I Croati

I Croati Lettere dalla Dalmazia I Croati (Dal nostro inviato speciale) ZARA, aprile. La prima aristocrazia intfelettuale croata ha avuto degli eredi in Dalmazia, quasi tutti fra gli ultimi discepoli degli ultimi, ginnasi italiani: il deputato Smodlaha, di Spaato, il deputato poeta Tresic-Pavieic dei Comuni foresi spalàtini. entrambi licenziati ancora dal ginnasio italiano di Spalato nel 1887, proprio l'ultimo anno di sua vita, il deputato Cingrija di Ragusa, il deputato serbo Baljak, e molti altri, non più giovani, belle intelligen ze, temperate da una soda cultura, aperto ad una moderna visione moderata dei fenomeni nazionali e sociali. La influenza della cultura taliana rimasta nel loro spirito, non toglie nulla alla loro autenticità nazionale, ma eleva di un grado la loro altezza mentale. I giovani sono di un altro stampo. Meravigliosamente appassionati di un «incero nazionalismo, come fra pochi altri popoli in Austria, e pure ciecamente settari, sciovinisti, spregiatori e impenetrabili di ogni cosa italiana. VI è in essi indissolubile questa doppia esaltazione pura e torbida che a un italiano li rende.ad un tempo, secondo la visuale, simpatici ed intollerabili. Il compromesso fra il proprio ideale nazionale e il rispetto umano per la cultura e ila gente che la rappresenta, l'equilibrib fra l'istinto e la ragione si 'è rotto in essi, non esiste più. Ciò fa di molti intelligenti giovani slavi degli esseri eccezionalmente megalomani e intellettualmente incompleti. Seduti in circolo, a torno un tavolo di caffè, con i grandi cappelli neri a tesa, giovani Rudenti di venti, venticinque anni, che conoscono con una esattezza sorprendete ogni affare politico del loro paese, e sono, come tutti gli slavi dei sud, entrali nel movimento dall'età della ragione, vi parlano talvolta di un Dante slavo, di un assolute non valore di tutta l'arte italiana, in confronto di Mestrovic, di una non esistenza di italiani In Dalmazia. Parole di scherno, sottili ingiurie feroci, un continuo confronto demolitore fra lo cose e gli avvenimenti italiani e lo vicende che han nonio slavo. Ciò si può anche spiegare con certo qualità naturali. Vi ò un po' di megalomania in tutti gli slavSdel sud. E'un distintivo dirazza. Viene dalla sua fantasia mobile, dal suo passionale patriottismo di fuoco, che ingigantisce e divinizza tutte le cose del suo paese — durante la guerra balcanica, dopo le prime vittorie, ufficiali serbi, a Uskub, mi dicevano che l'Italia, alleata alla Serbia, avrebbe potuto da sola affrontare l'Europa. Ma vi è qui anche un segno caratteristico di evoluzione mentale. La megalomania, che fra i francesi può essere un prodotto di cultura superiore, per quanto sempre incompleta, fra gli islavil del sud è semplicemente un prodotto di incultura. Solamente quando,si è soli, quando mancano gli elementi'del confronto, la piètra di paragone che misura la nostra statura, si ha l'orgoglio di una smisurata grandezza. Cosi è della cultura. Essa dà subito una sensazione più moderata dei propri valori, dei concetti più saggi e precisi di relatività. Ora un generale regresso della cultura, fra i giovani, eerto solo temporaneo, ha accompagnato questo nuovo movimento slavo, dopo che ha rovesciato dai posti pubblici l'italianità. Quando il Governo inaugurava la caccia agli italiani, mostrando aperto il suo favore agli slavi, molti vigliacchetti opportuni sti hanno mutato la fede di nascita nazionale e da italiani che erano si son detti slavi. Bulat, ex-sindaco di Spalato, ex-aderente al partito autonomista, è il prototipo di una tale corrente. Questo vi dice perchè oggi in Dalmazia si trovino molti limpidi nomi italiani