Fra le quinte

Fra le quinte L'AUSTRIA DURANTE LA GUERRA Fra le quinte f Nostra corrispondenza particolare ) VIENNA — Sicuro. Ella non sa dunque nulla? li presidente Wilson ha promesso al Papa tutta una città, laggiù, in America, fabbricata di sana pianta per Lui, con in mezzo la copia esatta del Vaticano e di Castel Sant'Angelo, e intomo un intero Stato, pontificio oltre che neutrale, dove nessun Governo italiano potrà più dettar legge nè dichiarare guerre. Idea nostra, intendiamoci. Non diranno più che non ne abbiamo! L'affare del Lusilania? Certo, ha un po' disturbato l'esecuzione del piano. Ma se non saranno gli Stati Uniti sarà la Spagna! La Spagna non domanda di meglio: Lo attende a braccia aperte. Che colpo per l'Italia!... E sa perchè Giolitti rion ha voluto accettare la presidenza del Consiglio? Glielo dico in un orecchio. Perchè dopo la guerra ini' Italia ci sarà la rivoluzione e allora egli si farà eleggere presidente della Repubblica.... Sorride, trionfante,-attraverso l'occhio grigio simile a quello della civetta, inclinando con degnazione l'alto corpo massiccio dall'incesso magnatizio. Di tanto in tanto una pausa, un brusco palpito delle narici, quasi per" aspirare gli'effluvi della reverenza destata nell'uditorio. Lungo i corridoi bui gli uscieri deambulanti in istato di dormiveglia, le borse nere degli incartamenti pendule dal pugno molle, si voltano a sogguardarlo con un timore misto di meraviglia. Egli era nato por troneggiare lì, alla Ballplatz, nei bei salotti rossi dalle larghe poltrone di cuoio, foderati e chiusi come scatole di esplosivi, dalle altere finestre dominanti le verdi prospettive del Giardino del Popolo. Il suo gesto si inarca, instintivamente grandioso, quasi al tavolo di un Congresso europeo o al banco dei ministri in un giorno di voto di fiducia : — Lo avevo ben detto a Berchtold, quest'inverno: «Mandate me in Italia. Io conosco il paese: so da qual verso bisogna prenderlo. Mi rendo garante di tutto ». Aia hanno avuto paura! Si sono dati ad arzigogolare che le nostre tradizioni di - Governo non ammettono le ambascerie extralegali... La burocrazia, al solito! Cosa vuol farci? Nessuno vuol farci nulla. Ed ecco il peggio. Un àttimo, sembra passare nell'occhio grigio e freddo l'ombra di uno scoramenti epico, la visione schiacciante dell'ingiustizia e dell'imbecillità umane. — Fosse vissuto il povero Nigra! Quello sì... Che uomo! Che amico! Mi amava co me un figlio... Ma il ricordo della benevolenza del ministro lo raddrizza, fiero. Ah, potrà egli perdonare alla Monarchia di non avere, in un'ora così grave, chiamato lui a rimet tere le cose a posto, lui, rilter Eisner voti Eisenhof, uomo bino quasi per un segno della Provvidenza, cittadino austriaco fc. delissimo e nel tempo stesso italiano per parte di madre, amico personale di tutta Vienna ma imparentato con mezza la pe nisola, nonché direttore di una rivista diplomatica che scrive tutta, di suo pugno e paga tutta di sua tasca? — Ho lavorato come un cane. Non ho più requie. Il mio telefono squilla da mane a sera: ministri, ambasciatori, arciduchi, toute la lyrc. Ho fatto il mio dovere lo stesso, come ho potuto. Ma non capiscono nulla. Sono ostinati come ciuchi. Indrio ti, muro: ecco la loro logica. Burini) è un imbecille. Macchio una testa di legno. Gli altri non valgono un fico. Non si spaventi : mi sentano pure. Ci sono abituati. Io non ho peli sulla lingua. Dico la verità in faccia a tutti. Uria sola persona intelligente c'era in Austria : l'Arciduca. E l'hanno ammazzato. L'hanno ammazzato loro, con la complicità di Potiorek, come ammazzarono il duca di Beiohstadt. Naturalmente: recava loro fastidio, a Corte faceva star tutti in riga, dava del mascalzone e del ladro a dèstra e a sinistra! Un povero paese, glielo dico io. Ne più nè meno che l'Italia La disgrazia dell'Austria sono gli imbecilli, come la disgrazia" dell'Italia i framassoni. Qui bestialità, laggiù tradimenti. Perchè si crede che l'Italia ci faccia la guerra? Perchè si vuol salvare la Repubblica mas sonica e abbattere l'ultimo baluardo cattolico che rimanga in