La XI Esposizione d' Arte di Venezia che si inaugura oggi

La XI Esposizione d' Arte di Venezia che si inaugura oggi La XI Esposizione d' Arte di Venezia che si inaugura oggi (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) VENEZIA, 8C aprile. Venezia apre la sua undecima mostra d'arte; afferma una volta ancora la vitalità di questa impresa che vent'-anni sono, al suo inizio, potè sembrare soverchi amento ardita. Aver reso stabile e fiorente fra noi, dove le iniziative migliori hanno in genere vita brere, questa istituzione, non è piccolo merito, ed è giustizia non dimenticare che questo merito grande è in grandissima parte il merito di un uomo, cri 'Antonio Fradelctto. Avér saputo in venti anni non tralignare dall'indirizzo primitivo ; aver saputo contemperare il rispetto alla tradizione con l'ospitalità alle formulo nuove, serbare una costante dignità di condotiba e cercare nello stesso tempo quelle manifestazioni vivaci senza di che l'impressione complessiva potrebbe facilmente dare nel grigio, e prova che solo una tempra duttile e forte come quella del Fradeletto poteva affrontare con fiducia e superate con baldanza. Abbiamo potuto volt» a volta additare lacune, mettere in luce squilibri, censurare errori, ma' non c'è alcuno in Italia che non debba a questo mostre veneziane un insegnamento, une. compiacenza, una gioia. Già nelle ultime esposizioni Venezia mostrava il suo favore per quelle mostre individuali ohe sole possono dare la misura esatta di un'opera e di un temperamento. A questa felice tendenza si ispira anche questa medesima mostra. Le mostre individuali sono in «man numero: ve u'è forse qusiLoheduin& meno necessaria se non proprio rUegdttima, ma ve n'è di preziose, di interessanti, di educative. Un palazzo centrale con trentadue sale e setto padiglioni destinati a Bacioni straniere accolgono l'ingente, contributo dell'arte mondiale. Affrontarlo in un eolo sguardo complessivo, obbligherebbe il recensore ad un arido catalogo di nomi'e ad ambigui aggettivi. E' più logico discorrerne parti tamenba. Le Mostre del Palazzo centrale U palazzo centrale ci accoglie in una nuo- ye. veste: la vecchia facciata dovuta al De Maria ha lasciato il posto a una nuova, opera dell'architetto drilli, allievo ed aiuto del Sacconi nel monumento a Vittorio Emanue- ]a in Rama. E' una fronte curvilinea chiusa da due piloni laterali e decorata da sottili lesene e fregi e profili in quel classicismo modernizzato che il Sacconi predilesse :, fra le membrature si aprono larghi scomparti e losanghe rosea in campo bianco, quasi a riohia< ma della decorazione del Palazzo Ducale. I/'insieme è alquanto povero e freddo: l'eleganza dei particolari non riesce a maschera re l'ibridismo dello stile. La sala della Cupola, decorata anni sono dal'Chini, non ha subito mutamenti; invece tutto nuovo appare il salone centrale che per opera appunto di Galileo Chini ha ricevuto, una decorazione nuova. L'impressione prima è di freschezza e di eleganza : sul fondo candido delle pareti e della vòlta si disegnano esili lineature geometriche in oro: faacie rigato, quadri a damiere, oolkmnine di ionico arcaico. Negli scompariti da èsse limitati sono dieci pannelli deoorativi ispirati a temi propri a suscitare « un senso di pacata letizia »; cioè la vita e l'animazione dei prati; 'ninfe e fanciulle nella primavera classica; l'incantesimo dell'amore e la primavera della vita; le ninfe e le fanciulle della foresta; la primavera che perennemente si rinnova. La impressione prima dell'ingenuo che vi penetra è che 'essi siano ispirati, come la parto architettonica e decorativa, a quel fresco stille viennese, che, nonostante i dileggi, è pur sempre l'unico 6tile moderno che meriti questo nome: come le lineature richiamano gli elementi adoperati dai secessionisti viennesi, così i pannelli con le vivacissime zone di fiori stilizzati e dipinti a mosaico, le figure che si. integrano senza rilievo d'ombra col fondo, fanno pensare immediatamente al Klimt. Ma W Chini protesta ohe questo suo stile non è affatto nè viennese, né