I nostri soldati

I nostri soldati I nostri soldati Slamo qua di ritorno. ■'• IDopo avere raggiunto le prime linee, leKnee del fronte,, passando avanti a barriere di uomini armati, ce ne siamo dovuti tornare alle nostre sedi pacifiche, ognuno alla sua saletta di redazione, al suo tavolino. E' l'ora dei fatti e non delle parole. La guerra vuole del combattenti, e non dei narratori. Riprendiamo dunque la solita penna e la quotidiana fatica. Eppure qualche cosa, della guerra, noi abbiamo già vista Siamo un po' come i feriti della prim'ora, che, tornando indietro menre 1 più non hanno ancora cominciato ed avanzare, pensano già di potere descrivere la guerra. Recano delle impressioni, dei ricordi. Le impressioni e i ricordi della guerra che comincia; Interrogati, dicono quello che hanno udito o veduto, quello che sanno: narrano là prima esperienza, che vàie appunto in quanto è la più semplice e la più resca, la più leggera, e insieme la più ingenua : il confine passato, il palo abbattuto, il primo colpo di fucile, il primo rombò di cannone, il volto del primo prigioniero, l'estreme parole del primo compagno caduto... Abbiamo dovuto troncare il nostro lavóro, ma l'abbiamo iniziato. Non abbiamo veduto molto, ma c'eravamo, là, dove soltanto i pochi erano. C'erarvamo spinti cosi innanzi Ine centinaia.di migliaia di fratelli,nostri non'sono ancora giunti a quelle posizioni che noi c'eravamo prese, col'proposito'-di lasciarcele presto alle spalle. Abbiamo, nei primi-giorni, nsùfruitod'una ibertà che stupiva noi stessi. Taluni di noi hanno passato il confine in più d'un settore, calcando la terra nemica, poche ore dopo la prona occupazione, raccogliendo con le prò prie mani i primi bossoli sparati, caldi, fumanti. Se non ci vaniva l'ordine di ritirarci, si sarebbe finito coti l'abbrancare un fucile. Credo che non si sarebbe più scritto. ; li-nostro era entusiasmo. Era anche indisciplina. Dovevamo ubbidire, abbiamo ùb bidita Ohe se in quella spensierata' imi- zione verso l'immenso fronte ci siamo macchiati d'una colpa, ora la scontiamo, sehten- deci richiusi qui fra quattro mura, dopo tanto anelito di libertà e.sete che credevamo poterci togliere tutta,' a sorsate sempre più fresche e più lunghe.- Rievocando i ricordi di quei primi giorni, ei soffre ora. del desiderio dei luoghi che dovemmo lasciare, e dei volti che forse non rivedremo più. 'Tutti ci sono passati innanzi; siamoi rimasti alle spalle di tutti, quasi eravamo « primi non siamo più ne anche gli ultimi. E le immagini che ci tumultuano nella mente, o che. ci par di avere nelle pupille, ci rievocano un passato' lontano, interrotto bruscamente, e ohe non avrà ritomo. Via libera par... ■ Ricordò, sul finire di maggio, un mattino il primo risveglio in una stanzuccia d'albergo, .a ***. Eio arrivato .a notte fonda, dopo venti ore. di viaggio, - Mi ruppe il sonno nella testa ancora pesante, un fragoroso roteilo di carri. Dagli spiragli delle imposte pareva filtrassero nella penombra gocce azzurre di luce. Una'spaccatura del legno, traversata da un -raggio di sole, ardeva come un foche re Ilo rosso. Aperta là finestra, uno sbuffo di polvere che rigonfiava su bianca dalla strada, sfoattè fin contro ' il davanzale. Dentro, passava al trottò una colonna di artiglierie da campagna. Conducenti con le fruste n*f pugno, inforcati sulle selle;- pariglie di ' cavalli alti e grossi fra le lunghe tirelle di corda; serventi sui sedili, abbrancati agli ri; cassoni affardellati, moschetti chiù entro buste di cuoio, badili agganciati agli uncini!. fissi sotto' l'asse . delle ruote, Tutto chiazzato di una polvere, appiccicosa come una vernice: affusti, pezzi, sacchi, casse, finimenti, briglie. Certi volti come ingessati, mandavano di tra le ciglia e i baffi Imbiancati, uno -sguardo indefinibile, : stranò: gli occhi, ridevano