L'imponente patriottica seduta al Consiglio Comunale di Torino

L'imponente patriottica seduta al Consiglio Comunale di Torino L'imponente patriottica seduta al Consiglio Comunale di Torino aula nella sua severa, «legante semplicità presenta oggi che una modificazione : una fante bandiera nazionale drappeggiata dietro Sì seggio presidenziale, sotto il quadro che raffigura re Carlo Alberto. Sul bacco del sindaco, sopra un cuscino di velluto «remisi a cordoni d'oro è la vecchia, storica mazza d'argento del Comune di Torino, che dai funerali Ji re Umberto non era più comparsa in.pubblico. ; Tutti i funzionarli municipali hanno al bavero una coccarda tricolore nel cui centro è il '. ■ toro rampante > in metallo» giallo del nostro stemma. E la stessa coccarda e data a tutti ji consiglieri di mano in nano che entrano : nell'anticamera dell'aula consigliare e che si affrettano a fregiarsene, trarrne quelli di parte socialista. • Le tribune pubbliche soiuo stìpatlssime di una folla insolitamente viva-.ce e più svariata |e più loauace che mai, nella; quale non manca nemmeno, anzi è abbastànzpi largamente rappresentato, oggi, l'elemento femminile. ; I consiglieri anziché entrava nell'aula di mano in mano che gingono al Palazzo comuna- jle, si fermano nella grande salo, die precede ■l'aula consigliare per entrarvi con il sindaco e la Giunta onde dare fin dal suo inizio maggiore solennità alla grande seduta della rappresentanza civica torinese. Alle 15 e un quarto quando il sindaco, vestito della uniforme di guerra di tenente degli alpìeM e cingendo la sciarpa sindacale, entra nelHula, seguito dagli assessori e da tutti i consiglieri, parte dalle tribune del pubblico, un primo, spontaneo, caloroso applauso. Anche l'asssssore ing. Morra veste la divisa di capitano de! Genio. I consiglieri che mancano oggi sono pochissimi. Il discorso del Sindaco I H SINDACO stando in piedi — anche tutti i .consiglieri si lavano in piedi, tranne i socialisti Romita, Garizio, GheTardini, Allasia — pronunzia il seguente discorso: ! Dalle balze nevose delle nostre Alvi imma'colate, dai piani ridenti che il. sole allieta di sue carezze luminose, dai scili, dal clivi cinti di verdezza del magico Appennino, alle spiagaie marine benedette da Dio in una gloria d'incomparabile bellezza, per tutto il sacro suolo d'Italia vibra un fremito nuovo che pervade gli animi, solleva l cuori e rinnova nel nostro po'polo deliri d'entusiasmo, di speranza, di gioia. '•E' ta grande anima Mina che insorge e risorge ilei ricordi, delle sue grandezze antiche anelante "di aggiungere nuovi allori alla sua corona secolare. : L'Italie, scioglie oggi vn antico voto, da lunghi e lunghi orini migliaia di fratelli nostri a noi legati da vincoli di razza, di storia, di lingua e di cuore, attendono nell'ansia disperata nella dura vigilia, non rassegnati mai, ma fidenti sempre nella fulgida immacolata Stella d'Italia, il giorno della redenzione, che sciolga, le catene onde han carche ambo le braccia c 'le redima dal. giogo della rea progenie dagli opprtssor discesa: (Applausi). , ' E ti giorno auspicato, vaticinato, sognalo sempre, pur nei momenti di maggior sconforto, 'i flnalntpxte venutoI E' l'ora delia riscossa: tutti i pmoti. calpesti e derisi, oggi sollevano la teslam alla voce dei fratelli nostri si unisce guelfa disperatamente invocante di altre nazioni frementi di angoscia sotto il calcagno dell'invasore. rjj ; Il nostro Sovrano, il giovane Re cavalleresco, in evi risorge per li rami la probltade di una lunga schiera di guerrieri che da oltre un millennio ergono la fronte immacolata indifesa del popolo cóntro lo straniero, Vittorio Emanuele III, aulica stirpe di eroi, oggi baile la diana e chiama i figli d'Italia al supremo cimento pel trionfo del diritto e delle civiltà, (Applausi). "Xessuno manchi; più nessun dissenso, più nessuna discordia fra di noi abbia campo e vita; tutte le idee, tutti i partiti si riconì^pongano in un saldo c unico fascio per i dentini della Patria. Una grande concordia di a■nimi