L'isola d'Elefanta

L'isola d'Elefanta L'isola d'Elefanta Garapuri : t città degli antri o Deva j--c- vi « isola degli Dei »': b forse la più bella - —- » /vn4(. minila f»Vi *> ii_ cita che offra Bombay, certo quella che noisco in minimo spazio.) motivi esotici più interessanti. pel forestiero. Ma difficilmente un. inglese, un nativo tanto meno, la propone al suo ospite; trova di miglior gusto condurvi alla spettacolosa sala di skating-ring (sì,- hanno il coraggio di darsi a questo sport, con una temperatura minima di trenta gradi), o all'unica matinée che dà la Cleo De Merode, di passaggio per Bombay alla volta del Siam,con un plutocrate innominato, o al gigantesco teatto cinematografico dell'Esplanade, dóve al soffio — ohimè! vano — di trenta. ..ventilatori la vostra'nostalgia piemontese sussulta vedendo apparire il simpatico sorriso' di Robinet sullo sfondo del parco del Valentino... Ma veramente non ai viene in India per questo. Non è facile l'arte del Cicerone perfetto, del duca ideale nel proprio, paese; le cose vicine, anche bellissime, non bì vedano più; e l'inglese non pensa afarvi vedere l'isola d'Elefanta, come noi italiani esitiamo prima : di proporre la baedekeriana gita a Capri, a Monreale, a Soperga.' Gli inglesi vanno ad Elefanta>perdue cose soltanto: mangiare e fare all'amóre. Il vaporino clie supera le sei miglia di mare dall'isola di Bombay all'isola d'Elefanta, ò àn ■ gran parte occupato da famiglie merendanti, e da coppie amorose: viaggio al paese di Cuccagna, embarquement pulir. Cithire... Ma oggi non è domenica, e lo steamhl'rich e quasi deserto. ^Non ò domenica, e l'iiriméiisa rada di Bombay non è paralizzata dall'inesorabile riposo festivo,-offre tuttala policromia gaudiosa, la bellezza varia della 6iia.attività. Dobbiamo attraversare il porto della grande metropoli asiatica; la lancia passa come un moscerino ronzante tra i fianchi delle navi : navi di tutta la terra : inglesi, francesi,'olandesi, giapponesi, australiane, americane, di' tutti i tèmpi : colossali' alcune, nuove, intatte, saggio imponente dell'ultima civiltà ; altre di forma arcaica, di età non definibile, zattere immenso con una sola grande vela, che osano attraversare l'Oceano indiano dalli'Africa all'India, affidandosi per lunga esperienza a quel dato soffio-di monsone inquel dato giorno stabilito ; velieri decrepiti che fìngono .di ignorare ancora l'istmo di Suez, poiché là tassa di. transito che si paga a Portb Said varia dalle trenta alle cento e più mila lire, e ripetono, il loro viaggio secolare circumnavigando l'Africa, l'Arabia, la Persia ; velieri' panciuti, d'una tinta uniforme di vecBhio legno fracido, • dalle vele gialle a sbrindelli óa rattòppi, così decrepiti che fanno pensare alle galee '.portoghesi che ripararono per là prima volta in Buona-Bahia (Bombay), ài negrieri, ' ai pirati che furono per tanti secoli i signori indisturbati di questi mari e'di queste terre. Nau.c leggenda: tutta la popolazione marinara e peschereccia di Bombay, che vive nelle isole vicine, in capanne minuscole; sot- to gl'ombra dei cocchi eccelsi, è discendente di- pirati ; l'isola di Colaba, che si disegna verdeggiante oltre la foresta delle antenne e delle vele, era abitata ancora al principio del secolo scorso di cacciatori di naufraghi: i suoi villaggi, si dice, sono costrutti interamente con rottami di navi.. Barbarie' pittoresca o civiltà vittoriosa, tutto Jo razzo e tutti gli idiomi, tutte le linee e tutte le tinte si confóndono, stridono in questo convegno del Mondo, che offre tante cose rare all'amatore