A proposito di trattative

A proposito di trattative A proposito di trattative Ne.l delicato momento storico che l'Italia attraversa è corsa la voce di trattative che il Governo italiano avrebbe iniziato con l'Austria con la mediazione della Germania, trattative intese a risolvere le cause di dissidio che esistono fra le due nazioni. Che tali trattative l'ossero possibili 'ed utili ad entrami)" le nazioni hanno affermato autorevoli giornali tedeschi. Per coiuto alcuni giornali austriaci ugualmente autorevoli si sono affrettati a dichiarare che. la voce era assurda perchè il fatto avrebbe urtato contro una questione di principio: essere l'Austria decisa a non cedere «un palmo solo del suo territorio » e meno clic mai città che rappresentano « le più preziose gemme della corono ». Noi non sappiamo se trattative di tal fatta siano state realmente avviate; e nemmeno possiamo congetturare se cs.se siano desinale a giungere ad una conclusione tale da soddisfare (quelle « aspirazioni nazionali » di cui solennemente parlo l'on. Salamdra e sulla legittimità delle quali siamo pienamente consenzienti. 'Ma in quest'ora rtl incertezza ci pare non inutile rievocare un precedente storico, riepilogare brevemente una situazione politica che ha più di un punto di coutatto'con quella attuale. 'E' un precedente che può essere meditato utilmente dai giornali austriaci. La storia ha corsi e ricorsi fatali, e si può trarne più di un insegnamento preziosa Nell'anno 1853 il principe di Bismarck già inteso, solo contro tutti, contro il suo r.1, contro i circoli di Corte, contro il Parlamento .prussiano, a tessere 'le fila del suo gigantesco disegno di unificazione della Germania, approfittò dell'animosità cresciuta in vari Stati delta Confederazione germanica contro la Danimarca per la questione dei duoali dello Schleswig e dell'Hr!stein, per attrarre l'Austria nel suo gioco. Tutti sanno che la Prussia e l'Austria alleate invasero nell'anno seguente i due ducati. Il Bismarck, con quella sua formidabile preveggenza sapeva clic tale invasione fatta in comune avrebbe creato inevitabilmente dissidi con l'alleata e gli avrebbe offerto l'occasione di attuare il suo ve*: chio piano: la guerra contro l'Austria, fatta allo scopo di strapparle il primato neOla Confederazione tedesca, di indebolirla territorialtaiemte e di farsene una suddita lar vata. Al momento opportuno scoperse le sue batterie: notificò all'Austria che l'interesse della Prussia richiedeva ohe a capo dei due ducati fosse posto un principe tedesco, mi luogotenente puro e semplice, della Prussia. La minaccia colse l'Austria impreparata, scrive il Oliala [Cenni sloriei sui preti mina-i della guerra del 1866): «L'Austria infatti attraversava una crisi delicatissima Mal sapendo risolversi ad afforzare la sua posizione liberandosi della Venezia, aveva sperato di trovare in quella vece un aumen to di vinaria e di saldezza riconciliandosi con l'Ungheria. L'Imperatore Francesco Giuseppe recatosi il 6 giugno a Pcst, vi aveva ricevuto un accoglimento festoso, ma era ben lungi ancora dell'aver ottenuto lo scopo che si riprometteva. Arrogi che il tentativo di riconciliazione con l'Ungheria, dovendo esser basato su di una serie di concessioni dell'eleimento austriaco all'elemento ungherese, aveva necessariamente per effetto di provocare nei suoi primordi una dislocazione della macchina governativa e quegli ondeggiamenti inseparabili da ogni grande Innovazione ». Dinanzi alla minaccia della Prussia l'Austria dovette venire a trattative e ne venne la convenzione di Gastein con la quale la Prussia si prendeva l'Holstein coi migliori porti baltici e lasciava all'Austria io Schlcswig. Non era che un primo passo. D. Bismarck riprese immediatamente il suo piano per isolare