Klimtiano, ma, anzi, nettamento italiano e si richiama alle decorazioni dei carretti siciliani e od altre manifestazioni latine. Sarà; ai nostri occhi miopi pare invece ohe lo stile delle sue figure, che si ispira a quel certo tardo preraffaellismo italiano più armonicamente classicheggiante di quello britannico, non si fonda col rigidismo geometrico degli elementi decorativi austriaci ; ma può essere errore nostro. Comunque l'impWésioiié è u- freschezza e di vivace armonia di colori, condotta col gusto già provato dell'iugcgnoss od abile pittore decoratore. Uno scultore: Ivan Meslrovic v n salone così rinnovato ospita una tramina, di sculture di Ivan Mestrovic, il giovane scultore dalmata di Sebenico che dalla pastorizia è giunto alla grande plastica e che iu rivelato agli italiani soprattutto Jall» mostra di Roma del 1911. E alcune delle opere esposte a Ruma in gesso, compaiono qui tradotte in marmo come te. btatue dello duo Vedove. t L'inalisi della plastica del Mestrovic non è difficile, tua non è semplice. Una interpretazione assai sparsa vorrebbe vedere in lui una forza ingenua della natura che si esplica con qualche violenza.e talora ostentata barbarie, ma con piena spontaneità. E' un'in- ! ter prelazione semplicista. In realtà l'arte del Mestrovic appare un riflesso di cultura, un confluir»' di oorraaoj osai vari» e lontane ohe et fondono-e talora asmptoamesto a' gido di certe testo vien da pensare alle sculture protoclloaiche ed alle eginetiche. Certe sue figure come la Cariatide e la Figura decorativa richiamano invece nella pesantezza l'arte greoo-ciprioto-fenicia ; certi bassorilievi coi profili ritagliati a squadra ricordano sculture protoelleniche come quelle di Sparta: il Vincitore ricorda gli Apolli arcaici: viceversa la sensualità carnosa delle sue figurazioni femminili non pare immune da un influsso rodiniano, e il bassorilievo della Deposizione pare concepito in.quel secco realismo grimacant di certi nostri quattrocentisti : i leoni e i capitelli del tempio di. Rilievo ci' riconducono addirittura all'aito di Ninive e di Persepoli. Varii gli influssi e non sempre armonica la fusione: ma da, tutte le opere, anche da quelle in cui la violenza, ci può parer alquanto ostentatamente barbara, traspare una fortissima tempra di plastico ed una teVipra potentemente espressiva. Quella che dissi carnosità sensualo è resa talora, come nella Vedova; in modo magistrale : la struttura ossea, se non sempre è incccspibile. è sempre grandiosa di impostatura; basterebbe a mostrare la potenza e là squisitezza plastica udell'artista il Ritratto di donna, dalla mano | appoggiata a' collo, così intenso e pensoso nella grandiosità della sua struttura. Luci irreali: Anglada _ , , . !Bermeli Auglada Cainarasa sedusse, unni I ■ ... . . , „ i sello a Venezia gli artisti con la ìarlinatrz- , , • . " ... , ... iza del colore e i mondani con la erudita per- versa delle sue scene di scapigliatura pai;i- Lgina. ire anni sono a Roma mostro un altro ,aspetto della sua natura con le grandi scene Udi feste spagnuole e con sottili ricerche di colore in luci artificmk: le due correnti sem- ;brano in certo modo fondersi nelle opere re- ,centi racchiuse in questa sala. UUna ventina di tele, quasi tutte figure |femminili, spiccano sul verde fosso delle pa reti : membra e visi di un candore di smalto leggermente violato o azzurrino: larghe chiazze' dì vesti nere, gialle, viola che staccano senza ombre su fondi di verde crudo e di cieli cupi color oltremare carico, verde smeraldo o violetto : occhi ingranditi e bistrati, bocche duramente segnate, un senso di animalità bestiale nelle fronti basse ; una violenza quasi caricaturale nei lineamenti e negli atteggiamenti. Il pittore, si racconta, dipinga alla luce e1«Urica: tutto le carni sono infatti.fredde e marmoree ; ma ciò non basta a spiegare quest'arto: la luce artificiale ha anch'essa una realtà ed un'unità : qui non c'è ; questa pittura uon può esser spiegata che con un intendimento aperto di irrealità decorativa. Tendenza cosciente e decisa : non