Francesco Crispi e la guerra di Adua

Francesco Crispi e la guerra di Adua Francesco Crispi e la guerra di Adua Ai orimi dell'imminente maggio, con iotiDi deeli editori Treves, vedrà la luce questo nuovo volume dell'on. Palamenghi-Crispi sulla guerra italo-abiasina. L'interesse che il libro e destinato a suscitare 6 subito rilevato dal titolo: « La prima guerra d'Afri-ca » la storia cioè della Colonia Eritrea dalle origini alla battaglia di Adua, narrata sui documenti diplomatici lasciati da Crispi. Possiamo riassumere per cortesia dell'autore il più importante dei dodici capitoli che compongono il libro e cioè l'ultimo. Esso contiene nuovi elementi di giudizio sugli eventi e sugli uomini che ne furono attori, dalle prime avvisaglie della grande guerra alla giornata fatale che la chiuse e al ritiro di Crispi dalla vita pubblica. Diamo su queste colonne il sunto del capitolo così come risulta dall'esposizione del Palamenglii, riservandoci a pubblicazione avvenuta la più illimitata libertà di giudizio sia sulla interpretazione dei documenti che il Palamenghi pubblica a difesa dell'opera di Crispi come sull'oblio di quelli noti 0 mal noti che il libro trascura. Il Palamenghi afferma che Francesco Crispi abbandonò il potere con la convinzione che l'Italia avrebbe in breve lavato Tonta della sconfitta, sconfitta"* di cui egli non si riteneva responsabile. Infatti, mentre il Ministero Di Budini svolgeva le laboriose e dolorose trattative di pace, Crispi scriveva al Re: . . .Sire! Vendicale l'esercito 'del quale siete il Capo! Se l'oltraggio abissino rimanesse inulto, sarebber morti per noi la virtù, e l'eroismo, ed avreste sotto il vostro comando^ branchi di pecore c non legioni di soldati, bestie che si lasciano sgozzare e 11071 prodi che sappiali combattere-e vincere. Se ne gioverebbero i nemici esterni che pon vogliono un'Italia forte, e rispettata, quale, la voleva l'augusto vostro Padre,' ed i vernici interni che vogliono la caduta della Monarchia. Quello rlic avviene in Africa, è la conseguenza dello politica inaugurata, dai marzo in qua e. delle officiali dichiarazioni di villa fatte alla, tribuna parlttmentarc dal vostro Ministro della guerra. Menelik non e invincibile. Egli si crede invincibile, perchè [tv proclamato nella .stampa e nel Parlamento che il. Governo di V. M. 11011 intende combatterlo. La stessa disgrazia ci procurammo nel 1866 quando, dopo Lissa, per la colpevole inerzia dell'Ammiraglio Albini, [u consolidata la vittoria del nemico, e VAilstria divenne per la nostra inazione una potenza marittima. Mutate politica, Maestà. Vi è rimedio a tutto e, purché lo vogliate, milioni di braccia si leveranno attorno a voi, per punire una barbarie che non ha il diritto di esistere e che è un vero insulto alla civiltà. Spero che questa mia lettera avrà efficacia sull'animo vostro. Ad ogni modo, se la mia parola non sarà ascoltata, so di aver fatto il mio dovere ricordando a Vostra Maestà quello clic io credo essere ufficio di Se e di soldato. » L'Abissi aia in armi » ■ • A Senato, dopo la rotta di Mangascià, era stata trovata nella tenda del ras una cassa contenente la sua corrispondenza con i principali capi abissini. Il preannunzio del nembo che ci minacciava era li. Dice il Palamenghi che alla metà del febbraio del '95, Baratieri informando il Governo del contenuto della cassa, scriveva che era stata rinvenuta una lettera di Menelik a Mangascià che confermava la voce alla quale dapprima non si era prestato fede, secondo la quale Mangascià doveva chiederci la restituzione dej territori al nord del Mareb-Belesa e in caso di rifiuto da parte nostra, ottenerli con la forza. Era chiaro ohe Menclik, spingendo a quel modo Mangascià, si era impegnato ad aiutarlo avanzando con il suo esercito che Baratierj sapeva armato di buone anni da fuoco e da chi. Ritornando dall'Italia a Massaua alla fine 'di settembre del 05, Baratieri prevedendo di aver di fronte soltanto Mangascià, aveva ottenuto un aumento di tre milioni nel bilancio della Colonia. Il governatore* apprende che Mangascià si trova a Debra Ailat e decide « d'imporsi al nemico yrima dell'eventuale arrivo degli scherni annunziato da varie parti ». Non riflette, osserva il Palamenghi, che 1 arrivo degli scioani è certo, non pensa che la preparazione dello sforzo supremo di tutta l'Abissinia c matura, non. considera che affretterà cotcsta preparazione inoltrandosi al sud. Il 7 ottobre Baratieri telegrafa da Adipi at: « che Mangascià è in buona posizione, che eonta sopra l'avanzala degli scioani, che Menclik è in movimento. Agirò — aggiunge — con prudenza, con