l'Austria e batterla poi nelle migliori condizioni. Avviò trattative con l'Imperatore dei Francesi: offriva alla Francia il Belgio puT di aver mano libera con l'Austria: l'Imperatore dei Francesi, pur non accettando l'offerta, dichin'rò di non ingerirsi nelle' cose germaniche, affermò il suo proposito che in eventuale rivolgimento I'Ita-Ma acquistasse la Venezia. ■ L'Austria non ignorò quelle trattative: vedeva clie la forza della Prussia stava ne/1vappogg,io indiretto della Francia. Cercò pertanto di togliere la carta della Francia dal gioco del principe di Bismarck. Ma v'era un ostacolo e questo ostacolo era la questione italiana: «L'Austria — scrive il Oliala — poteva sperare che la Francia inon istigasse l'Italia alla guerra; ma non !"°n istigasse uwiw ana ( ;poteva pretendere che le impedisse di va L. deli<occasione che la Prussia le aveva . T,A„ ! presentato per menuicare la Venezia. i,aue stria avrebbe provveduto alla sua sicurezza qualora avesse fatto la rinuncia della Venezia; ma gli avvenimenti non le sembravano ancora cosi gravi da indurla a questo sacrificio. Un tentativo ufficioso che ai primi giorni del novembre era stato fatto a Vienna col consenso del Gabinetto italiano, e altre comunicazioni attinte a fonte autorevole dimostrano che l'Austria non escludeva oramai la possibilità di una cessione, ma solo nel caso che avesse conseguito colle armi un compenso territoriale equivalente ». A questo avrebbero dovuto spingerla anche i commutiti che i giornali ,teda«hi facevano alla situazione. La Koel \nitche Zeitung, organo del Principe di Bi¬1 .. , , Ismarck, pubblicava nel settembre del 18G513""" • 1 un articolo [Chiala. La politica italiana eo! l'fljnmtnisfru/oiie della guerra dal 1863 al l1866^ 'u CU1 metteva in luce la forza prczio dai 800.000 wlteU « «xalleati «ttu osaiu«-ai a a o e r a n o ò a a a l a n rapporto » che contava l'Italia, la superiorità della flotta italiana sull'austriaca e la sua possibilità di operaro sbarchi sulle costo dell'Istria e della Dalmazia». Sorse allora in Italia, come 6 sorto oggi per Trento c Trieste, il problema della Ve¬ lctlgnezia. Dice il Chiala: «Se in tale stato dijpcoso si fosse offerta la possibilità di coni- mpierc l'indipendenza italiana altrimenti che lcollo anni, vale a diro mercè accordi diret- uti con l'Austria, il Governo italiano flvréb- ibo dovuto astenersi dal tentare questa via? zlli Italia correvano due opinioni diverso priguardo all'acquisto della Venezia. Gli uni,«consideravano quasi come utna sventhira • vottenere la Venezia mediante trattative; l'e-:sBercilo italiano, dicevano essi, aveva biso-|cgno di cementare col sangue ì vnrii ciò-1rmenti coi quali era venuto man mano co- istituendosi, senza di elio non avrebbe mai sformato un tutto compatto, e stretto con lvincoli sacri od indissolubili. Gli filtri, pur Mapprezzandn i nobili Sentimenti dell'opi- lriione sovra espresso, riguard-i-ano la qu»;-jvstione della Venezia, più come una questio- ,no politica che 'come militare, epperciò <quando si fosso potuta compiere l'indipen-:rdenza italiana col mezzo di trattative diplomatiche, avrebbero creduto di fallire ai doveri del patriottismo non tenendo di esse verun conto ». Questa doppia corrente ebbe un riflesso nelle discussioni parlamentari. Il Lamarmoia, allora presidente del Consiglio, « sebbene come militare si sentisse inclinato più alla prima che alla seconda di queste opinioni, corno uomo politico e capo di Governo si accostalva a quest'ultima,». Nel a a a e n e o i ¬ 5 e l i suo discorso alla Camera il 12 novembre 1864, aveva. espresso l'avviso « che se la questione deKla Venezia si fosse potut.i sciogliere col mezzo delle trattatiive, sarebbe stata una fortuna per l'Italia quanto per l'Austria». Rispondendo alcupi giorni