autentici nelle filo dei più battaglieri militanti dai partiti croati. I convertiti portano sempre un misterioso rancore acido verso l'antica fede. A Vienna molti fra i -più feroci antisemiti sono degli.ebrei convertiti, come molti generali e ammiragli, fra i più inesorabili nemici d'Italia, hanno nomi italiani. E', fra l'altro, un modo per nascondere, tra i flagellatori, il peccato di origine. I croati dalmati d'occasione che parlano ancora abitualmente l'italiano in famiglia e lo slavo, con molti errori di declinazioni in pubblico, sono stati fra i primi banditori deU'anti'itallanità. 11 Governo le ha subito dato una patente di Stato, in ogni sua forma. E allora si son visti dei fenomeni curiosi. Figli passati dalla parte croata, figuravano di non riconoscere in pubblico, nelle elezioni, il padre rimasto italiano. Il segno italiano diveniva una marca di squalificazione. La scomparsa delle scuole italiane, invase tutte improvvisamente da maestri slavi ha aggiunto a questa tendenza nihilista un abbassamento del livello intellettuale medio. La scuola croata non aveva una sufficiente preparazione di cultura, una vasta tradizione popolare, un patrimonio completo di libri « di intelligenza. E' stata, nei primi anni, qualche cosa di improvvisato, come in Istria è divenuta una fucina di nazionalismo, un club politico. Molti giovani italiani che ne sono entrati, ne sono usciti croati/zanti. Non v'è nulla di più decisivo, per la formazione di un cervello pensante, che il suo tirocinio a traverso le scuole medie. E intanto, per molto tempo, il sistema scolastico slavo della Dalmazia non ha servito a raffinare i cervelli. Dopo il lS8i) scompaiono da per tutto, fuori di Zara, le scuole italiane: in quell'anno gli analfabeti, sopra 1 dieci anni, in Dalmazia, per i quattro quinti slavi, rappresentavano l'87 per cento della popolazione, nel 1890 1"83,4; dieci anni più tardi il 7» per cento, nel 1910 ancora il C2.8 per cento. E' una decrescenza troppo lenta. Dal 1890 al 1910 l'analfabetismo a Trieste, rappresentato quasi esclusivamente dagli emigrati sloveni, è sceso dal S3 all'8,5 per cento. Fra tutti i distretti dalmati quello ^italiano di Zara figura, nel 1900, con la minor ipercentuale degli analfabeti: 30,04 per cento. JLa lotta contro !a incoltura è stata dunque .fiacca In Dalmazia con le scuole slave. Non ne ha guadagnato il popolo delle scuote cle.mentari: non ne hanno profittato gli intellettuali delle scuole medie. Vi è un tramonto del sapere, se ne lamentano gli stessi vecchi croatiSi leggeva di più e si discuteva meglio un tempo. Ci si occupava d'arte e di lettere e sspaziava in più alti orizzonti. li movimento delle idee veniva dall'Italia ed era una grande corrente. Oggi sono piccole fiamme che balenano dalla Croazia. Lo ha confessato un giornale croato di Spalato, il Nase Jedinstvo (dicembre 4910) : « Non si studia più come un tempo l'italiano e ne ha un gran danno la cultura, sopratutto del giovani >. La stasi passerà. Anche colie loro forze gli slavi potranno salire a più alti gradi mentaliMa è tipica questa crisi temporanea, che è come un vago crepuscolo intellettuale e coincide precisamente col naufragio di quella collaborazione intellettuale fra italiani e slavi, che ha dato, in Dalmazia e fra tutti gli slavi del sud. la prima luoe al loro nuovo movimento nazionale. Bm ci spiega intanto quella abitudine di entt-itttonlft ohe «Vinoltrata fra.» croati delle giovani generazioni e dà spesso ogg il tono dominante ali-opinione pubblica slava. Gli uomini, dell'altra mentalità vecchio tipo non possono più reagire. Si lasciano trascinare', vincere dalla corrente. Quando il deputato Smodlaka fondò