La battaglia di Gorizia

La battaglia di GoriziaLa battaglia di Gorizia g(n'Offro ««rullio vnrtieolare) CIVIDALE, coTembre. La pressione delle truppe italiane Intorno a Gorizia va crescendo di giorno in giorno: i trinceramenti vengono presi uno dopo l'altro in assalti furiosi alla baionetta. La nostra offensiva si ò arrampicata su per le falde del Monte Calvario, del S. Michele e del Sabotino, ora è presso lo loro vette, mentre altri combattimenti sanguinosissimi avvengono nello conche e sulle colline dei dintorni e fino nelle strade dei sobborghi della città. Gorizia sta per. cadere. Gorizia e già. stata evacuata dagli austriaci. Le notizie che arrivano d'ai fronte, fanno d'ora in ora l'aspettazione più viva. Gli stessi comunicati del generale Cadorna hanno oramai assunto un tono più atto. E t cuori si gonfiano di commozione nell'attesa breve e fremente. Guerra d'asaadio Le nostre truppe giunse» in vista, di Gorizia il primo giorno di guerra, in quel :fortunoso 24 maggio, che vide tutti i vecchi confini superati d'un primo balzo impetuoso. L'onda dell'invasione dovette perù arrestarsi appena arrivò contro i formidabili baluardi che la .natura aveva eretto a difesa di Gorizia e che la tecnica moderna aveva potentemente rafforzato fino a renderli cruasi imprendibili. Cominciò allora una guerra d'assedio. Reggimenti e regfr:m<rnti venivano continuamente da Cormons, auravgrsavaxio i ricchi vigneti ed i bei frutteti di Caprino e di Sarro, si snodavano in mezzo alla pianura ondulata e scomparivano sotterra, nelle trincee, in faccia al' l'Isonzo. Altri scendevano giù dal Corada, mentre artiglierie d'ogni calibro prendevano posizione per controbattere le opere avversarie. 11 ruggito del cannone era quasi continuamente nell'aria; ma si trattava di azioni di poco rilievo, di ricerca delle Bocche da fuoco nemiche, di smantellamento di alcune opere di difesa avanzate. Che l'assalto generale fosse ormai vicino apparve qui chiaro ai primi d'ottobre per un improvviso intensificarsi dei movimenti delle retrovie. Lunghe teorie di carriaggi cerici)! di munizioni passavano giorno e notte per la città, trabalzando sui ciottoli delle strade, ci Rolando, rombando, sollevando nugoli di polvere. E poi cannoni e cannoni ih coda a trattrici fragorose, e poi ancora carri di munizioni con proiettili enormi, e poi ancora cannoni. Quando questo frastuono cessò, cominciò su tutta la linea del fronte — da Tolmino al mare — l'azione delle artiglierie: prima colpi radi e profondi, poi un concerto infernale di rombi, di tuoni, di'boati, che facevano tremare la terra a chilometri di distanza. Il cielo era pieno di bagliori e, la notte, vampe rossastre illuminavano l'orlo dei nostri monti, come se al di là ardesse un incendio vasto e terribile. La vita di trincea Intanto le truppe aspettavano sepolte, nascoste nei solchi delle trincee, guardando dalle feritoie le posizioni austriache, che volavano fax frantumi sotto i colpi delle granate. La vita in trincea è durissima e non si confà, di cerio, col temperamento del nostro saliato. La foga garibaldina, che questa guerra ha messo fuor d'uso, freme nei nervi d'ogni nostro fantaccino, che ha la virtù di attendere soltanto, perche sa che dopo deve venire un impetuoso assalto alla baionetta. E l'attesa fu lunga, di mesi. Chi perdeva la pazienza e soltanto s'affacciava per un attimo, al parapatto. era subito colpito. Ho parlato con un soldato ferito in queste condizioni da tre pallottole alla testa, al collo e 'ad una spalla: — Sono slato un imbecille. Se mi avessero sforacchialo in un assalto, non me ne importerebbe. Ma cosi... Non vedo l'ora di tornarmene lassù per vendicarmi. Poi cominciarono le ploggie: acqua a rovesci, a catinelle, insistente, continua per giorni e giorni. Le strade erano diventale pozzanghere, la campagna era allagata, le trincee erana trasformate in piccoli torrenti di fango, che arrivava ai manchi. Quando verrebbe l'ordine di balzare fuori e correte ovanti o prendere Analmente Gorizia che biancheggiava giù ili fondo alla valle, sull'Isonzo, colie sue belle case, cogli orti, colle caserme e col castello veneto, che dall'alto del colle attende da Quattro secoli 11 ritorno delle truppe italiane liberatrici? Quando l'opera devastatrice delle artiglierie fu compiuta, lordine finalmente venne: e un urlo solo suonò lungo tutta la linea dolTIsonzo, un urlo di centinaia di migliaia di petti che si ripercosse a molti chilometri di distonia, uu urlo di gioia. La presa di Zagora il cuneo da Api confitto da mesi nel fianchi dell'esercito amtriaco