Europa! Guardi chi ha gridato di più: sono framassoni o ebrei. Anche ebrei. Si comincia dai ministri e si erriva sino ai portinai. C'è un deputato irredentista il quale è persino figlio di un rabbino di Trieste che fu agli stipendi del Governo austriaco! Nemmeno a farlo apposta, anche il ca. veliere Eisner voti Eisenhof, ex-tenore, è figlio di un rabbino di Trieste. Ma un uo mo di spirito muove sempre agli altri le accuse che gli preme altri non muova a lui. — E del resto, sa cosa le dico? Meglio cosi! La guerra, la guerra: l'invasione del Veneto, Milano rasa al suolo, il Quadrilatero ricostituito, lo sterminio, otto miliardi d'indennità! Un tuffo, una buona volta, e poi non ci si pensa più. Per noi persone intelligenti, quell'incertezza era ormai di ventata insopportabile, umiliante: ci rendeva nevrastenici. Mi ricordava continua mente quel locandiere che una sera prego uno dei propri clienti di non far rumore spogliandosi onde non svegliare un signore terribilmente nevrastenico alloggiato nella camera di sotto. Il cliente, distratto — conosce l'aneddoto? lasciò cascare con fracassò' il primo stivale: poi subito, ricor dandosi, depose l'altro con ogni cautela sopra il comodino. Un quarto d'ora dopo, quando già aveva spento il lume, ecco pie -chiare furiosamente all'uscio: «Perdio sbrigatevi; aspetto che sia cascato l'altro stivale! ». Ah, ah! Sorrisi d'estasi nell'uditorio. Das ist gul! Lo stivalel L'Italia! Congratulazioni. — Pardon. Vedo laggiù passare il mini stro della guerra. Debbo parlargli. ììa affare d'importanza... Si allontana, dritto» solenne, le nari di fatate, i guatiti di (jporo color-zolfo impu gnot.i come un bastone di maresciallo, distribuendo mance agli uscieri che gli spalancano le porte, curvi quasi a guardarsi l'ombelico. Ma non parla col ministro della guerra. Se ne vanno ognuno per conto proprio a cinque passi di distanza. Non si conoscono, probabilmente. Il cavaliere Eisner von Eisenhof è amico intimo di tutta Vienna, e quando va a spasso sulla Kàrntnerstrasse, tra «lezzodì e il tocco, non e è persona ch'egli non saluti o non apostrofi, dal principe Schwarzenberg, lungo, nella sua uniforme turchino e nera, come una pertica, alla principessa di Mettermeli,, al pianista Sauer, roseo sotto la zazzera bianca che sembra rubata a un museo di cimeli listzioni. Ma non è colpa sua se un ministro o un ambasciatore gli passa talora a cinque, passi di distanza guardando dall'altra parte. Una distrazione è sempre possibile. A Vienna ci sono ormai tanti ca^ valieri che gli'assomigliano, che i ministri e gli ambasciatori avrebbero il.loro da fare se dovessero riconoscerli tutti. Mezzi nobili, mezzi diplomatici, mezzi cortigiani, la città non è piena d'altro. Si moltiplicano come i brasiliani a Parigi in tempo di Esposizione universale. Dacché sui fastigi deùa Bury danzano i primi volti in sudore delle Erinni cinte di corna multicolori e di bubboli quali allegri numi del disordine e della follia, ne sbucali su dal terreno a mo' di farfarelli, ne accorrono da ogni parte, per acqua e per aria, in sleeping-car e a cavallo di una granata, come ad un Sabba. l'titoli nobiliari suonano ovunque pari a talleri nuovi gettati sul banco, brillano le decorazioni, i pennacchi, i collari, le fibbie e le spille da cravatta, sgargiano le livree e le gualdrappe. Dalla piazza degli Eroi al Graben è come tutta un'anticamera ove le figure più smanceroso e più strane si pigiano, si sventolano, inarcano il braccio davanti allo specchio, aspettando che si spalanchino le tende dell'alcova ove l'Austria imbellettata giace sotio i flabelli tra le braccia del Caso. Si.fiuta nell'aria come un'oscillazione perpetua e un odor di avventura. Si respira l'irrequietudine, la crapula, il pettegolezzo, e l'intrigo. Non si tratta più degli amici del signor Weiss, e nemmeno degli uomini del Governo, e nemmeno delle ruote che girano, e nemmeno delle nazioni che aspettano. E' ancora' un altro mondo, speciale e distinto, che sta alle spalle dei primi, fra le quinte, pari a una vegetazione parassita dai rami mobili e destri come tentacoli. Non