; il 14marzo, natalizio di re Ciliberto, la plebaglia ili Roma gridava ai soldati che rientravano in caserma: Viva Obcrdank. Il Coccapieller continuava ad atteggiarsi nei suoi scritti sempre più violenti come tribuno della Monarchia, lino ilei più neramente assaliti dai suoi strali era Angelo Tognetti. cugino del giustiziato dal Cioverno pontifìcio noi 1867. già condannalo per omicidio sotto il Governo del Papa^ tenuto d'occhio anche dal Cioverno italiano, dileggiato dal Coccapieller col nomignolo di. » Sussurrano ». Non c'era più ohe il coltello, e il tribuno fu assalito; si tentò di ucciderlo, ma la vittima designata scampò e gli assalitori furono arrestati. Nel marzo cominciò il processo Tognetti-Coccapieller, e si chiuse il 28 aprila. Fu uno del dibattimenti penali più clamorosi che si siano mai svolti nelle aule della giustizia italiana. Neanche 11 processo Fa-dda destò tanta curiosità di. pubblico, tanta ardenza di passioni, una simile tempesta politica e civile. Uomini come Adriano Lemmi, Petroli! e Parboni furono chiamati in causa, a accusati di aver istigato i sicari all'assassinio'. L'aw. Carlo Nasi aveva allora trent'anni: era nel primo flore della sua magnifica eloquenza, nella irrompente baldanza della sua giovinezza Rappresentante della parte civile, Carlo Nasi pronunciò il -Ì2 aprile una vigorosissima arringa nella quale con grande coraggio dipinse le tristi condizioni della capitale al tempo della elezione del Coccapieller, a accusò audacemente di corresponsabilità nel reato parecchi caporioni della democrazia romana. Quanto al Tognet ti, l'aw. Nasi lo dipinse come un « popolano nel quale predominano due sentimenti del pari pericolosi: la vanità e l'odio. La vaniti lo spinge a soffocare ogni altro sentimento, l'odio gli è di sprone al delitto». Il Tognetti'. ritenuto colpevole di mancato orrflfidSo -colila scusante della provocazione grave, venne dalla Corte condannalo a rio quo anni di relegazione. Tutti gli altri imputa ti furono assolti. Con Carlo Nasi muore un grande avvocato, piti ancora che un grande oratore. La vera, schietta eloquenza è poesia, è pen siero: alta c libera espressione dell'animo e della mente tende al capolavoro letterario. Carlo Nasi non lascia il proprio nome alle lettere. Ma era un avvocato nel senso che, pur con la. sua rilevata superiorità in tellettuale, non si spiccava dal fondo pratico, tendeva all'effetto immediato, reale Bene scrisse un suo collega ch'egli, anche nella eloquenza, rimase uomo d'azione. Fu sua gloria aver dato all'azione come ino vente un alto senso della, dignità e bontà umana. Così è che le sue orazioni più belle si possono leggere anche oggi con il pieno consentimento dell'animo, con una commozione profonda e sincera. I. a. nrdt