"FEDRA,,

"FEDRA,, "FEDRA,, Tragedia in 3 atti di Gabriele B'Annanzio per la musica di Ildebrando da Parma al Teatro alla Seala (Dal nostro critico musicale espressamente Inviato) L'autor* e l'idea Un angolo di Milano tranquillo, silenzioso, quasi sperduto. Va Ausonio. 19. Due rami di scale — un'umile scaletta —: una dimora modesta; un uomo più modesto ancora: Ildebrando Pizzetti. La camera, ove sono ricevuto, ba 1 aspetto semplice, disciplinatamente borghese del maestro. Niika che riveli quel oerto disordine, che vogliamo chiamare artistico; nulla che riclvami a sè la mente in modo particolare. Ma, addossato al contro d'una parete, ecco 11 di: Lare del luogo: di pianoforte. E U suo linguaggio giunge a noi nella nera. vernice luccicante, ed è come un mònito. « Non ti fidare dell'apparenza — esso dice. — Io ho visto le tempeste, gli abbandoni, gli scoramenti, le ebbrezze di quegli occhi che ora ti si piantano in viso dolci, sereni, con una calma quasi sonnolenta e come attonita sotto 11 «pincenez » 'd'oro; in ben altro disordine m'apparverc talora i capelli, se bene anccia alquanto rivoluzionari, nel loro simmetrico taglie- a spazzola; dalla piccola bocca, regolare e ferma non sempre fluì, come ora, la parola senza scatti, senza vibrazioni, ma solo lucida e persuasiva dell'uomo che ha una sicura visione di ciò che vuole, e perchè vuole; la timidità quas impacciata di un modcsito Impiegato uso e paleggiare la povera vita tra l'ufficiò e In casa, la timidità, che ora ti meraviglia penc-ando ai critico battagliero, all'uomo, di cui il mondo musicale si occupa con più fervente curiosità da molti giorni, all'agitatore colto e profondo di idee, è tutta penetrata invece d coscienza, epperò di energia: essa c una specie di timidità vigorosa... Cosi sembra ammonire il pianoforte, nella penombra che l'avvolgo. E il Pizzetti continua:... «Ho cercato di riannodarmi alle, origini del dramma musicalo, che 6 gloria, prettamente italiana. I primi albori del selcerete non saiutarono il sorgere dell'»Orfeo» e del '.'« Airi amia > dei Monteverdl? E il compositore Cremonese ohe altro si proponeva se non di dare un più ampio ed un più naturale respiro alla Qteclamazfane e di. infondeire in essa un maggiore vigore di quanto non avessero fa'*" nei toro primi e tim:di tentativi il Perl ed il Caccimi? Quella, che oggi chiamiamo musica vocale, fu anzitutto parola, poi ritmo, po suono. Alia parola deve essere pertanto restituito l'intero suo dominio. Al musicista l'intensificarne coi suono l'espressione, ma noi mai con danno della naturalezza del linguaggio, non mai inceppandola o piegandola, at. esigenze formali, le quali derivino da uno sp; ciaie e preconcetto atteggiamento del pensiero musicale. Libere la parola e la musica, < strettamente coordinate ad un tempo. Cioè la musica, — il suono — segna dappresso il movimento della parola; lo segna, in tutte le saie fluttuazioni, in tutti i suol rapidi movimenti, tragga dalla declamazione comò l'essenza ai quale speciali forme di linguaggio, che ossa adotterà in seguito-; -conservi intera la propria libertà — sempre entro tali limiti — ; co lorisca, animi, canti, esalti, ma n^n circoscriva la parola o il ritmo in certe *x.Tn« convenzionali, chiuse, pe«r entro le quali l'una i l'aUro corrono il hio di perdere la ìop atri-Uà, la nettezza dei contorni, e spesso anche ,iil loro carattere. Si ritorni alla natural-er za, alla semplicità. Nel .nome dejla naturate za sorse il vecchio dramma muistcale MaJianc. E ouesto troppo si dimenticò in seguito. O a parve ricordato qua e là, come in qualche sublime recitativo della « Norma » fu per iniuit del genio assai più che non per disciplinai raziocinio ». La parola s'è avvivata. Ma la- conversazione deve farsi oramai pesante per ut uomo, che è assi'lato dal pensiero