colla testa di ponte di Piava aveva resistito vittoriosamente a molli veementi contrattacchi uemici, che si erano venuti ad abbattere contro i nostri reticolati, lasciando il terreno coperto di mucchi di cadaveri. Si può dire che il cannone tuonava quasi continuamente a Piava per diventare un frastuono violentissimo, assordante, rabbioso sul fave della sera, quando gli attacchi nemici si delineavano. Da Precotto si poteva seguire benissimo lo svolgersi della battaglia. L'aria, oltre le ondulazioni boscose del Gallio, ardeva <> i colpi, i rinujombi, i ruggiti si confonolevano in un solo ululato di tuono rabbioso, ■profondo, che l'eco dello montagne centuplicaya. Istintivamente un brivido di ansietà ■ orreva nelle vene e gli occhi si vqlg.»vano smarriti verso quell'infermo. Ma i soldati' ivi di riserva sorridevano. — Non è niente. Questa è musica nostra. Domani il comunicato ufficiale parlerà di un'altra vittoria. Quando tutti questi attacchi furono infranti dalia nostra resistenza e ogni volontà di ritorno offensivo fiaccata nel nemico, venne l'ora della nostra azione- A monte e a vaHe di Piava l'Isonzo scorre come incassato fra due muraglie di rupi cai caree. fino al Monte Santo e al Sabotino oltre la stretta dei quali l'acqua del fiume sì allarga improvvisamente in un letto ampio di ghiaie e velato di vegetazioni. Si comprende .perciò, come una testa di ponte fra Tolmino e Gorizia potesse essere lanciata soltanto su questo punto, che era stato magnificamente munito dagli austriaci. Ma appena rafforzatesi in questa contrastatlsstma posizione, le truppe dovevano procedere oltre, tentare il congiungimento con quelle che operavano contro Gorizia e prendere alle spalle le due rocche del campo trincerato: Monte Santo e Sabotino. E, prima di tutto, bisognava prendere Zagora. I nostri stavano sui limitare del paese oramai diroccato dai bombardamenti; gli austriaci occupavano invece un fortissimo trincerone subito al di là del villaggio, mentre molti tiratori scelti erèwsi sparpagliati e annidati ira le macerie- donde bersagliavano di colpì le nostre linee. I soldati del genio tentarono una notte di far saltare questi ruderi: strisciarono nell'oscurità, posero lo min'.-, accesero le miccle e si ritirarono in silenzio attendendo da lungi l'esplosione. Ma i nemici, accortislue, balzarono fuori dello trincee e tagliarono le miccie accese- Allora fu deciso l'assalto. Questo si svolse rapido e magnifico. L'impeto delle nostre compagnie arrivò alle posizioni nemiche in mezzo al tempestare dei proiettili ; ma la raffica delle mitragliatrici diradò, non arrestò le linee che salivano all'attacco. Gli austriaci furono inseguiti di riparo in riparo, travolti, messi in fuga e Zagora cadde nelle nostre mani. Ma restava sempre, minaccia grave, quel forte trinceramento che sbarrava le falde del Monte Kuk. donde le artiglierie avversarie fulminavano le nostre nuovo posizioni. Le stesse compagnie che avevano preso Zagora, balzarono subito avanti e in un brillante aitacco alla baionetta si impadronirono del trincerone, che trovarono colmo di cadaveri nemici: i foriti, 5C0. furono'fatti prigionieriSi guazzava nel sangue: la terra e i sassi con cui i nostri si eressero subito dei ripari contro un possibile controattacco nemico, erano insanguinati, e coperti di sangue si trovarono 1 nostri quando l'opera fu compiuta. Durante la nojte scoppiò un uragano che allagò tutto il terreno circostante. Gli austriaci, secondo il loro costume, ne approfittarono per tentar di riprendere la posizione perduta. Cominciarono con un fuoco d'artiglieria 'infernale, che coperse il trincerone di un uragano di proiettili. All'alba, dalle pendici del monte Kuk scesero in grosse colonne e urlando gli austriaci, elio furono colti da un fuoco d'infilata. Mucchi di cadaveri nemici si formavano sul contrastato terreno, ma nuove masse scendevano continuamente dal monte. La posizione sembrava insostenibile, quando dai boschi di Zagora, dove erano tenuti di riserva, arrivarono i ainforzi. Con un grido altissimo di: Savoja! Savojai e oolla baionetta innastata i nostri si gettarono allora fuori della trincea e piombarono siigli austriaci. La mischia fra le due masse fu terribile, ma breve: il nemico declinato volse tosto in fuga disastrosa, ricoverandosi sulla cima del Kuk e lasciando il terre, no seminato, coperto di morti e di feriti. Alla sera i nostri erano padroni assoluti del trincerone di Zagora. Ora l'attacco prosegue, si arrampica verso la vetta del monte, stringe da presso le ultime opere difensive del nemico, che