energia per prevenire eventuale invasione ». E per prevenire l'invasione avanza fino ad Antalo, dopo avere spinto Ameglio a Debra Ailat da dove Mangascià si è ritirato lasciandovi 1300 tignili. Aincglio sbaraglia il nemico. Nella speranza di catturare Mangascià anche Arimondi è spedito con una colonna verso Amba Magi. II ras sfugge e Arimondi, dopo aver disimpegnato ras Senati! all'Alagi, ritoma indietro per sistemare e fortificare Macallè. Le nuove occupazioni richiedono nuovi presidi. Baratieri (15 ottobre) informa il Governo che ha a-perto nuovi arruolamenti « per far fronte alle circostanze, e alla guerra, cosa sempre possibiie dallo Scioa. ». Intanto Neiuzziniria Zeila telegrafa (10 ottobre) « certissima la partenza di Maeonneu dall'llarrar per lo Scioa », vale a dire — osserva l'autore —annunzia che il movimento dell'esercito delNegus e iniziato; a sua volta (23 ottobre) Baratieri telegrafa che tutto va bene al di qua dei confini e che la confusione è gran 'de al di là. Nomina, capo dell'Endertà ras Sebath, già due volte fedifrago, e infine afferma che « e impossibile conoscere impressione [atta nello Scioa dal nostro avanzare ». - Le forze di Menelik Il 9 novembre Baratieri comunica ancora : «.Si dice che Menclik è giunto a- Uorrolelo, ma tutti credono per difendere non per attaccare ». Insomma, tutte le comunicazioni che Baratieri fa in quel trimestre ottobre-dicembre — insiste Palamenghi-Crispi — raccolgono tutte le dicerie ma rivelano che il sei-vizio d'informazioni è nullo. L'azione delle nostre truppe è giudicata dall'autore temeraria, Basandosi su questa temerarietà Bara-'fieri s'illude udì poter paralizzare l'offen- stva dello Scioa », l'urto di tutta l'Abis- ginia sollevata in armi. Riesce inesplicabile, 1continua il Palamenghi, perchè, Baratierij'si sforzi a rappresentarsi il nemico debole, scisso, timoroso e al Governo indichi nella kfra di 30.000 gli uomini che Menelik a- ie argine all'invasione della" colonia ~Ap Peua ricevuta la dolorosa notizia di Amba .Magi, Mocenni telegrafa a Baratieri avvertendolo dell'invio di 2 battaglioni di fante ria, 1 di bersaglieri e una batteria. L'autore non si perita di affermare che l'iniziativa dei Governo sorprese Baratieri il quale alla domanda di indicare specie e misura dei rinforzi che gli si offrivano, rispose con un telegramma di « «oh. poter determinare vrébbe potuto mettergli contro mentre i calcoli di tutti gli italiani che erano stati in Etiopia davano 62 mila fucili esclusi gli ultimi rifornimenti franco-russi. Le prime notizie certe dell'avanzata dell'esercito del Negus verso il lago Ascianghi, Baratieri le ha il Lo dicembre. Telegrafa dapprima che si tratta di alcune migliaia d'uomini con Maconnen. Dopo pochi giorni e cioè il 7 dicembre le « alcune migliaia » diventano 30.000. Nello stesso giorno questa massa attacca il valico dell'Alagi e annienta l'eroica difesa dei 2500 uomini di Toselli. Giunto a questo punto il Palamenghi nota che il Libro verde presentato al Parlamento dal Ministero Di Rudinì, non comprende il telegramma spedito dopo la strage di Alagi da Arimondi al -ministro Mocenni. Quel telegramma, dice l'autore, è importantissimo poiché dimostra che Baratieri impedì'ad Arimondi di accorrere a sostenere la colonna Toselli: « Giunto ieri, completo informazioni date dal Governatore circa operazioni che precedettero e. seguirono disastro Am.ba-Alagi. Vedendo aggravarsi situazione giornalmente, due corrente ordinai si concentrassero a Maltolti truppe di cui disponevo nel Ti gre. Chirsi rinforzi Governatore. Concentra mento circa millecinquecento uomini coni ni alo giorno cinque, decisi avvicinarmi Aìagi per dare possibilmente, mono Toselli. Disposi partenza mattino sei, avvertii Governatore mossa che intendevo evidente, dandone ragione. Ricevetti in giornata ordine non muovere. Giorno sei notizie, facendosi pit'i gravi telegrafai aiutare nuovamente, ed ottenuta autorizzazione partii sera slessa, e, dopo marcia lunghissima e rapida verso Alagi, giunsi ore sedici giorno selle villaggio Aderà, che domina sbocco valle proveniente dall'Amba. Appena, presa posizione in attesa collegartni con Toselli, vidi arrivare drappello superstiti colonna Toselli, stala attaccata e distrutta nel mattino. Avvialo drappello verso Makallè, fui attaccato da avanguardia diretta al piano e, dopo combattimento circa un'ora e mezza, respinta avanguardia, iniziai ritirala su Makallù dove giunsi mattino successivo. Volendo offrire Governatore mezzo operare con truppe riunite e non essendo più. possibile immediato concentramento' Makallè, partii giorno