La guerra sotto il temporale

La guerra sotto il temporale Sulle vie del Trentino La guerra sotto il temporale (Da un nostro inviato speciale) Di mi leeimpanento nel Trillino, giugno, Una piccola parentesi alla guerra di jnontagna, che ho seguito nei giorni scorsi... Temporali terribili, che hanno scatenato «ui fragili paesini dello vallale o sugli accampamenti più fragili ancora, dei nostri eoldati, le furie di tutti i torrenti, che hanno fatto rotolar macigni dalle -vette ed hanno aperto frane nei monti, si sono rovesciati eni Trentino, interrompendo — come ha detto lo stesso comunicato ufficiale — le operazioni militari. I colpi tremendi del tuono hanno per qualche ora futto tacere i colpi di canitone; ed i lampi del cielo hanno /iato riposo *1 fuoco sulla terra Ora i nostri forti che fton hanno cessato ancora, e che non. cesseranno tanto presto la gigantesca lotta incominciata, hanno frenato sotto il maltempo la loro bella furia guerresca, e se ne stanno eupi e taciturni, in sella alle montagne colossali, a scrutare il nemico, come lottatori che ripiglino flato prima di prendere lo slancio un'altra volta. Un'ora di sosta Intanto negli accampamenti madidi, gocbianti, i robusti soldati, di montagna, artiglieri ed alpini, dal volto bronzino, che sono rimasti, senza provare la minima, fatica, per intere giornate a sparare, che hanno subito, con serenità meravigliosa, l'ira, dei forti- nemici, approfittano del breve riposo forzato per scrivere alla famiglia, con quel loro pemphce stile, cho molte volto riesce così Squisitamente espressivo, le gesta passate. Scrivono adagio, colla cannuccia che scricchiola e minaccia di finire schiacciata nelle ioro mani pesanti, le più belle parole del mondo: «Cara mamma...» E quei volti ruvidi> che non sono impalliditi in faccia alle gr-anate ululanti, s'irradiano ora d'un sorrwo di tenerezza e si fanno umidi, di quaJche lagrima fuggitiva. E chi non scrive Jegge, sdraiato sulla paglia, con una mano che accarezza il fucile e coH'altra che trema, sostenendo una lettera cento volte baciata. E' l'ultima, che ha portato la posta., quella benedetta posta che non arriva mai, e reca la data di quindici giorni fa. Non siate avari di corrispondenze ai soldati. Bisogna essere qui, accanto a loro, nella solitudine d'un accampamento in montagna, per comprendere che cosa rappresenti per essi «una notizia da casa ». Significa tutto: è la ragione per diventare allegri e spensierati, per mangiare con miglior appetito, per combattere con maggior foga, per gridare alla pallottola nemica, che ardva col suo miagolio di cattivo augurio: « Va Uà, me ne infischio di te, oggi... ilo ricevuto una lettera, e l'ho messa qui, sul cuore, per phè mi faccia da scudo», Scrivete, scrivete ai soldati: magari una cai'tolina tutti i giorni. Su dieci ne giungeranno a destinazione due; ma quelle saranno due raggi di sole, che illumineranno la tenda oscura, ove penetrano brividi di temporale e spruzzi di pioggia, — La zuppa è cotta! La zuppa è cotta... La tromba del rancio ha suonato. Per tutto l'accampamento si levano colonnine azzurre di fumo, che sembrano altrettanti lembi di sereno nel grigiore della giornata. Si mangia con avidità. 11 brodo condito di pioggia ha. un sopore delizioso... Ma il rancio è ottimo sotto tutti i rapporti. Lo dichiuTano i più competenti in materia : i soldati. Per tutto il fronte è un coro di lodi che si leva, all'indirizzo del rancia; e nel coro bisogna comprendere anche le voci dei prigionieri austriaci, per i quali il nostro rancio rappresenta un cibo luculliano. Da tanti mesi essi non hanno più assaggiato qualcosa di simile. E' vero che, in compenso, i loro ufficiali pasteggiano a vino del Reno... Finito il rancio si passa nel fumoir — iehe è la tenda più comoda o la meglio difesa dalla pioggia — e si fanno quattro chiacchiere. E' allora il momento, per noi cronisti, di aguzzare gli orecchi. E' nelle quattro chiacchiere dei soldati --- quandi) dopo il rancio, diventano ilari e loquaci — che si può cogliere a volo l'uuedduto più recente, l'atto d'eroismo che, forse, rimarrebbe ignorato per sempre, l'ultima novi tè. sull'avanzata, il nome dell'ultimo forte austriaco crollato. Perchè i forti austriaci crollano tutti, uno dopo l'altro, e quelli che inon sono ancora crollati, crolleranno... Lo ■giurami — sui loro camion! — j nostri ar taglieri., li noi dobbiamo credere, colla loro stessa fede convinta. // nemico ci provoca. Ma frattanto i forti nemici, quelli alme no che sono a guardia della grande strada 'che conduce