è nulla ed è lutto. Nessuno di questi gentiluomini e di .queste dame firma un decreto o impartisce un ordine: ma senza di essi non si emanano decreti nè si danno ordini. Sono gli inutili inevitabili. V'ha tra loro i Gran Cotti, i Cagliostri consumati, e i piccoli mozzi alle prime armi. C'è chi passeggia in tiro a quattro è chi trotta dietro il cocchio altrui, chi cammina impettito e chi .striscia sotto i tavoli. Ma in fondo sono tutti pressappoco la stessa persona e fanno pressappoco tutti la medesima cosa : ascoltano agli usci, guardano dal buco della serratura, rapportano, tradiscono, travisano, inventano, suggeriscono. Sempre pronti a squadrarsi gli uni gli altri dall'alto in basso, con dipregio, alzando i rispettivi strascichi per tema di insudiciarli, e, quando è possibile, a darsi il gambetto con un colpo di tacco, in realtà esistono anche fra essi le parentele e le alleanze, formano anch'essi una società in miniatura. In mezzo al bailamme pittoresco, ove a tutta prima non si coglie che uno sventolio di penne di pavone e un chiacchiericcio inconcludente, si indovinano a poco a poco, accanto all'empirismo degli estemporanci, correnti d'insieme, moti ragionati e convergenti, unissoni, non fortuiti. Accanto ai cavalieri Eisner von Eisenhof, che lavorano per vanità o per capriccio, e stanno alla periferia del piccolo mondo, energie più regolari e disciplinate che lavorano, se occorre, per un ideale o per un Governo. Primi a spiccare, nella folla variopinta, i neri soprabiti degli ecclesiastici, simili alle ombre degli altri. — Esco adesso dalla Nunziatura..» — Un segreto, monsignore? — Zitto, zitto. Le dirò... — Proprio questo? — Ah, cospetto! — Il confessore dell'Arciduca.» — Sss! Attento. Ciangottio, ammicchici. Benché esclusi forse più degli altri, in questo momento, dalla partecipazione diretta agli affari dello Stato, i preti li sfiorano di contìnuo col lembo silenzioso dell'abito. Le loro clientele inondane, il credito di cui godono, il loro ascendente sulle coscienze, la larghezza delle loro rendite li mescolano a ogni proposito agli avvenimenti. Essi si occupano volentieri di tutto e non disdegnano il commercio di alcuno. Dei cavalieri Eisner von Eisenhof sorridono, dietro il palino della mano, ma li ascoltano volentieri, ne stimolano la loquaci», ne apprezzano l'indiscrezione. A differenza d'essi, non tengono punto a mettere in vista se-medesimi, ma tengono moltissimo a non perdere di vista gli altri. Formano come un se condo gradino della società in miniatura, inaugurano l'evoluzione dall'attività stret tamente privata, sporadica dell'avventizio a quella disciplinata, sistematica, intesa a fini generali e costanti del regolare. C'è il clero.basso, che si affanna a render servigio sopratutto alla Monarchia, battendone le terre come soldati in fazione, la veste rimboccata e l'arme in spalla, sin le terre più lontane, la Croazia per contenderla al la Serbia, il Trentino per contenderlo all'Italia: i monsignori Faidutti di ogni.nazionalità, servi tenaci e accaniti dell'Impero, reazionari anche quando fanno della democrazia cristiana, i piccoli cervelli chiusi sotto la fronte rugosa densa di rozzezza contadina, i quali di fronte alla violenta convulsione minacciante tutto quanto esiste in Austria non trovano da rispondere, l'occhio morto, se non che Francesco Giuseppe è un santo.martire e che Dio manda la guerra affinchè ai comprenda qual bene inestimabile è la pace. E c'è, al di sopra di questi preti fanatici e mercenari, lo stuolo raffinato e aristocratico degli ecclesiastici di alto rango, diplomatici, porporati, direttori spirituali, dei cervelli fini sotto le fronti lisce e un po' ingiallite, delle mani leste e piene di tatto, che trattano gli interessi del mondo col garbo prezioso con cui i cherubini suonano la cetra. Il Governo è.uii po' ostile verso questi ultimi da qualche tempo; di un'ostilità melata, mascherata, punteggiata di segni di intelligenza. Gli sembra, inammissibile, inconcepibile che non siano anch'essi semplicemente dei monsignori Faidutti, pronti a farla a schioppettate coi