e di cuori, un solo pensiero, un solo ideale: la vittoria ! E da Superga nel festante coro '. delle «randi Alpi, la repral Torino i incoronata di vittoria lancia essa pure oggi In cospetto delle sue sorelle, il suo antico grido di gucrral Potè forse supporre, taluno clic il pensoso raccoglimento onde si ammantò In questi giorni la Città nostra fosse indizio di men saldo mimo o di più fiacca fede: forse taluno pento cìie nel gran giorno Torino non sarebbe stata all'altezza della sua fama e del suo passato. Dio disperda l'empio pensiero! Mai come oggi la città nostra sente il dovere che alto le incombe; mai come in quest'ora storica essa ritrovò nella sua secolare nobiltà guerriera i vecchi c non mai smentiti entusiasmi. Popolo più di fatti che di porole, il nostro si appresta a cantare tra il ferro ed il fuoco le sue fiere canzoni di battaglie e di vittorie. Ed in questa sala, sacra alle memorie della nostra V'ta cittadina, che fu sempre modello ai popoli di patriottismo, di disinteresse, di altezza di sentimenti, qui dove Camillo Cavour preparava nel raccoglimento quegli ardimenti1, meravigliosi che dovevano condurre l'Italia alla sua vita di Kuztone, aleggiano oggi le tacre memorie di quei grandi che nel cuore degli Italiani hanno culto perenne di onore. E da lungi giunge la fanfara di San Quintino, che accompagna il trionfo del giovinetto Emanuele Filiberto, il vincitore purissimo che nel motto: «Spogliatis arma supersum», sintetixtava l'ultima speranza dei popoli appresti: qui lampeggiano corrusche le spade dei cavalieri di Vittorio Amedeo II il liberatore, che coli'occhio di linee divinava la futura grandezza d'Italia; qui purpurea trapassa la popolare divisa di Garibaldi, il biondo iddio liberatore che dall'un capo all'altro d'Italia entemo» i pòpoli al' novissimo verbo della libertà (grandi applausi) : qui si erge sublime la matehia figura di Vittorio Emanuele li, il grande Re guerriero, che dai silenzi dell'effuso azzurro trasse nel sole l'Aquila romana e la riportò gloriosa in Campidoglio. (Vivissimi applausi). Salvelc, ombre di grandi, esempio, conforto e sprone alle generazioni novelle! £ saiveU poi pure, o soldati d'Italia, o tutti Voi. che offrite il petto alle nemiche lame, che la santa vìttrice bandiera porterete trionfante oltre ì confini della Patria! (Applausi). fai, che sulle balze del Trentino, su pel boschi del Cadore rinnoverete le gesta di Giacomo Medici e di Pietro Calvi.' Voi, marinai d'Italia, chi sul nostro glauco Adriatico, di fronte alle terre sonanti ancora delle glorie «M San Mario, vi apprestate a vendicare l'imuminig. dgUssai Distendendo su di voi le Manche y ^benedicenti, le madri, le spose, le elette creature d'amore l'addio, il PiMtO «TOIM4.1 TpiabaanmemocutangraVchea iperi ril gra0tutsimglosiie e diemamoOdi di tutnemeceneti daEnedegrdi MIvacoriesudateralllune folIlIglinoItral'oqularni gliraio conasidnobritararinesinicucevebenotrgersalapdGfusuvzagcRmnIlla.-JletucdcnlartBgpntcntrilecdbcsmuanaispgn 1, i a a a a i , ! i , . i i e e , e T'i mirano da lungi, cogli occhi umidi di pianto, i vecchi che un giorno essi pure combatterono per la Patria e vissero le lunghe angosciose giornate, in attesa di questo momento solenne. Vi salutano colle vocine commosse i bimbi tipstrt, i vostri minori fratelli cut turba, i sonni il rammarico di non poter ancora essi soffrire, morire con Voi per la grande gesta liberatrice. Vi accompagnano i voti di tutto U popolo che rimane, che attende con calma, pronto a indurare qualsiasi sofferenza, sicuro dell'opera patema dello Stalo, dei Municipi, di tutti i reggitori, disposto ad ogni sacrificio purché il fato si compia e l'Italia nostra torni alla grandezza antica. 0 Italia, o gran Madre di tutte le genti e 'di tutte lé^civiltà! EU tu colei che il poeta vedeva: sovra candido vel cinta d'uliva, donna m'apparve sotto verde ammanto, vestita del color di fiamma viva, simboleggiata sin dai tempi delle più pure glorie Italiche nei tre colori, del tuo sacro ves. siilo.