Oltre l'antico confine

Oltre l'antico confine Oltre l'antico confine 'Sulle vie di Garibaldi - Il Re e i soldati - "VecchioPiemonte!,, (Dai nostro inviato spoeta le ai fronte) r ... . . BRESCIA, 20 «fotte. '" La vecchia fortezza, con i baluardi lunghi per tutto il declivio ripido del' monte, con gli speroni protesi in alto su la roccia * picco e in basso attraverso la strada, a 'sbarrarla, ormai non custodisce più che Il ricordo di altri tempi, di altre guerre e di altre glorie. Integra e^salda, serba, ancora alla vista i segni dell'antica potenza; e le sue muraglie si elevano dal costone centrale di monte Celso e si specchiano nelle acque opache del lago di Idro con .tale fierezza e vastità di linee che impressiona il profano di fortificazioni. -Ma è soltanto il profano che può impressionarsi: l'uomo dell'arte sorride davanti a questi così appariscenti, cosi presuntuosi ripari di -pietra che oggi, per le artiglierie moderne, 'costituiscono un bersaglio tanto facile, e joffrono ai proietti esplodenti una resistenza meno che efimera. La rocca d'Anfo, pur nella sua integrità, non è oggi, agli effetti : dèlia guerra, che un rudero: un bel rujdero cui solo avviva e incorona la luce deiila vittoria garibaldina che da Anfo prende il nome. . A noi, del resto, e alla nostra guerra Anfo e la sua rocca interessano pochissimo : seguitando oltre il lago d'Idio, per la valle idei Chiese e per la valle del Palvico, o valile-d\Ampola, noi ci siamo spinti bene livanti nel territorio nemico, abbiamo portato la guerra parecchi e parecchi chilometri oltre il confine. E le nostre artiglierie oggi battono i forti austriaci della difesa di Lardaro, forti ben diversi da questo d'Anfo, costruiti pur ieri e potentemente muniti; e le nostre fanterie, con progresso len to ma costante, ma infrenabile, avanzano giorno per giorno in basso e in alto, di villaggio in villaggio e di cresta in cresta. Ecco Ponte Caffaro.'Era, anzi fu il confine. Lo segnavano, in questo punto, le àc qua del Caffaro; e di qua c'era Italia, e di là c'era Austria. Ora, Italia, dall'un lato e' dall'altro; e Italia le acque che scendono rapide, spumando e scrosciando contro le rive e tra i sassi del fondo; e Italia i paesi [che allineano le loro casette brune, di trat- .jto in tratto, a' lati della strada per cui a yanzarono, conquistando, i nostri soldati e i monti intorno, alzati coi dorsi verdeg- -gianti di giovani abeti, con profili scabri e taglienti di roccia, nell'azzurro senza nu|bi. Io'- penso al primo uomo, dei nostri, che attraversò, il primo giorno della guerra, questo ponte, e che di' là, su la terra che il suo gesto acquistava alla Patria, afferrò l'asta del segno di confine austriaco, per abbatterlo: foss'egli pure il più umile 11 più'inculto il più semplice tra tutti noi, ,11. contadino venuto dalla campagna più lontana e più dimenticata, il mandriano sceso dalla valle più remota, foss'egli inconscio d'ogni tradizione e di ogni idealità nazionale, in quel momento, senza comprenderne, fors'anche, il perchè, egli deve iaver sentito il suo petto gonlìai-si di un afflato eroico immenso, deve aver sentito se' stesso a un tratto più grande, gigantesco s magnifici, e nell'aria squillare un coro d'invisibili fanfare trionfali. Al di là del ponte, cui vigila qualche carabiniere e qualche territoriale, l'antico palò di confine è oggi rialzato, ritinto dei nostri colori nazionali, e ridottò all'umilissimo ufficio di reggere un cartello d'indicazione stradale. Sic transit gloria del confine austi-iaco. Un paesetto pulito e gaio, con qualche palazzina di stile moderno, elegante, con uria chiesetta bianca, e. accanto alla chiesa, una fontana: un gran getto d'acqua irrompe dilla bocca d'un leone scolpito nella pietra, ie si rovescia fragorosamente nella vasca «fu ri-tirata. Sul campanile, fuori dalla nic'Chia delle campane, è issata la nostra bandiera; e il vento della montagna a volta a Volta; la spiega su lo sfondo del