Come si ricostituisce il nemico?

Come si ricostituisce il nemico?Come si ricostituisce il nemico? (Dal nostro inviato special» al fronte) QUARTIER GENERALE, 13 novembre. L'estate di San Martino non cessa di sorridere ai campi di battaglia del Carso e di Gorizia. Un tepore dolce — troppo dolce perchè aia duraturo — è diffuso nell'aria serena; e si vive come in una mesta parentesi di primavera. I soldati, che conoscono ormai il clima di queste regionii, approfittano del breve intervallo benigno per' togliersi dalle membra il torpore delle lunghe giornate di pioggia passate in una cuccia, rannicchiati e infreddoliti. I nervi si tendono, i muscoli riprendono vigore, il corpo si snoda sotto la carezza del sole. E intanto — sulvo che in prima linea, dove l'esistenza si svolge perennemente al coperto — nei luoghi relativamente meno esposti, dalle bassure delle doline, dai camminamenti delle quote, dai tetti delle baracche si vedono sbucare, appena mosse dal vento, le biancherie della truppa distese ad asciugare. Col bel tempo riprende il movimento d'ella retrovia, si rianimano le strade nei punti coperti ed i sottopassaggi nei punti scoperti. E ricomincia la guerra, col suo eterno giuoco delle granate in arrivo e delle granate in partenza. I due opposti eserciti si tastano, si assaggiarlo, si stuzzicano, ai apostrofano magari colla voce insolente del cannone, come per dirsi : « E adesso, che avete intenzione di fare? ». Ciò che si vede dal Fajti Hrib Ma le intenzioni sono nella mente dei capi, e basta. Nessuno degli austriaci conosce quelle dei, suoi, nessuno dei nostri conosce quelle dei nostri. Nemmeno i capi delle piccole unità possono sapere se non dò che riguarda l'esecuzione immediata del loro piano limitato. Eppure questo non toglie che la maggior parte dei discorsi, nella vita del campo rinascente col tempo migliore, e la maggior parte delle chiacchere, che si scambiano nell'ora del rancio o nella sera fiammeggiante di razzi, rumorosa di scoppi, riguardino quel che fa o si propone di fare il nemico, le sue manovre, le sue mosse, i capricci o gii spostamenti delle sue artiglierie, l'accorrere di colonne di rincalzi segnalato da un aeroplano, un più accentuato avvicendarsi di treni in certe ferrovia triestine, .un più nutrito fuoco di grossi calibri in un certo punto dal fronte. Dal più elevato cocuzzolo d«l Ooaao Fajti, e Rpporso allo nostra avanguardia di lassù, l'H novembre, primo giorno di sereno dopo una settimana di pioggia, uno spettacolo grandiose : la visione vastissima di tutta là zona eh» dobbiamo ancora cunqui*tar« nel Carso centrale e l'altra nelstenuesima, lungo le groppe che, facendosi magre e piccine, digradano verso la marina. Si è visto il goffo e massiccio profilo dell'Iierinada staccarsi come una ingombrante protuberanza'da 1 mare ondulato delle gobbe minori, e ai suoi piedi, più in qua, attnippate come deboli greggi, le candide case di Mohorini e di Brestovica... Kostmijevica, appollaiata tra macchie di castagni mezzo stroncati dai tiri di artiglieria, appariva vicina li sotto, umile © miserevole, come gravata dalla continua paura d'un macigno che cadesse a schiacciarla, colle casupole bianche, grigie o nerastre dalle pareti ancora intatte, ma dagli interni profondamente vulnerati. Sembrava che bastasse -muovere un passo per discenderle addosso e conquistarla. Intorno, come i raggi d'una ruota, che si dipartissero dal perno, si distendevano' bianchi nastri di strade, tutti ormai tenuti sotto il fuoco dei nostri calibri. Si vedevano: la via che discende a Jamiano, quella che conduce a Selo, l'altra che porta a Brestovica verso sud, e quella più grande, ad oriente che si dirige verso Conien; e poi ancora quella che stile al Golnék, quella che s'arrampica al Fajti, e la bianca diritta carrareccia di Oppacchiasella. Queste ultime due, nostre ormai. Si capiva, dando anche una rapida occhiata a questo squarcio del panorama che più da vicino ri inieressa, come la compagine del famoso nodo