quasi di'sotto una maschera Passavano carri dietro carri, cavalli, un mirri, serrati, come pezzi legati insieme di una enorme fragorosa caténa,, di cui, allungando Io sguardo a destra è a sinistranon si riusciva a vedere nè il principio u la fine. Dove andavano? Movevano verso il frónte o tornavano già d'oltre confine? Lasciava: m. il posto ad altre colonne avanzanti, o s'affrettavano a colmare un vuoto nell", barriera d'uomini e di ferro.che progrediva oltre i vecchi termini del Friuli, sulle terre che il giorno prima erano Austria ? Scesi sulla strada. Ricercai con l'occhio la colonna lontana: non vidi più che una lunga fumata di polvere sulla campagna. Volsi lo sguardo e sul muro, d'una casa di prospetto, penneUeggiata a enormi caratteri neri tessi la seguente iscrizione: «Via libera per T... ». Capii dove andavano quei cannoni. Le parole, che una mano Ignota aveva tracciate con una rozzezza grandiosa, su quel passaggio di tante truppe, mi suonarono come il grido dell'Italia che muoveva, che avanzava. Sono ancora là, su quel muro, dove attendono da qualche mese. Segnano il cammino ed destino della nostra guerra. Ci dicono che il confine s'aveva da rompere con le armi, e si è rotto con le armi, Ed ecco, si va innanzi coi cannoni, si riprende là terra nostra a palmo a palmo, cominciando fiji d'ora a schizzarla di gocce di sangue, per renderla più sacra, nostra per sempre, con» una conquista d'amore a d'odio, d'amore e di morte. E le truppe che transitano per quella via, tutte ncflla fantetfi* del popolo vanno avanti a prendere «... amo stilla via pi* breve, Ero di fatto a pochi minuti di camminoUaD'ex-cqBfina. Daga torre di una vi Ha cont«mptevo tvrtta la tersa fino ai m*r«. La pianura svaria listano tra .un fótta di verdura: alberi, campi, si chic d'isole lontane. I uno dei nomi più oltre : cupeti. Xèno, à oi' praterie, mac. , Porto Buso, a sfatte di guerra, gli altri paeaj colo, Versa. Incora caligine la massala gMendo toni cui l'anima E i nastri vegetazione di trovavano lontano. Fi o: é .eal strade, sinuose tra la si perdevano e si ri. mobili di potrà.re, lunghi veli di polvere ricadesti eoi campi segnavano fra terra ed aria 11 continuo passaggio dì carri e di troppe. Svelavano air occhio l'esercito ohe moveva - In marcia Bisogna avere trascorso qualche giorno tulle retrovie d'un esercito in marcia per tarai un'idea del movimento e mutamento incessante in cui operano le truppe, specie nelle vicinanze d'una vasta azione. Senza posa vengono e vanno, di giorno e di notte; avanzano, indietreggiano, si «postano, si 'disseminano, si ricompongono; accampano attano ai villaggi o in uno spiazzo aperto, riprendono a un ordine improvviso la formazione di marcia, s'accodano ad altre colonne, seguite da altre ancora che giungono di più lontano, osi treni, coi cantone, a ce- Hpm\%o%m* ohe «1 ea***» diInsieme non sì potrebbe coglier* e deferi» vere che dall'alto; stando a terra non staff er- rane- che particolari Confasi. Sono centinaia migliaia di-uomini, che sì intersecano lentamente al crocevia, si fiancheggiano lungo la stessa strada, Irraggiano in direzioni opposte lungo i sentieri aperti da passaggi anteriori, già battuti e calpesti dai traini e dai cavalli. La campagna rigurgita di uomini, brulica come un formicaio. Campi, prati, boschi, par che buttino su dai fossi e dalle zolle uomini, carriaggi, quadrupedi. Ne appaiono oltre le siepi, sul mucchi di ghiaia, sulle aie delle masserie, oltre le cancellate dei parchi, sotto i verdi Ombrelli degli ippocastani, all'imboccatura dei paesi; entjo le casupole ) le ville, ai balconi, nelle strombature delle finestre e sotto l'arco del portoni, fra 1 tavoloni delle osterie, nei cortili dei municipi, nelle aule e nelle palestre delle scuole, suMe soglie delle farmacie, lungo i viali pubblici, nelle spianate