a Trento, non si concedono riposo. Dal giorno in cui il nemico iniziò quell'attività, alla quale sembrava aver ri nunciato, le granate coutro le nostre posizioni arrivano quotidianamente, con regolarità... tedesca. Si cerca di colpire i forti nostri, che hanno fatto imi strage tra gli avversari, si mira alle batterie isolate, agii accampamenti, alle saloieric, agli ospedaletti, persino alle automobili che salgono, pei bianchi stradali tortuosi, alle alte vette. Si mira — perchè ic spie compiono un ottimo lavoro di segnalazioni — ma si colpisce di rado. Non sappiamo se per errore delle spi» fi r.cv deficenza di tiro. Ogni tanto io granate austriache prendono simpatia per una data posizione nostra, e allora si pongono a tormentarla con una in«istenza disturbante. Credono, forse, di stancare la pazienza 'dei nostri soldati e di indurli a spaiare per disperazione ed a. svelare!. Ma si sbu gitano. Essi se la godono un mondo a quel concerto fragoroso, che hanno imparato a memoria, o salutano le granate con certi nomignoli e certi moccoli in tutti i dialetti 'd'Italia, che darebbero materia ad un volume. C'è l'ordine di non rispondere, e si rimana silenziosi a qualunque costo, anche se qualche volta una scheggia maligna manda qualcuno all'ospedale. Calma e pazienta I Domani sorgerà il sole e domani, col sole, una staffetta porterà un ordine: fuoco! Allora succederà, inevitabilmente, ciò che è sempre successo. Un tragico duello di cannonate scuoterà la valile per tutto il giorno: il forte nemico sì accanirà a sparare in una rabbia furibonda, il nostro gli regalerà pillole su pillole con una sicurezza serena. La sicurezza di chi presente la vittoria. E alla sera senza fallo, dopo una serie di .razzi finali da parte dell'avversario — gli austriaci sono amanti dei fuochi d'artificio? — i primi a tacere saranno sempre gli altri. E qualcuno di quegli artiglieri se non dormirà per sempre, andrà a dormire all'addiaccio, poiché qualche cupola del suo forte sarà saltata per aria. In questo modo sono caduti, uno dopo l'altro, i principali forti austriaci die forino., vano una prima cortina di difesa di fronte al nostro ormai antico confine, che, ad oriente del Garda, seguiva la linea di Monto Baldo sino a'IIa cima Val Dritta, tagliava l'Adige tra Borghetto e Ossenigo, si arrain picava a zig-zag per i monti Lessini da Custelbert al passo di Trappo, volgeva a nordest per iJ monte Obante ed il Baffelan; attraverso il piano delle Fugazze arrivava sotto il Pasubio, procedeva per ili passo della Barcola e la cima Maggio sino a Lastebasse, per volgere poi ancora ad oriente sino a Casotto, e poi ancora a. nord, al di ila dei sette Comuni, sino alla cima Portule. La conquista delle vette Appena, messi a lacere i forti col lavoro poderoso delle artiglierie, Ile fanterie e le truppe alpine, trattenute faticosamente fino a quel momento, davano sfogo al loro impeto e si slanciavano, dietro la siepe fulgida deJÌ8 baionetle. aiU'assalto delie cime, ove la voce del cannone nemico non parlava più. Qualcuna di queste vette fortificate cadde in nostre mani senza colpo ferire, qualche al tra rispose all'ultimo istante, quando già le avanguardie tegoli alpini le erano addosso, colla, fucileria dei gendarmi e la mitraglia degli afpen-jager. Ma quelle risposte non valsero che ad aumentare lo zelo dei nostri. Gli alpini, eccitati dali'ebbrezza della salila, dal desiderio della conquista, allo scrooiar della, fucileria avversa proprio nel punto in cui stavano per metter piede sulla vetta, divenivano « Mve ». Non. esagero: è la parola raccolta cento volte sulle bocche di tutti i prigionieri austriaci fatti in Trevi tino. E la cima era nostra. Discreto numero di morti e feriti, molti prigionieri nemici. Pochi morti, qualche ferito, nessun prigioniero nostro. Ecco la cronaca di tutte le occupazioni in Trentino nel primo mese di .guerra: cronaca, che è stata tutta fiorita di episodi stupendi, come è risultato — sia pure pallidamente — nelle corrispondenze passate. ■La guerra, la grande guerra, quella a cui ci hanno abituati la Francia e la Germania, qui non c'è e non ci potrà essere per ora Qui abbiamo assistito sino ad oggi ad una vera e propria guerriglia, tra alpini e alpen jftger, tra fanteria e tiratori di bersaglio, tra guardie di finanza e gendarmi. E' la guerriglia di montagna, fotta al cospetto del sole o delle stelle, sulla, neve o tra le roccie, sull'orlo dei precipizi o nel fitto delle boscaglie, la guerriglia da contrabbandieri, affidata alla ventura, quella che .piace