La tesi del Paese

La tesi del Paese La tesi del Paese /Chiudevamo il nostro ultimo articolo dipo, tanica col Secolo con una semplice doman: jda: domandavamo ài foglio radicale milanese una chiara ed onesta risposta: Crede '.fi Secolo che, se l'intervento armato del'l'Italia nel conflitto fosse stato attuato dal primo giorno che il Secolo a gran voce lo ctrrdNvreclamava, i nostri obiettivi nazionali sa- crebbero oggi più vicini o più lontani dalla grealtà? -a.. La nostra domanda è stata vana. Il Se- Wcolo non risponde; cioè risponde che la no- G; latra domanda è assurda,' perchè fondata Mbu uh presupposto falso. E per dimostrare pbhe questo presupposto è falso, fa la storia l'dsila propria attitudine di fronte - alla cguerra. ... . fr. E' una storia curiosa, ma è utile ed eio» equente. Dichiarata la neutralità, il Secolo t■ inscriveva un articolo, in cui protestava che g'la nostra neutralità doveva essere assolu- mtemente quale l'aveva indicata il Gover- fno : << Tutti ì cittadini debbono raccogliersi gspontaneamente, con disciplinata coscien- za, intorno al Governo, che col suo atteg- giumento di prudenza e di fermezza ha mostrato di voler tutelare il sentimento, il diritto, l'interesse del Paese ». Non solo, ma trovava la circolare dell'on. Salandra, che- vietava le pubbliche dimostrazionipro " o contro le vicine Potenze belligeranti, « so-1 véra, ma non inopportuna». E conchiude- va saggiamente: «imponiamoci la virtù Idei raccoglimento e del silenzio ». Non ba- sta. Il Secolo era anche eloquentissimo con-j tro ì pericoli del sentimentalismo e dellej Simpatie politiche. Scriveva: « Crediamo di non essere sospetti di parzialità se diciamo francamente che alle calorose esortazioni che ci vengono dall'Inghilterra e dalla.Francia perchè, rompendo la proclamataì neutralità, scendiamo decisamente in armilà secondare lo sforzo dei combattenti con-1 • tro i nostri alleati di ieri, dobbiamo op-jporre una.libera e dignitosa e prudente va-'lutazione del nostro interesse nazionale^ ' eùprema ed unica norma del nostro dirit-, to e del nostro dovere. A quei giocolieri i della politica, che ora ci vorrebbero im-!Spegnati senza esitazione in una guerra a;fianco della Francia, con la stessa legge,rezza criminosa con cui l'altro ieri avreb' -bero voluto trascinarci alla l'Austria, non vale la pena di rispondere», ' Egregiamente. Noi ringraziamo profondamente il Secolo di averci posto sottocchio queste sue paròle. Dunque il Secolo «Ilo scoppiare della.guerra era per la neutralità vigile e prudente, era pel « raccoglimento », era per « la virtù del silenzio ». -Non solo, ma era coritrariissimo a scendere guerra per, in campo per la Francia e per l'Inghilter-!ra. Diceva, cioè, quelle cose che abbiamo , dette noi in questi ultimi giorni, O dunque, se il Secolo è perfettamente d'accordo con ..'noi,, perchè sì arrabbia delle nostre parole ■• ci investe con questa polemica? Geco: la spiegazione del mistero è questa. Il Secolo, in epoca imprecisata, per ra¬ .<f»onl che non dice — nè a noi, nè ai suoi 'lettori — ha perduto per via quella conce-1v. alone della neutralità; l'ha tanto perduta, che è giunto tacitamente alla concezione opposta: dalla neutralità vigile e prudente, dal silenzio, dal raccoglimento, è giunto all'eccitamento alla guerra. E' un bel caso: ma si sa, sono casi che •capitano. Qual'è la causa di questa mera- vigldosa metamorfosi? Quali fatti sono,awe-• nuti a .persuadere della necessità della guer- ya a fianco della Trìplice Intesa chi voleva _. j. i ' ,j « s'ii -, .tenersi prudentemente neutrale? Poiché il •Secolo non ce lo dice, noi non possiamo •immaginarlo: di questo solo dobbiamo ^ *i J.c, , 'prendere atto: che fl Secolo non vuole«rompere in guerra immediatamente», nWi(però ritiene «inevitabile la nostra parteci- -pazione alla guerra, col benefico risultato .di integrare il nostro confine orientale, disorreggere la causa'pencolante della Ser- -biaedel Belgio, di impedire l'egemonia au-■triaca nei Balcani», ecc.. ecc. Ora noi domandiamo a qualunque per- sona serena legga queste parole se questo non significa precisamente ciò che abbia-■jno scritto, che, cioè, il Secolo eccita il Go-verno alla guerra. .