certo' insufficenza. Tutti sanno quale squisito realista possa essere l'Anglada. Delle sue qualità di disegno è testimonio il grande disegno a carbone di dorso femminile: ciò ohe c'è qui di incoerente o di innaturale è nettamente voluto. Sono ricerche di espressione in armonie cromatiche fantasiosamente decorative. In un ritratto di Gitana ed in uno di Torero sembra .che egli voglia cercare l'armonia in' un effetto di chiaro su chiaro con l'attenuamento del chiaroscuro come in certi, ritratti'del Klimt ; ma i mezzi molto meno sottili non raggiungono uguale espressione: un'altra gitana iu gonnella a mazzi di fiori rossi e verdi è un gustoso studio di riflessi, si rilega ancora alla sua arto più realistica: gli altri sono nettamente decorativi. Le vestisono semplicemenfo campate attorno a teste in forte rilievo, oppure teste e carni chiaris- siine come avvolte da una piena luce tagliano sopra fondi oscurissimi. In queste figurazioni irreali non si può distonoscere il sottile gusto del colore, l'iti-tensità espressiva dei visi e dei gesti, coinè per eserjjpio' nella danzatrice bionda vestita di giallo. Più armoniche souo le tre tele che formano trittico: una gitana in mantiglia nera a chiazze bianche; un'altra sdraiata sopra un ramo d'albero sopra uno stagno fra fogliami di verde crudo ; una terza in mantiglia viola, sotto'una pergola. Squisito è il tono' dei neri e dei bianchi e lo scintillio dei colori in un'altra che danza sotto un raffino di luce obliqua, rovesciando il viso bestiale | Talora la ricerca espressiva diventa carica turale e il gioco cromatico dei riflessi rag giunge il paradosso come nella donna dai 'biondi capelli ossigena*!, e in quella a cui !un riflesso tinge il viso di verde smeraldo. I T>.;,i,x :., ,,™»- 4«i. _~ f„„,i; ,1; „„„ i l cucile ni questa tela ci sono tonai ai pae ■ a • • :i «n. ... isi, case, non, in principio ci si ribella a que sU ^ ci ai Mo. & ^ & ]|]lna? fa ,,lc0 Let,tricarENun*:ricerc*ihÙtilo: la luce arti,Maé te „0J1 j. che lo ^^to di Ufa^; E' essa legittima? E' meglio do maudai.e S6 ò amouica. Non ]o h gempre: ;ma ^ un-amonia. E- ,sfca piacevole? w questione di g^. Certo è U principio di ^ e alqttanto ^ raa |fe indu.bbiamente geniale. mUn impressionista: Zandomeneghi Federigo Zandomeneghi» nato nei 1841 a Venezia, da famiglia veneziana passato quindi a Firenze, dove fu in contatto coi t macchiatoli » toscani, emigrò a Parigi dove si pose al seguito degli impressionisti, e con questi ' divise l'oscurità o l'ostilità dapprima, la fama di poi. Là quarantina di tele qui raccolte ne fermano sufficientemente l'individualità. La quale è individualità fino a un certo punto. Temi, forinole, intonazione, colorazione ci richiamano infatti continuamente ad altri impressionisti e sopratutto al Renoir. E' la nota miseria dei soggetti borghesi, visti senza alcuna poesia: la ragazza che porta un mazzo di fiori in un cartoccio altre che giocano col cerchio; nude dinanzj al fuoco, mercati di fiori, ecc.: la miseria intelle11 uale e sentimentale di quel. preteso realismo che volendo ricondurre la vita nel-l'arto la confinava nelle scene di toeletta, nelle cene nelle trattorie, nelle scene di omni- bue, nelle forme più volgari d'esistenzaj ca- dendo nell'errore in cui cadono oggi i futuri- sti, i quali dicono di non vedere la vita che nel caffè-oonoerto e nell'automobile. Uri al Renoir lo Zandomenighi rassomiglia m che nei mezzi tecnici e negli effetti, nei pregi e nelle defioenze: è la stossa pittura stentata e meschina a tratteggiature, sono le etesse stoffe di cartone e oarni di bambagia rosa sono le stesse modelle studiatamente brutte e le stesse faccio inespressive. Un esame particolare è inutile. Forse la cosa miglioro è la donna che si fa pettinare, in cui sono bei toni argentini che ricordano le migliori cose "' del Renoir e della Morizot: ma non sarà inutile osservare che nove decimi di queste tele (come per esempio le signore al teatro o la nuda clic si scalda alla stufa) se inviate ora aitila mostra, di Venezia od a qualunque altra, ne sarebbero inesorabilmente rapinile come'ridicole e puerili: il che dovrebbe far meditare profondamente sulla relatività dei giudizi in arte. Un morto: De Nittis Di ben altra importanza è la mostra di Giuseppe De Nittis. Il pittore pugliese, divenuto parigino e morto a trentott'anni nel la sua città di adozione, è ben altra tempra, H suo amoroso biografo Vittorio Pica ha raccolto in due sale ottantasei opere, picco la parte dell'opera dell'artista fecondo, ma più che bastevole a disegnarne la fisonomia-. .