stesso per Adigral dove giunsi maltino 10. Giorno li compiutosi concentramento truppe Adigrat intera massa disponibile, dal quindici, per terza volta nell'anno, ricevo destinazione arbitraria non consentita dal regolamento. Quando situazione sarà risoluta, confido che V. E. si compiacerà di sollevarmi da un incarico dove l'abnegazione mi sarebbe col tempo rimproverata come mancanza dignità personale. Governo coloniale non tenne mai coniò mia opinione circa nessuna convenienza occupa^ zione territori che rendevano difficili condizioni difensive e non si preoccupò menomamente eventualità d'una prossima guerra. E* naturale che. truppe ed ufficiali essendo in gran parte impegnati nel Tigre e non essendovi nulla organizzato per numerosi reparti che arrivatw dall'Italia potranno verificarsi inconvenienti malgrado ogni sforzo per far fronte ai bisogni. — Arimondi ». La prima offerta a Baldisserà Amba Alagi mette il Ministero in contatto con la realtà. Il ministro della guerra non vuole disanimare 11 comandante che si trova di fronte al nemico, e « confida nella sua prudenza perchè siano evitale sorprese». Ma in realtà il Palamenghi confessa che la fiducia del ministero Crispi è scossa. Intanto alla Camera l'opposizione attacca violentemente Crispi che aveva dichiarato che unitila era stato imposto, nulla negalo al Baratieri ». Dall'esame della condotta del generale sorse naturale l'Idea della sua sostituzione. Baldissera interrogato 111 dicembre da Mocenni esprime l'avviso che « bisqgnava mandare rinforzi superiori a quanto Baratieri accenna». Ma quando Mocenni d'accordo con Crispi offre a Baldissera in un convegno segreto datogli in Siena il 25 dicembre di prendere il posto di Baratieri, Baldissera si schermisce come risulta dal seguente telegramma diretto a Crispi: « Ho veduto nota persona. Essa è pronta ordini del Governo, sebbene ripugni abbassare governatore. Dato il carattere dell'uomo, giudica pericoloso decapitarlo in questo momento; ciò potrebbe indurlo a 'commettere qualche atto precipitato e meno corretto, il che appunto importa evitare, tenuto anche conto che può vantare successi militari brillanti e recenti senza sconfitta alcuna lui prcsetite^Nota persona ritiene che attuale campagna sarà breve e forse più diplomatica che militare, potendo avvenire pronta ritirata esercito nemico, come accadde ci Negus Giovanni e allo stesso Menelik nel gennaio 1890. Nota persona tornata suo domicilio in attesa ordini, lo sarò tìoma domani ore 13. — Mocenni ». Crispi si rimise alle considerazioni di Baldissera e nulla si fece. Dinanzi alla gravità della situazione non era il caso — dice il Palamenghi — di lesi, naie i mezzi occorrenti. Si trattava di por- /0Me sarebbero necessari per riscossa li naie ». E il Ministro il 14 telegrafa enumerando le partenze fra il 16 e il 25 dicembre di 9 battaglioni fra cui 1 di bersaglieri e 1 di alpini, e domandando a Baratieri se oltre alle salmerie di cui ogni battaglione è prov visto, occorreranno altri mezzi di trasporto. E U 15 e il 17 Mocenni telegrafa ancora che oltre ai rinforzi annunziati ne propara al tri, per la fine del mese saranno pronti tre e anchet più battaglioni quali truppe possono occorrere, non conoscendo intenzioni invasore, cui forze possono anche arrivare 40.000 fucili con bande... ». 11 12 dicembre — prosegue il Pala menghi — il Ministro della Guerra incalza pregando Baratieri di indicare telegraficamente quali sono in complesso i suoi intendimenti e pretisarev1neglio quantità 0 specie dei rinforzi occorrenti. Intanto gli preannunzia l'immediata partenza di.cinque battaglioni e 3 batterie da montagna. L'indomani giungeva al Ministro questa risposta: u Ringrazio dei 5 battaglioni, cui spero V. E. vorrà aggiungere battaglione alpini. Prego preparare tre altri battaglioni che Baratieri parla di "risoltere la questione africana.. Il Palmenghi si diffonde 'lungamente in questo punto con l'intendimeto di provareche il generale non partecipava all'ansietà del GovéYno. I dispacci di Roma sembrava lo infastidissero, dice l'autore, cosicché Crispi credette di telegrafargli il 17 e il 18: « Il momento è critico per le. e per noi. Ti abbiamo mandalo e mandiamo più di quanto hai domandato. Se per insufficienza di mezzi o per imprevidenza, avvengono danni, la colpa non sarà nostra. Il paese è pronto a vendicare le vittime del 7 dicembre ed a tenere saldo il prestigio della nostra bandiera » « Tu chiedi nuovi rinforzi senza specificarli, aspettando all'uopo che la situazione sia delineata Le distanze. dall'Italia a Massaua e da Massaua all'Abissinia sono taliche oiora