Due orazioni di D'Annunzio dinnanzi al Leone dei Giustiniani ed a Palazzo San Giorgio

Due orazioni di D'Annunzio dinnanzi al Leone dei Giustiniani ed a Palazzo San Giorgio Due orazioni di D'Annunzio dinnanzi al Leone dei Giustiniani ed a Palazzo San Giorgio Genova, 6. gotte. Oggi alle ore 16,30, nei giardini di Pa- azzo Doria, in piazza Principe, verme com-piuta la cerimonia dell'omaggio italico aGabriele D'Annunzio, consistente nell'offera del calco del Leone di San Marco mu-fato net palazzo Giustiniani ove l'ammira- glio di quésta famiglia lo portò da Trieste veneta. Il calco, racchiuso in una vecchia ornice di stile veneziano dell'architettoGino Coppedè, opera egregiamente riusci- a, porta la seguente dedica dettata per in- arico dei colleghi giornalisti da Mario Ma-ria Martini: « Nel 55.o anniversàrio deiMille il leone di San Marco di Trieste da Genova ammonisce che l'Italia è fatta ma non compiuta ». in piazza Principe era raccolta una gran olle di giovani e di studenti, che all'arrivo del poeta gli fece una calorosissima ovazione. All'ingresso del Palazzo una orchestra intona la marcia reale. Il poeta è ricevuto dal Comitato presieduto dal profMorselli, dal Sindacò, dal sen. prof. Maragliano, dai giornalisti liguri e da altri peronaggi : poi sale al piano nobile e si affaccia alla terrazza aedamatissimo da circa duecento invitati raccolti nel giardino fra cui senatori, deputati, autorità, notabilità e signore in elegantissime toilettes. Parla il prof. MorsaNI D'Annunzio scende quindi nel giardino, dove nella spianata centrale, sullo sfóndo di verzura è collocato il calco che egli ammira lungamente. Il prof. Morselli pronunzia un lungo discorso dando il benvenuto al poeta ih Genova che prima l'accolse dopo cinque anni di assenza. Dopo una evocazione delle glorie italiche dai remoti secoli al Risorgimento e alla celebrazione dele conquiste della civiltà, latina, fa omaggio del Leone augurando sia auspicio di riunione sempiterna della dolente terra adriatica alla Madre unica e chiude esclamando: « Oggi dinnanzi ai nostri occhi ardenti e fiduciosi si aprano ampi e luminosi gli orizzonti futuri della gente latina, la vera apportatrice per ben tre volte di civiltà olla sempre combattente p pur sempre progrediente umanità ». Cessati gli applausi che salutarono il discorso Morselli, D'Annunzio pronunzia il suo discorso. Il Poeta ringrazia Il poeta dice, con parola franca e sicura ma vibrante di commozione: « Signori! Giovani genovesi! a Brevi parole dirò tanta è qui Veloquenza delle memorie, delle cose, dei segni, tanto è grave di destino questo dono che io ricevo con cuore tremante, come se in me, per grazia di una fedeltà senza falli, a più degnamente riceverlo entrasse l'ansia di quella che laggiù soffre la fame dei corpi, soffre la fame dell'anima, violata, straziata, calcata con ferocia e, ogni giorno più, maledetta : la sentiamo qui in presenza vera : è dentro a noi come1, quella che volevamo scolpita e comr quella statue: e diritta dinanzi a noi con tulte le sue piaghe aperte, con tutte le sue lividure, colle traccie di tutte le ingiurie come il paziente alla colonna. E dietro di lei, presenti i visdel medesimo sangue, si levano i npve e nove martiri giovinetti dei Giustiniani e la loro madre sublime, intenta a . fortificarlnel dolore terrestre e nella speranza mortale. Ah! veramente noi cominciamo a vergognarci e intendiamo il rude bistìccio dquell'uomo dei Mille, grandissimo animo in piccolo corpo, il quale ieri sera gridò nel convito, colla sua voce di assalto : meglio che prendere la parola vorrei riprendere il fucile, o compagni! Motto questo garibaldino, ben detto e ben udito in GenovaCi piace qui ricordare come, dopo la morte di Simon V'gnoso, ricostituita la nuova maona, tra i dodici soci che rinunciarono al loro casato per assumere il nome di Giustiniano fosse un Francesco Garibaldo, della dura stirpe ligure. Non questo calcoche io custodirò piamente, ma il Leone dpietra murata Genova trarrà dal gloriosmuro in un altro giorno di Sagra marina e lo rimanderà per mare a Trieste : restituzione magnifica! Passa la nave in vista di Caprera che forse sentirà i ruggiti ripercossi dalla roccia, e naviga all'Adriatico. E il morto figlio di Lamba, sepolto nelle acque trionfate, e Luciano D'Oria, davinti a Pola, e Gasparo Spinola, davanti a Trieste, e