della, prossima prova generale della sua opera. No lo dimostra affatto 11 Pizzetti; si bene devt sentirlo- io, nel nome della discrezione pir elementare. E mi congedo. Non udrò la «Fc •ira» fra un paio d'ore, alla Scala, nella penombra di raccoglimento, che tanto si convir ne alle voci y tù intime, se da esse emana un: qualche profondità, una qualche originalità &' pensiero o di forme? /I contenuto di "Fedra,, Quanti sono i versi di «Fedra» nel poema originale? Lessi Intorno tremila duecento. N rimase meno- della metà nella riduzione ove Pizzetti. Qualche taglio si rivelò ancora necessario durante le prove. Nondimeno U «1, bratto • è ancora, per quanto lo sappia, il piv luogo fra quanti vanno per le scene llrich. d'Italia. Ed è questo un primo indizio di cosciente ardimento del Pizzetti. Ed è ancora nel'a r milizia del poeta a tanta parte dell'opera pr< pria una prova della fiducia che egli ebbe chi a « La ria ve » ed a « Pisarella » aveva dai il tributo di intermezzi musicali, di cui il ,ou lore si ravviva alla fiamma d'una notevole nobiltà di forme. In tre atti è divisa l'azione In « Fed,ra ». Nell'atrio del palazzo di Pitteo a Tregeme ? , , , 1 . , . , .,. ., " , svolge la prima parte; nel pensllno ai esso la seconda; in un selvaggio anfratto nella marina di Limna la terza. Ed ocj-o ilio schiudersi del velarlo la ma.drt^di?rSit* «oT accòrsi con Teseo'sotto ìè L^S^^'JÌS?°fS«2,!, . Jt -"ura di Tebe, prone intorno ali altare, atri tate, sperdute, ignare della sorte toccata ai figli. Supplicano, gemono, sperano. E l'atrio p tutto risonante dei loro gridi, nello strazio della liuura Attesa. Invano Fedra, vuole rinrc ^^«c^Éurito d*l4co nlunce Hai' r«rie. Un messo, bunto a vaco, pungo, ria t segnò della vittora nella corona, che gli ring S' fronte: ma reca in cuore 11 lutto ai cuo~i delle madri. Teseo ha vinto; è vivo. Ma 1 sette e.roj lasciarono la vita nel sangue. Ad Ippo i,-tn flcrllnstr/, di v-p&ni «ali reca anram <t< '}™', n?'~^5, I.fELtZ tt^JuTa2J£, iQa}- cratere d argento; il caval'o Arione, ■ d; stirpe divina, dall unghia, sonora come crotalo di bronzo » e uno «ch'ava Tebana < fior delle prede, vergine regale ». • .rial » prorompe Fedr», concitata nel chiuso e chioso a^ore « notr treue pretre, 'foglio vedrai fi JJU,?Ì J,^*t , , g« ippoWo u. J^fv* 'e » ^t-a innanzi: Fedra tnsi'M^si <*s«ilta allora la D°llez7a d • «-'ovine, cui la fanciulli è destina* in dar*\ * circuisco l'ignara e pavida versine, e sa ^ i6i che tre deeli eroi morirono sotto le miara * Tebe P» 1 ferro d<3' suoi fra,*,I!- A*11 di re, Muoia adunque anche, la bolHsstoa schiava prima che Ippolito la veda e la faccia sual Inesorabile, attanagliata dall'insania della ele logia Fedra pianta cosi l'ago crinale net collo della fanciulla... E alle madri degli eroi si mMlT, rr\ma 1* uonud ti«uil«at<<L, j-, „ " ™H?*SiC22? NeeM*1 vendicatrice del san. gue dei nan. t Ora Fedra (e siamo all'atto secondo) è tor-itarata dà Asta tnwririaì. «d tarano còb6d lo strazio chiede conforto alle arti e alle erbe dei !mercanti fenici. L'amore per Ippolito la «rende agitata e insonne, ed egli le è vicino, e s'è acceso al racconto del Fenicio che vide Eteua di Sparta appena pubescente « bella come la luce » danzare ignuda intorno aill'ara tutta ros- sa del sancue di sgozzati Efebi. Un acre desi- «lerlo di vedere tanta bellezza e di rapirla lo rende agitato ed Impaziente: Fedra, morsa dal serpe di muova gelosia, lo guarda, lo ten- o . - o ta... Ippolito s'assopisce sul giacilio, E la matrigna gli si accosta « col suo passo da lunga pantera » e perdutamente bacia l'adolescente. Questi balza dal giacilto... « N-cn fu bacio d. nadre il tuo! con die bocca soffocato m'hai? » grida. «No, non fu bacio di madre», risponde Fedra anelante. «Non d'amore materno t'amo. Inferma, sono inferma