saper prevedere il bisogno. Spie-goti subito; ci va dcll'ouor tuo e dell'onored'Italia. Pare che nella Uva mente ci siaconfusionc ed incertezza: è tempo di ptov-vedere Baratierj rispondeva: « Le offerte del Governo del ne e il contegni del paese mi rincorano e consolano, Limitai la domanda per l'incerto situazionequi e in Italia, pel momento inzateante, pellungo ritardo che corre, tra l'invio delletruppe bianche e il loro impiego, per le e-nonni difficoltà di provvedere al convenien-te bisogno e al servizio. Ben vengano dun-que al più presto U battaglioni e 5 batterieda montagna ,ma provviste di tutto, macon corrispondente approvvigionamento perguerra in paese di alla montagna, nella ter-ma-fiducia di vendicare i caduti di AmbaAlaai « risolvere la auestianc africana Atagi e risolvere, la questione africana.Frattanto fino dal primo momento ho usaloogni mezzo per accrescere le. truppe indige-ne, singolarmente alte alla guerra d'Africa,e per fare luce nella situazione che mi per-niellerà di annrolitlare di anni circostan-aarnrevaiJ»er ,„ rZmt« circostanza[aiorciolc per la riscossa ». Nel telegramma del 13 — osserva il Pala-menghi — il Baratieri parlava di « riseos-■va finale. »; jn questo di « risolvere la. que-stionc africana »^_ in un altro del 18 « peroperazioni a fondo occorre... ». Con un av-versario che gli stava di fronte, forte di 95mila fucili, pensava, egli che non avevasottomano che 6000 uomini, ad operazioni « fondo. Era tanto fuori della realtà — conclude l'autore — che insisteva nel credere essergli le truppe mandate meno per fronteggiare la situazione che per abbattere l'invoero. Cosicché Crispi il 19 inviava a Baratieri il seguente dispaccio redatto in Consiglio deMinistri dall'on. Sonnino: 11 71 Governo non intende far politica, diespansione, nè fare spedizioni militari nell'interno dell'Abissinia. Intende chiedere al Parlamento solo i mezzi occorrenti per la difesa delta Colonia, respingendo il nemico. Telegrafi, al Governo se, per questi solobbiettivi, occorrono altri rinforzi, oltre i primi nove battaglioni e le tre batterie da montagna, già in partenza, c quanti ». Frattanto Macallè veniva investito daglabissini. Prjma del blocco, Mocenni avevatelegrafato a Baratieri di esaminare se erapossibile senza danno ritirare il presidioBaratieri aveva risposto che « ritirare presidio sarebbe stalo correre pericoio più grave ». Galliano contava resistere par oltre due mesi. Nulla fu tentato — sostiene il Pala-vatóroVi.NèPperUS ^Sunge^Italia si seguissero con ansietà le fasi dell'assedio il Ministero si permise di influire sullo risoluzioni di Baratieri. Nel gennaio '96 essendo stato anche dal ministro Saracco domandato a Crispi perchè non ordinasse la liberazione di Makallè, Crispi risposeche non voleva ripetere l'errore commessonel '66 quando il Governo incaricò di una imprésa della quale costui capace. Sopravvenne la liberazione dei pre-sidio con gli onori della guerra, liberazioneiricò Pensanoestui era in-,;„„. dui seguita dalla domanda del Negus di man dargli un plenipotenziario per negoziare la pace. Chieste istruzioni a Roma, Baratieri ricevette da Blanc un primo telegramma nel quale si esprimeva il dubbio che allo stato delle operazioni e prima che l'Italia avesse riportato una vittoria si potessero ottenere condizioni durevoli. Trascorsi alcuni giorni giungevano al campo italiano nuove proposte. Taitù chiedeva un convegno con Baratieri. Il generale inviò Salsa da Maconnen; il 7 febbraio venivano partecipate a Roma le condizioni del nemico: la pace si poteva conchiudere sulla base dell'occupazione temporanea dei territori su cui era stata issata la nostra bandiera e della modificazione del trattato di Uccialli. "II successo è certe se saremo attaccati, dubbie se muoveremo., La risposta del Ministero concretata daSaracco e Sonnino e spedita a Baratieri àiCrispi autorizzava il generale a trattare adreferendum. « per lo meno siano basi delle trattative il possesso definitivo per VItaliadei territori occupati in agosto 1895 lineaAdigrat-Adtta e riconferma trattato Vcnialli.Chieda anche occupazione temporanea Ma-kallc ed Amba Alagi. Si guardi dalie insi- die. Non sospenda le ostilità che nel soloea.s0 di utilità per noi ». Il telegramma del Governo si incrociò con uno di Baratieridell'8 febbraio nel quale è riprodotto l'invitodi Maconnen a Salsa di recarsi dall'Impe-ratore « co» cose concrete e presto ». Ba- ratieri aggiunge che le nostre truppe sono separate dal nemico da pochi chilometri che« gli informatori tutti affermano gli scioani decisi non attaccarci in posizioni nostre, no- stro successo