Concentramento dei profughi a Firenze

Concentramento dei profughi a Firenze Concentramento dei profughi a Firenze Feriti in Galizia e in Serbia redenti Ila foga degli «ustmaei da JWonfaleone Roma, 16, notte. Il Giornale d'Italia ha da Firenze che du. rante la scorsa notte treni speciali provenienti dall'alta Italia hanno recato a Firenze un grandissimo numero di profughi delle terre irredente già, occupate dalle truppe italiane. Si ritiene che i profughi giunti a Firenze nella notte siano circa 500. Essi sono quasi tutti provenienti da Cervignano e da Monfalcone. Parlano in dialetto friulano più aspro e difficile di quello del Friuli italiano. Essi rappresentano, quando ne conosciamo i luoghi di provenienza, la testimonianza reale e vivente della marcia vittoriosa dei nostri soldati. Fuori di questo pensiero d'orgoglio, la loro vista ispira pietà. Ad attendere l'arrivo dei treni che trasportavano i profughi nella nostra città vi erano tutti i membri del comitato di mobilitazione civile. 11 primo treno è giunto alla stazione centrale circa la mezzanotte; trasportava 650 persone in gran parte donne, bambini e vecchi, stanchi del lungo viaggio. 1 profughi accompagnati dai compononti il comitato e dagli agenti della stazione centrale, si sono recati in via della Scala, alla sede dell ex Collegio militare dove erano a ricevere gli ospiti, le dame del Comitato. I profughi sono stati accolti nelle sale ampie della scuola, dove è stato loro offerto latte e pane per i bambini e vitto caldo per gli adulti. I racconti dei profughi si rassomigliano tutti, ma ciascuno rappresenta per noi il palpito di un'anima restituita liberu alla Patria. Un giovane profugo, già combattente in Galizia, aveva la testa ed un braccio completamente fasciati. Egli ha detto di essere certo Luigi Donda, carpentiere presso il cantiere di Monfalcone, tanto colpito dai nostri dirigibili e dagli areoplani : risiedeva a Ronchi, piccolo paese distante dal cantiere circa tre chilometri; insieme alla propria famiglia. La notte del 9 giugno, mentre in lontananza ai udiva tuonare il cannone dell'artiglieria italiana, tutti gli abitanti di Ronchi c dei paesi vicini furono allontanati col calcio dei fucili austriaci. Donne, bambini e vecchi cadenti furono strappati a viva forza dal letto e costretti a seguire quelle bande di malfattori. Verso le 4 del mattino le prime pattuglie di lancieri di avanscoperta entrarono nel paese, seguite a pochi minuti di distanza da plotoni di bersaglieri ciclisti. Gli austriaci, appena scorte le nvngunrdie delle nostre truppe, si erano precipitosamente ritirali sui monti che circondano il paese. Qui erano stati piantati dei pezzi di artiglieria, coi quali gli austriaci iniziarono il bombardamento del paese. Fn preso principalmente di mira un grande edificio, dove si credeva si trovasse parte delle nostre truppe: così le abitazioni vicine rimasero quasi distratte, ma le nostre truppe si trovavano invece al coperto in un'altra località e non subirono alcun danno. Luigi Donda. che fu uno degli ultimi a luggire, rimase ferito da alcune scheggile di mitraglia, mentre invece un suo compagno, certo .Sotici Antonio, d'anni 50. rimase ucciso. Le nostre truppe risposero vigorosamente al fuoco degli austriaci, che furono ben presto sloggiati anche dal monte. I feriti vennero amorevolmente curati dal personale della Croce Bosso. Un altro ferito è certo Luigi Princes, di anni 40. da Visano in Carniola. Il Princes, che presenta una ferita alla gamba destra, è reduce dalla guerra contro i serbi e prese parte all'assalto di Karagora nel 7.o battaglione, della Guardia di frontiera. Egli disse che il suo battaglione, composto di 270 nomfìii, fu quasi completamente distrutto dal serbi e solo dodici furono gli scampati. Il Princes esalta il valore dei serbi, che dice addirittura irresistibile. Gli altri treni di profughi sono giunti nelle prime ore del mattino. Anche questi ospitt sono stati provvisoriamente ricoverati nei locali di via della Scala, ove hanno anche essi ricevuto amorevoli cure. Dopo un giorno di riposo, divisi in varii gruppi, saranno inviati nelle vicine campagne ove