-. Il Secolo eccita alla guerra perchè la ere-, d. inepitooile. Come mai possa conciliare questa sua teoria attuale con quella dellaneutralità, di cui con parole cosi eloquenti lumeggiava la necessità allo scoppiare dèi- la guerra, è cosa che riguarda il Secolo ed i suoi lettori Noi non ci lambiccheremo ilcervello per cercarne la soluzione: ci ba- sta prender atto che il Secolo era per la .nsutralità prudente, ed ora è per la guer-ra a qualunque costo, se anche «non im- mediatamente » : non sappiamo se i suoi lettori saranno contenti della sua logica; nci sappiamo che i nostri saranno soddi- diarti della nostra. iSeoonchè a Secolo, ferito dalle nostre de-signasioni di idealità massoniche da tute- lare, non si limita per difendersi a esporre jBganuwnente l'insanabile dissidio della SU«. condotta: vuol fare qnalchecosa di >j*u: presume di accusarci di incoerenza, f O Secolo esuma un brano dell'articolo da W■ nof scritto all'indomani della dichiarazione di toeutraiità. Grazio infinite.' La 'nostra mo- destia eli impediva di citarlo; ma poichè il Secolo lo ricorda, noi non abbiamo più ragiona di nascondere il nostro compiaci- manto. Da quell'articolo ad ora la nostra concezione non è (come quella dot Secolo)te: è sempre quella stesa», nostra concettane sta sompti**. Allò oattltà noi sperato che la guerra si localizzasse, e che l'Inghilterra no. rimanesse fuori. Lo abbiamo ape rato perchè, per ragioni troppo ovvie a di re, nel nostro concetto l'Italia non poteva desiderare di trovarsi contro l'Inghilterra. Non soltanto Interessi comuni ci avvincevano a lei, ma anche accordi diplomatici.che non sì seppe mai se scaduti o in vigore, ma che saremmo indotti a credere ancora in vigore, pel fatto che il ministroWinston Churchill, nella sua intervista col Giornale d'Italia, dichiarò che lo StatoMaggiore'inglése non'" aveva'mai contempiato l'ipotesi di una guerra contro l'Itaìa. Noi"potevamo'-rogionevolmente sperare che, se l'Inghilterra si conservava neutrale, fosse possibile.. all'Italia di concludere conessa una Lega dei neutri, che avrebbe potuto premere fortemente sulla guerra, Le-gà dei neutri che, con efficienza infinita mente minore, altri ha voluto poi proporre fra l'Italia e i popoli balcanici. Poiché l'In, ghlltcrra scese anch'essa in campo, la ueutralità ci parve anche più necessaria. Da quel giorno od oggi la nostra concezione non è mutata. Anche oggi crediamo che convenga all'Italia (per adoperare le parole stesse del Secolo, ma del Secolo di quattro mesi fa) avere per..« suprema ed unica norma del nostro diritto c del nostro dovere ùria libera c dignitósa e prudente valu tazione del nostro interesse nazionale »Non 6 colpa nostra so .il Secolo non è più con noi. Ce ne duole infinitamente, ma che farci? Era destino, Ma è in grave errore il Secolo quando afferma che la-nostra tesi è impopolare in Piemonte. Impopolare nelle loggie masso niche? E' probabilissimo : ma è logico e non ce ne duole affatto: anzi. La Stampa lo ha sempre combattute, le. combatterà sempree ogni giorno reca nuovi casi per cui è dovere patriottico combatterle, perchè si trovano sempre là dove, non si dovrebbero trovare niai, dal palazzo di giustizia alla politica estera. Perchè, in che cosa .consisterebbe questa impopolarità? La nostra tesi è tale e quale fu sempre ed è quella che è veramente affermata dal popolo italianonelle sue più eloquenti manifestazioni. E' latesi che ha affermato il grande partito liberale e che ha fatto sua anche il partito radicale. .Essa è formulata solennementechiaramente ed inconfutabilmente nell'ordine del giorno dell'on. Bettola votato a enorme maggioranza dal Parlamento : <i La Camera, riconoscendo che la neutralità fu proclamata con pieno diritto e ponderato giudizio, confida che il Governo, conscio delle sue gravi responsabilità, saprà spiegare, nei modi e con i mezzi più adatti un'azione conformo ai supremi interessi na zionàli », ordine del giorno che è lumeg giato dalle dichiarazioni del proponente « neutralità che non sia supina rinunzia ma vigile e serena osservazione, presidiatda una salda preparaziono militare, pronta a difendere i supremi interessi nazionali, quando essi siano minacciati o misconoschifi >(.' E ancóra: « azione politica ch sus1' avvenimenti e prevenga dolorose è 'irreparabili sorprese »; nell'ora icui « l'Italia deve- sentire sovratutto il bsogno di bastare c di pensare a se stessasenza ascoltare nè la lusinga di interessaadescamenti, nè la pericolosa suggestiondi astruse