se attaccati, certo: dubbio se dobbiamo muovere attacco posizioni fortii- siine guarnite nemico «iti numeroso di noi. Spostamento da Adagamas accresce diffl- colta approvvigionamento da rendere, dif-/lenissimo inseguire incalzando nemico. se si allontanasse. ratieri terminava ». II dispaccio di Ba domandando Istruzioni; questo — osserva l'autore — erano già iiel telegramma dell'8 in base del quale Bara- ticri agì com'è riferito in quest'altro di-spaccio da Tucoz in data 12 febbraio: uHo fatto fare dal maggiore Salsa se- guaiti proposte-, rinnovamento trattalo di Uccialli; cessione Italia tutto territorio dove piantata bandiera italiana. Controproposte Menelik escludono occupazione permanente nuovi territori, tendono radicale modificazione trattato di Uccialli. —Rispondo con lettera seguente: «/{ maggiore Salsa mi riferisce parola per parola quello che V. M. ha mandato a étrt al iiotUo Governo. Le projMte che V. 1 M. fa al nostro Governo non possono venire accettate e neppure essere discusse più a lungo. » Ella, sa quali siano le proposte del mio Governo. Il Governo per fare cosa gradita a V. M. ha consentito di nominare un uomo per tratiare, della.pace sperando che si sarebbe fatto una cosa giusta ed utile per noi e per Lei. Adesso mi sembra trattative doversi considerare finite e ognuno di noi resta, libero nelle sue azioni ». Le eccezioni di Saracco e di SonninoNei ministri più direttamente responsabili, la preoccupazione per la grande inferiorità delle nostre forze, dice il Palamenghi, era assillante. Non tutti i ministri però la condividevano. Le lettere seguenti rivelano il dissensofra i ministri. ' naro collega, scriveva Saracco a Mocenni il 30 dicembre: \ non Crro, diecimila uomini, anziché soj0 seimila, sono partiti per l'Africa, e da{notizie che devo ritenere precise, altri trcdici, battaglioni stanno per essere avvialcolà. Posto ciò, e dato che esista una responsabilità collettiva fra i ministri del Re, a me pare: 1) che ci siamo allontanati e ci andiamo via via allontanando dal programma espo sto al Parlamento; ~) c''« '« deliberazione ultima presa >'ei Consiglio dei ministri sia diventata una ^sione. ,'° »°» vengo n domandarle una spiega- =">"«. »«a ella comprenderà che io non deb 00 rima'"!rc in silenzio. A questa lettera Mocenni rispondeva fa ccndo osservare a Saracco che oltre i cin- h«ttaellonl richiesti da Baratieri il 18 ^SKg dri!nl.i!in aw> soprasseduto, salvo le insistenze di lui, nes- sun altro battaglione età stato inviato, Cinque erano stati approntati per pmden- ">» non avevano lasciato le loro sedi. L, , ^ , ^ Mocenni mandava il 9 gennaio Poti. Sennino, dicendo di aver sa|puto che la risposta di Baratieri alla do-.manda se voleva altri rinforzi era hi mas-1 sima negativa e suggerendo che ad ogni buon fine si potevano tenere 2 0 3 "batta- glioni nroritl a Napoli in attesa degli av,venlmenti. E Mocenni rispondeva a Son j nino .Yot ci culliamo nelle illusioni! Menelik da un mese non veniva ed è venuto. Lo stesso si dice dei Madhisli, ma intanto messabissini a Kartum sono andati; nel Ghedaref sono arrivati rinforzi ed Hamed-All è partito per Kartum per avere ordini. rf Se dal Ghedaref o dall'Atbara ci cascano addosso anche i Dervisci, che faremo? Io sono di jtarere che una riserva a Massaua Idi cinque battaglioni, 0 meglio all'Asmarachiave della Colonia, sia cosa non solo tifile, ma necessaria per parare ad ogni eventualità. Gli scioani oggi hanno intorno a Makallè ■non meno di 60.000 fucili, forse qualche bocca da fuoco e pare che siano consigliali da Clochottc, già ufficiale d'artiglieria e da un altro francese. La difficoltà di vettovagliamento e di mo''vimento cessa per una riserva come questache a me pare necessaria. II 10 gennaio il Ministero annunzia a Baratieri l'invio di una riserva di 5 battaglioni che ■■ trattenuta a Massaua 0 svinta all'Asmart^ non darà luogo ai temuti inconvenienti logistici, mentre costituirà una rag., i^^ ' I Il 18 gennaio il generale Mocenni toma sull'argomento dei rinforzi e delle ragionlogistiche che potrebbero farli ritenere più ingombranti che utili e telegrafa a Baratine: « Temendo che Vostra ^Eccellenzapossa ritenere menomata sua libertà azio-'■ "e! Le/}Pet? ch.e Eìla à *?