- eri tu la Dolorosa che avvinta di catene e affranta di dolori piansero Petrarca, Filicaia e Leopardi; eri tu la donna dei secoli, a cui diedero il sangue più puro legioni infinite di martiri, la Melissenda che al suo canto d'amore attirava i Rudelli d'ogni terra lontana Oggi tu ergi fieramente la bella testa recinta di glorie e di sventure e movi il tuo passo di Dea verso il supremo ideale. Dante, il genio tutelare della gente nostra, che ti assegnava nei divini versi gli estremi confini che sui tremendi spalti delle Alpi spazia da ben cinquecento anni, ed or s'è fermo e par che aspetti a Trento, ti addita la via. (Acclamazioni prolungate. Grida di V'iva Trento e Trieste). E noi ìi seguiremo, o Madre, coli'esultanza negli occhi, colla fede nel cuori ,colla certezza della vittoria, e deponiamo sull'altare della tua grandezza quanto vibra in noi di più nobile, di più elevato, di più puro, pronti a morire Mi tuo nome santo e glorioso. VIVA L'ITALIA E VIVA IL BEI Il vibrante discorso del sindaco, tutto pervaso di nobile sentimento patriottico e particolarmen'.e bello là dove accenna alle memorie gloriose di Torino, dei suoi principi, del suo popolo forte e generoso, è stato ascoltato da tutti con profondo raccoglimento, solo interrotto di tanto in tanto da vivi applausi; o alla fine è stato salutato con un'acclamazione lunga e insistente, con citi evviva all'Italia e al suo Re. Agli applnusi partecipa anche il folto pubblico delle tribuno. Il discorso di C. Rinaudo Il SINDACO dà quindi la parola al consigliere Hinaudo. il membro più anziano della nostra rappresentanza municipale. Egli dice: In assenza del collega consigliere Daneo, trattenuto a Roma da altissimi doveri, io ho l'onore di essere il decano del Consiglio; a questo titolo soltanto devo l'audacia di parlare in quest'ora solenne. Dopo cinquantanni di vita dedicata con l'insegnamento e con gli scritti a mantener viva nelle giovani generazioni la fiamma, del risorgimento italiano io sono felice di potere nel mio tramonto ancora assistere al compimento dell'unità nazionale; e mi esalto nel pensiero di potermi considerare interprete del sentimento di questo nobilissimo Consiglio che ebbe tra i suoi membri etfidissimi cooperatori della redenzione italiana, sopra tutti il genio divinatore c operatore di Camillo Cavour. Il Piemonte e Torino che sempre ne espresse il pensiero generoso, non hanno vii temperamento entusiastico verbale; ma arde nell'intimità dell'anima loro una lampada che non si spegne al culto degli croi, con vivida flautino, che e /»■ ce e calore motrice di fatti, non di parole. Il verbo die sgorgò dalle labbra ili Carlo Alberto In sera memoranda del 23 marzo 1818, non fu vana parola, ma verbo trasse sereno e forte tutto il Piemonte alla guerra di indipendenza. Il grido di dolore che. eruppe il 10 gennaio 1859 dalla voce commossa di Vittorio Emanuele e raccolse intorno alla bandiera ili Casa Savoia il precursore e profeta dell'Unità nazionale, e l'eroe riscaldalo dai più alti ideali di libertà e, giustizia, Giuseppe. Mazzini e Giuseppe Garibaldi, non fu vano grido ma verbo eccitatore dei popoli subalpini alla nuova guerra di indipendenza, verbo.risvcglia.tore di tutta Italia alla coscienza dell'unità della stirpe, e dell'ideale. E queste genti gagliarde, disciplinate, e. devote, fuse con l'Italia risorta, seguirono fidenti il Gran Re nella campagna liberatrice del 1866 e prime con la fanfara dei gloriosi, bersaglieri penetrarono in Roma per la breccia di Porta Pia Il 20 settembre 1870. Al nuovo grido di dolore lanciato da Vittorio Emanuele- III, incarna .