incapace di resistere, ha aovuto anche qui ricorrere all'ultimo mezzo di difesa adoperato già Inutli. mente anche sul Sabotino e sul Monto Santo: ha, cioè, dato fuoco ai boschi della montagna e si è ritirato più addentro, teserei dlero le spalle del Sabotino, l'Incendio divampava altissimo. Ma oggi le fiamme si sono già spente e i nostri salgono ancora. La lotta su! San Michele Il S. Michele è l'estremo sperone del Carso verso Gorizia: un massiccio che domina la vallata dell'Isonzo, tutto rotto da rupi e appuntito di vette, la più alta delle quali arriva appena ;i 275 metri. .Ma l'asperità del terreno e i trinceramenti formidabili scavati nella nuda roccia, protetti da costruzioni in calcestruzzo blindate, comunicanti fra loro attraverso grotte naturali e camminamenti che forano la montagna in tutti i sensi no hanno fatto una fortezza di primissimo ordine, che i nostri tentarono prima prendere di fronte. L'attacco sgretolò lo opere avanzate, salì lungo i bordi petrosi'del lato occidentale, penetrò nei fianchi della montagna e qui si saldò. Procedere più oltre non era possibile, perché un terribile fuoco incrociato spaziava il tettreno. Allora si iniziò un avvolgimento dai fianchi. Fu presa Petrapo e fu presa Boschini e poi su per le pendici settontoiomali fin presso alle vette. Gli austriaci ritornarono in 'forza con furia inaudita, aiTivarono per setto volte fin presso le nostre linee e per sette volte ne furono ricac. ciati con perdite enormi dal fuoco delle artiglierie e delle fucilerie. Allora con un ultimo assalto impetuoso i nostri balzarono ancora avanti, snidando 11 nemico dagli ultimi trincermenti, rovescintìolo, prendendogli 175 prigionieri ed abbondante materiale da guerra. Gorizia è ora investita anche da questo lato. L'avanzata, prosegue pure da Oslavla e da ■Peuma, mentre anche sul Monte Calvario le truppe austriache sono assediate sulla vetta e non possono più ricevere rinforzi dalla città. La caduta di questa è oramai questione di giorni. ' Il bombardamento di Gorizia La battaglia, fino a questi ultimi glomi, aveva rispettato Gorizia. I proiettili delle artiglierie passavano sulla città sibilando, ma andavano a cadere nelle posizioni vicine, dóve gli osservatori avevano individuato qualche batteria nemica. Nugoli di polvere saltavano in aria e la città sembrava avvolta da un vulcano pieno di crateri e di vampe, che gettavano riflessi rossastri sui muri delle case. La rovina e l'incendio erano tutt'intomo alla città, m'a questa non veniva battuta dàT nostro fuoco. Fu questa constatazione che rese audaci gli austriaci, i quali copersero le case e le caserme di bandiere della Croce Rossa e vi ammassarono truppe in gran numero. I nostri vedevano il movimenti intenso delle vie, mentre sapevano che tutta la popolazione civile si era allontanata : vedevano anche i rinforzi sbucare dalla città e salire al Sabotino ed al Calvario, ogni qualvolta un'azione importante si era impegnata. I prigionieri narravano che tutte le notti gli ufficiali austriaci gozzovigliavano a Gorizia. Ma non tirarono ancora. Infine, negli orti, per le vie e in mezzo alle piazze ombreggiate di platani furono collocate numerose batterie, _ elio, furono scoperte dallo fiammate dei colpi. E allora le necessità della guerra imposero il bombardamento. I sobborghi della città sono ormai ridotti ad un mucchio di macerie fumanti, ed anche molti edifici dell'interno della città sono statcolpiti: quelli in cui il nemico aveva nascosto truppe, osservatorìi e munizioni. La città mostra ora nell'aria i tronconi desuoi muri anneriti dalle granate e gli squarci aperti nelle sue belle costruzioni moderne Purtroppo quando noi l'avremo presa, i nemictermineranno l'opera di distruzione: la raderanno al suolo come è già avvenuto di Massie di Lucinicco, di Sagrado. La capitale del Friuli orientale sarà domani un cimitero di case. E' il suo destino, dati i metodi di guerra del barbari che combattono contro di noi con furia vandalica e coi sistemi ai cui già diedero prova in questi mesi dguerra. A questo pensiero un senso di mestizia profonda si diffonde in ogni cuore friulano. Ma nulla può mutare il destino della città, perchè gli austriaci hanno collocato cannoni di grosso calibro perfino nell'interno Selle chiesedove scorrono su rotaie fin sulla porta, sparano e tosto si rintanano. Essi non vorranno certamente che questi trofei della nostra vittoria vengano ad ornare i musei dell'ultima guerra dell'indipendenza italiana. gMjtfjnjajjaMpnawngnMi

Persone citate: Boschini, Cadorna, Caprino, Corada, Savoja