cielo. SiaIno lì Lodrone, il primo paese conquistato. E più avanti, per la. strada che si rivolge, attraverso pingui campi di gra tioturco e floridi prati, lungo la riva deetra del Chiese, ecco il borgo di Darzo, an< ch'esso gaio di villette signorili, anch'esso con il suo campanile imbandierato. -Poi. "la strada si biforca; e dall'un lato cònlitiua a'risalire la valle.dei-Chiese, verso CojKlmo e Cologna, e dall'altro lato piega, altra versa lido il fiume, nella valle del Pai vico, e ascende ad Ampola. Abbiamo svoltato do questa bande, ed ecco sentiamo tra I monti tuonare il cannone lontano. E', il forte austriaco di Pohr che • spara; il forte più meridionale del sistema di difesa di Lardaro. Dal ponte sul Chiese lo vediamo bènissimo, a occhio nudo: vediamo, cioè, alcunché biancheggiante su uno sperone di OTPiiie, al limite di un bosco, lungo un prato che 'declinVi lento. Con i canocchiali riu'eejamo a scorgere anche le torrette corazzate, ^mascherale da arbusti e da zolle. I colpi si succedono regolari. Probabilmente il forte spara contro qualche trinceramento avanwto che i nostri stanno costruendo, o contro qualche. nostra pattuglia di fanteria che procede allo scoperto. Chiedo all'ufficiale che ci accompagna.«e i tiri austriaci sono genet'q'Jniente efficaci. -— Pochissimo — egli mi risponde. — Sono aitasi sempre molto ben diretti e aggiustati; ili a, sia per, le precauzioni che noi prendiamo, sia perchè i projetti non esplodono, che di rado, essi in genere non ci arrecano gran dar.no. Molestano la nostra regolare avanjw'a: ecco tutto; ma non valgono a interromperla. E quando... Ciò che segue non è conveniente riferire. Quando... Valichiamo il ponte e avanziamo per la strada che conduce alla fortezza d'Ampola, Ed ecco Storo, un grosso paese, brune le fase, rosei i tetti, e qualche verdeggiar di fisgtfmi e di" orti ira l'abitato, Al rumore dcnfinègcrpsis dell'automobile che s'interna per le vie selciate grossolanamente, qualche viso femminile e qualche viso di bimbo appare alle finestre, si sporge tra la fiorita, che le adorna, dei garofani e dei gerani. Per la strada è gran movimento di soldati, di carriaggi da guerra, di animali da soma. A qualche balcone, tra i pampini di una vite che si arrampica a vestirne di verde ila ringhiera, pendono bandiere italiane. Riusciamo all'aperto, fuori dalle case. La strada si svolge ora a zig-zag, ascendendo per l monte; poi, quasi rivoltandosi su se etessa., gira il monte stesso, e imbocca la valle del Palvico. Un ponte è presso allo svolto: un ponte non gettato su torrente o fiume, ma inteso a modificare, per semplificare il tracciato della strada, un rientrante della montagna. Questo gli austriaci, ritirandosi, fecero saltare; minata la roccia retrostante al ponte stesso, la fecero diroccare cosi ampiamente da formare una enorme frana, che travolse per lungo tratto tutta la strada, che precipitò gru, verso la valle, ingombrandola di rottami e di detriti. I nostri soldati del Genio ebbero un rude lavoro a compiere per riparare all'interruzione: spiegando la loro migliore attività vi riuscirono in pochi giorni. Sostiamo por ammirare il nuovo ponte costrutto in legno dai nostri. Ed ecco un'automobile avanza per la strada, dietro noi : una potente l-'ial, che affronta e supera rapida la salita. Mentre si accosta riconosciamo che porta quattro generali: mentre ci passa avanti riconosciamo il Re. E' veramente il Re. Sta compiendo la visita di questo settore di guerra. Quando, poco fa, il cannone austriaco tuonava, egli era ai trinceramenti contro cui era diretto il tiro, nella valle del Chiese contigua a questa, tra i soldati. E i generali del suo piccolo seguito fremevano per lui, preoccupati per lui. Egli, del resto, li ha bene avvezzi, durante tutta la campagna, a subire questa emozione riflessa, a farli continuamente temere, non per loro, evidentemente, ma per la sua persona. E mentre io guardo la grigia automobile avventarsi, col