di te. che non mi dai tregua nel sonno, non tregua nel pianto ». Ippolito riesce a fuggire. Ed allora, avida di vendetta, terribile nella collera selvaggia, Fedra, a Teseo che entra, denunzia con ogni mala arte Ippolito come reo d'avere empiamente sfocato su di lei le sue voglie impure. Teseo dubita; poi furente invoca il trace dio del mare, che a lui promise di adempiere tre voti. Sia il primo contro il Aerilo. « Che ■nnanzi -sera egli discenda air-orrore!». Il voto s'è compiuto. Ora intorno al cadavere 11 Ippolito, ucciso dall'infi-snabile cavali» A ione, stanno gli efebi compagni del morto, d Etra veneranda e Teseo. L'aria è tutta risolante di pianti, di invocazioni, di preci. L'aedo. che vide l'ora tragica della morte, racconta alla turba come Ippolito fu ucciso. Ma uno scalpitìo sonante di cavalli e un rumore di ruote -percuote l'aria. E' Fedra. Fedra che innanzi alia salma del figliastro viene a diffondere l'orrore, dopo la pietà, denunziando l'amore suo nefando e il tradimento. La sua '•oce a poco a poco perde ogni valore di cosa umana. E cade sui ginocchi, e in un grido suIwemo si abbatte, morta, sul cadavere della Uraia vittima. **» Come Ildebrando Pizzetti si indusse a musi. «ra questa «Fedra»? Come ttrovò egli nel prezioso filone della poesia dannunziana la salda ■Dateria, In cui Infiggere il piccone del musicista? Certo egli non volle salire sugli omeri lei poeta per unire con fastidioso clangore il 3uo al grande nome di lui. Piuttosto negli intendimenti d'ante, cui accennai dianzi, dobT amo ricercare la ragione di una scelta, che 'arebbe tremare le vene e i polsi, a qualuniue provetto. Che appunto nella mole paurosa lei poema egli deve avere vista la ragione Lell'opera sua. Rivendicata infatti alla parola la. sua piena ibertà; ridonate ad essa l'indipendenza e l'arillità, che le sono proprie nel linguaggio ordilario; bandita ogni più lontana Idea di fare ii essa come 'ima piastrella d'oro, sulla quale si affatichi insistente il bulino del cesellatore nusicata, la slessa mole del lavoro poetico diveniva eccellente materia di esperimento par '.a nuovissima prova. Tanto è vero cho la rapiresentazJone di « Fedra » non- supera nella mirata del tempo tanti altri spartiti, i quali non sembrano lunghi eccessivamente. Ed un Utro vantaggio derivava dalla nobile fatica tei Pizzetti. li linguaggio immaginoso e saliente del D'Annunzio è infatki cosi vario, e •icco da costringere chi volesse valersi r1 ' -onsuete forme musicali ad attardarsi fra ostaali d'ogni genere. Ma come potrebbe essere ciò, se nel concetto lei musicista la musica non deve essere assoltamente — per dirla col vecchio Caccini — un laceramento della poesia», bensì la granile sottomessa e l'integratrice ad un tempo del inguaggio poetico? Essa non è l'ondata breve li certi laghi, rotta ed agitala dal vento in licerti movimenti, che hanno crualchecosa di abbioso; è l'onda lunga e mugsmiante ed pita 'et grandi oceani. Questa musica, che sembra •ravolgene la parola, ne è invece favolta. Essa ;on si tnduga mai: passa rapida a traverso 'azione; ed anche ouando in apparenza s'alluda per dare risalto a qualche tratto più e>pressivo, più caratteristico, non si rista da! novtìnemto. n senso di ampiezza, che essa inronde In noi, è dato dalla forma crrandlo^a iiedl'intima concezione: non dal dilagare dcflla 'rase nei vasto stampo dèi .passato. Cosi non s'Indugia a colorlire l'episodio: polhè tende amettere in valore l'insieme. I moti lell'anlmo, cui si inspira, sembrano cosi con-iderati nelle loro manifestazioni più sempli-i più larghe, direi più embrionali. L'odio, l'anore, lo sdegno sono scolpiti nella materia nusicata come grandi massi, su cui il musi•ista non s'attarda in varietà di disegni musiali, secondo ii momento determinante di un lìatermlnato episodio. lì