«Le più interessanti sono le più antiche. Già nel primo quadro: Attraverso gli appen;)(Mt#comperato dal Ro al pittore appena ventenne, v'è la finezza dei grigi che trionferà poi. Ma deliziose sono le vedutine sulle Rive <ieirOfanto 6 del Tavoliere delle Puglie, che, a noi piemontesi, ricordano stranamente nella finezza dei cieli e fin nel tocco le più antiche e le migliori cose del nostro Avomdo, di esse contemporanee. Lo studietto In aperta campagna è un piccolo capolavoro che precorse e probabilmente ispiro il famoso Novembre del Signorini. E la pa- renteia col Signorini appare in- molto di queete assio&He come nei finissimi ritratti di A driano Cecioni e del Cafiero. V'è il famoso quadretto della diligenza gialla che manda un'ombra violetta sulla strada assolata, quatiretto in cui il paesaggio è d'una accuratezza ingenua e di una finezza che non torneran- no più. Passo passo possiamo seguire l'evoluzione del De Nittis attraverso l'influenza parigina. La sua tavolozza acquista finezze grigie prima ignoto, ma la sua pittura perde ,in solidità ed in carattere: QueJ'ia diligenza di miniaturista che in alcune figure ed in alcuni paesaggi richiama alla mente, pur nella maggior genialità, il fare del nostro Quadrone, cede ad una fattura più libera ma più frettolosa. Vi sono nondimeno in questo periodo cose< squisite : tale è il quadretto diSignora in barca sotto l'ombra defila tenda, tI-i n nati In Amavi*» ri i-, i «■**>,««* ni'r] i j-i 1 r% cnf-fi- che per la finezza dei grigi caldi e la sotti gliezza e la gustosità dei riflessi precorre e supera ciò che fecero tanto tempo dopo gli scozzesi defila Scuola di Glasgow, i Guttirie e i Lavery. Documento dell'arte di un intero periodo, sono le impressioni di paesaggio inglese e il quadro Le corse di Ltfnachamps del 1882, ammirabile nella, felicità con cui c resa una folla modem;). I pastelli e le tele dell'ultimo periodo rivelano già la decadenza. Lo figuro del grande trittico a pastello Le corse, od .1 llliuit, comperato por una somma intentissima dalla Galleria. Nazionale, . precipitano nettamente nel figurino di giornale di mode, e la finezza ariosa non vale] ad attenuare qi..«ta loro caduta. Ed è cu- ! rioso osservare di fronte a questa- eleganza ' così frivola e cosi debole o così superficiale, ! quella dei tempi buoni, qttal'è nel quadro Colazione in giardino: la signora nell'ombra, verde, il bimbo che si volge .a guardar le odio nel prato listato dal sole: pittura ini po' molle, ma-finissima. E più interessante è l'abbozzo che sta vicino: il Pranzo a Posil/ipo in cui è evidente l'influenza della pittura di Manet, ed iti cui l'effetto di luce è bollissimo. Un decoratore: Brangwyn Una ventina di tele: uno sfarfallio di note rosse, azzurre, gialle: il quadro inteso come puro pannello decorativo e armonizza¬ to come un ricco tappeto per una gioia degli occhi quasi unicamente sensuale. Lo sap- piamo : Brangwyn non è tutto qui, e queste biennali venete hanno visto di lui composizioni rette da un'ideazione più elevata: ma poiché egli ha raccolto qui questi documenti in gran parte già noti, ci c forza giudicarlo da essi: ed essi mettono in luce più crudamente il lato debole di questa pittura che è dapprima la pura sensualità cromatica, e poi la frammentarietà saltellante del tocco. Dal grande quadro centrale dell'ammiraglio beffato dai mori, al giocoliere marocchino, ai suonatori tibetani, ai pirati moreschi, è sempre la stessa forinola d'armonia cromatica talora ricca e gustosa di rossi, di verdi, di gialli nell'ombra forata da occhi di sole, contro muri