Nel mistero della grande assediata

Nel mistero della grande assediata Nel mistero della grande assediata g(Dal nostro inviato speciale) COSTANTINOPOLI, marzo, INoi viviamo in una strana condizione c In uno strano tempo. Chiusi in queslan- aolo di Europa e d'Asia, sull'orlo delle grandi correnti tumultuose, che l'estuario marittimo del Mar Nero precipita giùnell'E- geo, tendiamo l'orecchio' allo sforzo quoti- diano delle navi cristiane contro le porte lontane, mentre giù, nella valletta del Corno d'Oro, altre navi cristiane fumano $oHo pressione, pronte alla difesa dell'ul- timo riparo deWIslam. Oltre allo stretto j Canale del Bosforo, invece, fantasmi \navi ortodosse corrono in armi nella 6r«-|rna primaverile, oltre l'invisibile linea mi-\nata che difende questo approccio di Costantinopoli. E di esse non giunge noti- Sia, se non di tanto in tanto, attraverso qualche giornale europeo. Nel centro di questa intensa competizione, una grande antica città, diversa di razze e di lingue, divisa in quattro religioni principali e parecchie secondarie^ diversa di cuori, di spiriti, di desideri., coricata, secondo le lince idrografiche che dominano la regione dal nord-est al sud-est, dall'Asia all'Europa, in un molle riposo, che dura da secoli, attende, senza voce e senza turbamento, il suo fato. La primavera è giunta sulle colline, che circondano la città, col suo volto chiaro e crudele, che il cannone di guerra non turba, e porla nel suo volo sereno le bufere di neve del Caucaso, che le sono corona abituale in questi climi: cosicché, nell'attesa del suo fato, la città è ricoperta di tuoni, di raffiche, di venti gelati, mentre | dal mare sorge la molle temperia che addolcisce l'aria dietro i passi del temporale, e la profonda valle si copre di violette. L'aria è rigida e l'ombra tepida al sole. Le ombre sono taglienti, le brume improvvise e molli e preste a ritirarsi graziosamente, per scoprire angoli imprevisti alla conchiglia aurea in cui si adagia la città: file di tetti bruni, strade ripide, che scendono al mare, fasci di minareti sottili e bianchi come le canne di\,un organo di argento. Così si alternano d'ora in ora il nevischio impetuoso col lepore primaverile, ed i fiori spuntano ricchi di indicibili colori tra la grandine appena liquefatta, e la nebbia, risalendo come un velo, scopre verzieri leggiadri ora ricoperti di bocci; tra le rovine dell'incendio della città turca, clip nessuna mano ha toccato da quando vi passò il-labbro ardente del fuoco, a Stambul, il mandorlo è già perfetto e il pesco fiorisce ora tra le macerie di Kakrié. Sulla città immortale passano, sonori iddìi, il Tuono ed il Temporale, che scuotono in cosi allegri e possente riscoppicltarc di vita, l'humus nutrito di sangue, e sembra allo spettatore di assistere ad una gigantesca e infantile rinascita, ad un gioco veemente delle riposte forme della natura. Questa terra è invero la vagina grande, il solco immortale, ove deve passare per sempre l'aratro delle razze. Una flotta balte ad occidente, all'antica porta contro cui venne lo sforzo acheo a domare in Ilio la supremazia asiatica; un'altra erra ad oriente, nella bruma del Mar Nero, come un oscuro fantasma, che 7iiinaccia le sue sponde; in mezzo Costantinopoli, stretta ancora una volta nel suo eterno assedio, rivive serenamente il giorno in cui Sviatoslav, armato messaggero dell'Orda d'Oro, scese a spezzare la minaccia slava contro le infrangibili mura di Bisanzio. La grande assediata riprende l'antica arte e si siede in mezzo alla minaccia dei due mari, intenta ancora una volta al rombo delle artiglierie. Non pollice di questa terra che non sia stato da venti secoli aspramente conteso, non radice di questi fiori meravigliosi che non. contenga stilla di sangue umano, acre, caldo nutrimento attraversole fibre vegetali. La vecchia storia ricomincia, le antiche battaglie si riprendono, come se il secolare riposo non fosse spezzato che da un breve sogno. Non è pia Maometto II che picchia alla porta d'Oriente, non sono più le galee veneziane che si affacciano alla porta d'Occidente; ma tutto è uguale per il suolo combattuto, dove la lotta definitiva tra VAsia e l'Europa deve accentrarti una volta per tutte nel rombo dei cannoni che giunge dai due mari. Il tuono di primavera sveglia dal sonno la terra, e la città si copre di fiori, di possente vegetazione, e l'animalità