dell'anacronismo e del paradosso. Avanziamo lungo un piroscafo inglese giunto da poco: la parete.curva, nera, vertiginosa s'alza su di noi come il fianco d'un cetaceo colossale; dagli infiniti sportelli aperti giungono voci, s'affacciano volti impazienti; lungo una scaletta troppo fragile scendono i .viaggiatori in una lancia d'approdo ; quattro indù- ignudi ricevono i bagagli, aiutano i fanciulli, i malsicuri nel balzo. Una signora biondissima si rifiuta al passo, i viaggiatori l'incalzano alle spalle, l'incoraggiano, protestano ; un gigante di bronzo la afferra senz'altro, la solleva in alto, la passa ad un altro gigante ignudo, che là depone delicatamente,.- la siede incolume nella barra, tra i suoi bagagli ordinati: strida convulse della signora, risa degli astanti. Quella biondezza e quelle braccia candide avvinte disperatamente alle spalle barbare mi hanno fatto pensare una romana della decadenza, ' una flava coma contesa da duo schiavi nubiani un poco irriverenti... Tutto.il-porto dà il senso della schiavitù, ma non è un 6enso penoso: i dominatori sanno sfruttare l'uomo fino all'ultima energia, comandano con alterigia, ma con giustizia. Sulle navi, da nave a nave, su corde tese, su scale pendule, su palafitte è un brulichio di forme nere; tutti indù di bassa casta, che vanno, vengono - in file ordinate ed opposte come le formiche, o sj passano dall'uno all'altro, in catena, le. gerle di 'carbone, le balle di cotone, i caschi di banane, le casse di spezie. E' strano come questa misera, infima gente abbia inuata la scienza della, grazia, l'armonia del passo,, del gesto, 'del! 'atteggi amento. Tutti cantano lavorando, com'è costume nelle città orientali. E' uua melopea a denti chiusi, che nell'attimo dello sfòrzo o dell'intesa si accentua con un ritmo più forte e produce nell'insieme l'effetto di una orchestra ronzante,' monotona, non priva, di, dolcezza. Ci séno donne tra quegli infelici, sono- ignude, con un panio allo reni, ma si st<j*ta .a .ricojioscerle; .quasi tutte so» .vecchie : il tempo, la fatica hanno riassorbito il seno, fatte angolose le spalle, radile braccia, maschile tutta la persona. Infelici? Forse uo, certo meno infelici, dacché l'europeo li ha emancipati dalla crudeltà delle caste.Poiché quasi tutti eono paria, cioè « non salvabili,'», -da-meno dei corvi e dei cani,creature che si potevano uccidere impunemente, -poiché fuori del cielo evolutivo, etcluse per l'eternità da ogni speranza, dau-liati in vita e in morte per la sola colpa diessere nati. Ora la maffeior .parte ha sul petto di bronzo lo scapolare, ha nel cuore, rozza ed_ incerta, ma consolante, l'idea di una possibile salvezza, la speranza di poter pretendere dalla morte ciò che non ha dato la vita. . Il poto interminabile ci lesta a poco a poco alle-'"spalle: dirada la selva dei pirofcalì, dei velieri, delle giunche; qualche zàttera vaga accora sul maro di stagno, Sii quale emergono "frequenti ' le pinne donali degli squali e «alzano improvvisi, a frotte, i pesci volanti. Cielo e mare si confondono io una calma eguale, senza limiti, incolore. Si ha l'impressione di navigare nei vuoto; al tempo delle origini, .qaeaeo. i mari caldi (nutrivano i germi dèi pleosauri e delle felci colossali, le acque, e i cieli immobili dove- I .«*.