rettangolari dei giuochi di bòcce. Uomini seduti sugli zaini, sui paracarri, sulla polvere, ohe attendono il segnale della partenza; staffette a cavallo, in bicicletta. In motocicletta che prendono le voltate di volata; automobili ohe portano un generale; colonne di càmions pesanti, schiaccianti, che avanzano l'un dietro l'altro come carrozzoni d'un treno; reggimenti d'infanteria, interminabili;, pattuglie di carabinieri ambulanze della Croce Rossa, carrozzini requisiti, guidati da un ufficiale, plaustri carichi di balle -di paglia e di fieno, guidati da placidi bovari, trainati da compie di buoi bassotti e rossicci, dalle corna ritòrte, quasi ribattute sulla cervice paziente. Gli uni ignorano dove gli altri vanno; è il corpo dell'esercito che non sa, non pensa; ubbidisce, eseguisce. Il pensiero è più su. I fili telefonici poggiati sulle forcelle degli alberi, agganciati ai muriccioli, affondati nella ramaglia delle siepi, rialzati sui pali, si «bramano ai quattro pùnti degl'orizzonte, còme i nervi sensori, dell'immenso colosso dalle innumeri gambe, dalle innumeri braccia, che operano inosse infittite e misteriose, segnate provvisoriamente sulla polvere, in attésa della trascrizione solenne sul gran libro della storia. Gli stessi uomini di un reggimento non sanno dove essi-vanno, un passo avanti l'altro, cerila schiena dèi compagno che limita la vista dinanzi, e dà all'occhio un po' di refrigerio, fornisce alla pupilla quasi un punto d'appoggio monotono, ma riposante. Per ore e ore non si vedono che zaini bare! lanti e scarpe che affondano nella póWere. Si traversano regioni intere ignorandone il nome. Si passa per paesi non mai veduti, dei quali l'unico ricordo che rimarrà sarà quello di una fontana a cui si è riempita la borraccia, o d'una finestra da cui sodo pio vuti dei fiori, o d'una rivendita di tabacchi dove si è riusciti a trovare un pacco di sigarette. E' la marcia rude, possente e faticosa; l'avanzata polverulenta e sudata; la pazienza, la resistenza, la bontà fisica del soldato, l'immane sforzo muscolare della truppa; che preme cosi, motto prima di giungere al fuoco, contro ili nemico: che silenziosamente e segretamente lo avvolge, lo serra; gli impone a poco a poco, a forza di chilòmetri di cammino, la sua compattezza difensiva, la sua volontà offensiva, e lo schiaccia col peso della massa, gli rovescia addosso tutta la propria potenza di uomini e di materiali, gli detta le condizioni della battaglia prima che un solo fucile abbia tirato un colpa ' E gli uomini che avanzano pensano molte volte di essere alla - vigilia imminente della lotta; è non vedranno il fuoco che fra una settimana, fra un mese. Altre volte camminano tranquilli e spensierati, quasi al trattasse di una marcia in tempo di pace. Intorno ad essi tutto è tranquillo; è la campagna idillica. I paesi che si traversano sono festanti. Al passaggio delle truppe sbucano di tra le siepi frotte di ragazzi che protendono le bandierine tricolori e giridano evviva Le donne che sarchiano nei campi di granoturco hanno il piccolo vessillo al petto o tra i capelli. Una primavera di cuori brilla nel mezzo della primavera eterna dei campi e del prati. Le corolle rosse dei papaveri, fanno nuvola entro la verde marea dei grani, distesi tra gli striscioni candidi delle strade. La tèrra e imbandierata a imagi ne degli abitanti. Sembra un giorno di festa, è uno dei momenti lieti della guerra, l'aria libera, tutti gli uomini insieme, le strade .percorse in comune, come in una passeggiatali pasti all'aperto, l'ombra delle siepi, l'acqua fresca delle fontane, i canti, l'impreveduto. il nuovo... E sopratutto la fidanza che si fa nella compagnia di tanti, nella forza di centinaia e migliaia di petti, nelle armi nuove e pulite, nei bei cannoni, in. quell'abbondanza stre- jSitosa di ogni cosa, di carri, e