primordiale di questa ricca terra si imporpora e brilla, e le forze si scuotono in libertà gioconda nell'aria carica di gelo e di dolcezza. Quanto tempo vivremo in questo strano periodo? Ancora non è dato saperlo. Sembra che un tentativo di sbarco 'sìa riuscito agli Alleali nella penisola europea. Se così fosse, la sorte dei forti della costa europeache ancora resistono, non tarderebbe ad essere decisa. Ma questo non darebbe aglAlleati il possesso dei Dardanelli. La costa d'Asia basterebbe ancora ai difensori per dominare lo Stretto e renderlo impraticabile. E' dunque una grande battaglia sulla costa d'Asia, che può sola decìdere delle sorti della Turchia. Sul terreno asiatico non bastano i venti o trentamila uomindi etti si parla per ottenere una ' efficace padronanza della linea costiera del Canaleanti, simile numero sarebbe irrisorio e non condurrebbe che a una certa sconfitta. VoI Iperaztone sulla coafa europea non può ave-] re altro scopo che di appoggiare il bom-1 oardamento vavale con{ro \'1orii europei g nQn & quella cne COJUiurrebbe ad alcun rimUalo pgr la viUoHa degli AUeatt. R ^ lascia aneQra u cU_ t& in sospeso Vatlacco ingicse non ha al- mna spìegazione piausibna per ora, se non ^ spiegazione politica> la quaie semora ^ eMersi dileguata Si dice che la resa p deUa procurata per inleiUgensa piut. ^ ^ mlnaccìa effettiva> avrebbe j poivÌQ esseTe a principio di una diversione \favorcvole alla pace> e cha Vattacco ìngie- ; |M /WM stalo determinato da questa speA\ransa Ma gU questa VQCe H è dileguata,1, e a quanto sappiamo, Smirne si prepara anch'essa alla resistenza ad oltranza. A che aUora> fl disperdimento di forze da | a e l , e e a p i o a l n i o . , r i a d e e a , , o i , e e e ie o, oo, za e, fè a e o Il a sr e olo mo sì a, d li a er aa le co ni ce e, n o parte degli Alleali? Ma che sappiamo noi qui? Chiusi nella città assediata, confusi nella turba di cento razze, che ne forma la popolazione, diventiamo l'eco di tutte le voci, di tutte le dicerie, di tulli i timori che la percorrono e finiamo per farne parte di una sensibilità connine. Ogni giorno che viene porta le sue nuove, ogni giorno che passa le oblitera e le confonde colle altre. Intorno alla razza turca, padrona del territorio e del- Vèsercito, si'isolano e si disgregano-altre razze, che hanno finora vegetato aWoA-\bra della spada ottomana. Gli Armeni pen-^sano, temono, aspettano, più paurosi del,I giogo russo che di quello ottomano; gu ebrei tacciono e sospirano, temendo per gli,averi; i greci tacciono e aspettano, ripensando alla mezza Messa che Maometto II troncò a Santa Sofia, montando a cavallo l'altare, sui cadaveri accumulali. Attorno al Vanar si aggroviglia un mondo antiestetico c fetente di greculì dal parlare turchlzzato, che dal 1914 in qua si credono gli credi dì Bisanzio e aspettano il momento in cui Re Costantino udrà dalla bocca del Patriarca la mezza Messa che l'entrata del Conquistatore gelò sulle labbra del sacerdote. Non sembra che esistano limiti alle aspirazioni di un greco. Pera e egualmente piena di greci più ricchi, che nascondono le stesse speranze e gli stessi desideri, e non dubitano che la Cristianità non abbia il dovere preciso di togliere Costantinopoli agli Ottomani per darla ai Greci, nello stesso modo che noi togliemmo il Dodecanneso alla Turchia per farne loro dono. Le dimissioni di Venizelos erano slate appena favorevolmente interpretate in Turchia, che la connivenza greca risultava evidente dallo sbarco di truppe inglesi nell'isola di Lanino. Non si può dubitare che non risulti un accordo anche più evidente e più chiaro. Tre settimane or sono, la dichiarazione di guerra, in seguilo all'incidente avvenuto all'addetto navale elleno, fu evitata solo mediante i consigli paciflcalori della Germania al Governo ottomano, il quale vedeva piuttosto la questione di una nuova guerra secondo il vecchio proverbio turco: « Chi è bagnalo non teme la pioggia! ». Ma la partecipazione almeno morale della Grecia accanto agli Alleati contro Costantinopoli e un fatto pacifico ed indiscutibile e chi può dirci quali compensi se ne attende l'inquieto elleno, che si aspetta per abitudine il tutto dal nulla? Dove e la via dell'Italia in lutto questo, ove, successa la catastrofe e forzati i Dardanelli, l'aristocrazia militare ottomana si ritirasse in Asia a dare la sua ultima battaglia? Qui, dove una volta