gli altri terribili Nostri riappariranno in Epifania d'amore commista avendicati di Lttj» luminotittimèvnente (Applausi entusiastici). E il Leone di San Marco, recato nell'Adriatico da navi di tifi! nova, significa per gli italiani: questo mare prof0)ldo ove ja cresta di un flutto è il fiore di nostra gloria sì chiama di nuovo e Ver sempre « golfo di Venezia! » n breve c alto ringraziamento è stato ac co]to rja ovazioni entusiastiche. Terminato jj discorso l'orchestra intonò gli inni di Ma ,neii e di Garibaldi. Il poeta fece un giro ! per j giardini circondato dagli invitati che 'i0 stringevano da ogni parte acclamando[ì0 \|ia uscita si rinnovò una a e e e i e a i i o ò . e a o , i o a a ia i una dimostrazione indescrivibile di entusiasmo'. La cerimonia a Palazzo San Giorgio Quando fu, alle 21, al Palazzo San Gioito, il Presidente del Comitato genovese ella « Dante Alighieri », senatore Nino Ronco, presentò a Gabriele D'Annunzio un'artistica targa di bronzo, modellata dallo scultore Bassano, a ricordo della iscrizióne del Poeta nell'albo d'oro del Sodalizio. La consegna venne fatta nella sala dei Capitani, dall'on. Ronco, con ispirate parole. Quando D'Annunzio ebbe scritto il suo nome sul Libro d'Oro e epe ebbe ricevuto la targa, si passò nel vasto Salone delle Compere, dove il Poeta apuano Ceccardo Rocca tagliata-Ceccardi pronunciò dn elevato della ubPtddfSmdrdqeIsrdnfndIldsaluto all'autore della Canzone di Garibaldi. Il Ceccardi elevò un inno alla stirpe ligure, che diede alla Patria tanti guerrieri e tanti mercanti. Parlò della gesta di Biagio Assereto, eroe ' popolano, vincitore ed imprigio.natore di Re, delle vittorie dei Fieschi e degli Spinola, e ringraziò il Poeta di aver posto il suo nome nei registri di un Sodalizio che tiene alto il sentimento di italianità, non solo in Patria e nelle Colonie, ma anche nelle terre tuttora soggette al giogo straniero. Ceccardo Roccatagliata-Ceccardi terminò, dicendo: — Ormai è giunta l'ora storica dell'Italia. Il pellegrinaggio, del popolo genovese allo scoglio di Quarto può essere pa ragonato al pellegrinaggio che i Genovesi fecero nel. 1866 al Santuario di Oregina, per invocare la protezione di Dio sui soldati italiani pugnanti""sui' campi di Lombardia ». L'oratore, tra vivissimi applausi, ricordando i versi del Poeta di Dio e del popolo, così concluse: "Quando il popolo si desta, Dio si mette alla:sua testa, e le.sue folgori dà! ». La gratitudine del poeta al fratello poeta e al nuovo Console Cessati gli applausi, prende la parola Gabriele D'Annunzio, il quale dice:. « Genova sembra oggi superare i più cari giórni della sua spiritualità e della sua magnificenza! Ieri, la città diede spettacolo di un popolo, che potentemente respira nel cielo dell'eroismo e' dèlia divinazione : questa sera, in questo rinnovato Palagio della sua saggezza, là, nella sala dei Capitani del Popolo, ove i suoi, più virtuosi padri, alzati o seduti e nelle toghe severe, incitano alla magnanimità i nevati, Genova ha voluto celebrare la gloria della lingua, il culto della lingua, tutto ciò che in tutti, i tempi fu giudicato il più prezioso tesoro dei popoli e la più alta testimonianza della loro nobiltà, indice supremo dei loro sentimenti di libertà. Ed ecco in questa sede del Banco di San Giorgio, ìli questa sala delle Compera, un Poeta accogliere un altro '. poeta, Singolarissimo evento! Mi accolse il nuovo Console e un fiero e solitario Spìrito, che dalle torve milizie scorse ritornare un pellegrino altero, si.domandò: uQuando-ritornerà Garibaldi*- » L'uno dopo l'altro sono tornati. Pre ghiaino. Questo è! Ciascuno di. noi,, die a Credo! L'uno spazia nel Quarneró, Valtro va a cercare la gloria che gli fu spezzata or sono cìnquantunannl. Perciò, in questo Palagio del Mare dove con romana. brevità è raffigurata la Vittoria-noi dobbiamo- ripe, tere ciò che si legge -iella canzone delle gesta d'oltre mare: Chi stenderà la mano sopra il fuoco, avrà quel fuoco per incoronarsi! » Il discorso di Gabriele D'Annunzio fu salutato da un vero uragano di applausi. La cerimonia ebbe termine verso le 22,30. Intervennero alla cerimonia le maggiori autorità e notabilità cittadine e moltissime signore e tutti f soci genovesi della Dante Alighieri che festeggiarono entusiasticamente* il poeta". "Dopo' l"à"*cerinR uno scelto servizio di rinfrescai trigg"