-Jone leale c sincera della coscienza nazionale, un'altra volta si leva Torino, si solleva tutta la regione subalpina in una superba acclamazione di guerra che risponde all'appello toglRdaziriulacoplasusaeiavroèdtaspintrdspphsbse om(achtastglmpogfeuTGbati rebnroaRpRcdlazu(grsalsrg. lerauvo chcimtramtppnqadtpi■in(mlcdell'eterna Roma. «Patria diva, santa genilri-\ece». L'acclamazione sia.: inno della liberazio-i lne dei /rateili oppressi di Trento, Trieste, Po- ! mla, Fiume, /.ara, Spalato, frementi di spezzu-\re le. catene fucinate dalla tirannide austriaca. Sia l'infiammata protesta della civiltà contro la cultura selvaggie che ha assassinato il Belgio, distrutto ì monumenti secolari, ucciso gli inermi, i vecchi, le donne, i bambini. Sia pegno di fraterna alleanza con gli eserciti con noi combattenti per la libertà dei popoli e il trionfo del diritto. Sia la voce del sacrificio che in questa ora suprema tutti ci avvince nella luminosa visione della vittoria della Patria nostra e della civiltà universale. O primavera della Patria I giorni, ultimi giorni ,dcl fiorente maggio, recateci presto il suono trionfale della prima italica vittoria che noi veceki saluteremo cb~n lagrime di gioia benedicenti al Re, all'Esercito e all'Armata, all'Italia signora delle sue Alpi c dei suol mari, al trionfo della libertà, del diritto e della giustizia. Una vera acclamazione scoppia da -tutti i barn-hi — e vi si associano anche parecchi conFifflieti socialisti — quando Rinaudo si scaglia contro la civiltà selvaggia della Germania ed inneggia al martirio del Belgio; e un'altra caldissima, unanime acclamazione accoglie le ultime parole dell'assessore Rinauti o. Parla il senatore Frola Sì alza quindi a parlare FROLA, consigliere anziano per elezione; egli dice: « Quest'aula, in cui si maturarono i destini della Pawla nostra, oggi non poteva ristarà silente. Da essa partirono sempre voct patriottiche in -Offrii | giorno storico che ebbe a passare la Patria ne! suo cammino verso l'indipendenza e la a e , n i , e e n a e a o Ricorda che, prima, che dal Parlamento, vit-1 torio Emanuele II veniva nell'aula dal Consi-j glio comunale di Torino, nel 1860, proclamata Re d'Italia. Anche oggi quindi da questo Consiglio e dalla città nostra deve partire la riaffermazione che Torino non è mai seconda nello riaffermare la sua Italianità. Manda quindi un caloroso, fervido saluto ed un augurio all'Esercito c all'Armata, a tutta la balda gioventù che già è sulle balze del connni; confini da allargare più in là, molto più in là, fin dove vi hanno uomini che parlano e sentono italianamente. Ricorda che mai Vittorio Emanuele II e nessuno dei Re italiani che gli succedettero pensarono per un momento solo ad una rinculieia n Trento e Trieste. Termina, egli pure; acci amatissimo, col grido di « Viva l'Italia e viva ia Ret ». Parla Giuseppe Depanis DEPANIS dice: ■ Il momento non è di parole, ma di fatti. Ben disse il Sindaco: questa è guerra jiaziqna,le„ guerra per il compimento dei destini d'Italia, di quei destini per cut settante anni addietro Sentorrc di Samarosa auspicava l'unità e la libertà d'Italia; i destini per il cui compimento qui Camillo Cavour intesseva quell'opera meravigliosa che doveva trarlo alla morte; per il compimento di quei destini per cui Vittorio Emanuele snudava la spada e tutto affrontava per l'unità e l'indi, pendenza della Patria. (Acclamazioni). « Il destino della Patria sarà «empiuto: nè ho la fede più salda. L'unione fa la forza, e se la forza è appoggiata al diritto d invincibile (approvazioni). E qui il diritto è evidènte, sacro. « Il Sindaco ha fatto appello alla concordia: e la concordia si avrà perchè al disopra di ogni idea e di ogni partito è la pietà per chi muore con l'arme in pugno per la patria sua (applausi). Noi dobbiamo cooperare anche A che meno gravi siano le conseguenze del cataclisma; noi dobbiamo confortare i superstiti, pensare alle famiglie dei combattenti, a gli orfani, alle vedove (applausi). < Il Sindaco può fare per ciò pieno assegnamento su tutti noi, come su tutti i torinesi, perchè tutti i torinesi come tutti gli Italiani, oggi mirano il bel tricolore con la fede più fervida, più sicura nella vittoria finale > Le ultime parole di Depanis sono accolte dà una acclamazione scrosciante, calorosissima. Tutti i consiglieri sono in piedi, plaudenti. Gli applausi più calorosi partono stavolta dai banchi socialisti. Il consigìere Corsi Parla quindi CORSI anche in nome di molti amici del suo