valore della parola tou è usurpato dal suono. Quella infide va- ia e possente, le sensazioni particolari : 'mieto definisce lo stato d'animo, o l'ambiente nel. e sue forme, nei suoi caratteri più semplici, più intensamente espressivi e rudimentali! ■Perciò non troveremo in «Fedra, alcuna 'iraccla di certe forme chiuse, care al passata • ■icn la quadratura melodica della frase, come è intesa comunemente; non l'ingegnoso gareggiare colla parola per dare ad essa un carattere onomatopeico. Latrino cupamente i molossi d'Ippolito, o ringhii pauroso il bieco cavallo d'Adrasto, non importa. Il valore espressivo di questi funebri precursori, di questi tetri accompagnatori del fato, che guata e va compiendosi inesorabile sulla scena, è designato o accennato, dalla parola. Adempia essa sola a] suo compito! Il lungo racconto dell'Aedo, rievocante la morte di Ippolito, ò eotto questo aspetto assai significativo. Quanta varietà di ritmi e di co loriti musicali avrebbe potuto derivare il Pizzetti dai novanta endecasillabi, onde l'episodio si compone! Invece egli si contenne in una linea larga, semplice, ma scultoria. La nobiltà della tragedia greca rivive qui e altrove, in molti punti, e penetra la musica del suo largo soffio e possente. Cosi non domandiamo al Pizzetti Fuso delpiù di dieci — rapidi, concisi, e caratteristici nel loro svolgimento di poche battute possono bastare per ricondurci ad una forma di unità, che non attinge del resto ad alcun formalismo Certo tutto ciò fa che a tutta prima sembri tenue il legame tra la parola » la musica, poiché la parola è definita, e.il suono non è che pienezza di movimento nel largo commento orchestrala Ma sa questo commento basta od ambientarci, perchè dovremmo domandare qualche sacrificio alla parola, al ritmo? oche la musica si Indugi a colorire non llo-■Uìasè «a il particolare? Si disse che il Pizzetti avrebbe fatto larrjo uso di modi greci. Ed è vero che egli sembr* bandire qualche volta di proposito le risona del cromatismo, caro ai moderni. Ma è vero altresi che egli non rinunzia a nessun al» mento, che giovi all'espressione, ed appunto in tanto si vale di vecchie foggie, In quanto trova in esse un elemento di espressione, più che di colore. . Niun dubbio che anche orni .la medaglia hai il suo rovescio. Che se il dominio deve essere otiservato alla parola, alla naturalezza ed ah l'energia dell'accento drammatico, occorre che) .a parola risulti ben chiara; ebe 11 ritmo musicale si pieghi agile a tutte le inflessioni del ritmo poetico; che gli interpreti si assoggettino ad un faticoso e nuovissimo studio. Ora spesso ciò non è, nè può essere, ove la pienezza del discorso musicale offuschi la nettezza della parola; ove il verso non renda alla sua volta quel tanto di musicalmente e-, spressivo, che è nella sua essenza. Cosi può. accadere ohe la declamazione si trasformi In clamoroso vocìo, come accade ad esemplo in molta parte del primo atto. D'altro lato, per quanto sia abile la condotta orchestrale, per quanto essa prodighi ricchezza di ritmi e di coloriti, noi ci troviamo a tutta prima disorientati, polche mancano a noi' i capisaldi, cui aggrapparsi come a pointt de repere per dominare l'ampia visione scenica. Inoltre il valore espressivo di certe idee pi*9> cipali non ci si affaccia subito alla mente nel tumultuoso avvicendarsi dei suoni. E 11 verbalismo d'annunziano qua e là ci soffoca, se anche la forma, di cui esso musicalmente'si veste, sia tutta tessuta di stoffa leggera e sventoli tutta vibrante al vento della parola. Ma non perciò 'il tentativo del Pizzetti il meno ricco di bellezza, di ardimento, e meno nobile e meno denso di avvertimenti. Innanzi a fatiche, come questa, noi ci scopriamo con riverente commozione. Questo «prosatore», questo « parlatore musicale » come piacque