Da Cormons a Gradisca durante la battaglia

Da Cormons a Gradisca durante la battaglia Da Cormons a Gradisca durante la battaglia "rai,,di od giornalista e di un pronipote di Tommaseo tPer teletono alla Stampa). : Roma, 13, notte. L'.Idea Nazionale, pubblica una corrispon- r^àmia, da Gradisca in clam -27 maggio del suo J™eoirrispo-ndeiite- eli guerra Giuseppe Borghetti, il quale narra un'avvemitura di cui è stato protagonista. Mentre per l'esercizio della sua professione ài Jirovava a Cormons, il Borsetti che collaborò alla redazione de! manifesto fatto affiggere dal sindaco di Cormons per celebrare i primi giorni della 6«a vita italiana, non trovandosi a Cormons tipografie in attività, ti incaricò di portare il -manifesto a Gradisca per farvelo stampare. Ottenuto un lasciaipass-are dal Comando, il corrispondente potè usufruire por il viaggio dell'automobile dei conte Giuseppe Tommaseo di Venezia, ■ pro-nipote del patriota dalmata, il quale voleva recarsi oltre il fronte essendo proprietario di una vasta tenuta a Parrà di Gradisca per constatare i danni causati dal bombardamento e dalla requisì zi one austriaca. Mentre l'automobile procedeva verso Gradisca sulla linea si svolgeva la lotta dell'artiglieria. Partiti alle 10 da Cormons, i due giunsero alle 11 e mezza alle prime case di Gradisca. • Ma la città — scrive il Borghetti, — oome espressione sociale degli umani più non esisteva. Ecco gii alti e solenni fabbricati militari, classici, i'ampia piazza, il viale alberato, tutto in ardine, tutto a posto, ma tutto vuoto, perfettamente deserto. Non si vedeva un'anima, .non. si sentiva un rumore-; non un alitò di vita, eravamo soli. Tutte le porte delle case erano chiuse; taluna però aveva i battenti .solo avvienimi e qualche altra mostrava anche traccia di violenza come se nella notte vi fosse passato qualcuno. Tutti, tutti -se ne erano andati; anche dalle scuole, dagli uffici pubblici dalle caserme, dalle chiese, .sin dagli ospedali Tutti gli austriaci, gli ultimi, l'avevano abbaaidonata in seguito all'intimazio-ne presentata da un nostro tenente di cavalleria giunto- in piazza, a mezzodì con piccola scorta. Recava una carta. Li ricevette il segretario della podesteria, il solo che fosse rimaste» al suo posto. Firmò, ritiro, consegnò, rassegnato, le chiavi degli uffici pubblici e. rispose correttamente al saluto del nostro inviato. Ia sera -Gradisca eira, vuota. A Farra, sobborgo di Gradisca, invece gli abitanti sono rimasti al loro posto, rincuorati ogni tanto da una pattuglia dei nostri i quali, non giudicando ancora opportuno di avanzare all'aperto finché continuava sui mon1ì il caiinoneggiamemto, venivano a confortarli. Non è però rimasta a posto la statua di Francesco Giuseppe posta sulla piazza; essa è stata abbattuta. Gili avevan puntato un laccio al collo e l'avevano tirato giù; era caduto sconciamente e affondava con una spalla nel fango. « Il conte Tommaseo si fermò alla casa del suo amministratore e fu informato che gli austriaci gli avevano bombardato .una casa colonica, avevano vuotato le stallie, saccheggiato le cantine, devastata la villa; un totale di danni per 50.000 corone. Ma la gente di Parrà non si perdette d'animo, non 6caippò; attenderà con fede ; : •- : Il Borglietti dopo aver detto di essere, tornato col conte Tommaseo e felicemente-a~Cor* mons. termina così la sua corri^oodenza: Sono orgoglioso di avere attraversato ' tutto il fronte nella sua profondità come uno che, in silenzio, ad occhi chiusi — non posso dire d'aver visto nulla — sprofonda il volto in una doke, fresca, metravigliosa fioritura: la fioritura primaverile deile più belle e possenti energie nazionali ». (Stefani). La fuga degli austriaci. Il signor Zunin ha cosi narrato ad un giornalista l'entrata delle truppe italiane preceduta da pochi eavalleggeri e da una pattuglia di bersaglieri ciclisti a Gradisca. « Gradisca intanto — continua il Borghetti — si era andata gradualmente vuotando. Prima lo truppe austriache, poi tutta la popolazione civile facoltosa avevano lasciato la graziosa cittadina, la di cui popolazione, di 16.000 abitanti, era già stata di molto ridotta in seguito alle continue chiamate alle armi che le avevano tolto tutti gli uomini validi. Domenica scorsa, 6 giugno, nel pomeriggio, la popolazione notò un insolito movimento tra la gendarmeria e tra le Autorità austriache: si udirono esplosioni nella campagna circostante e si videro sulla piazza grande numerose carrette sulle quali i gendarmi stavano caricando delle casse. Durante la notte dal 6 al 7. il Capitano distrettuale e tutti i gendarmi lasciarono Gradisca. La popolazione si accorse della loro partenza solo al mattino, quando destata dal frastuono di un intenso cannoneggiamento si riversò per le strade incuriosita, piena di paura. Nelle prime luci dell'alba limpidissima, 1 più animosi che si erano portati sui