di cavalli e i macelline, che sono al servizio di ognuno è di tutti, sono per tutti, di tutti. L'uomo si sente unito, difeso; è spensierato, è sicuro è lieto. Va innanzi e non dubita, non teme, non può temere. Dopo un'ora si accorgono di essere stati portati alle trincee e sanno che il nemico è a pochi chilometri o a pochi ettometri.' Il rombo del .cannone si ode e non si ode, e a seconda del vento e dell'aria pare più vicino o-pii1 lontano. E' una voce diversa che ora si sprigiona dalla terra, come un boato; ora viene dalle nuvole còme un brontolio dì tuono, non sai sn amico o nemico Essa parla sempre un linguaggio nuovo, che volta per volta gli ufficiali debbono interpretare ai soldati ». E al quale i soldati sono impazienti dirispondere. Bando ai giornali»ti! Debbo mettermi alla ricerca di un Comandò, per avere un 1 ascia-passere. Il Commissario del luogo non ha facoltà di lasciarmi procedere: anzi mi avverte che non erède duratura la mia permanenza sul luogo. Confessò che non ho nessuna voglia di battere in ritirata Ma dovè trovare un Comando? Mi rivolgo a destra e a sinistra, a ufficiali e a Magnesi: ina i più non sanno, e gli altri non devono rispondere. Riesco tuttavia ad afferrare il capo di un esile filo conduttore. Decido di spingermi fino a *". Venti chilometri di strada. Come percorrerli? A'un automobile non è il caso di pensare. Cerco una motocicletta, ma il proprietario mi avverte che senza permesso speciale non si va Decido senz'altro di affidare la mia sorte a una sgangherata bicicletta che prendo in affitto da.un meccanico. In sella, e via, sotto il sole di mezzogiorno, nell'afa rMante, sulla polvere che schiocca sótto pneumatici e mi schizza fin sopra i ginocchi. La strada si svolge cóme un nastro in mezzo alla campagna piatta, rigonfia di vegetazione. A quando a quando ventate d'aria marina m'assalgono di fianco; mi trovo preso in riffoli di vento e di-polvere.' S'aggiunga ogni dieci minuti un intòppo di truppe e di carriaggi: fanteria, artiglieria, automobilisti. Una fila di cumions, carichi di provvigioni mi viene incontra a gran velocità ; la massicciata tremola come scossa da un terremoto. Butto la macchina in un (osso e salto al di là del fòsso in un campo. Sotto i euffioni scuri, i conducenti quasi attaccati duramente al volante, sua tatti bianchi irriconoscibili sotto gU ocoMafl. alcuni al sono bendati la bott» t lo «aneti mnx sa ' a nuca, come feriti chiusi in un bendaggio. Più oltre una colonna di fanteria mi costringe a un'attesa.di una mezz'ora. E* un reggimento che viene da.. Ha fatto tre giorni di ferrovia, è in marcia da quaranotto ore. Ufficiali a cavallo e in calesse, soldati stanchi, zaini, coperte, fucili acca-; astati su alcune carrette meridionali, d.tle altissime ruote snelle, tutte dipinte a vivi colori, trainate da splendidi cavallini trottatori, pieni di brio, nervosi, ogni tanto inalberati. Un soldato si prende uoa zampata sulla faccia, il sangue spicciti del naso irruente, accorre un ufficiale delti Croce Rossa. L'acqua stagna e scorre in abbondanza da tutte le parti. Sono acquitrini coperti di una Vegetazione verde-chiaro di alghe, ohe danno l'illusione di strisce di prati, su cui si poserebbe il piede pél- càmrhhìanare. Ma s'ode, sotto, il gracidio delle rane. Sono stagni, lanceolati di foglie, specchi d'acqua limpida come cristallo,: in fondo alla quale ondeggiano selve minuscole, di piante gialle e nere. E' la terra frangiata dal mare, gli avanzi dell'antica' immensa palude veneta che costeggia tutto questo seno dell'Adriatico. Filari di gelsi glttano la loro ombra un po' sulle acque e un po' sui grani. Dai prati falciati.i fieni espandono un sentore di aromi. All'ombra di un muragllone, che cince il parco di una villa, trovo una lunga fila dì carri carichi di balle di fieno. Sono al paesello