a qualcuno di definire il Pizzetti. ha un'alta e grande visione: ha innanzi a sè una mèta, culi agogna e perverrà. Il suo tentativo è'una pietra miliare nell'ampia e lunga e terribile via dell'arte. Non vederla può essere dei distratti; trascurarla e) degli ostinati: cioè di coloro, cui piace essere ciechi deliberatamente. Il successo Intorno alle 31. nel raccoglimento di un1 pubblico magnifico, di cui la curiosità è vivamente eccitata dal grande discorrere fatto nel g.orni passati sugli intendimenti del Pizzetti, l'opera comincia. E molti nel canto declamato credono subito di scorger© una derivazione Debussiano, L'osservazione non è completamento infondata:: ma deriva talora assai più da una certa affinità di intenti, che non da una qualsiasi formai di plagio, o almeno di imitazione. Il coro delle madri supplici appare persino esasperante nell'alto vociare sulla scena. Ma l'effetto pittorico è magninco. L'atrio del palazzo di Teseo, illuminato da luci al tramonto, è imponente. E gli atteggiamenti delle persone della tragedia bene corrispondono ail'ambien-' te. L'attenzione perdura durante tutto l'atte, di cui il valore musicale appare di quando in, quando come sacrificato al carattere letterario del libretto, e alla mancanza di passionalità. Un quadruplice applauso saluta II chiudersi del velario. E tre volte compare l'autore non senza contrasti, dovuti ad un senso indiscutibile da Stanchezza. Ma la viva attenzione si rinnova al cominciare dèi secondo atto. Bellissimo lo scenario f rip^na un Alma Tadorna* la disposizione deli personaggi. Dall'azione, dal commento musicale a poco a poco si alza un vento caldo di passione, che conquista 11 pubblico sovratutto nelle due scene fra Ippolito e Fedra e tra Fedra e Teseo. Ormai la vittoria si disegna con ferma sicurezza. Quattro chiamate unanimi salutano esecutori ed autore. Eh si che molti, erano 1 preconcetti; non senza animosità palesi o latenti! Altre tre chiamate salutano l'autore e gli interpreti al finire dell'opera. Ma già aveva ot>i tenuto un timido applauso la trenodia peri la morte di Ippolito, cioè un coro Interno dil ploranti sulla salma del giovane ucciso: coro1 trattato magnificamente per otto voci sole, mai alquanto scolastico nello svolgimento, e lungqj Lungo, del resto, apparve l'atto intero, onde non dubbi segni di. stanchezza percorsero qua e là la sala imponente. Ma in genere si, rese giustizia alla nobile fatica del Pizzetti* E colla messa in scena, veramente bella ancha inel terao att0' 8™?'? ^ cu-'-'? «"rendi del maestro Mingardi, del Rovescalli, scenografo, del Rama, che disegnò i costumi (forse non perfettamente dell'età eroica), fu ammirata lai esecuzione. La Kruceniskl, su cui pesa una grande responsabilità Ih una parte faticosissima, si rivelò ancora una volta degnissima intèrprete, per nobiltà di esecuzione e di atteggiamenti scenici, se anche la voce sia sembrata alquanto stanca al finire dell'opera, anche pereti» troppo si pretese da essa; il Di Giovanni (Ippo'itn) ebbe caldi accenti e vibranti, uniti a, voce bellissima; li basso Cirino fu un magni* fico dlcito'-e. e piacque U Grandini (Teseo). •Sono difficili e molte le altre parti. In tutta fu una gara di interpretazione, per quanto siano poche le risorse per un cantante. Ricordo Fanny Ani tua, la Bertazzoli, Ines Cesari, il Paci. Dorina Thomas, e le sette supplici.- Cornetta, Ferrari. Garavaglia, CovoniFiorin, Olivieri, Ricci, Thomas. li Marinuzzi confermò eccellenti qualità dirigendo un'orchestra che parve possente per. colora, per equilibrio, per vigore di esecuzione. E s'ebbe lodi grandi e meritate il Roma»» che (strusse 1 cori. Cosi la Scala chiude degnamente una sf% olone, che ebbe momenti alquanto difficili. 'E,0^; ^^^^^^^nT\ey^''aA

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