/° fiudice del co1 ,'"'"acc'c d« l""-'* dervisci, bolo la prego mc e dove iviP'coarc quelle truppe e tanto inu 'en"° a f™e talc àichiarazione in quan-I lo che ultime notizie accennano a possibilitono con il generale Ellena. Antonelli suggerisce di attenersi alla difensiva Continuando, il raccoglitore delle memorie Crispino dice che dopo pochi giorni, ilJ febbraio,. Mocenni, d accordo con Crispi,annunzia a Baratieri il proposito di invia-re nuovi rinforzi : ottomila uomini con ré-Jativa artiglieria e salmerie. Il goveratore risponde: « Ottomila uomini costituiranno sempre preziosa riserva ». Il Consiglio dei Ministri approva la nuova spedizione, Crispi la partecipa a Baratieri con queste parole: « Ottenni dai miei cntleghi che ti sispediscano altre, due brigate e tutto ciò chi' averi domandalo. Ricordati che Amba Ala 0i e Macallè sono due insuccessi militari, quanlunqite gloriosi, e che sono nelle tue mani l'onore d'Italia e quello della Monarchia ». Il 13 febbraio ras Sebath defeziona con 600 fucili aumentando le difficoltà fra le quali dovevano muovere i nostri. Bara tierj comprende troppo lardi di avere avuto torto nel porre fedo in ras Sebath già due volte denunziato da Orerò e da Antonelli come malfido. Il 12 dieembre 1895, dopo A lagi. Antonelli aveva telegrafato e poi scrit to do Buenos Aires a Crispi scongiurando lo dj lasciare sfaticare gli scioani. nel Tigre, di limitarsi alla difesa della linea Asmara Cassala tarscurando Adigrat sfavorevole al concentramento di un grosso corpo e facil mente circondatine e di fare con il re del Goggiam, Tacleimanrot, rimasto neutrale nella lotta tra l'Italia e Menelik, quello che si era fatto con Menelik per liberarsi di Giovanni. telegrafare se, data, eventualità di allonta-nare da Massaua quelle, truppe, crede deb-basi costituire nuova riserva di altri batta-gliom che avrei già in pronto ». Baratieri risponde che li gradiva, e il25 3 nuovi battaglioni con artiglieria par-« Noi dobbiamo solo mirare ad un'azione difensiva. — aggiungeva Antonelli — Fra d"e mesi cominceranno le pioggie; fra quattro tulle le strade saranno chiuse dalle aegue degli impetuosi torrenti dell'ampia „o. pel presente dobbiamo difenderci e ab bandonare idee di conquista. Per l'avveniredobbiamo sfasciare l'impero con la diplomazia e con le armi, senza impazienza ». Il 20 febbraio il Ministro della Guerra telegrafava a Baratieri: « Ministero preoccupato conseguenze ribellioni ras Sebath ed Agos e' ceduto accentuata rivolta Agame e tentativi ribellare Oeulè Cusai, invita Vostra Eccellenza a comunicargli suo avviso sulla situazione presente e far conoscere a quali probabilità essa sia per condurre. Il Ministero e deciso.a darle ogni altro rinfor za necessario. Risponda itnmediatamenÌ0*. Rispose Bar-'.iieri che aveva esaminato l'opportunità di portarsi in posizioni più arretrate, ma, dispiacendogli l'abbandono della buona posizione che teneva e del contatto con il nemico, aveva deciso di retrocedere quando la rivolta nell'Agame prendesse proporzioni allarmanti.... A questo punto — dice il Palamenghi — parve evidente a tutti i Ministri che Baratieri non si rendesse conto della gravità della situazione. La sostituzione di Baratieri Il Consiglio dei Ministri "del 21 febbraio decideva, con l'invio di altri 12 battaglioniil richiamo di Baratieri e la nomina dBaldissera a comandante ih capo delle truppe in Africa. — La decisione del Consiglio dei Ministri doveva rimanere segreta. Baldissera sarebbe giunto a Massaua mantenendo l'incognito.! Si votava, scongiurarecne Baratieri0 .sentendosi esautorato, com promettesse comungue le sorti della campa¬ „„„ jju]|a _ afferma il Palamenghi — fa^và prevedere la battaglia: imminente. I25 Crispi, riferendosi ai fatti di Seetà ed Alequà. volendo mettere Baratieri in condi«one di apprezzare esattamente 1 motivdella sua prossima sostituzione gli telegiafavn il noto dispaccio: « Cotcsta è una tismilitare, non una guerra... esempio di eroismo senza successo ». Si giunse a dire — esclama l'autore — che questo telegramma non era stato senza influenza sulla decisione presa da Baratieri il 29 di attaccare il nemico all'indomani. Ma — nota sempre il Palamenghi — dall'insieme dei documenti balza l'assurdo di un'ipotesi così maligna. Secondo l'autore è provato che Crispi non influì sulle opjsra ^^^k^^lnTr^l ^^^.^.per Baratieri. Sol10 notf> 1e n0municazion scambiatesi fra || 27 ed il 29 fa Baratieri ed il Governo, l'ultimo di tali telegrafi infornava che >' campo sciano era sempre nella conca di Adua e che ancora si parlava di un suo P"«imo spostamento « forse verso noi ». Le forze che il 29 Baratieri aveva «ottomano, erano cannoni o2, uomini <!O.ii0. " 2 m*17'0'/* J!^a"?'" n«ma ?