di.;. Ho ancora dieci chilòmetri di strada. .Ora il cielo s'è rannuvolato, la caligine se fatta spessa, minàccia uno di quei temporali di primavera che cadono sulla campagna come, uno spruzzo d'acqua fresca sul vòlto d'un assetato. S'ode brontolare il tuono da più parti, con una risonanza più lunga e più vasta di quella del cannone. Cadono i primi goccioloni come una benedizione. Passa cantando una pattùglia di bersaglieri montati sulle piccole biciclette stracariche. Più avanti due fantaccini col torso nulo, scalzi, il capo scoperto, lavano dei panni nell acqua di un canaletto, tranquilli' ;il riparo di alcuni salici. Mi soffermo accanto a loro, sotto quell'ombrollo naturalo, e lasciò passare lo scroscio. Intorno a uni hveampagna fuma. Lo raffiche di vento e di pioggia destano nei campi di grano una variazione bellissima di colori verdi. Giungo a... Chiedo, del Comando. Un ufficiale mi indirizza alla caserma del carabinieri. Caserma per modo di dire: è una cascina. Un gruppo di militi in grigio -verde, cavalli, carrette, biciclette, odor.di paglia, di fieno, di stalla, un mucchio di selle in un canto, sotto l'atrio.' L'ufficiale mi conduce al Comando. Ma per via incontriamo un colonnello, che mi sogguarda e sospetta la mia qualità di giornalista, - Ordine categorico di « farmi sloggiare». Troppa grazia per un povero corrispondente errabondo che. non ha a* solutaroénté. l'ombra d'alloggio. ' — Non vogliamo giornalisti. Ella lo sai — Signor, colonnello, sono venuto iti stesso a denunziarmi... — Se ne vada subito, se non vuole essere spedito fra due carabinieri Ma poi, con molta cordialità, il colonnello mi espone i danni e 1 pericoli della no stra opera anche più illuminata e discreta cqcaCpcacss6oatladplampdstnsb«!%jaivscap,rldbhsccIsnviìdnncdscl.dirernotuttmri^Un^nr^°nl P*^^ rerna^mtto? 81 n0Strc C°mpit WInforco dunque la bicicletta e, tornando sui miei passi, ripenso olle molte cose *avie che il colonnello mi ha dette. Fra le altre, non.esesr^^togto* che un borghese sappia dèlie operazioni militari più et un ufficiale steseOv-Givando di- qua e di là, domandando e ascoltando, un corrispondente di guerra viene dì fatto a saperne g orno per giórno molto più che non un capitano o anche un generale. Nessuno meno di chi fa la guerra vede la guerra. Nessuno meno de! soldato combattente vede la battaglia. Vede si e no dove è lui e quello che fa iui. Tutto il resto è mistero. Ciò che accade a cinquece/.to metri di distanza dal suo posto è coperto di un velo che non si solleva, non si penetra. La guerra 6 fatta da decine e centinaia di; attori ognuno dei quali non sa che la propria parte, non leve dire che la propria battuta. E pedalo, pedalo, ridotto a fare il ciclifta'£a monotonia, del:, pedalare mi è resa fastidiosa dalla musica strepitosa degli ingranaggi dalla bicicletta, che si sono riempiti di fango. Negli stagni intorno le rane, rinfrescate dalla pioggiu, strepitano anche esse, ma allegre: danno la baia al borghese che pn>$;. rotando le gambe su questo ignobile strumentò lamentoso. E m'avvio a "**. Scende la fra... Bandoj dunque, ai giornalisti. Tuttavia» bisognava ebSere là quando i-giornali "arrivavano, por assistere alia ressa dei soldati e degli ufficiali, e maggiori e colonnelli intorno al rivenditore! Allora sono come gli assetati intorno ad una fonte. Hanno camminato, lavorato, faticato tutto.il giorno, compiuto il loro dovere e più del loro dovere, dimenticando tutto: la famiglia, il paese lontano, gli amici, il mondo. Scende la seva e stanno per arrivare i giornali con. le notizie di quel mondo, delritalii' della frontiera contro cui urge l'esercito,. della guerra lontana ed imraen 88 cri? copre l'Europa. Li prende il "hiso- gno di leggere, di sapere quello che è accaduto nelle ultime ventlquatt'ore, alla'distanza di cento chilometri, di mille