(n nilanvin J'nUiim ' a, a a r. i t e a a l a a a e e e a e - e a e o e e e o a a e , j ' -, i j l , i r o a e i i vano avere questo silenzio d'attesa. Ma d'improvviso, come eospesa nello spazio, disegnata sopra una parete di cristallo, si pirofila l'isola.di Elefante, tutte verde, e dopo l'isola ia fascia fulva della terra ferma coronate dalla catena dei Gati: il Bor-Qhat, una muraglia eccelsa di basalto sanguigno intagliato dalla natura a torri, a spalti guerreschi. Sono le 10 del mattino. Il caldo è tale, che là corsa della lancia non dà refrigerio. Il sole, pure attraverso la doppia tènda, si fa sentire sulla fronte, contro le gote, con l'ardore di un braciere troppo vicino. Un 6oy, armato d'una pompa, irrora d'acqua marina l'intavolato e le tende, ma i disegni scompaiono subito evaporati dall'ardore di quesito' gennaio trepidale. Mài come in questi olimi mi sono rallegrato delle mie non mólte carni : l'India ò un soggiorno veramente infernale per le persone • anche appena fiorenti. ■ Il caldo provoca i miraggi, scompone l'aria, la fa vibrare, oscillare all'orizzonte col tremolio del rivo sulla sabbia; l'isola d'Elefante, già prossima, s'addoppia, si riflette quadruple, s'avvicina, s'allontana, scompare. Quando riappare, siamo .giunti. Approdiamo su grandi cubi di granito, viscidi d'alghe rosse e azzurre, abbandonate dall'alte marea, pendule come capigliature di sirene sconosciute. La collina s'innalza ripida sul .mare : due cose sono interessanti in quest'isola : non - il lunch e l'amore degli inglesi dómenicanti, ma la vegetazione e i templi famosi. Per la prima volte dacché sono, a Bombay vedo in libertà selvaggia la flora tropicale. I magnifici scenari verdi del Vittoria Garden, delle ville dell'Esplanade, e del Malabar-Hill sono meditati' da giardinieri esperti sii modelli inglesi, e ogni albero reca sul. tronco una targa ovale col nome in corretto latino: Cinnamomum canphora, Vanilla aromatica, Fieits elastica, Strychnos mix vomica, Tamarindus ìndica, ecc., ecc., pessima consuetudine che dà alia 'poesia d'un giardino esotico un sentore farmaceutico e tutta la prosa d'una rivendita di dròghe e coloniali. Qui è la natura soltanto, la flora demente, senza freni e senza nome. La spiaggia' è fiancheggiata da pandani colossali che immergono nell'acqua le loro radici multiple, sollevano in alto la corona delle, foglie, e fanno pensare a candelabri capovolti o a buffi trampolini vegetali. Si sale la collina lungo una scala ripida scavata,nel basalto da un brahamino, per- ex-voto, a beneficio dei visitatori A- tratti la vegetazione s'intrecci a sul nostro capo, forma un corridoio .Verde, dove il sole, giunge tremulo come nei paesaggi sottomarini. Tra i fusti bianchi e flessuosi dei cocchi, tra i fusti neri, diritti come colonne delle palme palmite, è li groviglio delle liane che allacciano d'albero inalbero tutte la foreste, e fanno dell 'isolette un fascio di verzura emerso, dal-mare. Vorrei uscire dai sentiero, internarmi sotto gli alberi, nel refrigerio della notte verde, ma i boys e gli-amici si oppongono .recisamente: è l'ora calda, l'ora dei cobra, e i cobra' abbondano nell'isola sacra. - A metà della coli ina s'apre il tempio famoso. E' un ipogeo, che ricorda le costruzioni egizie e consta'di varie grotte scavate' in una pietra nera, simile al porfido. Le colonne si moltiplicano all'infinito, pendono spezzate dalla volte tenebrosa o s'inalzano monche come stalattiti II tempio è. lavorato con un'arte pazientissima nei particolari, qualche volte mirabili, 'ma noncurante delle proporzioni e dell'armonia dell'insieme. Sebbene -mutilato dai millenni, dalle infiltrazioni e dalle ftene, dal fanatismo mussulmano o portoghese, presenta ; ancora una sintesi complete e imponente dell'olimpo brahamino; olimpo complicatissimo, difficile a chiarire per chi non ha speciali attitudini nel collegare le