dopo ad una interrogazione del Bixio, diceva: K A far la guerra bisogna scegliore l'opportunità, bisogna che vi concorrano certe condizioni che permettano di intraprenderla con probabilità di successo; ed in verità io non posso credere che l'onorevole Bixio sia poi tanto feroce da opinare di dover fnr la guerra anche quando si potesse ottenere il desiderato risultamento stanza le enormi spese che essa reca e- sopratulto senza sacrificare migliaia e migliaia di uomini». E aggiungeva: «E poi, coloro che parlano cosi indifferentemente di sangue, dovrebbero pensare che questi uomini, che ora si vorrebbero con tanta facilità sacrificare, non sono più quei mercenari che componevano gli eserciti altre volte: bisogna riflettore che il sangue che ora si versa sui campi di battaglia 6 il più puro della nazione ; noi dobbiamo usarne bensì, quando è necessario, ma ■abusarne giammai ». E il Lamamiora intavolò trattative per mezzo di un intermediaro. 11 Govrno italiano « si contentava di ottenere la Venezia con accordi anziché con le anni, ma a patto di non retrocedere in nessun punto del rimanente programma del Regno d'Italia, di non prendere nessun obbligo, altro che di pagare il prezzo che sarebbe convenuto, e di non lasciar mettere nessun vincolo alla sua azione politica ». Ma l'intermedi arto se « potè convincersi che l'Au stria aveva ormai smesso ogni velleità di predominio m Italia, non riuscì egualmente a vincere due pregiudizi: il primo, che una gran Potenza non poteva parere così umilmente ragionevole da cedere un territorio di cui non era più in grado di giovarsi, senza guadagnarne un altro; di se «sondo, che una potenza militare non doveva tollerare una diminuzione df possesso senza aver prima provato con le armi che era abbastanza forte da non lasciarsela ìmp'.rrc ». Non volendo cedere la Venezia, l'Austria per far qualchecosa per amicarsi la Fran eia « fece i primi passi per riconoscere il Regno d'Italia facendo precedere queste pratiche da una serie di riforme politiche ed amministrative accordato ai suoi sudditi ini linai, dalla concessione di un'amni stia e dalla revocazione dei sequestri ». Era troppo poco, evidentemente, ed erano più avveduti del Governo austriaco i giornali. La Presse e l'Ost Deutsche Post incitavano il Governo a cercare un componimento con l'Italia, vedendo giustamente che il pericolo maggiore era dalla parte aella Prussia e della Russia « amiche pericolose ». Ma il Governo austriaco per disarmare l'Italia non seppe che offriiìc di estendalo a tutto il Regno i benefìzi del trattato commerciale conchiuso nel 1851 con la Sardegna e di riprendere i rapporti diplomatici. Allo proposte austriache fatte per l'intermediario della diplomazia francese, il generale Lamarmora rispose che sarebbe stato lieto di entrare in rapporti commerclal'l con l'Austria ; ma in quanto ai rapporti diplomatici dichiarò come noti potesse ammetterli altrimenti ebe a titolo di avviamento alla soluzione della questione veneta : « Noi non lasciamo mai ignorare alle Potenze amiche — egli scrisse al Nigra, ambasciatore a Parigi — che lo stato di cose che continua a mantenersi colla forza nella Venezia, rende impossibile ogni serio e durevole assetto di questa parte d'Europa. Tale situazione che a noi spetta più che ad ogni altro di deplorare, indica baslevolmente in qual seuso possano venir iInaiaitmii- adoperati gli etoni generosi del rzrdagMsduddmLcggsqsm le Potenze che desidererebbero una vera conciliazione fra l'Italia e l'Austria ». Era mi parlare chiaramente e nobilmente. L'Austria non credette di proseguire le trattative. Tutti sanno che cosa no seguì. L'Austria fu battuta a Sadowa dai prussiani: perdette irrevocabilmente l'ege monia nella confederazione germanica e la vit1e trasmessa alla Prussia: perdette ugualmente, forzata dalla situazione en i"°pea successiva alla guerra, quella Vone z'a c'ie non aveva voluto cedere in via di plomatica. Ora non ò chi non veda come «na visione politica più larga e serena a vrebbe potuto risparmiare all'Austria la sconfilta e la menomazione. Tutti eanno cn0 a Sadowa le sorti della battaglia furono in bilico: se l'Austria avesse potuto impiegare contro i prussiani le ta-mppe di s'°catc in Italia, poteva molto probabilmen le riportare la vittoria, deludere la trama Msmarckiana e conservare l'egemonia nel la confederazione germanica. L'Austria non volle intendore la fatalità storica: non vol ,a cedere in alcun modo il Veneto, c lo per <Iette ugualmente con altre perdite maggiorì- Sc ,a storia.insegna qualchecosa, ci pa- re che questo precedente storico non sia sei-: za utilità di meditazione. Noi pensiamo che questo precedente storico dovrebbe sopratutto essere meditato da coloro i quali, senza voler ascoltare alcun'nltra ragione, vanno predicando la guerra come l'unica via di salute per l'RaMa. Ossessionati da quest'unica idea, costoro osano accusare di. viltà ammantata d1 prudenza e di astuzia diplomatica gliuomini che. pensosi della immane posti del gioco, avvisano e studiano • — prima di arrivare al più grave — tutti i mezzi atta a dare con sicurtà forza e grandezza alla patria. A codesti ossessi particdlaTmente noi dedichiamo le parole di Alfonso Lamaroiora, al cui patriottismo e at cui coraggio debbono inchinarsi fal-meno vogliamo credere) anche i guerrafondai di oggi- Egli era niiatti un soldato, un vero soldato, aveva partecipato alle guerre del '48, de] M9, del '50, e quando pronunciava quelle parole aveva l'animo ben pronto e deciso a intraprendere la quarta guerra d'ItaMa. Ma egli pensava che alla guerra s: dovesse ricorrere soltanto come ad estrima ragione e che non disdicesse a un popolo il ricorrere prima alle trattative. Sol* tanto gli uomini che cosi pensano e cosi agiscono, possono poi. nel momento oppottuuno, chi-edere affla nazione tutti i sacrifizi denaro e di sangue che sono necessari perchè la nazione sa che quegli uotninihanno fatto prima tutto quanto era compatibile' colla dignità e coM'onore per evitare la guerra. Cosi pure, nella nostra m» desta sfera, siamo convinti di preparare noi con maggiore efficacia Jl Paese alla guerra, facendo il possibile per evitarla, che non quelli1 che vanno facendo tutto l'impossibile per volerla. E non è certo illusione la nostra di credere che se uii giorno verrà in cui l'onore e la dignità detta, patria richiederanno la prova, estrema, l'appello, che partirà da questo foglio, avrà un ben maggior valore di quello di coloro, che da sette mesi vanno ogni giorno deplorando che l'Italia non sia entrata subito nel conflitto. L'insegnamento ci viene da un soldato pieariontese. Un comunicato ufficioso sul discorso Salandra a Gaeta Roma, e, mattino. Le entusiastiche e patriottiche manifestazioni avvenute domenica durante la gita a Gaeta del Presidente dei Consiglio, hanno dato origine a relazioni di incidenti, inventati o grossolanamente esagerate sui quali si esercita naturalmente l'ingegno dei chiosatori. Il vero è che il Presidente del Consiglio, sia rispondendo brevemente ai brindisi del deputato Tosti, del generale Morra e dei sindaci di- Gaeta e di Elena, sia prima o dopo il banchetto, non disse altre parole di carattere politico oltre quelle fedelmente raccolte e comunicate dalla « Agenzia Stefani » alla stampa. (Ag. Stefani). La modificazione alle parole dell'on. Salandra, cu: accenna questa nota ufficiosa, èva stata fatta dal « Giornale d'Italia ». Nuove forze austriache alla frontiera montenegrina Cettlqns, 7- Si segnala che gli Austriaci riuniscononuove forze sulla frontiera monlenegrina.