l'italiano era la lingua dei commerci e dell'arte, dove la Serenissima Repubblica imponeva la sua spada e la sua bilancia, per una strana anormalità delle cose il prestigio italiano sembra rifiorire improvvisamente nel momento della sventura, e il nome dell'Italia pacifica e armata diventa improvvisamente, nella disperazione delle altre razze, più solenne e più grande. L'Italia ha [atto qui, durante la guerra, opera di protettrice sovrana delle vittime marginate dalla bufera e la sua voce è stata udita dal Governo turco con rispetto profondo. Si deve all'Italia la partenza con le intangibilità consolari dei rappresentanti delle nazioni belligeranti ; all'Italia ed agli Stati Uniti la salvezza dei sionisti, che la guerra aveva sorpresi raccolti nella collina di Gerusalemme, dove li aveva tratti il loro sogno antico ; e all'Italia, infine in questi ultimi giorni, se i sudditi monte negrini e serbi sono stati risparmiali da un decreto di espulsione in massa. Con questa opera di protezione equanime e cereria, l'Italia ha fatto molto più caro il suo nome nelle popolazioni del Levante di quello che aveva potuto farlo in anni di una politica di sterile abbandono. Da que sto momento, il nome italiano, da Gerusa lemme a Costantinopoli, e il nome di un paese forte e sicuro, protettore dei deboli e difensore dei diritti di chiunque in Levante non ha forza di farli valere da sè Ma questa attitudine nobile e fruttuosa in tempi normali basterà allo sviluppo del prestigio e degli interessi italiani nell'ora torbida che attraversa la Turchia? Do vremo rallegiarci 7iel vedere la grande ortodossìa slava scendere dal Mar Nero verso Zuarigrad, e la piccola ortodossia greca salire verso Bisanzio attaccata ai talloni delle Potenze della Triplice Intesa ? Anche i Russi vantano delle mezze messe da celebrare a Santa Sofia riconsacrala, La questione di Costantinopoli non è m'^c litare, o tale lo è in seconda linea: essa èj una questione essenzialmente politica, Quando t turchi avranno fatt0 queUo che intendono di fare e che è il loro dovere sto rico, quando avranno difeso la loro con quista fino all'ultimo, e quando saranno passati in Asia sotto la forma di arislo-\ crazia militare, sotto la quale sono giuntil alla città fatale, ecco che questa sarà il V°™o della discordia gettato in mezzo al l'Europa. La presa di possesso russa è inaccettabile per l'Italia, che non può ve aere sboccare nel Mediterraneo la marcia slava sotto forma di una formidabile po tenza navale senza tatnere per se stessa. E' inaccettabile per le stesse alleate della Russia, che alienerebbero cosi fin dal primo istante quello che esse considerano ormai come il premio della guerra per la 1ucsto che fa ** che noi crediamo di essere pTesenti a <luell° che sarà l'episodio riso^1™0 della ouerra. Ma non può essere che un conflitto, che venne iniziato dalle com-petizioni slavo-tedesche in Oriente, non term"u con la soluzione della questione o prossima pace. Ma chi tratterrà la Russia dall'impadronirsi della preda così lungamente e avidamente desiderala ? In questo mistero viviamo. I giorni passano eguali e ognuno porta la sua nuova, e ognuno che si aggiunge l'oblitera e la confonde. Forse, l'angolo visuale sotto il quale ci appaiono gli avvenimenti è alterato dalla distanza soverchia, e forse è stato rientale. Il sipario non sarà calato sopra la difesa di Costantinopoli, che una nuova guerra avrà principio per la divisione delle spoglie, e quello che per noi era una garanzia di pace diventerà ragione di guerra. In simile occasione che farà l'Italia? Lascierà che Costantinopoli diventi russa, Smirne greca, Beirut francese e Bassora inglese? Bisognerebbe, se non fossimo all'oscuro di tutto, ritenere che i turchi difendono Costantinopoli per noi in questo rumoroso passare di avvenimenti sul nostro capo, del quale udiamo solo il fracasso, come di sotto un ponte al passare di un treno di cui s'ignora la direzione. Noi non sappiamo e non vediamo dove è la nostra bandiera. Dove è l'Italia in questo momento? Più vicina di quanto salpiamo e speriamo, più conscia dei propri doveri e più decisa a eseguirli di quanto sia stata giammai in Levante... Ma per altro nulla sappiamo, se non che un'altra settimana è passala e che l'avvenire è ignoto. CARLO SCARFOGLIO

Persone citate: Carlo Scarfoglio, Greci, Ilio, Lanino, Patriarca, Re Costantino, Smirne, Sviatoslav