à governatore Lamberti, flnnf^a a Roma la nf austa notizia della ^h«i»W ieri avara «Berto attaccando il nemico ncl,<; 9UC posizioni, \\ segreto trapelato . .. A Baldissera, sbarcato in coloniali marzo — continua il Palamenghi — Bara dizione che la Corona affrontasse* résponsa bilità dalle quali invece rifuggiva. D'altrafieri dichiarò di essere stato indotto alla improvvisa decisione di attaccare dalle condizioni logistiche che imponevano la ritirata, la quale, non preceduta da un movimento offensivo, sarebbe riuscita fatale Tutti i generali avevano ritenuto necessario, opportuno l'attacco. Si confidava in una vittoria parziale che avrebbe determinato la ritirata nemica. Baldissera concludeva che per quanto gli constava, nessun altro motivo aveva influito sulla decisione di Baratieri. L'on. Palamenghi deduce che è da ritenersi, che Baratieri siasi detcrminato a precipitare gli eventi per la notizia giuntagliforse il 29, della sua destituzione. I danndel retrocedere non erano sorti nè aumentati in pochi giorni. Fu un errore — scrive il raccoglitore — quello di Mocenni di non avere sostituito Baratieri sino dal dicembre quando la fiducia in lui venne meno. Inoltre il segreto della nomina di Baldissera e della sua partenza trapelò. La previ sione formulata dal Baldissera a Siena, in dicembre, che.il Barat.ieri fosse capace all'annunzio del suo richiamo di « commettere qualche atto precipitato e meno corretto » si avverò. L'autore continua affermando che Crispinon sentendosi in colpa,, non avrebbe voluto abbandonare le responsabilità del Governo nel gravissimo momento, ma la Camera era percossa e la maggioranza dei ministrnon volle seguire il Presidente. Per opporsalla corrente Crispi avrebbe dovuto sostituire i ministri dissidenti. Senonchè — secondo il Palamenghi — la crisi non sarebbe stata possibile che a con parto Crispi sperò che il suo "ritiro non si statuire il Ministero. Era logico — osserva gniflcasse il disastro completo, e la rinun zia. Il 7 marzo Re Umberto, su indicazion di Crispi, dava a Saracco l'incarico di rico posizione e sorse cosi il Ministero datore Di Rudinì-Ricotti. il Palamenghi — che il Ministero rimanes se, meno Crispi, immutato o almeno che nuovi Ministri uscissero dalla maggioran za, la quale, secondo lo stesso Saracco, non era « punto sgominata ». Al contrario Sa racco non chiese ad alcuno dei suoi colleghi della vigilia di far parte del nuovo Gabinetto, si rivolse all'opposizione di Destra sperando nella possibilità di un'alleanzaL'alleanza sollecitata gli venne negata e Saracco ,1'iunziando ad assolvere il mandato costituendo il Ministero entro la maggioranza, preferì che il potere passasse àll'opliquiFra Crispi e Saracco Del resto lo spirito negativo — come lo chiama i\ Palamenghi — del senatore Saracco non aveva mancato mai nei momenti gravi di sollevare diBicoltà. Così l'il febbrino Saracco aveva diretto a Crispi la seguente lettera : « Davanti alla richiesta formale del Comandante Supremo delle nn*»m forze nell'Eritrea e pienamente rassicurato intorno alla spedizione di Assab, mi sono quantunque a malincuore, associato ai Colleghi nella deliberazione di mandare colà un forte nerbo di truppe a disposizione del Generale Baratieri. Ma, qualunque sia per essere la diligenza con la quale il Ministro della Guerra voglia e sappia mandare ad effetto questa risoluzione, ci vorranno giorni e settimane innanzi che questo piccolo esercito possa salpare e giugerc a destino; se pure arriverà mai a tempo perchè possa rendere utili servigi. In questa condizione di cose si rende assolutamente necessario che venga radunato il Parlamento al quale si appartiene di pronunciare l'ultima parola intorno all'uso che il Governo del Re ha-fatto fino ad ora delle facoltà che gli furono concesse per legge, e ciò che più manta, di fissare la linea di condotta che debba seguire nel tempo avvenire. Siccome ragion voleva, i Ministri del Re hanno preso le misure rispondenti alle necessità dell'ora presente e possono attendere con calma e serenità di mente il respònso del Parlamento; ma in argomento di tanta gravità che tocca i più grandi interessi della nazione, e richiede provvedimenti che superano evidentemente te facoltà del potere esecutivo, i Ministri del Re non possono sottrarsi al dovere di raccogliere H Parlamento, prima che «Ifri st prenda la libertà di impegnare più olire la fortuna del paese senza sentire la voce de'uuoi legittimi Rappresentanti. Questa è fa mia opinione, ferma e decisa a cui Ella, .Si-* ffnor Presidente, ha mostrato chiaramente dì non partecipare e però sento il dovere' di rassegnare a mani di V. E. le mie dimissioni dalla carica di Ministro, con preghiera di sottoporle a S. M. il Re, affinchè si compiaccia accettarle. Siccome non credo utile alla cosa pubblica promuovere una decisione del Consiglio dei Ministri sul punto della convocazione