gruppo, inneggiando egli pure alla vittoria finale delle armi nostre, alla bandiera nazionale tenuta alta da una monarchia veramente nazionale e tutte di valorosi e di pii e di patrioti. Crede che non uno a Torino non senta potentemente la voce del Re che oggi chiama gli Italiani tuiti al compimento dei destini della Patria. Ricorda che Re Vittorio Emanuele III l'altro giorno, baciando sul balcone del Quirinale, al cospetto del popolo romano, come re Carlo Alberto nella sera del 83 marzo .1848 dalla loggia di piazza Castello, rinnovava quel sacro patto che univa la Casa di Savoia al popolo italiano (grandi applausi). 11 discorso di Casali ni dnGddldslcirmspfcd.ngSIl SINDACO dà quindi la parola al consigliere Casalini. Mentre questi si alza a parlare, scoppia dalle tribune pubbliche un applauso a cui si associano anche molti consiglieri della maggioranza. CASALINI, tra la intensa attenzione dell'assemblea prende la parola. L'oratore socialista, ricordata l'opposizione alla guerra in omaggio alle dottrine del suo partito, dice: Ma ora, dinanzi all'irrevocabile, consci del . la. nostra, responsabilità ed anche per il sentiim(,n(0 f,|() prorompp imperioso, accanto alla tede socialista, dal culto per i ricordi e dal raccapriccio per gli orrori, ci proponiamo di adoperare le nostre modeste forze perchè comunque, non s'indebolisca moralmente o materialmente l'Italia dinanzi al nemico. (.\p plausi). , Queste parole di promessa le pronunziamo pecchi), come nella vita degli, individui, cosi nella, vita del popoli, vi sono momenti nei quali non si ha diritto di ricordare i. propri! amori e i proprii odi, ma si ha solo il diritta di rlcordarc.il proprio-dovere- (Applausi). E tonto grande è la nostra persuasione In proposito, che diciamo agli, umici di' fuori, ancora, incerti sulla via da seguire.; in quest'ora ogni ■incertezza si paga con sacrifici, di sangue, di nostri fratelli, ogni giorno di discussione signlflca tempo perduto sulla via della pace con(orlatrice. (Applausi). Animati ria questi sentimenti, pur intima, mente certi che le classi riprenderanno la millenaria e storica loro lotta, daremo la più shu cera ed attiva opera nostra d'incoraggiamento i-\ed assistenza ed aiuto ai combattenti ed alle o-i loro famìglie per lenire l danni numerosi e - ! molteplici della guerra ed esprimiamo l'attgu-\rio che, riconquistala, la libertà politica ai pòa. il o a n il o e aa ~n o pi el i hi si re e ire a, osa ii | a a poli soggetti, negli anni della pace si assicuri l'unità sostanziale della, patria più di quella che si sia fatto fin qui rendendo giustizia finalmente agli umili artefici del lavoro, provati duramente tanto in pace quanto in guerra. L'on. Casalini finisce inneggiando all'Italia e il suo discorso riscontra vivi applausi. Il generale Presti nari Il ..-INDACO dà quindi la parola al generale Prestinari, «l'eroe — aggiunge subito i] senatore Rossi — deUe nostre guerre africane ». Il generale PRESTINARI vorrebbe che una parola augurale andasse « da questa valorosa e affettuosa Torino ai nostri combattenti. « Conosco le ansie, i desideri], i pensieri dei soldati che aspettano o tornano dal combattimento, e vi assicuro che nulla riesce più dolce, più confortevole a chi sto. 'al campo, della parola buona, dell'espressione affettuosa del concittadino, che esprime la sua fiducia e il suo augurio come di fratello a fratello » (applausi vivissimi). PALBERTI. dopo avor dichiarato di parlare in nome dei vecchi, ricorda la figura di Tommaso Villa, vibrante ancora' oggi nella tarda vecchiaia del più puro e più ardente patriottismo. Ricorda che questi giorni hanno ridato a tutu i vecchi torinesi i palpiti della lontana gioventù: anche perchè la vecchia, la diuturna nemica, l'Austria, è ricorsa ancora ai la sua arma abituale, l'insulto e l'ironia (applausi); ricorda ancora che la guerra d'oggi ha fatto sparire ogni divergenze di Idee e di opinioni, cosicché si vide anche un vecchio repubblicano gridare lo Parlamento • Viva i! Re • 'Applausi). . LgrèzdmmlUpNppnliggpcmrcpm