buoni punti di osservazione potevano scorgere altissimo nel cielo un areoplano intorno al quale scoppiavano continuamente dei proiettili. SI comprese finalmente che la guerra era scoppiata ed era giunta fio la. sual'zoddccnppngz1 c«lmtfiapedoospc1uCfriigafmiebpmeriSvcLvv-mMtlttsmgn . Il piccolo velivolo era la prima aquila r^f^th0e ™0av2 ^òno«!»nnht.r,nSl & J™»^[ ^fe ^ - tfont,nuò per e a a i — a e a e a e i e ae _. a fare evoluzioni sulle colline, sempre fatto bersaglio dei colpi austriaci, e poi tornò maestosamente verso l'Italia senza essere stato toccato. « Cessato il cannoneggiamento, la popolazione cominciò ad uscire fuori; 6i formarono ovunque dei capannelli, si cercò del Capitano distrettuale ed allora si scopri che era fuggito durante la notte con tutti i gendarmi e colle carrette. Alcuni che uscirono dalla città in cerca di notizie, videro che tutte le strade erano state completamente barricate, che tutti i ponticelli erano stati fatti saltare e che il gran ponte attraverso l'Isonzo verso il Sdrausina non era più che una rovina fumante. Una gran paura allora si impadronì della popolazione. Tutta la giornate di lunedi passò nel1 ansia e così la notte. Martedì mattina l'aeroplano fece una seconda apparizione verso le 5, salutato ancora «lai rombo dei cannoni e dal crepitare delle mitragliatrici. I proiettili esplòdevano tutti intorno al velivolo, ma questo continuava a cerf.a!:e la_ sua Preda. Gli uomini, vedendo enei il bombardamento non recava nessun danno alla città ed alle persone, uscirono tutti nella piazza, interessandosi dell'insolito spettacolo, e qualcuno comincio a farsi animo ed a deridere con frizzi l'inefficace tiro austriaco. Mie ore 5,30 un fuoco infernale parti dalle colline occupate dagli austriaci; evidentemente questa volta non si doveva tirare solo dall'aeroplano, ma dalle truppe marciami verso la. citta. "Italiani! • «ridai.. Verso le 6 udii uno scalpitare -di cavalli sul1 acciottolato della strada: il mio cuore ebbe un balzo: forse erano gli italiani, i fratelli. Cercai di vedere: erano dei soldati con uniforme che non avevo mal visto, con un elmo ricurvo in testa. Erano belli, dovevano essere italiani. Mi slanciai verso di loro con le mani in alto: «Italiani!-,, gridai. L'ufficiale che guidava la pattuglia con un bel sorriso mi accennò di si col capo e mi domando ove fosse il Municipio. Indicai la via, e gli occhi mi si empirono di lacrime. Rimasi li come inebetito; i c.ayalleggeri si rimisero in moto, e solo allora i.o Yidi.ene-.yi erano con-loro.fre bersaglieri in • biciclette".'-" Li- riconobbi "dalle penne del cappello; vnnn Ji avevo, ma.i «isti ma ne avevo sentito parlare. Per me,' loro erano l'Italia. Trascinato da una forza misteriosa, corsi dietro loro verso il Municipio. Sentii qualche proiettile scoppiare nelle case vicine. Corsi ancora di più, raggiunsi l'ufficiale e gli feci capire il pericolo che correva. L'ufficiale mi sorrise e, rivolgendosi quindi verso la direzione da cui gli austriaci sparavano, alzò le mani in atteggiamento di prò -messa « di minaccia. Giungemmo in piazza Mentre si arrivava il dottor Piccinini, depu tato di Gradisca, scambiò qualche parola con l'ufficiale. intanto parecchie altre persone erano venute in piazza; parecchie donne, spaurite, si gettarono in ginocchio davanti ai soldati. Gli austriaci continuavano a sparare accanitamente, ma dovevano tirare lontano, perche nessun proiettile cadeva sulla città. Tutti i sopraggiunti circondarono l'ufficiale ed i suoi uòmini. Alcuni cominciarono a fare delle domande e chiedere se vi era pericolo stando in città. L'ufficiale-disse che pericolo non v'era certamente, "che .una importante battaglia forse si sarebbe svolta l'indomani, e che quindi consigliava* tutti quelli'chr potevano di abbandonare Gradisca, andando verso Romans e Versa, già occupate dagli italiani, dove niente avrebbero avuto a temere, e dove, anzi, avrebbero trovato viveri e protezione, na 11 a poco tutti si sparsero a portare la notizia nei diversi rioni, e uno spettacolo straordinario cominciò: da tutte le strade affluiva la folla, carica di fagotti e sacchi. L'entusiasmo, tino allora frenato.- scoppiò magnifico in piazza. Dopo un'ora la' popolazione, con qualche carretta, si avanzò in direzione di Romans. dove giunse la sera: poi procedemmo per Palmanova e per Udine, dove ricevemmo accoglienze veramente fraterne. Durante il cammino da Gradisca a Romans constatammo con gran de ammirazione come gli italiani avessero già ricostruiti tutti i ponti danneggiati dagli austriaci. Il signor Zunin ha cosi concluso: • Noi lottammo giorno per giorno, ora perora. Adesso il giorno sacro è venuto; adesso possiamo anche noi gridare: « Viva l'Italia! », senza paura di venire impiccati >. adrgrsGcrmtsZccfftuglnGancèlzsgu

Persone citate: Gili, Giuseppe Borghetti, Giuseppe Tommaseo, Parrà, Piccinini, Tommaseo