lanto al soldato italiano, perchè non lo stati ca nella accosciante vita di trincea, ina tic stuzzica continuamente io spirito d'iniziativa, e la facoltà d'improvvisatore, lasciando al suo tutto, alla sua. finezza, al suo coraggio la fortuna di ogni impresa. La grande guerra è stata giocata qui, soltanto dalle ar tiglicrie e nei giganteschi duelli tra. i forti Luserna, Belvedere e Campomolon. Nella zona che ho indicato, dal Garda a,! Cadore, .il punto ove con maggior furia li artigilierie da fortezza hanno lottato e lotta no ancora, è a! di sopra della Val d'Astico, lungo il trailo di frontiera che va da Lastebusse a Casotto. Colà gli austriaci, ai piedi del Munderiolo, ove esiste un bivio di notevole importanza, che reca da una parte a Levico, in vali Sugami, dauì'àlLra a Caltiano in vai d'Adige, hanno collocato fortificazioni potentissime, tra le (piali — per citare io più -importcinti — quelle di Luserna e di Belvedere: Luserna più in basso, Bel', edere più in aito. Nessuno avrà dimenticalo come sia caduto, dopo una lotta accanita di tre gior ni, il fumoso forte di Luserna, soprannomi nato dai valligiani, il Padre Eterno, e al quale ho dedicalo quasi un'intera corrispon. denza. Ku quello ad alzare falsamente bandiera bianca, per lasciare avvicinare le nostre fanterie e poi esporle al fuoco del Belvedere, il quale a sua volta sparava su! Luserna per punirlo d'aver alzato la bandiera e fu pure quello che non smise di lanciai granate finché tutte le sue cupole non furono fracassale dai nostri tiri. Caduto esso, verniero ridotti al silenzio i forti dello sfosso versante del Munderiolo, e smantellati quelli di cima Vezzena. che. fu occupata poco dopo, insieme al paese di Vezzena, dalla nostra fanteria. Ma il frastuono delle artigilierie non è c.es salo per questo lassù; la Val d'Astico ne è tutta piena, ormai da un mese, e gli ab! tanti si domandano ansiosi quund'è che po (ranno andare a rioecupare certi paesini di confine, verso San Pietro e Lustcbasse, che furono per prudenza abbandonati dal pria cipio della guerra. Ma quando quella tragica musica quotidiana cesserà, lo sa Id dio soltanto. Una partita d'onore terribile, la più terribile che si sia impegnata finora tra due forti in Trentino — e forse anche altrove è in gioco da più settimane tra due colossi il Belvedere austriaco e il Campomolon ita Nano, quello stesso Campomolon che un bu giardo comunicato del nemico aveva dichiarato caduto. No: Campomolon non è caduto, e il Belvedere resiste magnificamente. Sono due giganti della stessa misura, decisi a bai tersi fino all'ultimo per il proprio nome e per la propria bandiera. E nessuno può dire, adesso, quando questo epico duello finirà. Il settore, in tutta la frontiera trentina, bOdttrisdgdqiapfbnmcc ove si combatte con maggior calore è adunque attualmente quello di Campomolon. Altrove, salvo che al Tonale, il maltempo ha provocato da parte nostra una brevissima sosta, che mi ha permesso di salire sin qui, in questo accampamento inzuppato, ove i soldati si trovan benissimo, coi piedi nel fango e la testa nelle nuvole. Nuvole d'oro, auspicio di vittoria. C'è un sottotenente, tra gli alpini che si battono in questo settore, che è divenuto popolare per la sua incredibile audacia. un atleta, un campione di lotta lombardo, notissimo in tutto il mondo sportivo. Ora egli ha posto i suoi muscoli a servizio della Patria, e non li ha posti invano. La prima notte di guerra, stanco dell'Attesa dei giorni precedenti, egli sconfinò alla testa di una compagnia di alpini, e sali diritto al passo del Bruffione, a 2650 metri, in mezzo alla neve. Lassù erano stati avvistati degli austriaci : bisognava dunque andar ad annunciar loro gentilmente che la guerra era dichiarata. Quando arrivò lassù, dopo dieci ore di marcia, seguito a cinquanta metri dai suoi alpini, a baionetta inastata, ili giovane sottotenente iscaricò in aria la sua rivoltella e poi gridò con voce tremenda : i — Fuori, canaglie, se avete coraggio! Ed a quel grido fece eco, più in là, un urlo formidabile: — Savoia! L'aspetto dji quell'ufficiale dirimo su'.lla neve scintillante al sole del mattino, che provocava il nemico seguito da un pugno di uomini ardenti era cosi minaccioso che gli austriaci, benché trincerati solidamente, fuggirono terrorizzati, rinunciando a dar battaglia. Uno di essi, fatto prigioniero più tardi, disse, parlando del sottotenente atlela: -- Qiiol'l'o non era un ufficiale: era un diavolo! GIOVANNI CORVETTO.

Persone citate: Baldo, Casotto, Giovanni Corvetto, Levico, Trappo