parentele numerose, nomina ' nella grotte principale un arto rilievo di forse quindici metri, raffigurante un'eorpo formidabile a tre teste, la Trimurti famosa: Civa che crea, WÌ3nu che conserva, Rudra che distrugge. Ma queste trinità s'incarna all'infinito, si trasforma nei bassorilievi dei porticati semi bui ju mille aàtre figure dal simbolismo pazzesco. Ed ècco Civa che cavalca un toro e si fa maschio e femmina ad un tempo, col simbolo maschile Unga, e femminile jóni, circondato da influite figure: elefanti, tigri, serpenti, da saggi, rhisi, da àpsare, uri dell'olimpo brahamino, da Ingra, da BJii'ama adagiato sul loto e portato da quattro cigni, Visnu sorridente, altovolaute sull'avvoltoio dalla testa umana. E' ancora Civa la scultura divina dalla cui fronte sgorgano i tre grandi fiumi, Gange, Jamma, Sarasvati; Civa ^che passa a giuste nozze con Parvàti, la Dea dalla vita sottile, da] seno enorme, che con l'una mano abbraccia lo sposo, con l'altra strozza' non so quale rivale in forma dimostro femminino. E intorno è scolpita una turba di Dei e Semidei, parenti e convitati, devoti e servi, che' offrono cibi e rinfreschi Un altro bassorilievo ' rappresento un giardino: il paradisiaco monte Kaillasa, pieno di saggi e di donne in letizia, poiché dall'unione di Civa con PaXvati o nato Gauesa, il Dio della Sapienza, mostro dalla.testa di alefante, dal corpo umano, picoolino, tondeggiante, panciuto. E' ancora Civa in nn bassorilievo che ritrae le più desolanti e borghesi rappresaglie di famiglia ohe' possano affliggere un nume. Civa ha sposato una seconda moglie: Durga, figlia di Daksha, figlio di. Bhraham e genitore di sessanta figliuole. Daksha dà un convito rituale, aduna tutti gli Dei e dimentica sciaguratamente lo suocero Civa e consòrte. Queste interviene al rito, e, non attesa, male accolte, si getta Bullo fiamme dell'ara. Compare Civa, |al.quale nel furore si moltiplicano le brac' eia, è taglia la reste al genero, alle cinquantanove figlie, ai convitati con lo spaventoso congegno delle molte braccia roteanti ; intorno è un turbinare di teste mozze... Una grotte è dedicato a un lingam inghirlandato di fiori gialli: in giorni speciali migliaia d'indiane vengono in pellegrinaggo, s'inginocchiano, siedono sul rozzo obelisco di pietra, girando più volte: e la cerimonia assicura la fecondità. In tutto il tempio domina sovrano il Civa-Lingani, ed è strano questo simbolo procreatore in. ùua religione dove il supremo bene è il non ossere nati, o essendo uati annichilirsi al più presto. Ma è certo il mio cervello profano d'occidentale che non comprende l'occulto scuso del|a pietra sculpita. Queste figure, ad esempio, che ricorrono su tutte le arcate di ingresso e rappresentano uomini armati recanti il sesso nella mano protesa, e a! posto del sesso uu teschio che ride, danno veramente no f- Vido d'orrore e il sena© del più t*agi- co pessimismo. L'impressione tuttavia di questo ipogeo troppo vasto; umido, oscuro, non animato che dallo squittire dei pipistrelli e dallo stillicidio delle infiltrazioni, è tetra, non religiosa. Questo figure, che sembrano balzare dàlie' paréti, precipitarsi furibonde contro i poveri mortali,'armate 'di clave, di'lancio, di braccia multiple per meglio ferire, danno il senso dell'idolatria paurosa ; vien fatto di domandare, a questi numi il perchè di tanto furore e quale guaio riserbano ai miseri mortali peggiore della vita, peggiore della morto. Certo lo studioso, anche il dilettante soltanto, che viene d'Europa "dopo aver sfogliato i sacri testi indiani sqpsgstdpslsCd2destino fatale