nemici della Monarchia che non abbiano ancora ammutinato l'Italia. Ma i cervelli fini sgattaiolano, sgusciano, si fanno piccini e ingenui. Nè frasi dure, ne moti incomposti, nè esigenze intempestive. Nei rapporti reciproci, clero e Governò seguitano a sorridersi, un po' verde. ' — Buon giorno, hcrr Di Pauli. Notizie di quella pratica? ., . j — Monsignore diceva? — Il sacerdote galiziano raccomandato dalla Nunziatura... — Ah, peccato! Un caso senza rimedio, monsignore. Peccato! Non c'è nulla da fare. Verrà impiccato oggi stesso... — Non insisto. — Prego. Vuole una sigaretta? — Con piacere... . E sorridono entrambi, gli occhi negli oc. chi, sedendo a fumare la sigaretta. Sono perfetti uomini di mondo, i prelati di Vienna. Nell'intrigo non dimenticano mai l'educazione, nè la dignità. Non sanno — ah, se Io sapessero! — cosa l'avvenire prepari all'Impero.- ma in quelle tenebre camminano, con la destrezza cnuta dei gatti, facendo prodigi per non urtare nulla e nessuno, se non il tanto necessario a rammentare che essi sono là e si muovono. Il genio universale romano della sintesi e dell'equilibrio sembra esser divenuto nel loro cervello il genio, più modesto, del barcheggiare. Nulla di mutato nel loro contegno di tenera parzialità e di speciale deferenza verso la Monarchia apostolica: ma vi.:;sì intuiscono già in confuso restrizioni meritali e riserve. Nel tempo stesso che lavorano per salvare l'Impero, il gran baluardo cattolico, contano bene di non condannarsi a dividerne le sorti, qualora, fossero infauste. Si fanno avari di atti come di denaro. Parlano, predicano: un profluvio di parole. Ma non vogliono compromettersi;Sono i soli nell'Impero che non osino d> chiarore esplicitamente scandalosa la pus litica dell'Italia. Non osano nemmeno dichiarare sacrosanta la politica dell'Austria. Tutte le politiche sono uguali per la Chiesa, finché il divino spirito n'nn'^SÈ'i abbia rivelato dove stia il suo tórniicomo. Essa volge verso la Monarchia un volto ove non appaiono nè rancore, nè sollecitudine, nè promesse. E' il volto di Mercurio, più che quello di Cristo. Nella ressa vorticosa, delle facce scalmanato attornianti la alcova, augusta, luccica, sopra la cravatta viola, un po' aguzzo, come una lama che taglia, ma discreto, maturo della nuova, sottile saggezza accumulata dalla Chiesa in in nove lustri di potere non temporale: la saggezza del serpente, più che quella della colomba. V'è qualcosa che sembrerebbe avvincere senza rimedio gli ecclesiastici austriaci ai ceppi fioriti dei feudatari vassalli: il tetto e la mensa, le pingui terre disseminate nell'Impero, le quali sono come il loro piccolo regno e fanno di essi doi patrizi. Ma anche l'attaccamento al Governo che li ha investiti di tali beni mondani non saprebbe, nell'ora del pericolo, andar esente da limitazioni e cautele, non è tale da sopravvivere al giorno in cui la salvezza di quello richiedesse di sagrificarJi, di rinunciarvi, come in una Repubblica francese o in un Regno d'Italia qualunque. L'Austria battuta, l'Austria povera, perchè e in qual -modo sarebbe ancora uno Stato più apostolico degli altri? Anche il clero della Monarchia tende, strisciando ed aggiustando piccoli colpi di lima, a redimersi dalle soggezioni, comprende la forza della Chiesa dover cercarsi nella Chiesa, non in chi dà e può togliere: Dal vecchio palazzo di Am Hof, in pena v all'antico nidaP^ÉÉ Margravi, denso di ombre e di paurèrfVNunziatura, Quasi obbedendo a tale intimo bisogno di emancipazione, ha emigrato verso il quartiere mo. iern.o o internazionale delle-Ambasciate, n un palazzo tùtici; nuovo, dalle sale bianche e lucide, dove i monsignori sorridono abilmente trattando gli affari con tatto di citaredi tra un telefono e una gabbia di canarini. Potesse così emigrare la Santa Sedo in un quartiere moderno e internazionale! Gli Stati Uniti, un bel Vatica.no nuovo, in ferro e demento armato... Ma Filippo il Bello e Avignone hanno le loro insidie. E la voce .beffaIda. di Roma sembra avvertire, tra le genuflessioni : — Andatevene pure, Santità. Vi daremo l'antipapa. OONOETTO PETTINATO.