od astratte concezioni le quali P"" quanto mosse da nobili idealità, possono far perdere il senso della realtà o turbare la positiva visione di veri interessi ma teriali e morali ». Questa è la concezione della neutralit v , che ha aVUt° 11 jconforto defl'appnwwlondeUa Camcra e del Senato> e 1utesta è , nostra, Ma ^ capisce che non è queUa ^ Seco,0Lunffi dairlspirarsi a un punto ^ vista ita Uan0j esclusivamente e diciamo puro ego^icamente itaiiano, il Secolo dichiara inevHabile la e ■veaAA1 ^ integrare„ nos)n CQnflne orientale. sorreggere la causft peticolante della Serbia e del Belgio; impedirr l'egemonia austriaca nei Balcani, affreUzre la fi1Wi non senza giustizia de l'immane conflitto »? Avevamo torto di dire che è un punto dyistanon esclusivamente italiano 11 sue? C io dice esso stesso. Ora noi possiamo provare come uomini il più doloroso spasimo pe io strazio del Belgio, possiamo credere comcrediamo che la Germania abbia commess non solo una trista azione, ina anche u enorme errore di cui sconta già sin d'or la pena nel riflesso dell'opinione pubbliceuropa; possiamo ammirare, come arami ria mo, l'eroismo della Serbia degna di esser paragonata al vecchio Piemonte, e il cui popolo, forte e Ubero, sta scrivendo nella sta ria d'Europa una pagina militare di mera gliosa bellezza; ma non crediamo per ciò ch l'Italia possa e debba abbandonare la v sdone dei suoi gravissimi e supremi in te ressi per combattere in prò del Belgio e dela Serbia Rimane a considerare il pericolo intravvisto ora, dal Secolo, della egemoni austriaca nei Balcani e il fine della nostr guerra con la integrazione del territorio na zionale. E qui ci pare che il ragionament del Secolo si faccia più che mai debole illogico; perchè quel pericolo è oggi diven tato, e va ogni giorno più diventando, me no grave, meno incombente. A considerar gli eventi della guerra, non si vede certo che l'Austria sia in istrada di compier quel programma di espansione nei Balcan che fu il primo movente della guerra. Anz,Quanto al nostro confine orientale, ritorniamo a porre al Secolo la domanda, che gigli abbiamo rivolta: se cioè, entrando ogg in guerra, noi ci avvkinsteoamo di pio s nostro scopo, o se non piuttosto lo compro- rmetteremmo con una mossa Imprudente «Lcintempestiva. Qui sta 11 dissenso profondona o l o e , n - fra le due concezioni: la nostra e quella del Secolo. Poniamo, abbiam detto, la domanda e se il Secolo non saprà darci la risposta, potremo darla noi stessi a suo tempo.. Da oggi intanto possiamo mettere in mora il Secolo sulla sua dichiarata volontà di muovere imprescindibilmente la guerra. Quanto poi all'affrettare la fine dell'immane conflitto, dichiariamo che se il Secolo avesse un'idea realistica sul conflitto, che del resto egli stesso chiama « immane », non insisterebbe più nella sua visione, la quale, oggi come oggi, non è altro che una illusione. Ancora un rilievo. Il Secolo, a corto di argomenti, si mostra sorpreso che noi. gli attribuiamo la paternità della guerra, mentre altri giornali, anche non democratici, vi si mostrano proclivi. Abbiamo una semplice risposta : Combattiamo la tesi del Sècolo da chiunque sia sostenuta, perchè è nostra convin nststtpzmlguddmb rione profonda che sarebbe più che un er» córe, un delitto, uscire dalla neutralità quanno non lo richiedesse un supremo interesse nazionale; anche se le.nostre simpatie personali possono essere più vive per una piuttosto che per un'altra parte dei belligeranti. Noi concordiamo punto per punto colle ideò svòlte alla Camera dall'on. Battolo, accettate dal Governo, approvate dal Parlamento, e che hanno avuto la sanzione da tutto M paese. Il quale vuole che il Governo perfezioni ogni giorno più il nostro apparecchio militare, che sia vigile e prudente : « neutralità che non sia supina rinunzia,. ma vigile e serena osservazione; presidiata da una salda preparazione militare, pronta a difender, i supremi interessi nazionali quan- do essi siano o minacciati o misconosciuti», . Tesi limpida e chiaro, che sosteniamo con . -.. , . , . „ ,. „ lutte le nostre forze: e .siamo lieti di assu- mere intera la responsabilità di averla so-«domita oirei rti fronte a coloro che vorreb-stenuta oggi eli ironie a coloro cnc vorreo bero gettare il paese in un abisso senza no-me e forse senza uscita.

Persone citate: Churchill, Salandra