stradale di Castagnevizza — e da tale oodo ricadali sjmuntA d«eto«» llm» p » portanza e il valore della posizione — fosse scomposta e Inutilizzata dopo ji l'elici risultati della nostra ultima offensiva. Uno spicchio della ruota, e uno spicchio importante, è caduto in nostro potere:_gli altri si fendono di ferite sotto alle intermittenti grandini di granate. Castagnevizza, così, non è più un fulcro di comunicazioni e nemmeno un caposaldo di resistenza. E' un groviglio di* case destinate ad essere rase al suolo coma" le consorelle di Nova Villa, collegate una al- ' l'altra da Atti ricami di reticolati, che, a quanto si dice, traversano persino i viottoli del paese, fasciate nella parte della periferia rivolta verso di noi, da muniti trinceramenti. La "strada,, e la "via,, di Trieste Il panorama, che il Fajtii permette di godere, dimostra l'importanza dellu nuova conquista italiana, ci mette ormai in grado di sorvegliare ogni movimento del nemico, per una lunghissima zona. Soltanto Trieste, la grande mèta, non è visibile; ma la si! indovina e quasi la si sente laggiù, oltre Duino turrita, oltre Nabresina gentile, laggiù, ove la lucida superficie del golfo di Panzane manda bagliori, di metallo. E pare che il cielo, che si inarca in quel punto, abbia una più radiosa luminosità... Ad ogni modo, non bisogna credere. — come una favola stolta, messa in giro non si sa come, ha rociferato — che noi siamo sulla strada di Trieste. E' male ■ che simili illusioni circolino per il Paese. Un'iniìnità di ostacoli, se non di chilometri, ci separano ancora da quella splendente strada maestra, che vedrà la marcia della nostra gloria. Dal giorno, in cui abbiamo posto 1» scarpe ferrate dei nostri battaglioni sulla terra rossa del Carso, noi siamo decisamente entrati nella via di Trieste, perchè Trieste è una città del Carso. Ma la strada è un'altra cosa. Intanto dai primi rilievi, ohe gli occhi dei nostri nuovi osservatori spalancatisi sul Carso hanno fatto, risulta che il nemico, sentendo sempre più avvicinarsi il respiro dell'esercito invasore, si pone a difendere « quella» strada e «quella» città con tutte le energie (• sono molte) di cui ancora dispone « con quante gliene potranno iniettare \ suoi alleati. I cannoni del «triangolo di Duino » (Hermada<-Med»azza-Duirio) sono sto» ti notevolmente aumentata, e ai segnalali» coniinnamecte in quelle ione nuove batterie, che aprono tiri d'inferno sulle posizioni italiane antistanti. La resistenza formidabile opposta alle, nostra aia destra dall'artiglieria avversaria, * un primo •intorno deu'ao* canimento con cui gli austriaci si apprestano a contrastarci il terreno nel settore delle difese triestine. Altri sintomi sono gli arrivi di contingenti dagli altri fronti, la presenza di elementi giovani, freschi e ottimamente equipaggiati tra i prigionieri catturati nelle recenti azioni, la frequenza di treni attorno a Trieste, che scaricano truppe quotidianamente, e le buttano a rinvigorirà t già saturi focolai di Opclna. Si afferma che a Lubiana si sia tenuto recentemente un consiglio di guerra, nel quale si sarebbe stabilito di chiamare a raccolta il massimo delle forze per la strenua difesa di Trieste. Si sarebbe chiesto un maggior aiuto ai tedeschi ed in genere agli alleati degli Imperi centrali. La difesa che si prepara Boroevic e i comandanti delle sue « unità » sono rimasti fortemente impressionati dal colpo da noi assestato alle loro truppe nel centro del Carso. Essi non si aspettavano che le file austriache si sarebbero rotte, spezzate, disorganizzate cosi preste e cosi facilmente sotto alla cornata italiana. Per quanto questa sia stata tremenda, si doveva — neglt intendimenti e nelle speranze dei capi — resistere di più. Segno di debolezza neglt uomini, e di mancanza di coesim*». Le batterie abbandonate nella fretta della foga, le salmerie disperse trovate dopo la battaglia, i feriti lasciati nelle caverne, le doline ancor fiOROlat» di ^g^isji «.di (

Persone citate: Nova Villa