chilometri,, sulla stessa- crosta di terra,, sotto la stessa volta del cielo. , L'ombra cala, cala là sera. Si alza il capo verso lo stellato, lumini d'argento, puntatine d'oro, di zaffiro, costellazioni, astri innumerevoli, sempre gli stessi, quelli che vedono tutti, anche i lontani, anche quelli che bivaccano là-nel Cadore, quel» che prendono il caffè seduti a un tavolino all'aperto, a Milano, a Torino, a Roma C'è la malinconia del luògo, non ci si sente più soli, ci si stringe con un guizzo del cuore a tutti gli assènti, alle famiglie, agli amici, ai babbi; ale mamme, ai fratelli. Si tende il soldino, si allunga il braccio fra tante altre braccia protese, si riesce ad afferrare una copia, la si porta via, si corre cogli, occhi sui titoli, sulle notizie, 6i cerca, nella ; penombra che cala, nella oscurità che si fa più densa. Ci si apparta alla luce di un fanale, si entra In una trattoria, nella sala di un albérghetto, ' si legge con la fèbbre della notizia, si legge ad alta voce perchè anche gli altri odano. Avanzata nel Trentino,, avanzata nel Cadore, avanzata liei Friuli. Prèso questo paese, conquistata quella punta, smantellato quel forte. In pochi istanti si vive con ansia tutta la storia di una giornata,- ci si mette al corrente, si riassume.in poche parole Io sforzo di centinaia di migliaia di uomini, che hanno camminato, hanno sudato, hanno sbpportato'strapazzi, affrontato pericoli, tutto perchè quelle.poche linee del Comunicato ufficiole- potessero essere scritte, stampate, divulgate. ■Tutto si-riduce a-poco; ma quel poco basta; quel poco è molto. Si siede a mensa « si ritira sotto la tenda con ona-prowieta !n« iti bile di soddisfazione, 'di* contentezza, % allegrezza. E quando si possono leggere jottzie più particolareggiate, descrizioni anche abboracciate di paesi, pai1 di vivere insieme con gli altri, con tutti,.di fare,un volo lontano, di-essere presenti là dove sono gli- altri. '[Ecco il giornale: una piccola modesta còsa, che fa piacere, che fa del bene, alla ""e non si pensa affatto durante tutto il ^nd, mà della quale non si può fare a eno la sera. Su quelle poche.notizie ci si addormenta come su un cuscino che riposa. Libri e sigari ,J'in generale, i nostri nomini hanno _bisq- ro di leggere qualche cosa tutti i giorni, foglio soddisfa mèglio d'ogni rnialunque libro questo bisogno d'ognuno e di tutti. Ma vedo «he-si-pensa anche a provvedere di- libri i nostri soldati. Sarà una cosa buona. Ma si tenga presente che il soldato ha bisogno di letture speciali, divertenti, sane, opportune. Si tenga anche presente che la vita di campo importa uno sciupio continuo di libri ed anche la perdita loro. Inutile, per esempio, inviare volumi di costo, pesanti, rilegati. Il libro in questo momento non può essere .tenuto - con cura, neanche deve essere tenuto con cura; da un momento all'altro può essere buttato via come un oggetto qualunque, inutile ed ingombrante. ì Sarebbe bene, dunque, cercare un tipo di libro alla, mano, leggero, di poco costo, non voluminoso. Credo che sarebbe eco-, noinia organizzare alcune ristampe speciali di opere le più adatte; distribuirle a decine di migliaia di copie, e come finiscono, finiscono. Non preoccuparsi troppo della durato- e della vita di questi piccoli compagni ed amici della giornate faticosa l.dei soldati. I quali, oltre che di libri e di giornali, dite rimaiigcno sfornite in un baleno. Sui monti, ai posti di confinò, lontano dai paesi e dalle città, in mezzo alle campagne, i nostri soldati sentono la mancanza del loro solito «'toscano », delle solite « macedonia ». Vi passano accanto e vi chiedono una sigarétta come uria elemosina.. Un pacco di sigarette, offerto ad un soldato che non fuma da due otre giorni, lo fa feliceMai come adesso si può, con tanto poco, faro felice un uomo LUIGI AMBROSI NI. ^ W