suo prezioso carico, sopra il ponte, poi svoltare rapida lo spigolo della montagna, e scomparire, mi pare, non so, di sentire come un rombo d'ali intorno a me, di percepire entro quel rombo, come squilli di tromba, dei nomi: Il Conte Verde; il Conte Rosso; Emanuele Filiberto; Vittorio Amedeo; Carlo Emanuele; Eugenio duca; Vittorio Emanuele.... La tradizione ha ali che varcano gli evi. n buon sangue non traligna. Il vecchio Piemonte canta l'inno augurale alla nuova Italia. psmaccmUn bel declivio verde di monte, e più su un bosco di abeti, e più su ancora una parete ferrigna di roccia, e accanto il crosciar di una cascata d'acque azzurrine. Sparse al declivio, nel prato, sono le tende di un accampamento militare, e paiono un innumere branco di capre grigie che pascolino tranquillamente. In altq, un fumo: le cucine cuociono il rancio del mattino, Gran numero di soldati sono raccolti ai lati della strada. Sono accorsi a veder passare il «e. Ne discorrono animatamente. Taluno, che l'ha veduto altra volta ne paragona la figura d'oggi a quella della sua visione d'altri tempi. — Sì: e alcun poco invecchiato. Ha del grigio nei baffi. Ma che aspetto di sanità e di vigore| E che espressione di soddisfazione! — Si vede che la vita della guerra gli fa bene, e che la guerra va veramente bene. — Ho veduto -. m'ha guardato negli occhi mentre salutavo. Ed ho sentito qualche cosa che non' so dire, come una commozione inattesa e la preoccupazione che la commozione mi prendesse... Più su la valle si amplia, tutta ridente di fresco verde e sonora d'acque cadenti. Cominciano le linee delle trincee, dei reticolati, che ad ora ad ora la sbarrano, che ne difén dono successivamente gU svolti. Poi, altri ac campamenti, di fucilieri, di artiglieri. E finalmente la valle spazia in una conca: al fondo brilla l'occhio azzurro del lago d'Ampola. Tut t'attorno, in cerchio, i monU inarcano i dorsi possenti, vestiti di perenne verde. Qualche schioppettata echeggia lontana, da qualche gola remota, a ricordarci, in mezzo a tanta riderne calma, che pur slamo alla guerra Forse una nostra pattuglia si è scontrata con una pai' tuglia nemica; e la respinge. Certo, la re spinge. **» n Re torna dalla sua esplorazione. Dagli accampamenti sparsi per i monti i soldati sono accorsi, a gruppi; c gremiscono per. lungo tratto i bordi della strada. Dov'era dunque celata tutta questa gente?... Si affannano, si sospingono gli uni con gli altri, si contendono jl posto su un paracarro, si arrampicano su gli alberi presso alla strada cosi come i ragazzi della città su le piante dei viali, in occasione di una gran festa all'aperto. Ecco il Re. Tutto chiuso nel pastrano di cavalleria, dall'ampio colletto e dalla cerchiata falda., marcia svelto verso la sua automobile, che attende, portando egli stesso la sua macchina fotografica, un apparecchio a scatola, di glandi proporzioni. E' stato alle trincee estreme, a poche centinaia di metri dalle sentinelle austriache, le quali non potevano dubitare che quell'ufficiale che le osservò per qualche momento dalle trincee italiane, era il Re d'Italia, in persona. Sorride, soddisfatto del l'escursione. Intorno alla strada, per tutta la valle è un silenzio solenne Improvvisamente si leva una voce,, forte, chiara, squillante. m» Evviva 11 ReJ E sùbito è un coro immenso, il cui clamore percuote i monti, si spande per tutta la valle, si alza fragoroso nell'aria, invadendola, commovendola tutta: — Evviva il Re ! I soldati fanno ressa intorno all'automobile, agitano i berretti, sventolano bandierine tricolóri. L'entusiasmo,si propaga, prorompe: è come una strepitosa marea montante. — Evviva il Re ! II grido si ripete, desta nuovi echi fra le montagne, fino alle ultime cime, copre il rombo del motore della macchina reale, che viene messa in marcia... E a chi l'udi parve tanto più forte della romba delle cannonate austriache che alla prima mattina avevano tuonato contro noi. MARIO BASSI.