bianchi e lembi di cielo azzurro, è sempre là stessa fattura energica e nervosa, ma sacrificata a quell'effetto di toppe multicolori. Siamo lontani' dalla Raccolta del Sidro che comparve qui altre volto. In altri quadri la scena è meno sacrificata al musaico multicolore, ma II negozio del ramaio non va oltre l'armonia degli ottoni e dei rami col verde di una vecchia zimarra e il Porcaro e la Pescatrice la forma perde la energia consueta e il colore il suo succo caloroso. Pittoricamente più forte se non più profondo è il Funerale veneziano. Ma pur colmando mentalmente le lacune di questa sala coi ricordi di altre e maggiori opere, c'è da chiedersi so gli inni con cui in Inghilterra e fra noi si saluta da alcuni nel Brangwyn un artista sovrano, un « Walt Whitman della pittura » non pecchino di qualche esagerazione. 1 Uno scultore-pittore: Ressa Non si potrà più dire che Medardo Rosso sia nella sua pàtria italiana (veramente egli ama affermare volentieri la sua internazionalità, ricordando anzi d'essere nato in una stazione forroviaria di Torino, cinquantasei \ j '| i: | j anni or sono) un dimenticato o un rgflofto. Tiìi di una galleria italiana ha ormai opere sue e dopo Roma, Venezia Io rivela al gran pubblico con un complesso di venti opere cronologicamente ordinate e ampiamente significative. E' noto che il Rosso ri/endica a sè l'introduzione dell'impressionismo nella scoltura, e sono pure noti i suoi dissonai col Rodili che da opere del Rosso ebbe la spinta alla sua evoluzione. Più che la storia di queste rivendicazioni e di questi dissensi c utile, al pubblico l'iniziazione alla comprensione di quest'arte, e la formale dell'arte del Rosso può essere bonariamente riepilogata in podio parole: mentre gli scultori concepiscono' comunemente una statua comò visibile da ogni lato, il Rosso non concepisce come i pittori, salvo i futuristi, la forma plastica che'come visibile da un punto solo e da un punto fisso. E' quindi necessario che le sue opere siano posto nella luce in cui furono create ed osservato da quel particolare punto di vista. Tutto lo sforzo del Rosso si esplica nel cogliere con la massima intensità di sentimento e con la maggior finezza di chiaroscuro quella particolare espressione determinata da quell'effetto di luce. Perciò non solo riproduce soltanto ciò che è visibile da quel punto e lascia ciò che è nascosto1, ma nella ricerca di quel particola^ chiaroscurò adopera qualunque mezzo, rifugge, se occorre, dalla logica geometrica dei piani. Qualunque cosa si possa pensare di q.uesfca teoria e della sua capacità ad essere ap1 plicata a tutte le funzioni a cui da secoli è chiamata la plastica, è certo che poste nella loro luce esatta molte opere del Rosso acquistano u-aa innegabile profondità espressiva un senso di vitalità svolta ^n acuta pene-: trazione. II Rosso preferisce, tra le sue opere, quelle in cui il segno plastico è ridotto alla sua più sottile espressione, in cui è lasciato maggior campo all'osservatore di completare, con la sua mente, con i suoi occhi,' la forma suggerita. Il pubblico preferirà probabilmente quelle in cui la forma è più definita e certo l'enfant malade, la rieuse, il Gavrecke non possono trovare,, anche fra i seguaci della -visione tradizi<> naie, ohi possa negarne le qualità suggestive. V'è nel-primo una delicatezza di visione ; nella seconda, che è il ritratto di un'attrice ; Bianca da Toledo, una intensità di intima vita, nel terzo una vitalità cosi tresca che qualunque grande artista potrebbe andarne superbo. Ma, accettato il punto di vasta dell'autore, il pubblico potrà scoprire questa genialità evocatrice anche in altre opere meno prontamente accessibili : apprezzare, per esempio, l'intensità con cui e reso il carattere etnico semitico nell'altra Rieuse e enfant julf e la arguzia della portinaia e la delicatezza con cui c suggerito nella Femme à la toilette, lo sguardo velato. Se poi questo impressionismo pittorico della forma sia punica espressione plastica legittima, è questione che non si può discutere in poche righe. ENRICO THOVEZ.