di tutto le religioni, che di- \eventano culto, di tutto le fedi che si fanno , lpiétra, metallo, colore, forma: idolatria. ! n_ A queste malinconie certo non pensano i 'dvisitatori'dell'ipogèo d'Elefante:, sulle tran- cta mammelle della, dea. Cassavi, sulla tiara gdelle Apsare, sulla fronte 'ampia, elefan- ctina- di Ganeèa, la matite, il temperino ha , gpbousegnato nomi, date, cuori trafitti,, ghirlande di rose all'amore che passa (1). Precisamente come, da noi. Si esce all'aperto, nel tripudio verde! del- isola paradisiaca. Si passa dall'ombre alla j lluce, dalla barbarie alla civiltà, dal passato decrepito al presente vittorioso. TuttaBc*H woay e disegnate sull orizzonte con. la sua **- {cLda, il suo arcipelago, - le sue penisole. Da nessuna altura si può meglio capire la tòt pògràfia mirabilmente equilibrata di queste metropoli asiatica.'E si pensa non senza orgoglio al miracolo che l'attività occidentale ha fatto in poco più di mezzo secolo in queste paludi febbricose. c Due monsoni dura la vita di un uomo > dicevano gli indigeni agli, europei che approdavano. Oggi Bombay è tra le città più. salubri. dell'India, certo il).In remembrance of happy day... oppure: Foreuer. oppure: United in lite and death...-. a ricordo d'un giorno felice — per sempre — uniti in vita ed in morte. e aver chiesto qualche ora di oonforto alle csublimi speculazioni dei Veda e degli Upa-ifnesed, resta deluso e sdegnato dinanzi a laquesta teogo^ superiore a Calcutta, a Goa, a Madras. Ma quale sovvertimento ciclopico ha dovuto operàre la '.fòrza dell'uomo !-Due • secoli or sono, alla foce dei fiume» Ulas, si prolungavano in mare, lontane dalla costa, le creste parallele di .due colline sommerse; l'intervallo era - occupato da lughi salmastri, da jugle popolato, di belve. Gli esploratori portoghesi giudicarono quell'acquitrino insanabile. Giovanni IV di Portogallo diede l'arcipelago di Bombay qualo dote — trascurabile — di sua figlia Caterina, sposa-di Carlo II. La Compagnia delle Indie l'ebbe da Carlo II per la cifra incredibile di lire 250 annue.-Se ne fece.un luogo d'asilo, si se le jugie furono prosciugate e distrutte, le due colline parallele si congiunsero, foi nutrono l'isola d'oggi. Alcuni grandi giardini conservano esemplari di teck, di palme centenarie, superstiti di quella flora sélvag già: la civiltà lé rispettò come rispetta le colonne dei templi indiani, formò giardini intorno ai tronchi venerabili, costrinse in gabbia le belve. Dove sorgevano paurosi paesaggi antidiluviani verdeggiano aiuole ben pettinate, corrono baby biondi dagli occhi cenili, seguiti da un'aia indigena, da una mamma, da una sorella che sfoggia l'ultimo figurino europeo; un'orchestra scel te ràpide con una melodia verdiana o wagneriana al ruggito delle tigri prjgio ni^. { Dall'alto di quest'isola d'Elefanta — tomba del passato — si contempla l'isola di Bombay ■— cuna dell'avvenire — e nessun contrasto è più profondo e più significativo. La filosofia orientale e la filosofia oqpiden tale con le loro conseguenze opposte': un tempio tetro, pauroso, idolatra, una metropoli fiorente, colma di tutte le abbondanze. E penso all'ammonimento dei .simboli fallici e macabri: meglio non esser nati... Meglio, non esser nati.'Certo. Ma essendo nati... adagiarsi nella vite con.tutti i beni che la vita può dare. GUIDO GOZZANO. cercò di popolare la plaga umidiccia ed infuocate. Ma solo con l'annessione definitiva aU'Inghilterra, cominciò a delinearsi sull'ar-i

Persone citate: Bullo, De Merode, Deva, Elefante, Gati, Giovanni Iv, Said, Vido, Vittoria Garden