il suo giornale a Spalato, 10 Sloboda, cominciò a pubblicare entusiasti articoli in lingua italiana per propugnare una intesa fra italiani e slavi. Più lardi ancora, quando si discuteva la questione del collegio italiano di Zara, attaccò il partito di Ivcevic per difendere il diritto italiano. Ciò però non ha impedito che in molte occasioni, forse quando il dottor Smodlakà era a Vienna, lo Sloboda attaccasse gli italiani « .partecipasse alla gazzarra degli altri giornali slavi durante la. guerra di Tripoli» I giovani si impongono. E riescono, a far penetrare il loro spirito anche nei consessi politici. Molti uomini croati, sopratutto del gruppo liberale-democratico, vi possono ben dire che la lotta politica fra gli italiani e slavi in Dalmazia è già finita'e si può ormai parlare di pace,: non rimangono più che j problemi di cultura. Ma in ogni occasione se c'è ancora qualche cosa da prèndere agli' italiani, le maini di tutti i partiti si allungano e prendono inesorabilmente. Per questo sono falliti tutti i tentativi di accordo c. gli italiani sono stati cacciati via da tutti i posti. Nel 1903 vi furono nella Dieta dalmata dei memorabili discorsi di Smodlakà, di Trumblc'o molti altri per la pace. E tutto passò e non si fece nulla. Nella sessione dietale del 1903 pareva che .ci fosse di' nuovo uno spirito più amico fra gli slavi, .per gli italiani. Si erano pronunciati altri fervidi discorsi di conciliazione: Chiusa la sessione, 11 deputato croato Trumbic chiama i sei depu tati italiani e, di fronte ai .suoi compagni dice loro : « Ci sono due gravi ingiustizie da riparare : una che pesa siigli slavi' per la lingua usata negli uffici, l'altra che offende gli italiani per le ' scuole. E' necessario un .accordo ». Si riunisce una Commissione, nel gennaio 1906: tre deputati italiani, due croati, un serbo : si promettono delle scuole agli italiani: tutto pare avviato verso la giustizia: gli slavi si riservano- ancora di dare una risposta definitiva dei partito, o fino ad oggi, in otto anni, la risposta non è venuta. Intanto nel 1906, quando si trattava di tracciare la circoscrizione elettorale per la Dalmazia e per un attimo il Governo di Vienna, con il ministro Bienerth, sembra riconoscere ' il buon diritto degli Italiani ad avere un collegio proprio a Zara, la gran maggioranza degli slavi si solleva e, per togliere il collegio agli italiani, vi fa includere più di venti villaggi slavi lontani, ridicendolo cosi il più esteso collegio dell'Austria. La questione della lingua negli uffici viene poi risolta dagli slavi col Governo, senza che gi italiani, privati di' ogni rappresentanza parlamentare, potessero difendere la loro ragione. Una ordinanza ministeriale del 26 aprile 1909, concretata fra 1 ministri e i deputati, croati, stabilisce che la lingua interna degli uffici, fino allora da più di un secolo esclusivamente italiana, divenga esclusivamente croata: ma concede che siano bi Ungili lo tabelle e i timbri degli uffici che estendono la loro giurisdizione su tutta la provincia e che nelle cinque città principali di Zara, Sebenico, Spalato, Ragusa c Cattaro agli atti presentati in italiano si risponda in italiano. I croati si impegnano a rispettare questa disposizione come un <• debito di onore ». E lo documentano subito con l'aiuto della burocrazia slava, che fa del nazionalismo pra¬ a c n a . e n e i a o i i o i i' r i , a i l , n n l i i i o a l i ea n e i o n e a tico, In Dalmazia, con la penna e i protocolli. L'ufficiò Ael tabacchi di Spalato si rifiuta d'i rispondere a lettere scritte in italiano dal Comune di' Zara: nei dibàttiti dei Tribunali viene soppressa la lingua italiana: -i giudici