del Parlamento, Le dichiaro che non interverrò più alle sue adunanze, e'd attederò 'di conoscere il nome del mio successore, al quale debbo consegnare l'ufficio. So bene, Signor Presidente, e già .mi fu detto dai Colleghi, che l'ora attuale è mài scelta per lasciare il posto con onore, men* tre si farebbe atto di patriottismo rimanendo. Ma ciascuno e giudice delle proprie azioni, e se da una parte accetto, senza mormorare, la responsabilità del passato, con tutte le sue conseguenze, non posso egualmente partecipare a nuovi, atti che inducano necessariamente a violare le franchigie statutarie. Accolga pur sempre, Signor Presidente, l'attestato della mia reverente devozione »* Crispi rispose: ' On. Collega, Non ebbi mai in mente di sottrarre gli atti nostri al giudizio del Parlamento e mi offenderebbe colui che, associandosi anche involontariamente ai miei nemici, m'imputasse ' cotesto peccato. Dissi, c sostengo, che- noi, nelle cose diAfrica, siamo nei termini del. programma decretato dalla Camera il 19 dicembre 1895, e che a tempo debito daremo conto alla rappresentanza nazionale del modo come abbiamo eseguito il mandato che a nov venti e affidato. La Camera, contro la mia volontà, sulla ìrrpostà dellon. Curioni e, come poi seppi, ad impulso di uno dei nostri colleghi, sospese troppo presto i suoi lavori e si aggiornò al 20 gennaio. Il Consiglio dei ministri il 12 gennaio deliberò all'unanimità la proroga della sessione legislativa, ed ella vi consenti chiedendo soltanto, che il relativo decreto reale fosse preceduto da una relazione; ma nessuno dei colleghi segui il' di Lei avviso. Devct convocarsi subito il Parlamento? Nell'ultimo Consiglio dei ministri, se Ella 10 avesse rolufo, avrebbe potuto farne formale proposta, affinchè i colleghi acessero deliberato; ma Ella non lo chiese. 1 dissidii sono antipatriottici, e le sue dimissioni sono inopportune — potrei acerbamente definirle — in un momento che Ut. armi italiane sono impegnate fuori del Regno. L'8 corrente Ella ottenne dai suoi col* leghi guelfo che volle, col telegramma spedito a Baratieri; ed io, anche questa volta, cedetti per amor di pace al voler suo. Ricordi, caro collega, che, nei 26 mesi del nostro Ministero, Ella non domandò mai l'abbandono dell'Eritrea, e che è respon-sabile, guanto tutti i suoi colleghi, della guerra difficile che si combalte in Africa.Ed Ella, come gli altri ministri, deve volere 11 trionfo del nostro esercito, ed ha il dovere di cooperarvisi. Fo appello al suo patriottismo perchè non insista nelle sue dimissioni. La sua risoluzione gioverebbe ai nemici delle istituzioni, i quali si agitano chiedendo la pronta convocazione delle Camere, ma fortunatamente non trovano eco nel paese. La sua risoluzione non trova esempio nella storia par-' lamentare, e per Lei potrebbe più tardi esser causa di un ricordo doloroso e tale da lasciar traccia non bella nelle onorate pagine della sua vita.. Ascolti la voce dell'amico, e mi creda sempre suo aff.mo: Crispi». Saracco non si arrese all'invito, la questione portata dinanzi al Re fu compoeta, ma in realtà Crispi non trovò appoggio, dice il Palamenghi, neppure nella Corona e dovette piegarsi pur non riconoscendolo. Infatti ecco le 2 lettere che seguirono: « On. Signor Presidente, Rientrato ad ora tarda, trovo la riverita sua che per brevità di tempo non posso discutere. Devo piuttosto renderle conto di un colloquio tenuto con S. M. il Re, dal quale seppi aver Ella mani[estaio il proposito di proporre al Consiglio dei ministri la-convocazione del Parlamento entro 12 0 15 giorni. Se cosi è [nè mi permetto dubitarne), ed il Consiglio approva, io non potrei insistere nella mia demissione poiché con ciò viene rimossa l'unica causa, onde fui .indotto a presentarla. Mi lasci credere, on. sig. Presidente che in questi ultimi anni della modèsta mia vita, io avrò sempre la massima cura dell'onor mio, t gradisca un'altra volta l'attestato della mia reverente devozione. — Suo aff.mo; Saracco. — Roma, 12 febbr. 1896». " «On. Collega, Ella fa bene di non discutere. Dive però essere inteso tra noi due, che la convocazione del Parlamento, da me decisa fin da parecchi giorni addietro, è un (atto indipendente dall'agitazione dei radicali c dalle di lei dimissioni, che godo abbia già ritirale in obbedienza agli ordini sovrani. Aff.mo Crispi. — Roma, 12 /ebb.1806»; La notizia della battaglia, conchiude il Palamenghi, avrebbe trovato il Parlamento chiuso se Crispi, per evitare una crisi che probabilmente non si sarebbe risolta con l'uscita di Saracco dal Ministero, nonfosse stato costretto a riconvocarlo.