rimarranno fino a che non sarà possibile rimpatriarli. Gli ultimi, circa 400, sono arrivati alle 4. Si tratta di una grande folla di donne e di bimbiaccompagnati da uomini per lo più vecchi.E' una popolazione agricola costretta ad emigrare e che porta seco pochi fagotti di biancheria. Questi profughi dimoravano per lo più a Monfalcone, a Sant'Anziano ed a Cervignano, tre centri importantissimi per l'agricoltura paesana e duramente provati dal giogo austriaco, ora riscattati per il valore delle nostre truppe. Tutte queste povere donne raccontano ognuna dei dolorosi particolari famigliariConfermano che l'Austria ha fatto la leva in massa da 15 a 60 anni e pagava poche corone di sussidio di guerra; una vera meschinitàUna povera vecchietta, col volto smunto dalla fame e sul quale si leggevano le privazioni ed i patimenti, ha aggiunto: « Proprio una vera meschinità in confronto al costo della vltaDlfattl il pane lo pagavamo ad un prezzo favoloso, la carne era impossibile a comprarsila verdura era limitata alle borse più florideil pane, chiamiamolo cosi, era fatto di tutto un po'. Del resto. In alcuni paesi, come, ad esempio, a Cervignano, del pane si era perduta- la memoria; lo si usava unicamente dfarina di granoturco, ma in questi ultimi mesle provviste erano giunte al termine ed i rifornimenti non arrivavano. La scarsità era completa e terrificante. Persino il latte per nostri poveri piccini è stato fatto pagare deprezzi favolosi, san za tenere conto (iella nostra grande e. comune povertà ». Meno male che questa folla di povera gente affamata ha trovato in Firenze un'assistenza amorevole e quale essi attendevano dalla madre Patrio, che li ha liberati dal giogo straniero Molti profughi sono stati ricoveratnelle sale del Liceo Dante, dove sono statconvenientemente rifocillati. La Tribuna pubblica da Lucca nuovi particolari dell'occupazione italiana di Gradiscanarrati da alcuni profughi ospitati nella città toscana. Un profugo di Gradisca, certo Giuseppe Bernardis, che ha combattuto In Galizia contro i russi e fu ferito assai gravemente da una scheggia di proiettile di cannone e che ora è completamente guarito, avrebbe dovuto tornare a combattere, senonchè, appena i nostri soldati occuparono i primi paesi oltrconfine, riusci a fuggire nel territorio occupato. T i rofughi vi è pure una mestra di tra disca, la signorina Lica Ai-agni, che ha dato alcune interessanti notizie. « Il 25 scorso màggio — ha narrato la signorina Aragni — come un fulmine a clersereno apprendemmo la notizia di dover partirà dalla nostra città natale. Per dove? Ognuno di noi si faceva questa domanda. In fretta e furia tutti abbandonammo le nostre case e c'incamtnammo alla volta di un villaggio vicino. Era caratteristico ed insieme commovente vedere tutta quella svariata moltitudine di persone cariche di bagagli, chi con carretti a mano, chi con carrozzelle di bambini, avviarsi verso la mèta sconosciuta. Dopo circa 4 ore, di faticoso cammino, a notte inoltrata si giunse in un villaggio in vicinanza del confine. Per la strada incontrammo molti soldati italiani, che, con la loro gentilezza innata e con dolci parole, cercavano di alleviare l'immenso dolore che ci travagliava. Pernottammo in quel paese e la mattina seguente, per tempissimo, riprendemmo il cammino alla volta di Palmanova. Lungo il cammino i segni della devastazione austriaca èra no palesi : alberi schiantati, ponti distrutti, strade ingombre, barriere di reticolati, ogni cosa era fatta per recare danno al liberatori. Sotto il cocente sole di maggio, esausti ed affranti, ci accampammo sotto le fortificazioni di Palmanova; però per breve tempo, perchè si dovette riprendere la via della stazione. Dopo un po' di tempo giunse un treno speciale che ci portò ad Udine. Qui rimanemmo pochi giorni, sempre però ansiosi e terrificati per il pericolo ohe minacciava la nostra amata Gradisca. Il 4 giugno dovemmo abbandonare Udine per venire a Lucca, dove fummo accolti da persone cortesi e caritatevoli, che ci fecero presto dimenticare i disagi del lungo viaggio »

Persone citate: Donne, Galizia, Giuseppe Bernardis, Lica, Luigi Donda, Ronchi