pronunciano sentenze in croato su querele italiane. Queste sono le amare esperienze che restano fra le constatazioni' positive degli italiani in Dalmazia. Non si vuol riconoscere più nessuno del loro diritti, anche se pagano un terzo di tutte le imposte. Discutendosi nell'ottobre dell'anno ' scorso Il progetto di riforma elettorale per la. Dieta provinciale, che aumenterebbe da 35 a 54 il numero dei deputati slavi, croati e serbi, lasciando agli italiani, senza mutamento, i- sei posti che hanno oggi, molti giornali hanno domandato che il numero dei deputati italiani sia ancora diminuito. Il Municipio di Spalato, lo si è già visto, ha sempre negato agli italiani una! scuola comunale elementare. In ogni modo ha pure tentato di sopprimere le insegne italiane dei magazzini, per assicurare una autentica, faccia croata, con le tabelle slave sulle case di puro stilo veneto, alla città di Diocleziano. A domande di concessioni per aprire industrie o magazzini ha risposto che non le dava senza tabelle croate. Ha perfino obbligato negozianti italiani a tradurre in croato, stilla loro insegna, il lóro nome o ak» meno ridurlo ad una sola iniziale che non ne tradisse la natura. Invece ha permesso scritte inglesi e tedesche. -Perfino sulle lapidi funerarie del cimitero di Santo Stefano ha inseguito l'italiano: non lo ha lasciato riposare neppure fra i.morti. .. Un episodio tipico è avvenuto ancora negli ultimi mesi a Zara. V'è una Camera di avvi? cail che raccoglie tutti ^ legali italiani e slavi del distretti giudiziari di Zara, Sebenico, Demis, Knin e Bencovaz. Dal primo giorno della sua fondazione ebbe sempre presidenti italiani e si servi, per la lingua dei suoi atti ufficiali, solo dell'italiano. Un anno fa gli avvocati croati domandarono che gli atti, presentati in lingua slava, avessero dalla Camera una risposta in lingua slava. Fu accordato. 11 '23 novembre ■ 1913 viene proposto improvvisamente da parte croata che sia soppressa la lingua italiana e usato in ufficio solo il croato. Sono presenti quattordici italiani e diciotto croati. Gli slavi hanno una maggioranza improvvisata con i voti di gente che è venuta a far numero e non si occupa di Tribunali: il consigliere aulico. Tommaseo e Knezevic, che non hanno mai esercitato l'avvocatura, il consigliere Obuljen che è iscritto da poclii giorni alla Camera, dichiarando spontaneamente che non avrebbe mai esercitato il suo ufficio a Zara. E con essa riescono a demolire di colpo ancora qualche cosa di italiano, nei posti ufficiali a Zara. Questa è la mentalità che si alimenta in Dalmazia contro gli italiani. Prosegue quella che vi ha importato il Governo, 'interessante per sè, nel suo aspetto sociologica acquista un valore, di fatto fondamentale nene sue lontane conseguenze politiche. Essa ci porta sempre più vicino alla visione completa di ciò che è il problema adriatico, contemporaneo, inteso'non solo come un equilibrio politico fra le influenze attuali di due Stati, ma anche come un equilibrio dLpossessi nazionali che può svolgersi in un nuovo sistema di Stati. Dal confine del Regno fino al confine, montenegrino, per tutta lu costa orientale dell'Adriatico — abbiamo visto — gli slavi irrompono verso il mare, vi creano una nuova cristallizzazione nazionale, più* vasta del-confini d'una provincia, d'un profondo significato storico, che ha i suoi centri irradiatori a Lubiana, Zagabria, Serajevo, Belgrado e più in là. Ei%n nuovo mondo che si compone: forse la basidi un. nuovo Regno. Può non essere indifferente sapere com'esso si forma e che spirito porta, al suo crescere, verso il popolo che è ai suoi confini. VIRGINIO QAYDA.

Persone citate: Knezevic, Tommaseo